mercoledì, febbraio 28, 2024

The Staple Singers

Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui: http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

Speciale STAPLE SINGERS
Difficile scegliere i migliori album della lunga discografia di Roebuck "Pops" Staples e figli/e Cleotha, Pervis, Mavis, Yvonne.
Alcuni titoli sono però particolarmente significativi.

Uncloudy Day (1959)
Will the Circle Be Unbroken (1960)
Gli esordi gospel blues, voci e chitarra o poco più.
Basici, crudi, intensissimi.
Bob Dylan parlò della favolosa Uncloudy Day nella loro versione:
"Era la cosa più misteriosa che avessi mai sentito... ci pensavo anche sul banco di scuola... Mavis sembrava avere più o meno la mia età nella foto di copertina. Il suo canto mi ha semplicemente messo fuori combattimento. E Mavis era una grande cantante, profonda e misteriosa. E anche in giovane età, sentivo che la vita stessa era un mistero."


This land (1963)
La band mantiene la matrice gospel ma introduce nuovi elementi sonori, folk e country, coverizza "Blowin in the wind" di Dylan e "This land" di Woody Guthrie. Il sound è più ricco e raffinato e guadagna in fruibilità.
Criticati per avere abbandonato le radici Roebuck "Pops" Staples commentò:
"Penso che sia tutto buon materiale. Penso che sia ora che l'intera nazione inizi ad ascoltare qualcosa che significhi qualcosa e pensi che questa terra appartiene a tutti. Se tutti la pensassero così avremmo Stati Uniti migliori. "

For What It's Worth (1967)
Uno degli album con maggiore forza espressiva della band in cui le influenze rock si mischiano al classico stile gospel. Il brano dei Buffalo Springfield che dà il titolo al disco è un picolo capolavoro, ma ci sono anche "Wade in the water", "If I had a Hammer" e tanto altro.

Be Altitude: Respect Yourself (1972)
Passati alla Stax, dopo un paio di album prodotti da Steve Cropper, passano nelle mani di Al Bell. Il sound è meno primitivo e basico, più soul e fruibile. Alle loro spalle la Muscle Shoals Rhythm Section e i Memphis Horn fanno faville in un infermale groove che permea ogni brano. "Respect yourself" è irresistibile, "I'll take you there" li porta al primo posto delle charts (pur rubando il riff iniziale a "The liquidator" di Harry J Allstars), il resto è esaltante e spesso non dissimile dalle coordinate care a Aretha Franklin.

Let's do it again (1975)
Fuggiti dalla bancarotta della Stax approdano alla Custom di Curtis Mayfield che compone, suona la chitarra e produce l'album, colonna sonora dell'omonimo film con Sidney Poitier.
Il connubio produce una miscela funk soul con la voce di Mavis Staple in primo piano e i classici cori gospel come perfetto contorno. La title track raggiunge il primo posto delle classifiche di Billboard e sarà l'ultimo successo della band.

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