mercoledì, ottobre 31, 2012
Ottobre 2012. Il meglio.
Ormai fine 2012 e una serie di nomi che ritroveremo nella top a fine anno. Secret Affair, Martha High, Slim Moore and the Mar Kays, Patti Smith, Garland Jeffreys, Jack White, Paul Weller, Motorpsycho, JImmy Cliff, Quantic+Alice Russell, Leonard Cohen, Dojo Cuts, Micatone , Mark Lanegan, Fay Hallam, Off! , Neneh Cherry and the Thing, Men of north country, Movement, Jon Spencer Blues Explosion, Jessica Lauen Four, Hiromi, Galileo 7.
Tra gli italiani Julie’s Haircut, Mr.T-Bone & Young Lions, Infernal Quinlan, Giardini di Mirò, Mike Painter/Viola Road, Redska, Lo.Mo, Sir Frankie Crisp, Glincolti, Rookies, Guignol, Liars, B.E.S.T., Umberto Maria Giardini, Xabier Iriondo, Deaf Players, Kaams, An Apple Day.
ASCOLTATO
45 giri
DEEP STREET SOUL - Hold on me / This love ain’t big enough
Super funk soul (sulle orme di Sharon Jones per capirci) dall’Australia con un singolo da paura con la stupenda “Hold on me” sullato A e una cover di Charles Bradley splendidamente riuscita sulla B side. GREAT !
NICOLE WILLIS and the SOUL INVESTIGATORS - Tell me when/It’s alla because of you
Dopo anni di assenza discografica torna la grandissima Nicole Willis con un nuovo singolo che prelude al secondo album della carriera, “Tortured soul” in uscita all’inizio 2013.
Due elegantissimi brani di mid tempo soul la title track, più lenta e nel Marvin Gaye mood di “What’s goin on” o della “Thin line between love and hate” dei Persuaders. Assolutamente affascinante.
AN APPLE DAY - Yes we can
Nuovo progetto di Paolo Apollo Negri condiviso con la sezione ritmica di Fred Leslie's Missing Link ( basso e batteria) e la chitarra di Marco Percudani. 13 brani (con altrettanti ospiti alla voce) dai repertori (oscuri) di hendrix, Led Zep, Cream, Gil Scott Heron (“The revolution..”), Audioslave, Wolfmother.
Siamo i dalle parti dei mid 70’s, zona Bronx e Harlem, sapori blaxploitation, blackness all’ennesima potenza, deep funk ma il tutto suona terribilmente fresco, moderno, attuale, prospettico.
Pure gold.
JESSICA LAUREN FOUR - s/t
Per la Freestyle records un eclettico lavoro, difficile ma affascinante e ipnotico, tra jazz, soul, ritmi latini, atmosfere ambient, prevalentemente strumentale arricchito da due interventi dell’incredibile voce black di Jocelyn Brown.
Notevole.
STRANGLERS - Giants
Nuovo album, molto maltrattato dalla critica, di uno dei più grandi gruppi post 77 della scena inglese. Non un capolavoro ma non mancano idee nè ottimi brani.
Ci sono echi della soft wave di “Feline”, il basso di JJBurnell ruggisce come su “Rattus Norvegicus”, la tastiera di Dave Greenfield gira alla grande con i soliti echi Doorsiani.
Manca Hugh Cronwell, si sente, come sempre, ma l’album è ottimo.
GALILEO 7 - Staring at the sound Allan Crockford è quel signore al basso con Prisoners, James Taylor Quartet, Solarflares tra gli altri. Credo che la presentazione sia sufficiente.
La nuova creatura Galileo 7 ci consegna un ottimo lavoro all’insegna di un fresco e coloratissimo sound tardo 60’s in cui convergono numerose e abbondanti le influenze psichedeliche che furono care a Creation, gli ultimi Action, Tomorrow, Blossom Toes, gli Who pre-Tommy, ballads Barrettiane, freakbeat a go go.
Il tutto eseguito con cura, buone le canzoni, atmosfere fluttuanti, bell’album non distante dalle atmosfere regalateci dai nostri immaginifici The June.
TAME IMPALA - Lonerism
Secondo, ottimo, album degli australiani Tame Impala alle prese con una moderna psichedelia che assimila anche elementi prog e shoegaze, mischia tutto, viaggia impudente tra 60’s, 70’s e suoni attualissimi e si pone in vetta alle bands più “avanti”.
MELODY’S ECHO CHAMBER - s/t
Uno dei Tame Impala prouce questo album della polistrumentista Melody.
Siamo in pieno fervore psichedelico dalle parti di “Tomorrow never knows” a tratti mentre altre volte si svolazza dalle parti degli Stereolab.
Molto personale, particolare e interessante.
THE NEW MASTERSOUNDS - Out on the faultline
Tornano i funkers inglesi con un superbo album super groovy dove ad infuocati deep funk alla Meters si affiancano echi del boogaloo di Jack McDuff (qullo di “Hot barbecue”), azzardi proto disco (ci sono rimandi perfino al primo Jamiroquai), Hammond grooves di prima qualità.
Un bellissimo album, intenso , da ballare, ascoltare, godere fino in fondo.
CODY CHESNUTT - Landing on a hundred
A dieci anni da un esordio solista clamoroso in cui si immergeva nella black music a 360° mescolando di tutto, torna Chesnutt con un lavoro meno funambolico, più omogeneo e “normalizzato”. Anche se stiamo parlando di un colto e riuscito viaggio nei territori più creativi del 70’s soul da dove estrae omaggi a Marvin Gaye, Isaac hayes, Al Green, si immerge in atmosfere care a Sly e ai Funkadelic.
Il tutto con una voce, una verve, arrangiamenti e spessore compositivo da veterano. Un grande album, moderno, interessante, tutto da scoprire.
AA.VV. - The Craig Charles Funk & Soul Club
Craig Charles è un notissimo Dj londinese specializzato in black music e conduttore di un seguitissimo programma sulla BBC.
In questo album accoglie 19 brani che abbracciano tutto lo scibile black tra nuove bands e vecchi classici.
Tra i nuovi act nomi dell’eccellenza new soul come Bamboos, Excitements o la ritrovata Martha High con Sppedometer.
Bellissima la rivisitazione funk struentale di “Killing in the name” dei Rage Against the Machine.
HIROMI - Move
Pianista giapponese mischia jazz, fusion, influenze classiche, virate prog, echi del Miles elettrico di fine carriera. Musica a 360 gradi, potente, intensissima, freschissima.
Una scoperta. Alla batteria Simon Philips già con Who e Townshend.
DIANA KRALL - Glad rag doll
Gradevole excursus in atmosfere jazzy pop alla Chet Baker con puntate rag, dixie, vaudeville e l’occasionale rantolo della chitarra di Marc Ribot che affonda qualche song nella melma raunchy blues di Tom Waits.
Il tutto scorre indolore e anche un po‘ insapore.
DIRTYFAKE - Shallow Dephts
E’ un sound dalle mille sfaccettature quello dei romani Dirty Fake, tra alt rock, malinconico lirismo melodico, chitarre aspre, ritmiche mid tempo e pochi paragoni da poter evidenziare tanto è personale la loro proposta.
Ottimi.
RIPPERS - Better the devil you know
Dalla Sardegna ritorna il classicissimo, ruvidissimo, gracchiante, urticante garage punk dei Rippers. Pochi ingredienti: rhythm ad blues bianco di Them, primi Stones, Pretty things, il punk dei Music Machine e Count Five, quello rimsticato in chiave 80’s di Fuzztones e Gravediger V.
E’ rock n roll e del migliore.
GARE DU NORD - Lifesexy
Un ottimo live del duo belga olandese, in attività dal 2001 con un sound jazz funk arricchito dalla favolosa voce di Dorona Alberti.
Due loro brani sono finiti nel nuovo film di Tarantino “Django unchained”.
Il live infila 13 brani di brillanti groove jazz, freschi ritmi acid jazz, funk e soul a volontà, blues, improvvisazioni, evoluzioni vocali di primissima qualità e una grande versione di “Summertime”. Classe.
GAZ COOMBES - Here come the bombs
L’ex leader dei Supergrass all’esordio solista con un buon album che rieccheggia ancora ovviamente la band madre, sperimenta qua e là nuove soluzioni ma resta incartato in un involucro eccessivamente cupo e spesso dispersivo, senza particolari direzioni e , cosa che i Supergras non sono mai stati, anonimo.
ASCOLTATO ANCHE:
PYRAMID BLUE (dalla Spagna un ineressante e avvolgento album di Ethio fun jazz strumentale. Ben fatto e groovy), WANDA JACKSON (dopo un grande album di rock n roll con Jack White la vecchia Wanda torna alle origini con un po’ di R&B, tanto country e qualche brivido roll. Non male ma trascurabile), TAPE FIVE (allegro e gradevolissimo electro swing. bello), GOD SPEED YOU BLACK EMPEROR ! (monumentale, noise sinfonico, imponente opera che richiama a tratti gli ultimi Motorpsycho. notevole), AND YOU WILL KNOW US BY THE TRAIL OF DEAD (svolta quasi heavy per la band dal nome più assurdo. Durissime sferzate, basi martellanti e claustrofobiche. Pesante ma interessante), JIM JONES REVUE (pare che dal vivo spacchi. Il nuovo album è un ottimo concentrato di aspro rock n roll e raw blues ma non del tutto convincente), MASHELL NDEGEOCELLO (un tributo a Nina Simone con alti e bassi ma dignitoso), BETH ORTON (cantautorato colto, lieve etc..palloso), JIMI TENOR & KABUKABU (afrobeat, jazz, Sun Ra, buon album), RINGO DEATHSTARR (si va di fuzz, noise, Jesus&MaryChain e affini. Dopo due brani spegni), ROCKET JUICE AND THE MOON (Damon Albarn, Flea e Tony Allen insieme ad un sacco di ospiti ma album fiacco, dispersivo e poco interessante. Peccato) SHAOLIN AFRONAUTS (australiani, 18 elementi, tra jazz, soul, afrobeat, Sun Ra, Fela Kuti, ritmi caraibici e latini e ethio jazz.Tutto strumentale), TIM BURGESS (la voce dei Charlatans in veste solista con Lambchop. Soft pop di gradevole sottofondo, nulla più), MAMA ROSIN (prodotti da Jon Spencer scavano tra cajun, zydeco, country, swamp, deep blues con modi caustici e sgraziati. ottimi), CARLO DE WIJS (dall’Olanda un buon album di soul, gospel e Hammond in grande evidenza), IAN SEIGAL (buon album di blues classico), ALLAH LAS (un nome che si fa notare. La musica è però un 60’s sound molto debole e smorto), MENAHAN STREET BAND (buon funk strumentale dal sapore “cinematografico” anche se l’labum non è eccezionale)
LETTO
GIL SCOTT HERON - The last holyday - A memoir
E’ nota la mia passione per Gil.
Di conseguenza questo libro (che dubito sarà mai tradotto in italiano) è uno stupendo viaggio nei meandri di una vita che ho cercato di conoscere in ogni suo anfratto. L’ironia, la capacità di raccontare, di cogliere aspetti inconsueti nella realtà e nella vita degli altri di Gil Scott Heron rendono il racconto divertente, interessante, profondo, ricco, sostanzialmente bello.
Anche se incompleto e assolutamente non esaustivo di mille fatti, sfaccettature, avvenimenti di cui avremmo voluto leggere (i suoi “guai” giudiziari e con la dipendenza non vengono minimamente accennati ad esempio).
Peccato ma ugualmente un tassello importante per la riscoperta di un genio della musica.
Grazie ad Enrico per lo splendido regalo (con timbro "CityLights" di SF).
MICHAEL CHABON - Le fanastiche avventure di Kavalier and Clay
Romanzone epico, divertente, coinvolgente, una saga che abbraccia i decenni pre e post seconda guerra mondiale tra intrecci improbabili ma non impossibili.
E che dopo 800 pagine (che si leggono in un lampo) prefigurano ulteriori possibili sviluppi e nuovi capitoli.
Speriamo.
Bello.
VISTO
“Desperate carachters” di F.Gilroy
Una bellissima e bravissima Shirley Temple in un claustrofobico film dai contorni molto vicini all’epica di Carver, tra dissoluzione famigliare, storie minimali, estreme, scarne. in una livida New York autunnale.
“Dersu Uzala” di A.Kurosawa
Visto un sacco di volte, rimane un capolavoro: contenuti, messaggio, fotografia, storia.
Uno dei miei film preferiti in assoluto.
“La nostra vita” di Daniele Luchetti
Ottimo lavoro, neo realista, spietato a tratti anche se “salvato” da un buonismo finale un po’ eccessivo che riscatta attraverso i valori della famiglia il male del denaro al centro di tutto. Non male.
“American psycho” di Mary Harron
Il film non è male ma non regge assolutamente il confronto con la potenza del libro di Bret Easton Ellis (di cui è la trasposizione cinematografica) perdendo tantissimo per chi ha letto il libro.
“The Invictus - L’invincibile” di Clint Eastwood
Inutile.
Il grande non riesce MAI a rendere sufficientemente bene l’atto sportivo. Eastwood parla di ben altro (il Sudafrica post apartheid in cui si inserisce il mondiale di rugby del 1995) ma, incentrato sulla Nazionale sudafricana alla caccia del titolo (poi ottenuto) perde, come sempre, in approssimazione e ingenuità. E anche il Mandela “buono, simpatico e un po’ rincoglionito” non giova. Tutto molto americano ma film godibile.
“Arbos” di Daniele Signaroldi
Si trova su Youtube.
Una mezzoretta di storia di una fabbrica piacentina di mietitrebbie, un’eccellenza nei 70’s. Una storia di lotta operaia, unità sindacale, difesa del posto di lavoro, utopia, vittorie e sconfitte. Una storia attualissima.
Purtroppo.
COSE & SUONI
Riprende l’attività di Lilith and the Sinnersaints dopo una quindicina di date promozionali del nuovo album “A kind of blues”.
www.tonyface.it
www.lilithandthesinnersaints.com
News sui Beatles su www.pepperland.it by me
IN CANTIERE
A buon punto il libro sugli Statuto.
Partito anche quello di stampo calcistico, “Rock n goal”
Si torna a suonare con Lilith (Aosta, Torino, Brescia, Milano, Parma, Piacenza già confermate).
Libro su Weller per Arcana a fine gennaio: “This is the modern world”.
martedì, ottobre 30, 2012
Get Back: dischi da (ri)scoprire
Si è recentemente parlato del progetto “Welcome back to Eighties Colours” pubblicato da Psych Out (vedi http://tonyface.blogspot.it/2012/10/welcome-back-to-eighties-colours.html).
Naturale , nella rubrica mensile “Get back”, che consiglia la riscoperta di tre album dimenticati, andare a ripescare proprio quei lavori da cui il nuovo progetto ha avuto origine e ispirazione.
A.VV. - EIGHTIES COLOURS (1985)
“Eighties Colours”, pubblicato nel 1985 dalla Electric Eye, è indubbiamente il manifesto più attendibile e meglio riuscito della scena neo garage beat psichedelica dell’epoca.
Ci sono tutti i migliori nomi in circolazione nell’Italia dei mid 80s’ da Sick Rose a No Strange via Birdmen of Alkatraz e Four By Art.
Alcuni brani sono a livelli di assoluta eccellenza e l’album dimostra quanto vitale, varia e prolifica sia la “scena”, spaziando dal garage dei Sick Rose, alla psichedelia dei No Strange, dal mod sound dei Four By Art al Byrds jingle jangle degli Out Of Time, lo psycho beat dei Birdmen of Alkatraz le visioni black psych di Paul Chain
AA.VV. - EIGHTIES COLOURS Vol. 2 (1987)
Due anni dopo il volume due assembla un’altra serie di nomi, alcuni dei quali restati fuori nel primo capitolo, altri da poco arrivati sulla scena.
La qualità cala leggermente anche se si amplia il ventaglio di influenze e riferimenti con l'introduzione dell'anima guitar roots (tipica di bands come Dream Syndicate e del Paisley Underground).
AA.VV - NEOLITIC SOUND FROM SOUTH EUROPE (1987)
Con un più specifico indirizzo, improntato al garage punk ruvido e diretto, “Neolitic” rende il giusto omaggio agli Avvoltoi, tra i gruppi più rappresentativi della scena neo 60’s italiana (e tra i primissimi a percorrere quelle strade soprattutto nella rilettura della tradizione beat nostrana) e porta alla luce una serie di nuovi nomi di una scena che di lì a poco prenderà altre direzioni e in buona parte si spegnerà.
lunedì, ottobre 29, 2012
Di cosa parliamo quando parliamo di musica - 5: dal rock eversivo al rock conservatore
Una rubrica (che nel titolo cita un racconto di Raymond Carver) che cerca di definire ciò di cui parliamo quando parliamo di musica.
Ovvero una visione personale di quello che è la musica oggi in tutte le sue componenti (dischi/album, concerti, registrazione,video, etichette, distribuzione, promozione etc).
Pochi dubbi sulla natura eversiva del rock n roll da un punto di vista sociale, esistenziale, morale, politico, soprattutto musicale.
Elvis, ripulito dal col. Parker, lasciò il testimone a personaggini come Chuck Berry, Little Richard, J.L. Lewis.
Gente che modernmizzava il verbo del BLUES (edulcorato da definizioni che lo riducevano a "musica triste" in realtà voce della ribellione nera).
I pur educati e puliti Beatles furono eversivi e rivoluzionari, tanto più lo diventarono Stones, Who e parecchio beat.
E poi Hendrix, Doors, Zappa, Stooges, Bowie, inutile dire del punk.
E ancora grunge , l'hip hop, RATM e compagnia bella.
Suoni, immagini, etsetiche, parole che colpivano, bruciavano, cambiavano.
Cambiavano le persone, indirizzavano le generazioni, rivoluzionavano la musica, il senso estetico e culturale, morale, il cosiddetto comune senso del pudore.
Da anni , decenni, il rock non produce più nulla di tutto ciò.
Produce musica più o meno interessante, più o meno creativa, più o meno importante.
Ma che non incide più sulla società, giovanile o meno.
Il rock non è morto, semplicemente non ha più quell'identità rivoluzionaria con cui era nato, nè alcuna capaictà di cambiare alcunchè.
Un'entità conservatrice.
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica
sabato, ottobre 27, 2012
Soul Time !
AA.VV. - The Craig Charles Funk & Soul Club
Craig Charles è un notissimo Dj (ma non solo) londinese specializzato in black music in tutte le sue direzioni, sulla scena dai 70’s e conduttore di un seguitissimo programma sulla BBC.
In questo album della Freestyle (la sua prima compilation) raccoglie 19 brani che abbracciano tutto lo scibile black tra nuove bands e vecchi classici (da “The snake" di Al Wilson” alla stupenda “Clap hands song” di T Birds and the Breaks.
Tra i nuovi act nomi dellp’eccellenza new soul come Bamboos, Excitements o la ritrovata Martha High con Sppedometer. Bellissima la rivisitazione funk struentale di “Killing in the name” dei Rage Against the Machine.
E poi ancora valanghe di soul, reggae, funk, perfino jive, il latin funk della Incredible Bongo Band che rifà “Satisfaction”.
Un must !
CODY CHESNUTT - Landing on a hundred
A dieci anni da un esordio solista clamoroso in cui si immergeva nella black music a 360° mescolando di tutto, torna Chesnutt con un lavoro meno funambolico, più omogeneo e “normalizzato”.
Anche se stiamo parlando di un colto e riuscito viaggio nei territori più creativi del 70’s soul da dove estrae omaggi a Marvin Gaye, Isaac Hayes, Al Green, Stevie Wonder e si immerge in atmosfere care a Sly, Curtis Mayfield e ai Funkadelic.
Il tutto con una voce, una verve, arrangiamenti e spessore compositivo da veterano. Un grande album, moderno, interessante, tutto da scoprire.
CARLO DE WIJS & the VOICES of SOUL - New Hammond Sound
Il nuovo album del virtuoso olandese dell’Hammond Carlo De Wijs è accompagnato dalle voci gospel e soul delle Voices of Soul.
IL risultato è un riuscito e piacevolissimo mix di solenni brani gospel blues, di ottimi mid tempo soul e qualche pregevole hammond jazz di contorno.
GARE DU NORD - Lifesexy
Un ottimo live del duo belga olandese, in attività dal 2001 con un sound jazz funk arricchito dalla favolosa voce di Dorona Alberti. Due loro brani sono finiti nel nuovo film di Tarantino “Django unchained”.
Il live infila 13 brani di brillanti groove jazz, freschi ritmi acid jazz, funk e soul a volontà, blues, improvvisazioni, evoluzioni vocali di primissima qualità e grande versioni di “Summertime” e “Go back jack” degli Steely Dan.
Classe.
venerdì, ottobre 26, 2012
Mod Heroes: il Parka
Il PARKA nasce nel 1951 come impermeabile per le truppe americane impegnate nella guerra di Corea con il modello M-51.
Verrà prodotto fino al 1956 (nonostante la guerra finisca 3 anni prima).
A cavallo tra i 50’s e i 60’s vari stock di parka arrivano in Inghilterra nei negozi di abbigliamento militare a prezzi abbordabili.
I MODS lo adottano come capo di abbigliamento che nel tempo diventerà un elemento distintivo dell’estetica mod al pari degli scooters accessoriati.
Il parka concilia(va) alla perfezione la necessità di proteggersi nelle lunghe stagioni fredde e umide inglesi durante gli spostamenti in scooter, preservando l’incolumità dei completi destinati ad essere sfoggiati nelle serate nei clubs.
Nella consuetudine di personalizzare ogni aspetto estetico (etico e culturale) della lro vita i mods aggiungevano spesso scritte, pezze, ornamenti in pelliccia. Aspetto accentuato durante il revival del 1979.
Recentemente Liam Gallagher e la sua casa di moda “Pretty Green” ne ha commercializzato le caratteristiche producendone nuovi modelli.
Comprai il mio alla fine dei 70's in un negozio di usato militare, "Surplus" sui Navigli a Milano.
Verrà prodotto fino al 1956 (nonostante la guerra finisca 3 anni prima).
A cavallo tra i 50’s e i 60’s vari stock di parka arrivano in Inghilterra nei negozi di abbigliamento militare a prezzi abbordabili.
I MODS lo adottano come capo di abbigliamento che nel tempo diventerà un elemento distintivo dell’estetica mod al pari degli scooters accessoriati.
Il parka concilia(va) alla perfezione la necessità di proteggersi nelle lunghe stagioni fredde e umide inglesi durante gli spostamenti in scooter, preservando l’incolumità dei completi destinati ad essere sfoggiati nelle serate nei clubs.
Nella consuetudine di personalizzare ogni aspetto estetico (etico e culturale) della lro vita i mods aggiungevano spesso scritte, pezze, ornamenti in pelliccia. Aspetto accentuato durante il revival del 1979.
Recentemente Liam Gallagher e la sua casa di moda “Pretty Green” ne ha commercializzato le caratteristiche producendone nuovi modelli.
Comprai il mio alla fine dei 70's in un negozio di usato militare, "Surplus" sui Navigli a Milano.
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Mod Heroes
giovedì, ottobre 25, 2012
Italia-Zambia 0-4
Un breve, disincantato, ricordo della più grave sconfitta della Nazionale Azzurra di calcio nell’era recente, non dimenticando qualche altra figuraccia.
La sconfitta con la Corea del Nord per 1-0 che ci eliminò dai Mondiali del 1966 è diventata perfino patrimonio del lessico comune (“è una Corea”) e viene abitualmente indicato come il punto più basso raggiunto dal calcio italiano.
Dimenticando che la nazionale di Lippi, oltre ad aver vinto il Mondiale tedesco del 2006 è stata però capace di prenderne due dall’Islanda (2-0 nel debutto del ct sulla panchina azzurra nel 2004 a Reykjavik), a cadere 1-0 con l’Egitto a Johannesburg nel 2009 nella Confederation Cup e a coronamento il triste ko con la Slovacchia (dopo un altro encomiabile 1-1 con la Nuova Zelanda) 3-2 al Mondiale Sudafricano del 2010. Da non trascurare i brillanti 1-1 con Cipro nel 1983 , ad Ancona con la Bielorussia nel 1999 e a Napoli con la Lituania nel 2006.
Ma sembra rimossa invece quella che è stata la peggior debacle, la vera umiliazione, ovveroquella che occorse alla Nazionale Olimpica nel settembre del 1988 nel corso delle Olimpiadi di Seul con l’indimenticabile sconfitta con lo sconosciuto Zambia per 4-0 !
Nazionale azzura Under 23, allenata da Francesco Rocca e che schierava nomi come Ciro Ferrara, Tacconi, Tassotti, Ferrara, Virdis, Carnevale, De Agostini, Cravero.
La Zambia dominò la presuntuosa compagine italiana e passò il turno (insieme agli azzurri poi battuti sia in semifinale dall’Urss e nella finale per il terzo posto dalla Germania che nei quarti aveva cancellato proprio lo Zambia per 4-0) grazie alla tripletta di Kalusha Bwalya che troverà fortuna nel PSV Eindhoven.
Molti degli "eroi di Seul" scompariranno tragicamente qualche anno dopo in un incidente aereo.
mercoledì, ottobre 24, 2012
Sweet Soul Music: Latin Soul
Do you like good music ?
That sweet soul music
Un viaggio periodico alla scoperta di tutti i filoni della SOUL MUSIC dal Chicago Soul allo Pychedelic Soul, via Northern, Country Soul, Blue Eyed Soul, Memphis Soul, Smooth, Southern etc.
Dopo Philly sound, Blue eyed soul, country soul e Soul punk, Psychedelic Soul, Soul Jazz e Smooth Soul e la volta del LATIN SOUL.
PUNTATE PRECEDENTI:
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-il-philly-sound.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-blue-eyed-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-country-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-soul-punk.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-psychedelic-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-soul-jazz.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-smooth-soul.html
Il LATIN SOUL visse la sua breve ma intensa vita tra la metà e la fine dei 60’s, prendendo origine dalle contaminazioni tra jazz e suoni latini dei 50’s.
Nato a New York nel 1962 (la melting pot town per eccellenza ai tempi) incorporò elementi latini (mambo, rumba, samba) , pop, rhythm and blues, ritmiche ballabili (di origina cubana e portoricana) e una forte componente jazz (soprattutto negli arrangiamenti).
Per favorire un maggior impatto sul pubblico i brani erano prevalentemente in inglese.
Successivamente, nei 70’s, si diluì nella scena salsa, perdendo le caratteristiche originarie.
L’impatto fu notevole sia nella scena americana che in quella latina dove la contaminazione di generi fu rivoluzionaria in un contesto sonoro dalle regole molto rigide.
Le due principali etichette che lo promossero furono la Tico (fondata nel 1948 poi acquistata dalla Fania Records) e la Fania (spesso definito il corrispettivo latin della Motown).
Una forma più inglesizzata fu chiamata Boogaloo, da un punto di vista artistico e sonoro vicinissima al Latin Soul.
Nel 1963 il successo di brani come “Watermelon man” di Mongo Santamaria e “El Watusi” di Ray Barretto aprirono la strada al nuovo sound riportando in auge veterani della scena latina come Tito Puente e Perez Prado e lanciando altri giovani come Joe Bataan, Pucho & His Latin Soul Brothers, Latinaires, Latin Souls, and the Lat-Teens e i Fania All Stars (la più importante band di salsa in cui hanno suonato tra gli altri personaggi come Tito Puente, Ruben Blades, Ray Barretto).
L’interesse per il Latin Soul riprese vita a metà degli anni ’80 grazie alla scena Acid Jazz che reincorporò il suono latino negli allnighters mentre alcune compilation (in particolare i due volumi di “We got latin soul” ) ridavano un’esaustiva panoramica sulle sue caratteristiche.
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA:
RAY BARRETO - Acid (1968)
PUCHO AND LATIN SOUL BROTHERS - The best (1996)
WILLIE COLON - The player (singoli 1966-1967)
JOE BATAAN - Under the streetlamps (anthology 1967-1972)
MONGO SANTAMARIA - Watermelon man (1963)
AA.VV - We got Latin Soul vol 1 (1987)
AA.VV. - We got Latin Soul vol. 2 (1988)
That sweet soul music
Un viaggio periodico alla scoperta di tutti i filoni della SOUL MUSIC dal Chicago Soul allo Pychedelic Soul, via Northern, Country Soul, Blue Eyed Soul, Memphis Soul, Smooth, Southern etc.
Dopo Philly sound, Blue eyed soul, country soul e Soul punk, Psychedelic Soul, Soul Jazz e Smooth Soul e la volta del LATIN SOUL.
PUNTATE PRECEDENTI:
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-il-philly-sound.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-blue-eyed-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-country-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-soul-punk.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-psychedelic-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-soul-jazz.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-smooth-soul.html
Il LATIN SOUL visse la sua breve ma intensa vita tra la metà e la fine dei 60’s, prendendo origine dalle contaminazioni tra jazz e suoni latini dei 50’s.
Nato a New York nel 1962 (la melting pot town per eccellenza ai tempi) incorporò elementi latini (mambo, rumba, samba) , pop, rhythm and blues, ritmiche ballabili (di origina cubana e portoricana) e una forte componente jazz (soprattutto negli arrangiamenti).
Per favorire un maggior impatto sul pubblico i brani erano prevalentemente in inglese.
Successivamente, nei 70’s, si diluì nella scena salsa, perdendo le caratteristiche originarie.
L’impatto fu notevole sia nella scena americana che in quella latina dove la contaminazione di generi fu rivoluzionaria in un contesto sonoro dalle regole molto rigide.
Le due principali etichette che lo promossero furono la Tico (fondata nel 1948 poi acquistata dalla Fania Records) e la Fania (spesso definito il corrispettivo latin della Motown).
Una forma più inglesizzata fu chiamata Boogaloo, da un punto di vista artistico e sonoro vicinissima al Latin Soul.
Nel 1963 il successo di brani come “Watermelon man” di Mongo Santamaria e “El Watusi” di Ray Barretto aprirono la strada al nuovo sound riportando in auge veterani della scena latina come Tito Puente e Perez Prado e lanciando altri giovani come Joe Bataan, Pucho & His Latin Soul Brothers, Latinaires, Latin Souls, and the Lat-Teens e i Fania All Stars (la più importante band di salsa in cui hanno suonato tra gli altri personaggi come Tito Puente, Ruben Blades, Ray Barretto).
L’interesse per il Latin Soul riprese vita a metà degli anni ’80 grazie alla scena Acid Jazz che reincorporò il suono latino negli allnighters mentre alcune compilation (in particolare i due volumi di “We got latin soul” ) ridavano un’esaustiva panoramica sulle sue caratteristiche.
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA:
RAY BARRETO - Acid (1968)
PUCHO AND LATIN SOUL BROTHERS - The best (1996)
WILLIE COLON - The player (singoli 1966-1967)
JOE BATAAN - Under the streetlamps (anthology 1967-1972)
MONGO SANTAMARIA - Watermelon man (1963)
AA.VV - We got Latin Soul vol 1 (1987)
AA.VV. - We got Latin Soul vol. 2 (1988)
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Sweet Soul Music
martedì, ottobre 23, 2012
Welcome back to Eighties Colours: formidabili quegli anni
Parlare di questo album mi mette in seria difficoltà.
Avrei dovuto essere presente con Lilith and the Sinnersaints ma problemi “tecnici” ce lo hanno impedito (per sottolineare la mia adesione al progetto) , ho fatto parte della scena 80s’ italiana, con molte affinità a quella rappresentata da “Eighties Colours”, sono legato da un rapporto di stima, amicizia, spesso collaborazione, con buona parte dei partecipanti e promotori di questo lavoro.
L’album (arricchito da un’elegante confezione) prevede il rifacimento di brani di gruppi della scena garage psych italiana 80’s da parte di altri gruppi dello stesso giro (ispirandosi all’album “Eighties Colours” che pubblicò nel 1985 l’Electric Eye di Claudio Sorge come manifesto della scena e partendo dall’omonimo libro tributo di Roberto Calabrò, tra i protagonisti dell’operazione).
Sono 19 brani in cui passione, genuinità, sincerità, talento, voglia di sfidarsi e di guardare avanti con le radici salde nel passato, la fanno da padrone.
19 testimonianze vitali, spesso creative e sorprendenti (tanto altre sono invece scontate, prive di nerbo e poco riuscite, ma è una caratteristica naturale e tipica di ogni compilation).
Il giudizio artistico è quindi positivo, buono e invito tutti gli appassionati di quel sound ad avvicinarsi a questo album.
Non ne resteranno delusi.
Quello che mi imbarazza , conseguenza di una mia personale visione della musica e del concetto di contro cultura giovanile è un forte sentore di nostalgia , di uno sguardo ad un lontano passato di “quando eravamo giovani”, di “formidabili quegli anni”.
Che permea quest’album.
Ho avvertito la sgradevole sensazione di non volersi distaccare da un periodo lontano, lontanissimo, che aveva un senso artistico ed “esistenziale” nei giorni della sua veloce e luminosa vita ma che riproposto ora perde di significato e odora di riesumazione forzata.
Forse è la sua voluta peculiarità ma forse era meglio lasciare il tutto cristallizzato a 30 anni fa, così com’era stato concepito ai tempi.
Al di là del caso specifico credo che la musica italiana (in particolare), pur facendo tesoro del passato, abbia bisogno di guardare il più avanti possibile.
WELCOME BACK TO THE EIGHTIES COLOURS (Psych Out Records)
1. BEPPE CANAVERO & GIOVANNI CRAVERO (from OUT OF TIME) vs Birdmen Of Alkatraz: “Song For The Convict Charlie”
2. NO STRANGE vs Eazycon: “Talpa dell’Infinito” (“Mole of Infinity”)
3. EFFERVESCENT ELEPHANTS vs Strange Flowers: “December”
4. DARIO ANTONETTI (from KRYPTASTHESIE) vs Vegetable Men: “Juri Gagarin Meets An Angel In The Sky”
5. OPERAZIONE TUONO (feat. VALERIO IMPULSIVE YOUTH) vs Sick Rose: “Do You Live In A Jail?”
6. AMERIGO VERARDI & UMBERTO PALAZZO (from ALLISON RUN) vs The Views: “Allie Flan” (“Patty Flan”)
7. TECHNICOLOUR DREAM vs Paul Chain Violet Theatre: “Luxury”
8. POLVERE DI PINGUINO vs Boohoos: “The Hoo”
9. TRIP HILL vs Leanan Sidhe: “The Music of Erich Zann”
10. LIARS vs Pikes In Panic: “Little By Little”
11. I BARBIERI vs Gli Avvoltoi: “Puoi girare il mondo con chi vuoi”
12. DOUBLE DECK FIVE vs No Strange: “L’Universo”
13. THE ACT vs Lager: “Atomic Generation”
14. EAZYCON vs Effervescent Elephants: “L’Appeso” (“Three O’ Clock”)
15. STRANGE FLOWERS vs The Liars: “Cold Girl”
16. SLEEVES vs Out Of Time: “One More Chance”
17. LAGER vs The Act: “Able and Enroled”
18. VEGETABLE MEN vs Allison Run: “Smooth Dog”
19. LODOVICO ELLENA vs Steeplejack: “(On The Road To) Sunshine Poppy Fields”
lunedì, ottobre 22, 2012
Donne in Italia
I dati relativi agli assassinii di donne in Italia nel 2012 sono impressionanti, agghiaccianti, semplicemnte tristi.
Cento vittime nel 2012, l'episodio più recente pochi giorni fa a Palermo.
Non che l’Italia si sia mai particolarmente distinta, storicamente, nel rispetto delle donne.
Il delitto d’onore (Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni ) è stato abolito solo nel 1981 (!).
Ma, senza insistere su responsabilità politico/partitiche, il fatto che negli ultimi decenni il corpo femminile, la figura della donna, sia stata sempre più mercificata, le zoccole ministro, le igieniste orali con vitalizio, può , FORSE, aver acuito la percezione della DONNA come elemento deprezzato (non a caso uso un termine in cui compare “prezzo”, altra frequente percezione), facile, leggero, di cui usufruire.
Da poter, all’occorrenza anche eliminare.
Cento vittime nel 2012, l'episodio più recente pochi giorni fa a Palermo.
Non che l’Italia si sia mai particolarmente distinta, storicamente, nel rispetto delle donne.
Il delitto d’onore (Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni ) è stato abolito solo nel 1981 (!).
Ma, senza insistere su responsabilità politico/partitiche, il fatto che negli ultimi decenni il corpo femminile, la figura della donna, sia stata sempre più mercificata, le zoccole ministro, le igieniste orali con vitalizio, può , FORSE, aver acuito la percezione della DONNA come elemento deprezzato (non a caso uso un termine in cui compare “prezzo”, altra frequente percezione), facile, leggero, di cui usufruire.
Da poter, all’occorrenza anche eliminare.
sabato, ottobre 20, 2012
Soul Time !
Puntata monografica della rubrica settimanale del sabato "Soul Time!" per un veneto speciale.
Ogni volta che parlo di Paolo Apollo Negri e dei suoi lavori sono costretto (e me ne vanto) alla solita premessa. Condivido con lui anni di militanza nel Link Quartet, amicizia e una lunga serie di collaborazioni proseguita negli anni in vari progetti e che avrà seguito prossimamente.
Detto questo nulla mi può impedire di restare a bocca aperta di fronte a questo suo nuovo progetto chiamato AN APPLE DAY e condiviso con la sezione ritmica di Fred Leslie's Missing Link ( basso e batteria) e la chitarra di Marco Percudani.
In "Yes we can" ci sono 13 brani con altrettanti ospiti alla voce, tra i talenti più freschi della scena funk soul mondiale: Abdominal, BluRum13, Lee Fields (personaggio attivo dal 1969 e che con gli Expressions ha licenziato un eccellente album soul come “My world”), Tyra Hammond, Rhiannon Giddens, Ria Currie, Lyrics Born, Glen David Andrews, Naomi Shelton & The Gospel Queens, Michelle David, Kylie Auldist and Richard Roundtree (attore in “Shaft” , “radici” e in parecchi episodi di “Desperate housewives”).
Si tratta di voci eccellenti, colte al massimo dell’espressività, al cospetto di brani pescati con cura certosina in un repertorio sterminato che va da Hendrix (“Izabella”) agli Audioslave (“Cochise”), dai Cream e Led Zeppelin ai Wolfmother, via Gil Scott Heron (“The revolution will not be televised”..coraggiosa versione perfettamente riuscita) e Lenny Karvitz (“Tunnel vision”).
Non stupiscano gli improbabili accostamenti: tutto viene passato attraverso un filtro funk soul che li ripulisce da eventuali “scorie” inadeguate all’atmosfera intensamente black che pervade tutto l’album.
Il supporto di base è esplosivo, con l’Hammond (o il Fender Rhodes) di Paolo sempre presente ma mai invasivo, sapientemente discreto negli assoli, la ritmica precisa, groovy, potente, energica con il fantasma dei JB’s e dei Meters che aleggia bonario in ogni solco e che goduria gli interventi decisamente “rock” della chitarra di Percudani che modernizzano il clima 70’s.
Siamo infatti dalle parti dei mid 70’s, zona Bronx e Harlem, sapori blaxploitation, blackness all’ennesima potenza, deep funk ma il tutto suona terribilmente fresco, moderno, attuale, prospettico.
E questa è la forza dell’album e del progetto.
Black power! Nel sangue, nelle dita, nell’anima.
Ci vuole talento, qualche migliaio di dischi con gente di colore in copertina passati sotto la puntina, un’ anima che da qualche parte conserva uno spicchio di Africa e un cuore che, non si sa come, in quegli anni, batteva già al ritmo di “Papa’s got a brand new bag”, “Funky chicken”, “Cissy strut”.
Black power, sisters and brothers, black power.
Il disco lo trovate qui: http://label.tanzanmusic.com/catalogue/an-apple-a-day/yes-we-can
venerdì, ottobre 19, 2012
Il Circolo Beethoven
Nelle foto il menù del Beethoven e il sottoscritto con membri di Hermits e Link Quartet in concerto con TAV FALCO.
18 anni fa , il 20 ottobre del 1994 in compagnia di Madame Lilith e altri tre soci (tra cui un noto paroliere vincitore anche di un Festival di SanRemo, addirittura) , aprivo il Circolo Culturale Beethoven nel bel mezzo di Piacenza.
In due anni di attività organizzamo qualcosa come 500 eventi, tra concerti di musica leggera, rock, blues, jazz,f unky etc., rassegne di musica classica , cabaret , teatro , mostre di quadri,fumetti,dischi da collezione , presentazioni di libri , reading di poesie , incontri con rappresentanti di minoranze etniche ,feste a tema, rassegna di films etc.
Negli angusti sotterranei suonarono tra gli altri New Trolls , Enrico Ruggeri, Alberto Camerini (interminabili, bellissime, serate con un Alberto colto e informatissimo di calcio) , Gatto Panceri, ma anche Tav Falco, Giulio Capiozzo (Area), Afterhours, Carnival of Fools (i futuri La Crus di Mauro Ermanno Giovanardi), una ancora sconosciuta Cristina Donà , Statuto, Laura Fedele, Piero Bassini, parlò il poeta pellerossa Lance Henson e due rappresentanti degli indios Mapuche e ancora i Pirati, Le Madri della Psicanalisi (del “nostro” Joyello), Brand e non so quanti altri.
La concorrenza fu spietata, le istituzioni e i vicini si prodigarono con ingiunzioni di ogni tipo per disturbi di tutti i tipi (anche se prevalentemente si trattava di concerti acustici).
Alla fine gettammo la spugna e chiudemmo l’esperienza senza rimpianti.
giovedì, ottobre 18, 2012
Neo-psichedelia anni novanta
AndBot in arte Andrea Fornasari torna a contribuire al blog con un veloce ma esaustivo quadro riassuntivo sulla neo psichedelia anni'90, non quella a suon di chitarre fuzz e organi 60's ma una forma più evoluta, contaminata e oscura.
Scrivere approfonditamente di rock psichedelico, dalle sue origini fino alle contaminazioni più recenti, sarebbe impresa titanica e non certo alla mia portata.
Fra l' altro, per gli abituali lettori del blog credo non siano necessarie molte spiegazioni riguardo alla materia psichedelica generale, dagli anni sessanta al kraut-rock, passando per revival e neo-psichedelia (Paisley Underground) 80's.
Cercherò quindi di concentrarmi sui miei amati anni novanta, non scevri di ottime band dal forte impatto lisergico, dando così per scontate parecchie cose.
Tuttavia non posso esimermi dall' inevitabile "gancio" fine anni ottanta, citando quelle formazioni dedite al dream-pop (Cocteau Twins), al tardo Paisley (Galaxie 500) e alle prime forme, chiamiamole, proto-shoegaze: i My Bloody Valentine pre-"Loveless", i loro "padrini" Jesus And Mary Chain, gli Spacemen 3, i Dinosaur Jr negli Stati Uniti (che insieme ad un rock alternativo di scuola Sonic Youth proponevano anche un approccio chitarristico non lontano da certo acid-rock) giusto per citare solo alcune fra le più importanti. Nei primi anni novanta è facile trovare band che proseguono in maniera più o meno personale questo percorso: i Mazzy Star di Hope Sandoval, tutta la schiera shoegazer: i già citati My Bloody Valentine, i Ride, i Pale Saints, gli splendidi e diafani Slowdive.
Nomi noti che non rappresentano una grossa novità per chi mastica la materia. Si potrebbe arditamente (ma nemmeno troppo) sottolineare come gli stessi Codeine, padri dello slo-core, tutto sommato, proponessero una forma di rock tanto atmosferico e ambientale da non risultare poi così distante dalla naturale evoluzione del trip-acido: apatia, malinconia, e toni onirico-depressi, prendevano il posto dell' ormai obsoleta miscela anni sessanta e settanta, dello "sballo", dell' eccitazione dopata.
A tal proposito mi sovviene l' hip-hop psichedelico e depresso del primo Beck e i Radiohead di "OK Computer", mentre un ottimo esempio di rock psichedelico "vecchia scuola" ma aggiornato agli umori degli anni novanta potrebbe essere quello (contaminato con pop, tradizone rock- blues rivista e corretta, rumore bianco) degli eccellenti Mercury Rev.
Un nome spesso sconosciuto, ma che invece merita grandissima attenzione, è quello del neozelandese Roy Montgomery, autore di spettacolari dischi solisti e in compagnia degli ottimi Bardo Pond, nonchè impegnato in altri progetti paralleli (Dissolve, Dadamah): una chitarra, la sua, capace di citare Pink Floyd e Popol Vuh, Velvet Underground e stasi shoegaze, jam alla Grateful Dead e momenti ambientali.
Difficile scordare, a cavallo fra 80's e 90's, formazioni come i tribali Savage Republic, i Red Temple Spirits con la loro interessantissima dark-wave-psichedelica, il freak-psych-folk un po' da college dei Camper Van Beethoven e naturalmente i Flaming Lips, così come tutto il sound Madchester-iano (Stone Roses, Primal Scream): tutte validissime realtà sonore che però esulano dal contesto prettamente 90's.
E allora ecco da Boston i veterani (e ottimi) Cul De Sac, così come gli stralunatissimi Supreme Dicks, l' indie-rock fortemente psichedelico dei Built To Spill e gente del calibro di Yo La Tengo e Stereolab, i Beatlesiani/Barrettiani Olivia Tremor Control, il trip totale dei Brian Jonestown Massacre, gli oscuri Sky Cries Mary, i più famosi Motorpsycho, gli "spaziali" Subarachnoid Space.
Considero invece la scena stoner e quella heavy-psych in generale come una questione a parte, ma nomi come Kyuss e Sleep andrebbero almeno menzionati.
Tanta roba quindi, più o meno originale, più o meno interessante, ma che afferma senza dubbio di smentita come il "germe psichedelico" coltivato a partire dai sessanta non abbia mai smesso di propagare i propri effetti, anche nelle stagioni più "dure", come appunto gli anni novanta.
Di seguito, al solito, qualche nome: alcuni noti altri più sotteranei che spero graditi.
Hash Jar Tempo (Roy Montgomery in jam con i Bardo Pond): "Well Oiled" (1997)
Roy Montgomery: "And Now The Rain" (1998)
Dadamah: "This Is Not A Dream" (1993)
Dissolve: "Third Album For The Sun" (1997)
Bardo Pond: "Bufo Alvarius" (1995)
Mercury Rev: "Yerself Is Steam" (1991)
Built To Spill: "Perfect From Now On" (1997)
Brian Jonestown Massacre: "Methodrone" (1995)
Yo La Tengo: "May I Sing With Me" (1992)
Cul De Sac: "China Gate" (1996)
Supreme Dicks: "The Emotional Plague" (1996)
Tanto altro ci sarebbe ancora da dire, ma per questo esistono i commenti.
mercoledì, ottobre 17, 2012
Sweet Soul Music : Smooth Soul
Do you like good music ?
That sweet soul music
Un viaggio periodico alla scoperta di tutti i filoni della SOUL MUSIC dal Chicago Soul allo Pychedelic Soul, via Northern, Country Soul, Blue Eyed Soul, Memphis Soul, Smooth, Southern etc.
Dopo Philly sound, Blue eyed soul, country soul e Soul punk, Psychedelic Soul e Soul Jazz tocca allo SMOOTH JAZZ
PUNTATE PRECEDENTI:
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-il-philly-sound.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-blue-eyed-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-country-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/09/sweet-soul-music-soul-punk.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-psychedelic-soul.html
http://tonyface.blogspot.it/2012/10/sweet-soul-music-soul-jazz.html
Sviluppatosi agli inizi dei 70’s e spentosi nelle spire della disco music alla fine del decennio lo SMOOTH SOUL era caratterizzato da un sound molto dolce, melodico, soft, raffinato, dalle palesi cadenze pop (da cui si differenziava per i ritmi funk e un deciso colore black) , improntato ad una connotazione romantica e seducente e prevalentemente impostato su ballate lente o mid tempo.
Al Green, alcuni brani di Marvin Gaye, gli Spinners, Bill Withers (pur se più spostato verso un mix di folk e soul), gli Stylistics, i Persuaders (della splendida “Thin line between love and hate” del 1971), Isaac Hayes, Luther Vandross, Chi Lites, Teddy Pendegrass, brani dello Stevie Wonder mid 70s’ (“Golden lady” o “My cherie l’amour”), certe ballate di Otis Redding nel decennio precedente, Lou Rawls, Harold Melvin & the Bluenotes, Aaron Neville, Joe Tex sono tra i principali esponenti di questa corrente soul.
Fino ad arrivare alla massima commercializzazione con Barry White, Dionne Warwick, Lionel Richie, Earth Wind and Fire.
Negli anni 80 Sade ne riportò vagamente in auge lo stile presente anche in alcuni brani di Lenny Kravitz, dei primi Style Council (“Long hot summer”, “You’re the best thing”), Animal Nightlife, Paul Young, Simply Red.
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA:
BILL WITHERS - Just as I am (1971)
AL GREEN - Let’s stay together (1972)
MARVIN GAYE - Let’s get it on (1973)
DIANA ROSS - Diana Ross (1976)
SADE - Diamond life (1984)
Etichette:
Sweet Soul Music
martedì, ottobre 16, 2012
I Beatles e il calcio
Nei giorni dei 50 anni di "Love me do" prosegue da tre martedì una dedica ai BEATLES con alcune curiosità e approfondimenti poco noti.
Nelle foto i Beatles in alcune rare connessioni con il pallone.
La quarta foto è di PAUL allo stadio a vedere l'Everton il 18 maggio 1968.
I BEATLES non si sono apparentemente mai distinti per particolari passioni calcistiche anche se le simpatie per l’Everton di Paul McCartney di cui si è millantato anche un interesse all’acquisto della squadra, sono sempre state relativamente esplicite.
Non a caso il 18 maggio 1968 era presente alla finale di FA Cup a Wembley tra West Bomwich (che vinse 1-0) e l’Everton.
Ringo Starr è stato spesso associato all’Arsenal, di cui è sicuramente grande tifoso il figlio Zak Starkey, batterista con Oasis e Who.
Pare che successivamente Ringo abbia invece dichiarato la sua passione per il Manchester United.
John Lennon da parte sua non ha mai esplicitato preferenze calcistiche anche se era allo stadio con Paul ad assistere alla finale di Fa Cup vinta dall’Everton contro il Sheffiled Wednesday per 3 a 2 a Wembley il 14 maggio 1966.
George Harrison fu lapidario nel dire che “a Liverpool ci sono tre squadre, io tifo per la quarta”.
Pare che l’assenza di esplicite dichiarazioni a favore di una squadra specifica sia stata imposta (o caldamente consigliata) da Bian Epstein per evitare di inimicarsi potenziali fans.
Ma nel brano “Dig it” tratto dall’album “Let it be” tra una lunga serie di nomi elencati compare anche quello di Matt Busby giocatore del Liverpool prima della Seconda Guerra Mondiale e successivamente allenatore di Mancheser Utd, Regno Unito e Scozia fino ai primi 70’s.
Nella copertina dell’album solista di John Lennon, “Walls and bridges” del 1974 compare un suo disegno realizzato all’età di 11 anni che ritrae (i beatlesiani più accaniti vi sono risaliti con certosine ricerche) un episodio della finale di FA Cup del 1952 vinta dal Newcastle sull’Arsenal per 1-0.
(c’è chi fa risalire da qui la passione di John per il numero 9, sulla maglia del calciatore, che si ripeterà poi con “One after 909”, “Revolution 9”, “9th dream”).
Albert Stubbins, uno dei giocatori del Liverpool più popolari nel dopoguerra compare tra i tanti personaggi raffigurati sulla copertina di “Sgt Peppers” il capolavoro beatlesiano del 1967.
Infine i Beatles inserirono alla fine del brano “Glass onion” incluso nel “White Album” del 1968 l’urlo del telecronista inglese “It’s a goal” durante la finale Inghilterra-Germania nei mondiali 1966, vinti dagli inglesi. L’urlo venne poi tagliato nella versione finale e ricomparve solo nella versione inserita nella compilation “Anthology 3” del 1996.
Recentemente Paul McCartney ha definito “idioti” coloro che avevano deciso di escludere Beckham dalla Nazionale olimpica inglese per Londra 2012.
Nelle foto i Beatles in alcune rare connessioni con il pallone.
La quarta foto è di PAUL allo stadio a vedere l'Everton il 18 maggio 1968.
I BEATLES non si sono apparentemente mai distinti per particolari passioni calcistiche anche se le simpatie per l’Everton di Paul McCartney di cui si è millantato anche un interesse all’acquisto della squadra, sono sempre state relativamente esplicite.
Non a caso il 18 maggio 1968 era presente alla finale di FA Cup a Wembley tra West Bomwich (che vinse 1-0) e l’Everton.
Ringo Starr è stato spesso associato all’Arsenal, di cui è sicuramente grande tifoso il figlio Zak Starkey, batterista con Oasis e Who.
Pare che successivamente Ringo abbia invece dichiarato la sua passione per il Manchester United.
John Lennon da parte sua non ha mai esplicitato preferenze calcistiche anche se era allo stadio con Paul ad assistere alla finale di Fa Cup vinta dall’Everton contro il Sheffiled Wednesday per 3 a 2 a Wembley il 14 maggio 1966.
George Harrison fu lapidario nel dire che “a Liverpool ci sono tre squadre, io tifo per la quarta”.
Pare che l’assenza di esplicite dichiarazioni a favore di una squadra specifica sia stata imposta (o caldamente consigliata) da Bian Epstein per evitare di inimicarsi potenziali fans.
Ma nel brano “Dig it” tratto dall’album “Let it be” tra una lunga serie di nomi elencati compare anche quello di Matt Busby giocatore del Liverpool prima della Seconda Guerra Mondiale e successivamente allenatore di Mancheser Utd, Regno Unito e Scozia fino ai primi 70’s.
Nella copertina dell’album solista di John Lennon, “Walls and bridges” del 1974 compare un suo disegno realizzato all’età di 11 anni che ritrae (i beatlesiani più accaniti vi sono risaliti con certosine ricerche) un episodio della finale di FA Cup del 1952 vinta dal Newcastle sull’Arsenal per 1-0.
(c’è chi fa risalire da qui la passione di John per il numero 9, sulla maglia del calciatore, che si ripeterà poi con “One after 909”, “Revolution 9”, “9th dream”).
Albert Stubbins, uno dei giocatori del Liverpool più popolari nel dopoguerra compare tra i tanti personaggi raffigurati sulla copertina di “Sgt Peppers” il capolavoro beatlesiano del 1967.
Infine i Beatles inserirono alla fine del brano “Glass onion” incluso nel “White Album” del 1968 l’urlo del telecronista inglese “It’s a goal” durante la finale Inghilterra-Germania nei mondiali 1966, vinti dagli inglesi. L’urlo venne poi tagliato nella versione finale e ricomparve solo nella versione inserita nella compilation “Anthology 3” del 1996.
Recentemente Paul McCartney ha definito “idioti” coloro che avevano deciso di escludere Beckham dalla Nazionale olimpica inglese per Londra 2012.
lunedì, ottobre 15, 2012
Di cosa parliamo quando parliamo di musica - 4: Forse il rock italiano non è morto ma nessuno si è accorto che sia nato
Una rubrica (che nel titolo cita un racconto di Raymond Carver) che cerca di definire ciò di cui parliamo quando parliamo di musica.
Ovvero una visione personale di quello che è la musica oggi in tutte le sue componenti (dischi/album, concerti, registrazione,video, etichette, distribuzione, promozione etc)
Nelle foto: la PFM, gli Afterhours, l'Equipe 84 e , scusate l'autocitazione, i nOt Moving nel 1984 prima di Johnny Thunders.
Includendo il controverso e non ancora maturo primo periodo beat e il pionieristico rock n roll di fine anni 50 il ROCK ITALIANO (nella consueta accezione più larga possibile) ha passato abbondantemente i 50 anni di età.
Una maturità raggiunta da parecchio direi e dalla quale ci saremmo aspettati buoni frutti.
Che non sono mancati: l’elenco di buoni album e ottimi gruppi è lungo ed ognuno avrà sicuramente una lista probante in tal senso.
Rimane il fatto incontrovertibile che il “rock italiano” non vale un due di coppe nel momento in cui usciamo dai patrii confini. E se nella Penisola i gruppi che vendono un po’ di copie e riempiono i locali si contano sulle dita di una mano all’estero l’Italia rock non esiste.
Per carità, ci sono gruppi che vanno in tour, stampano dischi all’estero, hanno un seguito in qualche paese, ma da 50 anni a questa parte (con sporadiche eccezioni: la PFM dei 70’s, gli attuali Lacuna Coil e Bloody Beetrots o i “casi” dei Jennifer Gentle su Sub Pop, gli Uzeda con la Touch ad Go, gli Ufomammut con la Neurot per fare qualche esempio) non siamo riusciti ad esportare un solo gruppo di livello mondiale (nemmeno europeo), a far conoscere la musica nostrana se non in ambiti di nicchia (vedi la scena hardcore punk dei primi 80’s). Dove, al contrario, per citare qualche nome, ci sono riusciti i francesi (Mano Negra, Manu Chao, Negresses Vertes), i tedeschi (la scena kraut rock, Kraftwerk o Rammstein), gli scandinavi (dai Motorpsycho alla ricca scena garage e rock svedese), i belgi (Deus), olandesi (Shocking Blue su tutti).
Forse il rock italiano non è morto ma nessuno si è accorto che sia nato.
Ovvero una visione personale di quello che è la musica oggi in tutte le sue componenti (dischi/album, concerti, registrazione,video, etichette, distribuzione, promozione etc)
Nelle foto: la PFM, gli Afterhours, l'Equipe 84 e , scusate l'autocitazione, i nOt Moving nel 1984 prima di Johnny Thunders.
Includendo il controverso e non ancora maturo primo periodo beat e il pionieristico rock n roll di fine anni 50 il ROCK ITALIANO (nella consueta accezione più larga possibile) ha passato abbondantemente i 50 anni di età.
Una maturità raggiunta da parecchio direi e dalla quale ci saremmo aspettati buoni frutti.
Che non sono mancati: l’elenco di buoni album e ottimi gruppi è lungo ed ognuno avrà sicuramente una lista probante in tal senso.
Rimane il fatto incontrovertibile che il “rock italiano” non vale un due di coppe nel momento in cui usciamo dai patrii confini. E se nella Penisola i gruppi che vendono un po’ di copie e riempiono i locali si contano sulle dita di una mano all’estero l’Italia rock non esiste.
Per carità, ci sono gruppi che vanno in tour, stampano dischi all’estero, hanno un seguito in qualche paese, ma da 50 anni a questa parte (con sporadiche eccezioni: la PFM dei 70’s, gli attuali Lacuna Coil e Bloody Beetrots o i “casi” dei Jennifer Gentle su Sub Pop, gli Uzeda con la Touch ad Go, gli Ufomammut con la Neurot per fare qualche esempio) non siamo riusciti ad esportare un solo gruppo di livello mondiale (nemmeno europeo), a far conoscere la musica nostrana se non in ambiti di nicchia (vedi la scena hardcore punk dei primi 80’s). Dove, al contrario, per citare qualche nome, ci sono riusciti i francesi (Mano Negra, Manu Chao, Negresses Vertes), i tedeschi (la scena kraut rock, Kraftwerk o Rammstein), gli scandinavi (dai Motorpsycho alla ricca scena garage e rock svedese), i belgi (Deus), olandesi (Shocking Blue su tutti).
Forse il rock italiano non è morto ma nessuno si è accorto che sia nato.
domenica, ottobre 14, 2012
Soul Kitchen - The time of wine and roses
La rubrica domenicale dell'Illustrissima Madame Lilith.
Castel del Monte, patria dell’Illuminatissimo Federico II, un rosso potente con una leggera punta di Marsala…solo un po’.
Uva Bambino più Rosso di Troia in parti uguali…13 gradi.. stordisce, quasi selvatico,alla prima boccata.
Adatto a carni rosse, formaggi maturi, salumi stagionati magari tra mura solide e profumate dal tempo.
Buono ad ottobre quando non si sa ancora se c’è caldo o freddo…
Quando ci si illude che domani sarà bello.
Bellissima fioritura autunnale di Belle di Notte ormai spontanee.
E’ tempo di bacche.
Castel del Monte, patria dell’Illuminatissimo Federico II, un rosso potente con una leggera punta di Marsala…solo un po’.
Uva Bambino più Rosso di Troia in parti uguali…13 gradi.. stordisce, quasi selvatico,alla prima boccata.
Adatto a carni rosse, formaggi maturi, salumi stagionati magari tra mura solide e profumate dal tempo.
Buono ad ottobre quando non si sa ancora se c’è caldo o freddo…
Quando ci si illude che domani sarà bello.
Bellissima fioritura autunnale di Belle di Notte ormai spontanee.
E’ tempo di bacche.
sabato, ottobre 13, 2012
Soul Time !
Quattro nuovi titoli dalle parti del soul, funk, jazz, black sound a cui vale la pensa dare un ascolto (i primi due in particolare).
NICOLE WILLIS and the SOUL INVESTIGATORS - Tell me when/It’s alla because of you
Dopo anni di assenza discografica torna la grandissima Nicole Willis con un nuovo singolo che prelude al secondo album della carriera, “Tortured soul” in uscita all’inizio 2013.
Due elegantissimi brani di mid tempo soul la title track, più lenta e nel Marvin Gaye mood di “What’s goin on” o della “Thin line between love and hate” dei Persuaders. Assolutamente affascinante.
THE NEW MASTERSOUNDS - Out on the faultline
Tornano i funkers inglesi con un superbo album super groovy dove ad infuocati deep funk alla Meters si affiancano echi del boogaloo di Jack McDuff (qullo di “Hot barbecue”), azzardi proto disco (ci sono rimandi perfino al primo Jamiroquai), Hammond grooves di prima qualità.
Un bellissimo album, intenso , da ballare, ascoltare, godere fino in fondo.
MESHELL NDEGEOCELLO - Tribute to Nina Simone
Accostarsi a Nina Simone richiede coraggio e tanto talento, particolarità che non difettano a Meshell.Al suo fianco vari ospiti (tra cui Sinead O Connor) a ripescare nel repertorio di Nina Simone (ma anche con brani di Animals e Leonard Cohen reinterpetati a suo tempo da Nina).
L’album viaggia tra alti e bassi e non sempre la scelta e gli arrangiamenti deibrani sono convincenti. Ma un ascolto lo merita comunque.
DIANA KRALL - Glad rag doll
Gradevole excursus in atmosfere jazzy pop alla Chet Baker con puntate rag, dixie, vaudeville e l’occasionale rantolo della chitarra di Marc Ribot che affonda qualche song nella melma raunchy blues di Tom Waits.
Il tutto scorre indolore e anche un po‘ insapore.
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