venerdì, giugno 30, 2023
Giugno 2023. Il meglio del mese
A metà del 2023 tra i migliori album ci sono quelli di Aja Monet, Noel Gallagher, Graham Day, Durand Jones, Edgar Jones, Bobby Harden, DeWolff, Billy Sullivan, Iggy Pop, Everettes, Everything But The Girl, Slowthai, Meshell Ndegeocello, Sleaford Mods, John Cale, Joel Sarakula, Algiers, The Men, Tex Perkins and the Fat Rubber Band, Gina Birch, Lonnie Holley, The Who, Mudhoney, Kara Jackson, Tinariwen, Geese.
Tra gli italiani Alex Fernet, Funkool Orchestra, Sick Tamburo, Zac, Milo Scaglioni, Lucio Corsi, Statuto, Broomdogs, The Cut, Senzabenza, Forty Winks, The Lancasters, Elli De Mon, Ellen River, Double Syd, Pitchtorch, C+C=Maxigross, Blue Moka, Lory Muratti, Garbo.
AJA MONET - When the Poems Do What They Do
Uno splendido album per la poetessa New Yorkese ("Freedom fighter e "Brooklyn griot" l'ha definita Jazzwise per lo spessore dei testi), in bilico tra spoken word, jazz, funk, sperimentazione, blues, gospel, suggestioni afro, echi di Nina Simone, Last Poets, Gil Scott Heron, Betty Carter. Un ammaliante e spettacolare gioiello di moderna Black Culture.
NOEL GALLAGHER'S HIGH FLYING BIRDS - Council Skies
Del post Oasis ho sempre apprezzato la schiettezza basica di Liam, molto meno il percorso di Noel.
Il nuovo album cambia le carte in tavola, con undici brani di grande spessore compositivo, melodie beatlesiane, costanti folate psichedeliche, ballate intense e una serie di splendidi brani pop beat (dalla già nota "Pretty boy" all'orchestrato mid tempo di "Open the door, see what you find" al rock psych di "There she blows"). Johnny Marr, Gem Archer e (in un remix) Robert Smith danno una mano. Tra i top dell'anno.
GRAHAM DAY AND THE GAOLERS - Reflections in the glass
Da oltre 40 anni sappiamo bene cosa aspettarci da Graham Day: un mix di Kinks, Pretty Things, garage punk, mod sound, psichedelia, semplici riff di chitarra, ruvidi, minimali, su cui si innestano splendide melodie vocali di gusto inequivocabilmente Sixties. Con questa formula prevedibile e scontata Graham ha saputo invece creare uno stile immediatamente distinguibile, personale, irresistibile, quanto le sue canzoni che ha continuato a regalarci nelle più svariate incarnazioni. Questa volta tocca al terzo album con i Gaolers (dopo l'esordio solista).
Mancavano da 14 anni, sono al terzo album ed è la consueta cascata elettrica, travolgente, entusiasmante. Super!!!
JANELLE MONAE - The age of pleasure
Dopo cinque anni di silenzio discografico torna una delle artiste più interessanti della black music americana. Come sempre nel sound della Monae convergono hip hop, funk, nu soul, pop, disco, influenze afro (in "Float" ci sono Seun Kuti e gli Egypt 80), reggae ("Oh la la" con tanto di Grace Jones ospite). Album eclettico, pieno di riferimenti, una vasta gamma di influenze.
MESHELL NDEGEOCELLO - The Omnichord Real Book
Un lavoro complesso, pieno di sfumature, di ogni colore.
Una summa della sua carriera tra jazz, soul, dub, funk, elementi afro, elettronica, l'Herbie Hancock electro, mille altre influenze.
Un disco che è bello riascoltare, scoprendo ogni volta nuovi stimoli.
Molto, molto, molto bello.
WITCH - Zango
I Witch (acronimo di We Intend To Cause Havoc) erano una delle band di punta dello Zam-Rock, movimento rock psichedelico dello Zambia negli anni Settanta. Band molto interessante, scioltasi nei primi anni 80 e riportata alla luce grazie a varie ristampe una decina di anni fa. Tornano a sopresa in studio con un album freschissimo, pulsante, coinvolgente, personalissimo con un mix di afro funk, psichedelia, blues, rock, reggae e tanto altro.
BETTYE LAVETTE - LaVette!
Non perde colpi la grande vocalist americana. Il nuovo album attinge a pienbe mani da soul, blues, rhythm and blues con una marcata vena funk a colorare il tutto.Godibile, divertente, urgente e sincero.
MOTORPSYCHO - Yay!
I Motorpsycho non deludono mai, sanno sempre cambiare le carte in tavola, mantenendo intatta la loro personalità artistica. Questa volta indulkgono in atmosfere semi acustiche, tra folk, West Coast, psichedelia con due incursioni nel consueto prog hrad rock che li ha spesso caratterizzati. Hanno fatto di meglio ma è sempre un gran bel sentire.
GEESE - 3D Country
Strano e bello il secondo album della band New Yorkese che mette insieme un'attitudine post punk (incide per la Partisan Records di Idles e Fontaines DC) con grooves funk, un coro gospel, suoni quasi southern rock, power pop, punk rock, afro, un pizzico di Viagra Boys e tanti sapori originali e ben miscelati. Bravi e originali.
The REVERBERATIONS - Half Remembered Dreams
La band di Portland ci immerge in una mare psichedelico/freakbeat con sferzate garage e tutta la gamma dei Sixties ad avvolgerci. Un ottimo lavoro, calligrafico e revivalista ma perfetto per chi ama questo sound.
THE OSCILLATORS - s/t
Da Seattle un ruvidissimo album di funk prevalentemente strumentale che prende ispirazione dai Meters ma potrebbe essere anche la backing band di Betty Davies con buone dosi di atmosfere afro. Solo per appassionati del deep funk più oscuro.
KING GIZZARD AND THE LIZARD WIZARD - PetroDragonic Apocalypse; or, Dawn of Eternal Night: An Annihilation of Planet Earth and the Beginning of Merciless Damnation
Il 24° album in una dozzina di anni segna un ulteriore (stucchevole) passo nel mondo della band australiana che pare intenda coprire tutto lo scibile della musica. Questa volta tocca al thrash metal con tinte prog. Perché? A cosa serve? Lo stile è riconoscibile, quanto le loro volute psichedelico/ipnotico ma l'album è del tutto trascurabile.
ALEX FERNET - Lucidanotte
Spettacolare esordio per il giovane artista veneto. Sette brani di disco funk in pieno stile 70 ma con una modernità che attualizza il sound e lo toglie dal mero revivalismo. Arrangiamenti e suoni perfetti, groove incredibile, canzoni di qualità eccelsa. Si viaggia tra disco boogie alla Imagination, ritmi intensissimi, un gusto Style Council e un tocco di space rock. Super!
LUCIO CORSI – La gente che sogna
Terzo album per il cantautore toscano che prosegue il suo personalissimo percorso artistico, avvallato da una produzione elegante, raffinata, generosa di suoni e strumentazione ricercata. Tra i brani si infiltrano David Bowie, Marc Bolan, il primo Lou Reed ma anche Renato Zero, il Gianluca Grignani de “La fabbrica di plastica”, pennellate prog, perfino Achille Lauro. Le canzoni sono belle e sempre ben costruite e composte, una squisita conferma.
BALLETTO DI BRONZO – Lemures
Uno dei nomi più rappresentativi della scena prog italiana, torna a cinquant’anni dal capolavoro “Ys” con un nuovo lavoro, incarnato nella figura leader di Gianni Leone, tastierista, cantante, compositore, accompagnato da Ivano Salvatori al basso e Riccardo Spilli alla batteria, sezione ritmica possente e travolgente. I nove brani, per quasi un’ora di musica, si muovono tra tinte horror e dark, gotiche, con elementi classicheggianti, tempi dispari, influenze jazz rock, un taglio operistico e una patina psichedelica a condire il tutto. Opera magniloquente, solenne, pura essenza progressive. Eccellente.
ARPIONI - Jannacci secondo noi (rido e piango che non si sa mai)
Al settimo album, dopo un'attività iniziata nel lontano 1990, la band orobica si dedica a un progetto tanto affascinante quanto coraggioso: rivisitare il repertorio di Enzo Jannacci nel decimo anniversario della sua scomparsa. E rifarlo con il proprio stile, tra ska, reggae e rocksteady con un costante gusto jazz che avvolge molti dei brani, che ben si prestano ritmicamente a un trattamento "in levare". Il tutto fatto con evidente amore e passione per la musica del grandissimo artista milanese, grande classe, eleganza e maturità. Disco delizioso.
LATTE+ - World of retarded
Ventisei anni di attività e una decina di album per la band toscana, perennemente innamorata di Ramones, Screeching Weasel, Queers che marchiano a fuoco il sound dei dodici brani del nuovo lavoro. Come sempre tanta energia, gran tiro, canzoni dirette e immediate, fresche e potenti. Con tanto di incursione nel campo dei Bad Religion e del primo HC con "1980". It's only Punk Rock but I like it.
DISCO DOGS CLUB - The soul tapes
Riccardo “Ohm Guru” Rinaldi è un produttore e artista dalla lunga e prestigiosa carriera. Avvalendosi dell'aiuto di uno stuolo di amici musicisti di primo livello confeziona uno splendido album in cui convergono funk, disco, lounge, elettronica, sapori afro, con una spettacolare cover funk soul di "Merceds Benz" di Janis Joplin arricchita dalla voce di Roberta Zitelli. Un album gustosissimo elegante, raffinato e di classe.
MIRACLE - Miracle vibes
Un esordio pieno di groove, in cui ritmi in levare declinati in chiave reggae si fondono alla perfezione con un caldo e avvolgente soul (soprattutto grazie alla voce "black" di Alessandra Chiarello che talvolta riporta alla mente la compianta Amy Winehouse o la prima Joss Stone) e un'anima gospel (vedi la conclusiva "Give me your smile"). I nove brani sono molto ben curati negli arrangiamenti, hanno uno spessore compositivo di primissima qualità e sono suonati con squisita perizia tecnica. Un disco delizioso.
MAD DOGS - Solitary Walker's Blues / A New Dawn
Tre album alle spalle e una carriera al fulmicotone a base di puro rock'n'roll/garage/punk per infiammare palchi di mezza Italia. Il nuovo singolo conferma le aspettative con due brani in cui le chitarre tessono un ruvida base per melodie accattivanti e immediate, supportate da una ritmica precisa e potente, con grezze pennellate glam/hard. Come sempre: grande band.
GARCON FATAL - Roma Kaputt Mundi
Torna la storica band romana con un mimi album di cinque brani registrati nel 2007 e rimasti fino ad oggi inediti. Il sound mantiene la consueta potenza e freschezza tra punk rock e sferzate hard e glam, travolgente ed efficace, diretto e senza fronzoli. Il Cd è allegato alla fanzine Tribal Cabaret reperibile qui: tribalcabaretfanzine@gmail.com
AA.VV. - The impossible live act at the Killing Machine
Una scelta romantica, coraggiosa, anticonformista (per Lux Interior e Poison Ivy dei Cramps ogni vero anticonformnista era una persona magica e a loro bisogna sempre credere) quella di affidarsi a una cassetta per una compilation. Così hanno deciso e fatto quelli della fanzine Tribal Cabaret, raccogliendo quindici band da mezza Europa, Australia e soprattutto Italia con nomi di spicco come Raw Power, Cut con Lilith, Elli De Mon, Wendy?!, Big Mountain County etc, immaginando un concerto in un mitico locale californiano. Le band sono tutte eccellenti, il supporto (allegato alla fanzine) stupendo e sempre affascinante. Per fanzine e cassetta: tribalcabaretfanzine@gmail.com
ASCOLTATO ANCHE:
RANCID (solita zuppa: punk rock/hardcore con qualche intermezzo skapunk. Si ascolta volentieri ma davvero troppo prevedibile), SILKY STEPS (disco soul funk dall'Estonia, molto gradevole). THE STOOLS (punk rock caotico e grezzo), FOO FIGHTERS (sempre più pomposi e "rock" ma comunque dignitosi), QUEENS OF THE STONE AGE (pesanti, tronfi, disco deludente e noioso), RIVAL SONS (buon southern rock, tanta classe e potenza ma anche tanto scontati), LLOYD COLE (noiosino, qualche canzone piùà riuscita ma dimenticabile)
LETTO
KID CONGO POWERS - Some new kind of kick
Una storia molto densa, una vita furibonda, vissuta costantemente al limite, divertente e "clamorosa" quanto, spesso, drammatica e tragica.
Kid Congo Powers ha abbracciato le prime avvisaglie del punk californiano, arrivando a suonare con Gun Club, Cramps e i Bad seeds di Nick Cave, oltre a un ampio numero di altre esperienze.
Stile chitarristico minimale ed essenziale, forgiato su quel primo brano che gli diede da imparare Jeffrey Lee Pierce, "Gunslinger" di Bo Diddley e con maestre d'eccezione comne Poison Ivy e Lydia Lunch a dargli l'improinta definitiva.
Una vita pazzesca, contraddistinta da eccessi di ogni tipo, da una costante lotta contro dipendenze (dall'alcol all'eroina) e discriminazioni (di origine messicana, nato in America, un ibrido a metà strada, omosessuale dichiarato, estetica estrema).
Un libro che entusiasmerà i cultori di un certo ambito, grazie ad aneddoti irresistibili ma anche a un racconto poetico e romantico di un mondo scomparso.
MICHAEL DIAMOND / ADAM HOROWITZ - Beastie Boys.Il libro
Michael Diamond e Adam Horowitz, qualche anno dopo la scomparsa dell’amato compagno di avventure Adam Yauch, nel 2012, trovarono la forza di riprendere in mano l’album dei ricordi e scrivere un magnifico libro che ora Rizzoli pubblica in italiano.
Oltre 500 pagine con un accurato e raffinato progetto grafico degli autori in cui si alternano stupende e rare foto, ricordi, follie di ogni tipo, inserti, playlist, ricette di cucina (!) e considerazioni profonde, analisi dettagliate degli album, aneddoti, testimonianze di amici e collaboratori.
Non è solo la storia della band ma un ritratto sociale e un pezzo di storia della musica recente.
Spike Jonze: “Non incidevano solo, creavano mondi. Hanno sempre fatto a modo loro. Non c’era nessuno di un’etichetta discografica a dirgli cosa fare. I Beastie Boys andavano per la loro strada e quando finivano un lavoro – le foto, il video, l’album – consegnavano tutto alla casa discografica”.
SERGIO GIUNTINI - Lo sport imbroglione
Un accurato e approfondito viaggio nella storia del doping sportivo, con nomi e cognomi (da Dorando Pietri aal caso Alex Schwazer, come recita il sottotitolo), non tralasciando l'"intoccabile" calcio, passando per Olimpiadi, ciclismo (il Fausto Coppi che confessa pubblicamente l'uso di sostanze), il "doping di Stato" dell'est europeo pre 1989 (DDR e Urss in particolare) e abbondanza di storie ben circostanziate sulla situazione nostrana, che evidenziano l'esistenza di un "sistema" basato sulla connivenza di atleti, allenatori, dirigenti, federazioni sportive nazionali.
Il libro si sofferma sui casi Pantani, sulla Juventus di Agricola (che aveva una farmacia interna con ben 281 medicinali che venivano somministrati ai calciatori), Schwazer e la constatazione che i danni prodotti alla salute e all'etica non hanno mai fermato il doping.
"A partire dalla caduta del Muro di Berlino l'Occidente si liberò dei suoi tabù verso i limiti dello sport e diede vita a un sistema simile a quello dei vecchi paesi dell'est."
Non mancano gli interventi, talvolta provocatori ma neppure tanto, di chi propone la legalizzazione del doping.
Il libro offre un quadro desolante, più semplicemente aderente alla realtà, sorta di resoconto di ciò che accade ogni giorno.
BYUNG-CHUL HAN - Le non cose
Molto intrigante e interessante, allo stesso tempo piuttosto ostico in alcuni passaggi, il saggio del filosofo sudcoreano che analizza la società odierna, sempre più prona alla "dittatura" dell'immagine/apparire, dell'infodemia, che padrona del "reale".
Il teorico dei media Vilém Flusser:
"Le non-cose stanno penetrando il nostro ambiente da tutte le direzioni e scacciamno le cose.
Queste non-cose si chiamano informazioni".
Non sono più gli oggetti, bensì le informazioni a predisporre il mondo in cui viviamo.
Non abitiamo più la terra e il cielo, bensì Google Earth e il Cloud. Siamo schiavi dell'infomania, il concetto di possesso degli oggetti è un aspetto del passato, quello che ci interessa è diventare padroni di informazioni e dati. Comunichiamo sempre di più, interangendo con le informazioni, a scapito della manualità.
Interessante l'analisi che fa del ruolo della fotografia passata da analogica e "unica" a quella che l'autore definisce "natura morta" del digitale, che ripete in migliaia di esemplari la riproduzione, senza più "mistero" di ogni attimo quotidiano:
"Il selfie annuncia la scomparsa dell'essere umano munito di un destino e di una storia".
Non sempre l'approccio è condivisibile nel suo esagerato manicheismo analogico contro digitale ma è fonte di riflessioni e approfondimenti.
ELISA DE MUNARI - La settimana della banana
Impresa non da poco spiegare ai bambini il primo album dei Velvet Underground.
Ci prova Elisa De Munari che sveste i panni di superba blues woman come Elli DeMon e prende quelli di "Melody" ovvero la musica, in un libretto delizioso perfettamente illustrato da Francesca Bono.
Dice Melody:
Giocare con me potrà non renderti famoso o probabilmente non avrai chissà che successo, ma ti salverai sempre dal sentirti vuoto e imparerai a muoverti in un mondo di cose grandi invece che di cose misere".
Le canzoni dei Velvet vengono maneggiate con cura anche quando si parla di "Heroin", "Waiting for my man" o "Venus in furs".
Nella nostra quotidianità i parametri infantili di riferimento sono cambiati radicalmente, pertanto l'impresa di Elisa è ancora più ardua e sono curioso di capire come potrebbero reagire bambini delle elementari o medie di fronte a un libro simile.
L'aspetto più interessante è l'idea di una sfida così perigliosa, il volere osare su argomenti così improbabili e ostici.
Per questo il libro è un unicum di grande pregio.
"Certo bisogna stare attenti alle canzoni di Lou: alcune sono dei bei sogni, altre sono degli incubi".
IARA MELONI + vari - Sentieri della Libertà
Segnalo l'interessantissimo libro SENTIERI DELLA LIBERTA' che raccoglie 14 percorsi escursionistici legati alla Lotta Partigiana nel Piacentino, grazie al prezioso team di lavoro composto dalla storica Iara Meloni, il geografo Giuseppe Noroni, il grafico Graziano Bocchi, il fotografo Qamil Paja e Alessandro Pigazzini del Museo della Resistenza Piacentina.
Scorrono i nomi di storici partigiani locali, dal Valoroso al Ballonaio al Montenegrino al comandante anarchico Emilio Canzi, che per le sue posizioni politiche venne emarginato dalle fazioni comuniste e di altro credo ideologico.
Il libro funge anche da riferimento storico molto preciso e circostanziato sugli anni della Resistenza piacentina con date, ricordi strazianti (l'orrenda strage di Strà, commessa dai nazisti con la partecipazione attiva delle milizie fasciste) con un ricco corredo di fotografie e documenti (oltre delle precise mappe per ripercorrere quei luoghi).
VISTO
ZeroCalcare - Questo mondo non mi renderà cattivo - Serie Tv
ZeroCalcare è uno degli ARTISTI e COMMENTATORI SOCIALI più acuti, lucidi e spietati dei nostri cupi e luridi giorni italici.
Ben rappresentati con amara e malinconica ironia nella nuova serie, esclusiva Netflix.
La lacerazione e la disgregazione della società, le guerre tra i poveri, il precariato giovanile e non, il degrado culturale, i nazisti usciti di nuovo dalle fogne, la politica melmosa, la disillusione nei confronti di quelli che una volta si chiamavano VALORI.
Occorre restare umani, di fronte all'orrore che sempre più ci circonda e soffoca.
Questo il messaggio.
Si ride, come sempre, si colgono decine di citazioni, si apprezzano Cure, Stiff Little Fingers, Lou Reed, Clash, Oasis, Chumbawamba nella colonna sonora, ci si rende conto di come e dove siamo finiti in questi anni.
Da vedere e apprezzare.
Marina Cicogna. La vita e tutto il resto di Andrea Bettinetti
E' uno spaccato interessante quello che offre il documentario di Andrea Bettinetti dedicato a MARINA CICOGNA, grande produttrice cinematografica, che ha vinto un premio Oscar con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri (anche Grand Prix Spécial du Jury a Cannes), una Palma d’oro con La classe operaia va in paradiso, sempre di Elio Petri, e un Leone d’Oro con Belle de jour di Luis Buñel a Venezia.
Personaggio spigoloso, di alto lignaggio sociale, aristocratica e con genitori e avi ai massimi livelli della società italiana.
Donna coraggiosa e libera, dichiaratamente bisessuale (non ha mai nascosto la lunga relazione con Florinda Bolkan in anni bacchettoni e poco tolleranti), superando gravi difficoltà in famiglia e numerose problematiche della vita.
Ha prodotto registi come Elio Petri, Lina Wertmuller, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica, Sergio Leone, Francesco Rosi, Liliana Cavani, Jean-Pierre Melville e lavorato con attori come Mariangela Melato, Giancarlo Giannini, Florinda Bolkan, Gian Maria Volonté, Henry Fonda, Charles Bronson, Alain Delon.
Il documentario è una lunga intervista a Marina Cicogna con un buon numero di rare immagini e filmati, aneddoti e interventi di amici e operatori dello spettacolo.
Si può vedere qui:
https://www.raiplay.it/programmi/marinacicogna-lavitaetuttoilresto
Radio Libere Tutti - La storia dell’emittenza radiofonica piacentina di Roberto Dassoni
Piacenza, così come tante altre città di provincia, assiste a una vera e propria fioritura di piccole emittenti radiofoniche libere nate dalla creatività e dal saper fare di alcuni giovani che giocavano con trasmettitori, ripetitori e che sentivano l’esigenza di raccontarsi e di tramettere un pezzo di storia del nostro territorio.
Negli anni ’70 non esisteva una legislazione e l’etere era un territorio selvaggio.
Chiunque con un poco di dimestichezza con la tecnologia poteva aprire una radio.
Alcuni tentativi durarono poche settimane, altri costituiscono le radio che raccontano la nostra città ancora oggi.
La radio libera, contrariamente a quella di Stato, trasmette a 360 gradi le notizie della città senza censura e la musica del tempo richiesta dagli ascoltatori che iniziano ad assumere un ruolo fondamentale.
La radio non è più solo notizie ed intrattenimento ma ascolto attivo. Si instaura un forte legame tra radio e comunità locale.
In una società in cui l’immagine è un pensiero ossessivo e il bisogno di nutrirsi di immagini è diventato dipendenza, sembra essere tornato un interesse per la voce e per l’ascolto.
Lo testimoniano la nascita delle web radio e dei podcast anche a Piacenza, i cui contenuti audio sono volti allo svago ma anche all’informazione, all’approfondimento e alla discussione.
Il documentario si avvale delle interviste dei protagonisti di quest’epoca d’oro e di gustose registrazioni originali del tempo, oltre che di materiale fotografico d’archivio.
Con (in ordine alfabetico):
Diego Alberti, Antonio Bacciocchi, Eleonora Bagarotti, Marilina Benedetti, Riccardo Botti, Daniel Bozzarelli, Fabrizio Centenari, Davide Dallatorre, Luca Frazzi, Stefano Girometti, Giorgio Lambri, Abe Lupo, Ermanno Mariani, Marilena Massarini, Rita Nigrelli, Francesco Paladino, Stefano Pareti, Filiberto Putzu, Redazione Radio Cult, Redazione Gioia Web Radio, Redazione Radio Radio Shock, Stefania Riccio, Rita Ronda, Francesco Vaccari.
Per vederlo qui:
https://vimeo.com/816473467
Handmade Festival Guastalla
HANDMADE FESTIVAL di Guastalla (arrivato alla 13° edizione) è un festival favoloso.
Per varietà e quantità della proposta (di altissimo livello artistico), per la professionalità, la cura per i protagonisti, il senso di accoglienza tutto emiliano.
Che è il tratto distintivo dell'evento: tranquillità, cordialità, senso di appartenenza e di libertà.
Che concilia il rispetto reciproco, il volere stare bene insieme, la condivisione.
E poi la MUSICA.
In mezzo a tanta offerta rimarco le esibizioni di:
BONO/BURATTINI
Francesca Bono, voce e chitarra degli Ofeliadorme, qui a voce e tastiere, Vittoria Burattini, batterista dei Massimo Volume, alle prese con un sound elettronico minimale e ipnotico con sguardi a kraut rock, ambient, industrial, post wave. Ammalianti.
ALEX FERNET
Spettacolare! Disco funk tiratissima, travolgente, suonata benissimo, canzoni con un groove pazzesco, trame elaborate e mai banali. Una rivelazione.
LEATHERETTE
Interessanti, abrasivi, tra post punk, venature no wave/free jazz, attitudine punk, ottimi.
COME
Post rock/slow core di qualità, atmosfere scheletriche, trame psichedeliche, probabilmente rendono di più in un piccolo club che in un open air ma la classe c'è tutta.
E poi sono di una disponibilità e simpatia rare. Condividiamo il banchetto dei dischi, vogliono aprlare e comunicare, è un piacere, ci regaliamo dischi e cose.
BLURT
Non li conoscevo, se non di nome e per qualche brano ascoltato qua e là.
Inglesi, in giro dal 1979, aspri, acidi, ostici, jazz (post) punk con momenti ritmici afrobeat.
Molto interessanti.
LYDIA LUNCH RETROVIRUS
Poi arriva lei e asfalta tutto e tutti.
Quaranta minuti di pura e semplice abrasione punk. Tiratissimi, cattivi, energia malefica, brutalità sonora, feedback. Fanno paura. Chiudono con "Forever on the run" di quasi dieci minuti dal progetto "Big Sexy Noise" e ti strappano il cuore.
SUPERLATIVI.
NOT MOVING LTD
Suoniamo come sempre, come fosse l'ultima volta. Punk 'n' roll, quello sappiamo fare. Apprezzati.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
IN CANTIERE
NOT MOVING LTD live
Mercoledì 5 luglio: Ravenna “Bagno Peter Pan”
Sabato 8 luglio: Roma “Forte Prenestino”
Giovedì 13 luglio Genova “Lilith Festival”
Lunedì 14 agosto: Lari (Pisa) “Festa Rossa”
Venerdì 15 settembre : Isola d’Elba Festival
Sabato 23 settembre: Festa Privata Imperia
Sabato 7 ottobre: Poviglio (Reggio Emilia)
Venerdì 13 ottobre: La Spezia “Shake”
Sabato 28 ottobre : Como “Joshua"
Sabato 25 novembre: Lonate Ceppino (VA) “Black Inside
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giovedì, giugno 29, 2023
Rod Stewart
Speciale ROD STEWART
Non solo Faces, alcol, sostanze, Celtic e dichiarazioni vergognose di stampo razzista.
Anche tanta buona musica.
An Old Raincoat Won't Ever Let You Down (1969)
Dopo le esperienze con gli Steampacket di Brian Auger e il Jeff Beck Group, Rod the Mod inaugura la fortunata carriera solista nel 1969 con un album di immediata ottima fattura. Rock blues, sonorità folk rock, la voce inconfondibile e uno stuolo di amici illustri o destinati a diventarlo a suonare con lui: Ron Wood, Ian Mac Lagan, Keith Emerson, Micky Waller.
Bella la versione del classico dei Dubliners "Dirty old town" e riuscita l'iniziale "Street fighting man" degli Stones in chiave folk soul rock blues.
Gasoline Alley (1970)
Every picture tells a story (1971)
Never a dull moment (1972)
Smiler (1974)
Una manciata di ottimi album imperniati su una classica miscela di rock, blues, soul, rhythm and blues, country, ruvide ballate, che vedono la presenza di un nutrito stuolo di amici, dai Faces al completo, a Micky Waller, Long John Baldry, Maggie Bell, Elton John. Tra i brani sparsi nei quattro album "My way of giving" degli Small Faces rifatta dalla band con la voce di Rod al posto di quella di Steve Marriott, una grezza "Angel" di Hendrix, il suo successo "Maggie May".
Tra i quattro "Gasoline Alley" probabilmente il più fresco e interessante.
Atlantic Crossing (1975)
Rod recluta i Booker T and Mg's (senza Booker T), i Memphis Horns, David Lindley, Jesse Ed Davis e uno stuolo di altri eccellenti musicisti e vira su funk, rock 'n' roll pesante e duro, infila un mezzo reggae, si tiene stretto il groove di Faces e Stones, riprende gli Isley Brothers in "This Old Heart of Mine" e piazza una hit come "Sailing" che scala le classifiche mondiali. Probabilmente il suo miglior album solista.
La carriera proisegue poi tra alti (pochi), bassi (tantissimi) in mezzo alle svolte vicino alla disco, al synth pop, a lunghi periodi artisticamente insignificanti ma sempre corroborati da ottime vendite e tour di successo. Ci sarà la fortunata partentesi dei cinque album The Great American Songbook con i classici della canzone americana e un ulteriore riuscito omaggio:
Soulbook (2005)
Dedicato alla soul music, senza nulla di particolarmente indimenticabile è comunque un lavoro gustosissimo con cover azzeccate e interpretazioni eccellenti, inclusa la bellissima "My cherie l'amour" di Stevie Wonder (che suona l'armonica in questa versione).
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mercoledì, giugno 28, 2023
Michael Diamond / Adam Horovitz - Beastie Boys. Il libro
Michael Diamond e Adam Horowitz, qualche anno dopo la scomparsa dell’amato compagno di avventure Adam Yauch, nel 2018, trovarono la forza di riprendere in mano l’album dei ricordi e scrivere un magnifico libro che ora Rizzoli pubblica in italiano, “Beastie Boys. Il libro”.
Oltre 500 pagine con un accurato e raffinato progetto grafico degli autori in cui si alternano stupende e rare foto, ricordi, follie di ogni tipo, inserti, playlist, ricette di cucina (!) e considerazioni profonde, analisi dettagliate degli album, aneddoti, testimonianze di amici e collaboratori.
Non è solo la storia della band ma un ritratto sociale e un pezzo di storia della musica recente.
Spike Jonze: “Non incidevano solo, creavano mondi. Hanno sempre fatto a modo loro. Non c’era nessuno di un’etichetta discografica a dirgli cosa fare. I Beastie Boys andavano per la loro strada e quando finivano un lavoro – le foto, il video, l’album – consegnavano tutto alla casa discografica”.
Michael Diamond / Adam Horovitz
Beastie Boys. Il libro
Rizzoli
590 pagine
40 euro
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martedì, giugno 27, 2023
Elisa De Munari - La settimana della banana
Impresa non da poco spiegare ai bambini il primo album dei Velvet Underground.
Ci prova Elisa De Munari che sveste i panni di superba blues woman come Elli DeMon e prende quelli di "Melody" ovvero la musica, in un libretto delizioso perfettamente illustrato da Francesca Bono.
Dice Melody:
Giocare con me potrà non renderti famoso o probabilmente non avrai chissà che successo, ma ti salverai sempre dal sentirti vuoto e imparerai a muoverti in un mondo di cose grandi invece che di cose misere".
Le canzoni dei Velvet vengono maneggiate con cura anche quando si parla di "Heroin", "Waiting for my man" o "Venus in furs".
Nella nostra quotidianità i parametri infantili di riferimento sono cambiati radicalmente, pertanto l'impresa di Elisa è ancora più ardua e sono curioso di capire come potrebbero reagire bambini delle elementari o medie di fronte a un libro simile.
L'aspetto più interessante è l'idea di una sfida così perigliosa, il volere osare su argomenti così improbabili e ostici.
Per questo il libro è un unicum di grande pregio.
"Certo bisogna stare attenti alle canzoni di Lou: alcune sono dei bei sogni, altre sono degli incubi".
Elisa De Munari
La settimana della banana
Edizioni Underground?
€ 15,00
Pagine 86
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lunedì, giugno 26, 2023
Musica e Intelligenza Artificiale
Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà".
La storia dei Beatles è sempre andata, fin dagli esordi, a braccetto con la sperimentazione e l'innovazione, attraverso progressivi cambiamenti che hanno finito per incidere in modo sostanziale nella storia del rock e della musica pop.
L'elenco è infinito ma dalla modalità con cui si presentavano dal vivo, vestiti uguali, con, per la prima volta, il batterista posizionato su un palco a parte per renderlo visibile quanto gli altri tre, fino a quanto hanno osato in studio di registrazione, le loro idee sono state sempre propulsive per il rinnovamento della musica.
Non si sottrassero al brivido dell'azzardo nemmeno quando i tre superstiti Paul, George e Ringo, compilarono i brani da inserire nei tre volumi delle “Anthology”, negli anni Novanta, in cui raccolsero inediti, rarità e curiosità varie.
In quell'occasione, suscitando perplessità e critiche, riesumarono due nastri con voce e pianoforte di John Lennon e incisero le rispettive parti creando due nuove canzoni, “Free as a bird” e “Real love”, come se il loro compagno fosse al loro fianco.
Un'operazione ricorrente quella di usare parti già registrate e riutilizzarle per nuove composizioni.
Abbiamo visto Natalie Cole duettare in video con il padre Nat King Cole, deceduto da anni, o concerti con gli ologrammi di musicisti scomparsi.
Lo stesso Paul McCartney ha inserito nei suoi show un frammento del video del brano “I've got a feeling”, tratto dal film “Let it be”, attraverso il quale duetta con l'amico John.
Lo stesso fanno gli Who dal vivo, “riportando in vita” gli ex membri della band, Keith Moon e John Entwistle, deceduti rispettivamente nel 1978 e nel 2002, che cantano o suonano un solo di basso insieme alla band.
Giunge in questi giorni la notizia che a breve verrà pubblicato un brano dei Beatles, utilizzando l'Intelligenza Artificiale, in grado di “recuperare” la voce di John, estrapolandola da un vecchio nastro, ripulirla e metterla a disposizione per un nuovo utilizzo come se fosse stata incisa al giorno d'oggi.
Con l'aiuto del regista Peter Jackson (che ha pubblicato il documentario di otto ore “Get back” sulle ultime session di registrazione dei Beatles) e Emile de la Rey, ingegnere del suono, Paul ha lavorato sull'inedito di John “Now and then”:
“Jackson è stato in grado di estrarre la voce di John da un pezzettino di cassetta di scarsa qualità. Nella cassetta avevamo la voce di John e un pianoforte. Lui poteva separarli con l’intelligenza artificiale. In pratica dice alla macchina: 'Questa è la voce. Questa è una chitarra. Togli la chitarra e isola solo la voce. Da qui abbiamo iniziato a fare quello che sarà l'ultimo brano dei Beatles”.
Un esperimento ancora più ardito lo hanno fatto gli Aisis una cover band degli Oasis che ha ricreato attraverso l'intelligenza artificiale la voce di Liam Gallagher, cantante della band, ha composto brani in perfetto stile della band di Manchester e li ha fatti “cantare” dal finto Liam.
L'effetto è quello di un credibile nuovo album degli Oasis.
A questo punto riprendere le voci di grandi personaggi della musica e utilizzarle per loro “nuovi dischi” è un gioco, relativamente, piuttosto semplice.
Ci sono diversi software che possono produrre opere nello stile di diversi compositori, come ad esempio Mozart o Beethoven.
Inoltre, alcuni algoritmi di apprendimento automatico possono generare canzoni e suoni completamente nuovi.
L'industria discografica si è già mossa per tutelarsi ed essendo, ovviamente, questi artisti coperti da copyright, eventuali nuove realizzazioni non potranno essere commercializzate, previa improbabile concessione da chi ne detiene i diritti. Si tratterebbe eventualmente di una curiosità per fan incalliti.
Che però probabilmente non si priverebbero del brivido di ascoltare qualcosa di “nuovo” dell'artista preferito. Basti pensare alle band tributo di artisti famosi che reinterpretano in maniera calligrafica i brani di riferimento, spesso travestendosi come gli interpreti originali. Diverso il discorso sulla produzione ex novo di brani e musica attraverso il mero utilizzo della nuova tecnologia.
In ambito fotografico escono a valanga immagini di artisti famosi o di scene, luoghi, eventi, ricreati dalla IA, ancora in via di perfezionamento ma che possono essere ampiamente credibili.
Ad esempio un recente video con (apparentemente) protagonista l'attore Morgan Freeman, interamente realizzato con l'intelligenza artificiale e in cui l'immagine dell'artista si rivolge al pubblico dicendo:
“Non sono Morgan Freeman e quello che vedi non è reale. E se ti dicessi che non sono nemmeno un essere umano? Mi crederesti? Qual è la tua percezione della realtà?".
In ambito musicale l'utilizzo di tecnologie similari non è una novità.
Già negli anni Novanta David Bowie, insieme all'informatico Ty Roberts, lavorò a un software per creare canzoni chiamato Verbasizer che riproduceva su computer uno dei metodi di composizione di Bowie, il 'cut-up' ovvero prendere parole sparse dai giornali, tagliarle e ricomporle a caso in un nuovo testo.
Ora le cose si stanno muovendo velocemente e indirizzando verso sentieri sempre meglio definiti al fine di sfruttare le nuove potenzialità.
La grande etichetta Universal (che detiene più di un terzo del mercato musicale globale) ha da pochi giorni stipulato un contratto con una casa di produzione berlinese, la Endel, che realizza musica attraverso l'intelligenza artificiale.
Ma, attenzione, il fulcro dell'accordo esula dalla produzione di hit da classifica ma entra in uno specifico abitualmente poco considerato dalla grande massa che invece ne usufruisce inconsapevolmente ogni giorno.
Stiamo parlando di quella musica creata appositamente per accompagnare le attese in aeroporti, ospedali, luoghi pubblici, supermercati e che viene concepita in funzione degli stati d'animo delle persone, al fine di generare senso di relax, pazienza, in certi casi conciliare il sonno o stimolare la concentrazione.
Come rimarca il giornalista Bruno Ruffilli in un articolo per Repubblica:
“Endel utilizza suoni forniti dall'artista per creare paesaggi musicali guidati da intuizioni scientifiche su come la musica influenza il nostro stato mentale.
Quando si creano album statici, gli artisti e i loro team hanno l'approvazione finale sui risultati che preferiscono.”
Ovvero, per fugare i timori di chi immagina un computer che pensa, crea, incide nuova musica, alla base c'è sempre un artista che umanamente manda gli impulsi necessari e creativi alla gestione delle informazioni che poi verranno elaborate e sarà sempre l'elemento umano a giudicare alla fine la bontà del prodotto da immettere sul mercato. Un mercato affamato di nuove musiche e stimoli, molto ampio, per quanto sotterraneo e i cui autori mai vedremo in televisione o al Festival di Sanremo, tantomeno veleggiare nelle parti alte di una classifica.
Ancora Ruffilli: “La musica funzionale nasce, come dice il nome, per arricchire e ottimizzare attività quotidiane, come leggere, correre o dormire.
Ricerche approfondite hanno dimostrato l'impatto della musica sulla salute mentale e sul benessere, compresa la concentrazione, le prestazioni atletiche e l'igiene e la qualità del sonno. E così rappresenta una delle più grandi sottocategorie di ascolto musicale in tutto il mondo, con circa 15 miliardi di stream al mese su tutte le piattaforme musicali.”
Fino ad ora la qualità musicale proposta è stata piuttosto bassa e di scarso valore creativo ma le nuove funzionalità e, soprattutto, le potenzialità economiche che, come abbiamo visto, non sono trascurabili, induce musicisti sempre più validi e creativi a dare un'occhiata a questo nuovo ambito.
Sottolinea Oliver Schabenberger, vice presidente di SAS, una delle più importanti società specializzate in intelligenza artificiale: I nostri sistemi di A.I. apprendono dai dati e dai dati soltanto. Non sono realmente intelligenti, almeno sulla base della concezione umana di intelligenza. Non hanno creatività, innovazione, consapevolezza di sé. Se afferriamo questo concetto, allora potremo capire anche che questi algoritmi non si ribelleranno e non conquisteranno il mondo. Non stiamo costruendo macchine che pensano come gli esseri umani. Stiamo costruendo software che ci aiutino a svolgere compiti specifici e ben definiti».
In definitiva l'Intelligenza Artificiale, si evince da questi primi passi ancora incerti e non sufficientemente normati da regole e leggi, è un ulteriore strumento in mano all'Uomo per produrre arte, creatività, opere.
Usiamolo come tale.
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica
domenica, giugno 25, 2023
Classic Rock
Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK recensisco il concerto di SIOUXSIE a Milano, gli album dei Tinariwen, Reg King, Soundsick, RVG, l'antologia sui dischi jazz swing di Charlie Watts e i libri sui Beastie Boys, "Esilio in Costa Azzurra" di Mauro Franco, "Magic. A journal song" di Paul Weller.
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I me mine
sabato, giugno 24, 2023
Not Moving LTD - Luglio 2023
Con i NOT MOVING LTD ripartiamo mercoledì 5 luglio dal Bagno Peter Pan di Marina di RAVENNA.
https://www.facebook.com/events/221683694066552
E proseguiamo sabato 8 luglio in quel di ROMA al Forte Prenestino.
La settimana dopo, giovedì in quel di GENOVA al Lilith Festival
https://www.facebook.com/events/638171801502120
Poi si va avanti per il "This could be the last time" TOUR.
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Not Moving LTD
venerdì, giugno 23, 2023
Kid Congo Powers - Some new kind of kick
Una storia molto densa, una vita furibonda, vissuta costantemente al limite, divertente e "clamorosa" quanto, spesso, drammatica e tragica.
Kid Congo Powers ha abbracciato le prime avvisaglie del punk californiano, arrivando a suonare con Gun Club, Cramps e i Bad Seeds di Nick Cave, oltre a un ampio numero di altre esperienze.
Stile chitarristico minimale ed essenziale, forgiato su quel primo brano che gli diede da imparare Jeffrey Lee Pierce, "Gunslinger" di Bo Diddley e con maestre d'eccezione come Poison Ivy e Lydia Lunch a dargli l'impronta definitiva.
Una vita pazzesca, contraddistinta da eccessi di ogni tipo, da una costante lotta contro dipendenze (dall'alcol all'eroina) e discriminazioni (di origine messicana, nato in America, un ibrido a metà strada, omosessuale dichiarato, estetica estrema).
Un libro che entusiasmerà i cultori di un certo ambito, grazie ad aneddoti irresistibili ma anche a un racconto poetico e romantico di un mondo scomparso.
Kid Congo Powers fu il nome scelto da Lux Interior per "essere un Cramps".
"I Cramps pensavano di essere un' entità magica. Che noi fossimo gli alieni sbarcati sulla Terra.
Per Lux e Ivy qualunque anticonformista era visto come una persona magica...mi sentii competamente accettato, particolarmente da gay rocker.
Lux, nel suo ruolo di sciamano era praticamente pansessuale, per niente omofobo...i Cramps abbracciavano la perversione in tutti i suoi aspetti e nel miglior modo possibile. Sapevo che era la mia gente, erano dei freaks come me."
"Non abbiamo mai discusso, nel nostro chiuso ed edonistico mondo, della sessualità, che uno fosse gay, bi o etero. Ognuno accettava ciò che era, raramente ne abbiamoi parlato. Era solamente così."
We were the Blank Generation.
Avevamo una attitudine separatista e militante.
O eri con noi o contro di noi.
Il nostro feeling era: fuck the system or stay the fuck away.
Kid Congo Powers
Some new kind of kick
Omnibus Press
258 pagine
20 pounds
Kid Congo Powers ha abbracciato le prime avvisaglie del punk californiano, arrivando a suonare con Gun Club, Cramps e i Bad Seeds di Nick Cave, oltre a un ampio numero di altre esperienze.
Stile chitarristico minimale ed essenziale, forgiato su quel primo brano che gli diede da imparare Jeffrey Lee Pierce, "Gunslinger" di Bo Diddley e con maestre d'eccezione come Poison Ivy e Lydia Lunch a dargli l'impronta definitiva.
Una vita pazzesca, contraddistinta da eccessi di ogni tipo, da una costante lotta contro dipendenze (dall'alcol all'eroina) e discriminazioni (di origine messicana, nato in America, un ibrido a metà strada, omosessuale dichiarato, estetica estrema).
Un libro che entusiasmerà i cultori di un certo ambito, grazie ad aneddoti irresistibili ma anche a un racconto poetico e romantico di un mondo scomparso.
Kid Congo Powers fu il nome scelto da Lux Interior per "essere un Cramps".
"I Cramps pensavano di essere un' entità magica. Che noi fossimo gli alieni sbarcati sulla Terra.
Per Lux e Ivy qualunque anticonformista era visto come una persona magica...mi sentii competamente accettato, particolarmente da gay rocker.
Lux, nel suo ruolo di sciamano era praticamente pansessuale, per niente omofobo...i Cramps abbracciavano la perversione in tutti i suoi aspetti e nel miglior modo possibile. Sapevo che era la mia gente, erano dei freaks come me."
"Non abbiamo mai discusso, nel nostro chiuso ed edonistico mondo, della sessualità, che uno fosse gay, bi o etero. Ognuno accettava ciò che era, raramente ne abbiamoi parlato. Era solamente così."
We were the Blank Generation.
Avevamo una attitudine separatista e militante.
O eri con noi o contro di noi.
Il nostro feeling era: fuck the system or stay the fuck away.
Kid Congo Powers
Some new kind of kick
Omnibus Press
258 pagine
20 pounds
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Libri
mercoledì, giugno 21, 2023
The Clash - Train in vain
THE CLASH - Train in vain
https://www.youtube.com/watch?v=eNot47WRBFk
Spazio a una delle più belle canzoni d'amore di sempre.
"Mick scrisse "Train vain" su di me dopo che ci lasciammo definitivamente. Quando uscivano insieme lui prendeva la metro da casa di sua nonna a Royal oak fino al mio squat a Shperd's Bush.
Se avevamo litigato io non lo facevo entrare e lo lasciavo a supplicare fuori la porta.
Nella canzone c'è un verso in risposta a "Typical girl" delle Slits in cui dico "Typical girls stand by their man (Le ragazze normali restano al fianco del loro uomo, citando la canzone di Tommy Wynette) a cui Mick controbatte "You didn't stay by me - "tu non sei rimasta al mio fianco".
(VIV ALBERTINE da "Vestiti, musica, ragazzi")
Il brano, interamente composto da Mick Jones, è incluso, non accreditato sulla copertina (e di cui non compare il testo nel foglio interno), in "London calling".
Mick Jones:
"La vera storia di 'Train in Vain' è che originariamente avevamo bisogno di una canzone da dare al New Musical Express ME per un flexy disc. Siccome poi non se ne è fatto niente, ci siamo ritrovati questa canzone di riserva che abbiamo inserito in London Calling quando ormai non c'era più tempo per inserirlo nella tracklist perché le copertin erano già state stampate ."
Mick Jones ha successivamente sottolineato: "Non riesco a credere quanto sia diventata famosa in America. La gente pensava fosse un classico soul per scoprire poi che era dei Clash".
Il brano è stato coverizzato in una versione synth gospel soul da Annie Lennox in "Medusa" :
https://www.youtube.com/watch?v=m0-f6OmBCL0
E da Dwight Yokaham in chiave country:
https://www.youtube.com/watch?v=q_6WXMJ3saw
I Garbage campionarono il drumming per "Stupid girl": https://www.youtube.com/watch?v=2GhPUAVgHZc
https://www.youtube.com/watch?v=eNot47WRBFk
Spazio a una delle più belle canzoni d'amore di sempre.
"Mick scrisse "Train vain" su di me dopo che ci lasciammo definitivamente. Quando uscivano insieme lui prendeva la metro da casa di sua nonna a Royal oak fino al mio squat a Shperd's Bush.
Se avevamo litigato io non lo facevo entrare e lo lasciavo a supplicare fuori la porta.
Nella canzone c'è un verso in risposta a "Typical girl" delle Slits in cui dico "Typical girls stand by their man (Le ragazze normali restano al fianco del loro uomo, citando la canzone di Tommy Wynette) a cui Mick controbatte "You didn't stay by me - "tu non sei rimasta al mio fianco".
(VIV ALBERTINE da "Vestiti, musica, ragazzi")
Il brano, interamente composto da Mick Jones, è incluso, non accreditato sulla copertina (e di cui non compare il testo nel foglio interno), in "London calling".
Mick Jones:
"La vera storia di 'Train in Vain' è che originariamente avevamo bisogno di una canzone da dare al New Musical Express ME per un flexy disc. Siccome poi non se ne è fatto niente, ci siamo ritrovati questa canzone di riserva che abbiamo inserito in London Calling quando ormai non c'era più tempo per inserirlo nella tracklist perché le copertin erano già state stampate ."
Mick Jones ha successivamente sottolineato: "Non riesco a credere quanto sia diventata famosa in America. La gente pensava fosse un classico soul per scoprire poi che era dei Clash".
Il brano è stato coverizzato in una versione synth gospel soul da Annie Lennox in "Medusa" :
https://www.youtube.com/watch?v=m0-f6OmBCL0
E da Dwight Yokaham in chiave country:
https://www.youtube.com/watch?v=q_6WXMJ3saw
I Garbage campionarono il drumming per "Stupid girl": https://www.youtube.com/watch?v=2GhPUAVgHZc
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Songs
lunedì, giugno 19, 2023
La storia dell'Acid Jazz
Riprendo l'articolo che ho scritto sabato per "Il Manifesto".
Il musicologo e giornalista Charlie Gillett scrive, nel 1970, un'interessante considerazione sul legame tra la black music e la Gran Bretagna:
“C'é sempre stata una sorta di tradizione in Inghilterra fino dagli anni Venti, costantemente mantenuta da una minoranza di appassionati, nell'interesse per le forme meno conosciute della Black Music (“Negro Popular Music”). Con il succedersi delle varie mode musicali in Usa che rendevano gli stili progressivamente obsoleti, un gruppo di entusiasti in Europa si dedicarono a perpetuare quella musica collezionando dischi, importandoli e se possibile facendo suonare i protagonisti o riproponendo la loro musica con i loro gruppi”.
E’ un filo conduttore costantemente teso che ha portato l’Inghilterra a essere un costante laboratorio espressivo ed evolutivo per la “musica nera”.
Ballata nelle serate mod nei primi anni Sessanta e poi in quelle Northern Soul un decennio dopo, diventata colonna portante di buona parte della scena post wave dei primi anni Ottanta (da Jam e Style Council a Dexy’s Midnight Runners, Redskins ma anche in nomi ben più commerciali e abituali frequentatori delle parti alte delle classifiche, dai Simply Red ai Wham!, Spandau Ballett, ai synth pop-pers dei Soft Cell - vedi la celebre cover di “Tainted love” di Gloria Jones, agli Eurythmics che duettarono nientemeno che con la Regina del soul Aretha Franklin in “Sisters are doing for themselves” nel 1985).
Un sound diventato progressivamente “classico” e costantemente rielaborato dalle nuove generazioni.
Con il suggestivo nome di Acid Jazz (spesso l’importanza di un marchio - e in questo caso anche di un logo - è una chiave essenziale) alla fine degli anni Ottanta si creò una scena interessantissima che diede un enorme impulso al rinnovamento del contesto “black”.
Nel 1987 il DJ Gilles Peterson, già attivo con innovative trasmissioni radiofoniche e Eddie Piller, uno degli artefici della nuova ondata mod alla fine degli anni Settanta, mettono insieme competenze, esperienza e passione per dare voce a quei nuovi suoni che stavano spontaneamente emergendo dai club londinesi e che tornavano a mettere il jazz al centro dell’attenzione, dopo anni di punk, new wave e synth pop.
Ma non si trattava di sterili riproposizioni ma di un nuovo calderone di contaminazioni che attingeva anche dal soul, dall’elettronica, funk, musica latina, psichedelia, dance, guardava alle esperienze spoken word di Gil Scott Heron e Last Poets, non disdegnava elementi fusion, rap e hip hop.
I preveggenti Style Council di Paul Weller avevano, un po’ confusamente, indicato, poco prima, la strada, la neo nata Acid Jazz Records prendeva il timone e lo indirizzava verso nuovi lidi.
Gli inizi sono incerti e colgono di sorpresa il pubblico e gli stessi fondatori, tra i quali il sodalizio dura poco.
Qualche tempo dopo Gilles Peterson se ne va per formare l’altrettanto valida, sempre indirizzata sugli stessi binari, Talkin Loud Records.
Intanto la scena incomincia a esplodere, soprattutto grazie alle serate nel mitico Dingwall’s di Londra, un tempo patria del pub rock e che aveva dato ospitalità anche a molte punk band del primo periodo, tra infiammati dj set e concerti live.
Eddie Piller porta con sé in dote un nome di prestigio della sua precedente esperienza discografica con la Re-Elect The President, il James Taylor Quartet (filiazione dei fantastici mod heroes The Prisoners, da poco sciolti) tra i primi a riprendere quel cool jazz strumentale da colonna sonora anni Sessanta, tra Jimmy Smith e Booker T and the Mg’s.
Dagli inizi rudi e spontanei passeranno a sonorità e arrangiamenti sempre più raffinati, cogliendo il grande successo nel 1988,con la ripresa del tema della serie televisiva “Starsky and Hutch” con Fred Wesley e Pee Wee Ellis, sezione fiati di James Brown.
La band diventerà sempre più assidua frequentatrice dei dancefloor più sofisticati, si sposterà tra dance e ritorni a suoni più classici (anche nelle vesti semi occulte di New Jersey Kings), il leader James Taylor collaborerà con una lunga serie di grandi nomi, da Tom Jones agli U2, diventando una sorta di marchio di fabbrica, ricercato e stimato.
Piller porta con sé anche i Jazz Renegades dell’ex batterista degli Style Council, Steve White, più tradizionali e scontati.
A testimonianza del suo buon fiuto mette sotto contratto un promettente e sconosciuto gruppo, i Jamiroquai.
Che dopo un singolo per l’etichetta si accaseranno con un contratto multi milionario con una major e troveranno il successo mondiale.
“La Acid Jazz Records nacque dall’esplosione acid dei tardi anni ’80. Adoravamo il sound e l’atmosfera ma presto ci annoiammo della musica acid house.
Per scherzo, abbiamo dato vita alla nostra etichetta con pubblicazioni jazz, funk e soul ma con la trovata di aggiungere la parola “estranea” acid. L’etichetta fu subito un successo e sembrò catturare perfettamente l’essenza dei tempi.
La musica che pubblicavamo sembrava perfettamente adatta per il dancefloor e in seguito all’enorme successo dei Jamiroquai aprimmo il nostro club, il Blue Note, che ebbe grande successo e fu il primo di una nuova generazione di locali della zona di Hoxton a Londra”. (Eddie Piller, intervista a Billboard).
Non lontani dal sound del James Taylor Quartet, anche se più frenetici, pulsanti, veloci e con il frequente uso della voce si mossero, dai primi anni 90, i Corduroy.
Tre album per la Acid Jazz, strumentalmente eccellenti, immagine smaccatamente Sixties, belle canzoni, retaggio Swinging London e un discreto successo commerciale.
Scioltisi alla fine degli anni Novanta sono tornati sulla scena recentemente con un nuovo, discreto, album pur se ornai fuori tempo massimo.
I Galliano furono tra le prime scelte della Acid Jazz Records, per la quale incisero, nel 1987, il singolo “Frederic Life Still”, stampato originariamente in cinquecento copie, andate esaurite in una settimana e arrivate velocemente alle diecimila, essenziale benzina per fare partire il motore dell’etichetta.
Vennero però subito portati dal dimissionario Gilles Peterson alla sua nuova creatura discografica Talkin Loud con la quale realizzarono i quattro album della breve carriera, finita allo scadere degli anni Novanta, tutti di discreto successo e che mischiavano funk, jazz e rap (erano definiti “la risposta di Finchley – quartiere di Londra - ai Last Poets”) in modo disinvolto e molto personale.
I Brand New Heavies vengono scoperti da Eddie Piller e lanciati con due eccellenti album tra il 1990 e 1992.
Il sound pesca nella tradizione soul funk ma con un approccio modernissimo, fresco, ritmato, a cui si aggiungono sonorità jazz e un groove di rara efficacia. Particolarità che li contraddistinguerà nel corso della carriera (tuttora la band è in attività) è la frequenza di collaborazioni esterne e cambi di cantanti e formazione, mantenendo però sempre il medesimo a
pproccio sonoro.
La band ha all’attivo una dozzina di album, alcuni dei quali arrivati a lusinghieri risultati di vendite nelle classifiche inglesi, nonostante, in questo senso, gli ultimi anni abbiano riservato loro scarse soddisfazioni.
Ebbero vita breve gli Young Disciples, guidati dalla splendida voce della cantante americana Carleen Anderson. Sfortunatamente, perché l’unico album realizzato, “Road to freedom” nel 1991 per la Talkin Loud, si configura come un perfetto manifesto di quella scena britannica che stava crescendo mischiando suoni, generi, ritmi diversi, collaborando e interagendo.
Soul, funk, hip hop, blues, gospel, rivisitati in chiave moderna con l’apporto di eccellenze del giro neo soul inglese.
Registrato negli studi di Paul Weller, i Solid Bond, tra i musicisti troviamo, oltre allo stesso Modfather in incognito, anche gli altri ex Style Council Mick Talbot e Steve White, Pee Wee Ellis, ex saxofonista di James Brown e i colleghi Fred Wesley e Maceo Perker, anche loro alla corte del Re del Funk e dei Parliament.
Un gioiello che influenzerà generazioni di nuovi artisti.
La Anderson (figlia di Vicky Anderson, corista di James Brown, che sposerà successivamente Bobby Bird, membro dei Blue Flames) se ne andrà dal gruppo sancendone la fine ma iniziando una proficua carriera solista più vicina a sonorità soul tradizionali, riprendendo in maniera magistrale brani come “Don’t look back in anger” degli Oasis o “Maybe I’m amazed” di Paul McCartney, collaborando con Paul Weller e, a lungo, con gli Incognito.
A proposito: gli Incognito sono da sempre uno dei gruppi di punta ascrivibili al concetto acid jazz.
Guidati da Jean Paul “Bluey” Maunick, unico componente rimasto fisso nella formazione dagli esordi ad oggi, hanno rappresentato al meglio il concetto di collettivo artistico che si arricchisce, aggiunge, cambia, progressivamente nel tempo, intorno a un’idea sonora
. Nel corso della lunga carriera si contano centinaia di membri della band (una sessantina solo i cantanti!).
Il loro esordio è addirittura nel 1981 con l’album dal programmatico titolo di “Jazz Funk” a cui seguono dieci anni di silenzio fino a quando non vengo o reclutati dalla Talkin Loud e incominciano il lungo percorso con il loro funk jazz tinto da groove anche disco e soul, una tecnica strumentale mostruosa, libere incursioni in altri generi e influenze. Più di una ventina di album, numerosi remix, collaborazioni a iosa, tour incessanti e qualche corroborante e occasionale apparizione nelle charts inglesi (nel 1991 “Always there” si arrampicò fino al sesto posto). Una corrente interna all’Acid Jazz si sviluppò parallelamente, mantenendo forti legami con il funk più ruspante mischiato a un sound che abbracciava Hammond grooves, beat, soul, Traffic, Small Faces, Booker T and the Mg’s e nuove influenze.
Ne furono tra principali rappresentanti i Mother Earth di Matt Deighton (che finì poi nella band di Paul Weller e sostituì Noel Gallagher negli Oasis in un tour del 2000, dopo uno dei tanti litigi con Liam).
Incisero tre ottimi album per la Acid Jazz Records a metà degli anni novanta, con l’aiuto di James Taylor, Paul Weller, Simon Bartholomew dei Brand New Heavies.
Deighton ha proseguito con una discreta carriera solista improntata a sonorità più folk rock.
Sulle stesse coordinate dei Morther Earth si mossero, nello stesso periodo, i Freak Power, guidati da Norman Cook (da poco uscito dagli Housemartins e in procinto di diventare una star con lo pseudonimo di Fat Boy Slim).
Due album e un singolo “Tune in, tune out, cope in” che, dopo un discreto successo, nel 1993, viene utilizzato in una pubblicità della Levi’s due anni dopo e sbanca le classifiche inglesi e non solo, vendendo 200.000 copie.
Anche una vecchia conoscenza come Graham Day dei Prisoners intraprende un cammino simile, con i Planet. “Splitting the humidity” è del 1995 ed è un bellissimo lavoro, come gran parte della produzione del chitarrista ma, come sua consuetudine, è un flop commerciale.
Dice Day:
“Mi è piaciuto fare qualcosa di totalmente diverso e trovavo esilarante guardare i volti dei fans mod dei Prisoners che semplicemente non sapeva no cosa pensare. Ho deliberatamente cercato di non scrivere canzoni con melodie come avevo sempre fatto prima e mi sono attenuto a riff di chitarra e ritmi funky. Stavo scrivendo un secondo album, ero tornato a uno stile più tradizionale e stavo parlando con due dei Mother Earth (che avevano appena perso il loro cantante Matt) riguardo alla possibilità di fare qualcosa insieme. avevo suonato un paio di canzoni in studio con loro quindi aveva senso. Sfortunatamente Eddie Piller ha detto che non voleva un secondo album (e non posso biasimarlo, non credo che il primo album abbia venduto molte copie) quindi non è successo niente e per i Planet è arrivata la fine”.
Tra le modalità espressive e compositive del giro acid jazz c’è il campionamento di grooves e ritmiche jazz e funk da sviluppare in nuove modalità.
E’ quello che diede il successo agli US3.
“Cantaloupe (flip fantasia)” campionava il classico “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock, trasformandolo in un brano hip hop jazz. Il risultato fu un milione di copie vendute in Usa dell’album d’esordio del 1993 “Hand on the torch”.
Tutto il disco gioca su campionamenti di classici o brani minori di soul jazz, da Grant Green a Theolonious Monk, Art Blakey, Horace Silver. Il tutto con un gusto modernissimo e freschissimo.
La band prosegue con alterne vicende per una decina d’anni per poi tornare nell’oblìo. Rimane l’efficace slogan che li caratterizzava: “If jazz is the first way, and hip hop is the second way, then Us3 is the third way!”.
Non dissimile la strada intrapresa dagli UFO (United Future Organization), con un orientamento più lounge che facevano il paio (anche per le stesse origini di nascita) con i Pizzicato Five che, pur lontani dal concetto originale dell’ambito, sono tangenti a quelle atmosfere, più che altro per i riferimenti smaccatamente Sixties.
Anche l’Italia ha avuto una forte fascinazione per il genere (anche in virtù dei frequenti riferimenti alla tradizione lounge cinematografica di mostri sacri del genere come Ennio Morricone e Piero Piccioni, su tutti).
Da Nicola Conte a Francesco Gazzara, Link Quartet ai Jestofunk, furono numerose le band che calcarono quei ritmi e quei riferimenti grazie anche a etichette italiane come Irma e Schema che ne furono sapiente tramite per il pubblico nostrano e internazionale.
Un cenno anche alle numerose compilation che sono uscite nel corso del tempo ma in particolare a quelle che prepararono il terreno fertile all’esplosione della scena, riprendendo quanto veniva ballato e apprezzato nei dancefloor londinesi del tempo.
In particolare i DJ’s Baz Fe Jazz e Gilles Peterson nella serie “Acid Jazz”, raccolgono brani più o meno rari di Eddie Jefferson, Funk Inc, Jack McDuff, Charles Earland, Idris Muhammd o nella serie “Jazz Juice” per la sotto label della Ace Records , la Street Sounds, dove si passa (in otto volumi) da Miles Davis a Sergio Mendes dai Mar Keys a John Coltrane.
C’è anche la serie “Jazz Dance” (dal titolo esplicativo) con Lee Morgan, Roland Kirk, Art Blakey, Mel Tormè, Herbie Mann , Illinois Jacquet o il Ramsey Lewis Trio e quella intitolata “Soul Jazz” , sempre per la Ace, con Jimmy Smith, Hugh Masekela, Dizzie Gillespie. Parallelamente fioriscono anche quelle riservate alla miscela di jazz e sound latini, o più semplicemente “latin jazz” , con nomi come Mongo Santamaria, Ray Barretto, Tito Puente, Joe Bataan.
La Acid Jazz pubblicherà una lunga serie di significative compilation dal titolo “Totally Wired” colme di piccole gemme che documentavano le nuove uscite degli anni Novanta nell’ambito, tutt’ora preziose fotografie di un’epoca pulsante e innovativa, che guardava all’attualità e al futuro con le radici saldamente ancorate a un glorioso passato.
Che ci ha consegnato un sound e dischi che ancora oggi suonano attuali e stimolanti, senza avere perso quell’urgenza innovativa che trasmettevano e che sono il seme che ha fatto crescere così bene il giro inglese del New British Jazz, da Shabaka Hutchings agli Ezra Collective che ne sono una chiara prosecuzione artistica e di intenti.
Il musicologo e giornalista Charlie Gillett scrive, nel 1970, un'interessante considerazione sul legame tra la black music e la Gran Bretagna:
“C'é sempre stata una sorta di tradizione in Inghilterra fino dagli anni Venti, costantemente mantenuta da una minoranza di appassionati, nell'interesse per le forme meno conosciute della Black Music (“Negro Popular Music”). Con il succedersi delle varie mode musicali in Usa che rendevano gli stili progressivamente obsoleti, un gruppo di entusiasti in Europa si dedicarono a perpetuare quella musica collezionando dischi, importandoli e se possibile facendo suonare i protagonisti o riproponendo la loro musica con i loro gruppi”.
E’ un filo conduttore costantemente teso che ha portato l’Inghilterra a essere un costante laboratorio espressivo ed evolutivo per la “musica nera”.
Ballata nelle serate mod nei primi anni Sessanta e poi in quelle Northern Soul un decennio dopo, diventata colonna portante di buona parte della scena post wave dei primi anni Ottanta (da Jam e Style Council a Dexy’s Midnight Runners, Redskins ma anche in nomi ben più commerciali e abituali frequentatori delle parti alte delle classifiche, dai Simply Red ai Wham!, Spandau Ballett, ai synth pop-pers dei Soft Cell - vedi la celebre cover di “Tainted love” di Gloria Jones, agli Eurythmics che duettarono nientemeno che con la Regina del soul Aretha Franklin in “Sisters are doing for themselves” nel 1985).
Un sound diventato progressivamente “classico” e costantemente rielaborato dalle nuove generazioni.
Con il suggestivo nome di Acid Jazz (spesso l’importanza di un marchio - e in questo caso anche di un logo - è una chiave essenziale) alla fine degli anni Ottanta si creò una scena interessantissima che diede un enorme impulso al rinnovamento del contesto “black”.
Nel 1987 il DJ Gilles Peterson, già attivo con innovative trasmissioni radiofoniche e Eddie Piller, uno degli artefici della nuova ondata mod alla fine degli anni Settanta, mettono insieme competenze, esperienza e passione per dare voce a quei nuovi suoni che stavano spontaneamente emergendo dai club londinesi e che tornavano a mettere il jazz al centro dell’attenzione, dopo anni di punk, new wave e synth pop.
Ma non si trattava di sterili riproposizioni ma di un nuovo calderone di contaminazioni che attingeva anche dal soul, dall’elettronica, funk, musica latina, psichedelia, dance, guardava alle esperienze spoken word di Gil Scott Heron e Last Poets, non disdegnava elementi fusion, rap e hip hop.
I preveggenti Style Council di Paul Weller avevano, un po’ confusamente, indicato, poco prima, la strada, la neo nata Acid Jazz Records prendeva il timone e lo indirizzava verso nuovi lidi.
Gli inizi sono incerti e colgono di sorpresa il pubblico e gli stessi fondatori, tra i quali il sodalizio dura poco.
Qualche tempo dopo Gilles Peterson se ne va per formare l’altrettanto valida, sempre indirizzata sugli stessi binari, Talkin Loud Records.
Intanto la scena incomincia a esplodere, soprattutto grazie alle serate nel mitico Dingwall’s di Londra, un tempo patria del pub rock e che aveva dato ospitalità anche a molte punk band del primo periodo, tra infiammati dj set e concerti live.
Eddie Piller porta con sé in dote un nome di prestigio della sua precedente esperienza discografica con la Re-Elect The President, il James Taylor Quartet (filiazione dei fantastici mod heroes The Prisoners, da poco sciolti) tra i primi a riprendere quel cool jazz strumentale da colonna sonora anni Sessanta, tra Jimmy Smith e Booker T and the Mg’s.
Dagli inizi rudi e spontanei passeranno a sonorità e arrangiamenti sempre più raffinati, cogliendo il grande successo nel 1988,con la ripresa del tema della serie televisiva “Starsky and Hutch” con Fred Wesley e Pee Wee Ellis, sezione fiati di James Brown.
La band diventerà sempre più assidua frequentatrice dei dancefloor più sofisticati, si sposterà tra dance e ritorni a suoni più classici (anche nelle vesti semi occulte di New Jersey Kings), il leader James Taylor collaborerà con una lunga serie di grandi nomi, da Tom Jones agli U2, diventando una sorta di marchio di fabbrica, ricercato e stimato.
Piller porta con sé anche i Jazz Renegades dell’ex batterista degli Style Council, Steve White, più tradizionali e scontati.
A testimonianza del suo buon fiuto mette sotto contratto un promettente e sconosciuto gruppo, i Jamiroquai.
Che dopo un singolo per l’etichetta si accaseranno con un contratto multi milionario con una major e troveranno il successo mondiale.
“La Acid Jazz Records nacque dall’esplosione acid dei tardi anni ’80. Adoravamo il sound e l’atmosfera ma presto ci annoiammo della musica acid house.
Per scherzo, abbiamo dato vita alla nostra etichetta con pubblicazioni jazz, funk e soul ma con la trovata di aggiungere la parola “estranea” acid. L’etichetta fu subito un successo e sembrò catturare perfettamente l’essenza dei tempi.
La musica che pubblicavamo sembrava perfettamente adatta per il dancefloor e in seguito all’enorme successo dei Jamiroquai aprimmo il nostro club, il Blue Note, che ebbe grande successo e fu il primo di una nuova generazione di locali della zona di Hoxton a Londra”. (Eddie Piller, intervista a Billboard).
Non lontani dal sound del James Taylor Quartet, anche se più frenetici, pulsanti, veloci e con il frequente uso della voce si mossero, dai primi anni 90, i Corduroy.
Tre album per la Acid Jazz, strumentalmente eccellenti, immagine smaccatamente Sixties, belle canzoni, retaggio Swinging London e un discreto successo commerciale.
Scioltisi alla fine degli anni Novanta sono tornati sulla scena recentemente con un nuovo, discreto, album pur se ornai fuori tempo massimo.
I Galliano furono tra le prime scelte della Acid Jazz Records, per la quale incisero, nel 1987, il singolo “Frederic Life Still”, stampato originariamente in cinquecento copie, andate esaurite in una settimana e arrivate velocemente alle diecimila, essenziale benzina per fare partire il motore dell’etichetta.
Vennero però subito portati dal dimissionario Gilles Peterson alla sua nuova creatura discografica Talkin Loud con la quale realizzarono i quattro album della breve carriera, finita allo scadere degli anni Novanta, tutti di discreto successo e che mischiavano funk, jazz e rap (erano definiti “la risposta di Finchley – quartiere di Londra - ai Last Poets”) in modo disinvolto e molto personale.
I Brand New Heavies vengono scoperti da Eddie Piller e lanciati con due eccellenti album tra il 1990 e 1992.
Il sound pesca nella tradizione soul funk ma con un approccio modernissimo, fresco, ritmato, a cui si aggiungono sonorità jazz e un groove di rara efficacia. Particolarità che li contraddistinguerà nel corso della carriera (tuttora la band è in attività) è la frequenza di collaborazioni esterne e cambi di cantanti e formazione, mantenendo però sempre il medesimo a
pproccio sonoro.
La band ha all’attivo una dozzina di album, alcuni dei quali arrivati a lusinghieri risultati di vendite nelle classifiche inglesi, nonostante, in questo senso, gli ultimi anni abbiano riservato loro scarse soddisfazioni.
Ebbero vita breve gli Young Disciples, guidati dalla splendida voce della cantante americana Carleen Anderson. Sfortunatamente, perché l’unico album realizzato, “Road to freedom” nel 1991 per la Talkin Loud, si configura come un perfetto manifesto di quella scena britannica che stava crescendo mischiando suoni, generi, ritmi diversi, collaborando e interagendo.
Soul, funk, hip hop, blues, gospel, rivisitati in chiave moderna con l’apporto di eccellenze del giro neo soul inglese.
Registrato negli studi di Paul Weller, i Solid Bond, tra i musicisti troviamo, oltre allo stesso Modfather in incognito, anche gli altri ex Style Council Mick Talbot e Steve White, Pee Wee Ellis, ex saxofonista di James Brown e i colleghi Fred Wesley e Maceo Perker, anche loro alla corte del Re del Funk e dei Parliament.
Un gioiello che influenzerà generazioni di nuovi artisti.
La Anderson (figlia di Vicky Anderson, corista di James Brown, che sposerà successivamente Bobby Bird, membro dei Blue Flames) se ne andrà dal gruppo sancendone la fine ma iniziando una proficua carriera solista più vicina a sonorità soul tradizionali, riprendendo in maniera magistrale brani come “Don’t look back in anger” degli Oasis o “Maybe I’m amazed” di Paul McCartney, collaborando con Paul Weller e, a lungo, con gli Incognito.
A proposito: gli Incognito sono da sempre uno dei gruppi di punta ascrivibili al concetto acid jazz.
Guidati da Jean Paul “Bluey” Maunick, unico componente rimasto fisso nella formazione dagli esordi ad oggi, hanno rappresentato al meglio il concetto di collettivo artistico che si arricchisce, aggiunge, cambia, progressivamente nel tempo, intorno a un’idea sonora
. Nel corso della lunga carriera si contano centinaia di membri della band (una sessantina solo i cantanti!).
Il loro esordio è addirittura nel 1981 con l’album dal programmatico titolo di “Jazz Funk” a cui seguono dieci anni di silenzio fino a quando non vengo o reclutati dalla Talkin Loud e incominciano il lungo percorso con il loro funk jazz tinto da groove anche disco e soul, una tecnica strumentale mostruosa, libere incursioni in altri generi e influenze. Più di una ventina di album, numerosi remix, collaborazioni a iosa, tour incessanti e qualche corroborante e occasionale apparizione nelle charts inglesi (nel 1991 “Always there” si arrampicò fino al sesto posto). Una corrente interna all’Acid Jazz si sviluppò parallelamente, mantenendo forti legami con il funk più ruspante mischiato a un sound che abbracciava Hammond grooves, beat, soul, Traffic, Small Faces, Booker T and the Mg’s e nuove influenze.
Ne furono tra principali rappresentanti i Mother Earth di Matt Deighton (che finì poi nella band di Paul Weller e sostituì Noel Gallagher negli Oasis in un tour del 2000, dopo uno dei tanti litigi con Liam).
Incisero tre ottimi album per la Acid Jazz Records a metà degli anni novanta, con l’aiuto di James Taylor, Paul Weller, Simon Bartholomew dei Brand New Heavies.
Deighton ha proseguito con una discreta carriera solista improntata a sonorità più folk rock.
Sulle stesse coordinate dei Morther Earth si mossero, nello stesso periodo, i Freak Power, guidati da Norman Cook (da poco uscito dagli Housemartins e in procinto di diventare una star con lo pseudonimo di Fat Boy Slim).
Due album e un singolo “Tune in, tune out, cope in” che, dopo un discreto successo, nel 1993, viene utilizzato in una pubblicità della Levi’s due anni dopo e sbanca le classifiche inglesi e non solo, vendendo 200.000 copie.
Anche una vecchia conoscenza come Graham Day dei Prisoners intraprende un cammino simile, con i Planet. “Splitting the humidity” è del 1995 ed è un bellissimo lavoro, come gran parte della produzione del chitarrista ma, come sua consuetudine, è un flop commerciale.
Dice Day:
“Mi è piaciuto fare qualcosa di totalmente diverso e trovavo esilarante guardare i volti dei fans mod dei Prisoners che semplicemente non sapeva no cosa pensare. Ho deliberatamente cercato di non scrivere canzoni con melodie come avevo sempre fatto prima e mi sono attenuto a riff di chitarra e ritmi funky. Stavo scrivendo un secondo album, ero tornato a uno stile più tradizionale e stavo parlando con due dei Mother Earth (che avevano appena perso il loro cantante Matt) riguardo alla possibilità di fare qualcosa insieme. avevo suonato un paio di canzoni in studio con loro quindi aveva senso. Sfortunatamente Eddie Piller ha detto che non voleva un secondo album (e non posso biasimarlo, non credo che il primo album abbia venduto molte copie) quindi non è successo niente e per i Planet è arrivata la fine”.
Tra le modalità espressive e compositive del giro acid jazz c’è il campionamento di grooves e ritmiche jazz e funk da sviluppare in nuove modalità.
E’ quello che diede il successo agli US3.
“Cantaloupe (flip fantasia)” campionava il classico “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock, trasformandolo in un brano hip hop jazz. Il risultato fu un milione di copie vendute in Usa dell’album d’esordio del 1993 “Hand on the torch”.
Tutto il disco gioca su campionamenti di classici o brani minori di soul jazz, da Grant Green a Theolonious Monk, Art Blakey, Horace Silver. Il tutto con un gusto modernissimo e freschissimo.
La band prosegue con alterne vicende per una decina d’anni per poi tornare nell’oblìo. Rimane l’efficace slogan che li caratterizzava: “If jazz is the first way, and hip hop is the second way, then Us3 is the third way!”.
Non dissimile la strada intrapresa dagli UFO (United Future Organization), con un orientamento più lounge che facevano il paio (anche per le stesse origini di nascita) con i Pizzicato Five che, pur lontani dal concetto originale dell’ambito, sono tangenti a quelle atmosfere, più che altro per i riferimenti smaccatamente Sixties.
Anche l’Italia ha avuto una forte fascinazione per il genere (anche in virtù dei frequenti riferimenti alla tradizione lounge cinematografica di mostri sacri del genere come Ennio Morricone e Piero Piccioni, su tutti).
Da Nicola Conte a Francesco Gazzara, Link Quartet ai Jestofunk, furono numerose le band che calcarono quei ritmi e quei riferimenti grazie anche a etichette italiane come Irma e Schema che ne furono sapiente tramite per il pubblico nostrano e internazionale.
Un cenno anche alle numerose compilation che sono uscite nel corso del tempo ma in particolare a quelle che prepararono il terreno fertile all’esplosione della scena, riprendendo quanto veniva ballato e apprezzato nei dancefloor londinesi del tempo.
In particolare i DJ’s Baz Fe Jazz e Gilles Peterson nella serie “Acid Jazz”, raccolgono brani più o meno rari di Eddie Jefferson, Funk Inc, Jack McDuff, Charles Earland, Idris Muhammd o nella serie “Jazz Juice” per la sotto label della Ace Records , la Street Sounds, dove si passa (in otto volumi) da Miles Davis a Sergio Mendes dai Mar Keys a John Coltrane.
C’è anche la serie “Jazz Dance” (dal titolo esplicativo) con Lee Morgan, Roland Kirk, Art Blakey, Mel Tormè, Herbie Mann , Illinois Jacquet o il Ramsey Lewis Trio e quella intitolata “Soul Jazz” , sempre per la Ace, con Jimmy Smith, Hugh Masekela, Dizzie Gillespie. Parallelamente fioriscono anche quelle riservate alla miscela di jazz e sound latini, o più semplicemente “latin jazz” , con nomi come Mongo Santamaria, Ray Barretto, Tito Puente, Joe Bataan.
La Acid Jazz pubblicherà una lunga serie di significative compilation dal titolo “Totally Wired” colme di piccole gemme che documentavano le nuove uscite degli anni Novanta nell’ambito, tutt’ora preziose fotografie di un’epoca pulsante e innovativa, che guardava all’attualità e al futuro con le radici saldamente ancorate a un glorioso passato.
Che ci ha consegnato un sound e dischi che ancora oggi suonano attuali e stimolanti, senza avere perso quell’urgenza innovativa che trasmettevano e che sono il seme che ha fatto crescere così bene il giro inglese del New British Jazz, da Shabaka Hutchings agli Ezra Collective che ne sono una chiara prosecuzione artistica e di intenti.
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica
domenica, giugno 18, 2023
Tribal Cabaret #8
Uscito il nuovo numero di TRIBAL CABARET, come sempre ricchissimo di contenuti: fanzine (Nick Cave, Gun Club, Iggy Pop, Mudhoney, recensioni, racconti, materiale inedito ed esclusivo) compilation su CASSETTA "The Impossibile Live Act at the Killing Machine", booklet e cd dei Garcon Fatal "Roma Kaputt Mundi".
Supportiamo le fanzine!!!!
Si trova qui:
tribalcabaretfanzine@gmail.com
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Fanzines
sabato, giugno 17, 2023
Sentieri della Libertà
Segnalo l'interessantissimo libro SENTIERI DELLA LIBERTA' che raccoglie 14 percorsi escursionistici legati alla Lotta Partigiana nel Piacentino, grazie al prezioso team di lavoro composto dalla storica Iara Meloni, il geografo Giuseppe Noroni, il grafico Graziano Bocchi, il fotografo Qamil Paja e Alessandro Pigazzini del Museo della Resistenza Piacentina.
Scorrono i nomi di storici partigiani locali, dal Valoroso al Ballonaio al Montenegrino al comandante anarchico Emilio Canzi, che per le sue posizioni politiche venne emarginato dalle fazioni comuniste e di altro credo ideologico.
Il libro funge anche da riferimento storico molto preciso e circostanziato sugli anni della Resistenza piacentina con date, ricordi strazianti (l'orrenda strage di Strà, commessa dai nazisti con la partecipazione attiva delle milizie fasciste) con un ricco corredo di fotografie e documenti (oltre delle precise mappe per ripercorrere quei luoghi).
https://www.facebook.com/museo.dellaresistenzapiacentina
http://www.resistenzapiacenza.it/
www.sentieridellalibertà.it
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Libri
venerdì, giugno 16, 2023
ZeroCalcare - Questo mondo non mi renderà cattivo - Serie Tv
ZeroCalcare è uno degli ARTISTI e COMMENTATORI SOCIALI più acuti, lucidi e spietati dei nostri cupi e luridi giorni italici.
Ben rappresentati con amara e malinconica ironia nella nuova serie, esclusiva Netflix.
La lacerazione e la disgregazione della società, le guerre tra i poveri, il precariato giovanile e non, il degrado culturale, i nazisti usciti di nuovo dalle fogne, la politica melmosa, la disillusione nei confronti di quelli che una volta si chiamavano VALORI.
Occorre restare umani, di fronte all'orrore che sempre più ci circonda e soffoca.
Questo il messaggio.
Si ride, come sempre, si colgono decine di citazioni, si apprezzano Cure, Stiff Little Fingers, Lou Reed, Clash, Oasis, Chumbawamba nella colonna sonora, ci si rende conto di come e dove siamo finiti in questi anni.
Da vedere e apprezzare.
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Film
giovedì, giugno 15, 2023
Byung-Chul Han - Le non cose
Molto intrigante e interessante, allo stesso tempo piuttosto ostico in alcuni passaggi, il saggio del filosofo sudcoreano che analizza la società odierna, sempre più prona alla "dittatura" dell'immagine/apparire, dell'infodemia, che padrona del "reale".
Il teorico dei media Vilém Flusser:
"Le non-cose stanno penetrando il nostro ambiente da tutte le direzioni e scacciamno le cose.
Queste non-cose si chiamano informazioni".
Non sono più gli oggetti, bensì le informazioni a predisporre il mondo in cui viviamo.
Non abitiamo più la terra e il cielo, bensì Google Earth e il Cloud.
Siamo schiavi dell'infomania, il concetto di possesso degli oggetti è un aspetto del passato, quello che ci interessa è diventare padroni di informazioni e dati.
Comunichiamo sempre di più, interangendo con le informazioni, a scapito della manualità.
Interessante l'analisi che fa del ruolo della fotografia passata da analogica e "unica" a quella che l'autore definisce "natura morta" del digitale, che ripete in migliaia di esemplari la riproduzione, senza più "mistero" di ogni attimo quotidiano:
"Il selfie annuncia la scomparsa dell'essere umano munito di un destino e di una storia".
Non sempre l'approccio è condivisibile nel suo esagerato manicheismo analogico contro digitale ma è fonte di riflessioni e approfondimenti.
"Oggi corriamo dietro alle informnazioni senza approdare ad alcun sapere.
Prendiamo nota del tutto senza imparare a conoscere. Viaggiamo ovunque senza fare vera esperienza.
Comunichiamo ininterrottamente senza prendere parte a una comunità.
Salviamo quantità immani di dati senza far risuonare i ricordi.
Accumuliamo amici e follower senza mai incontrare l'Altro.
Così le informazioni generano un modo di vivere privo di tenuta e durata.
La comunicazione digitale danneggia considerevolmente le relazioni umane.
Oggi siamo ovunque collegati senza tuttavia essere legati gli uni agli altri.
La comunicazione digitale è estensiva.
Le manca qualsiasi intensità.
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Libri
mercoledì, giugno 14, 2023
Handmade Festival Guastalla
Foto di Sirena Velena (bianco e nero) e Andrea Amadasi.
HANDMADE FESTIVAL di Guastalla (arrivato alla 13° edizione) è un festival favoloso.
Per varietà e quantità della proposta (di altissimo livello artistico), per la professionalità, la cura per i protagonisti, il senso di accoglienza tutto emiliano.
Che è il tratto distintivo dell'evento: tranquillità, cordialità, senso di appartenenza e di libertà.
Che concilia il rispetto reciproco, il volere stare bene insieme, la condivisione.
E poi la MUSICA.
In mezzo a tanta offerta rimarco le esibizioni di:
BONO/BURATTINI
Francesca Bono, voce e chitarra degli Ofeliadorme, qui a voce e tastiere, Vittoria Burattini, batterista dei Massimo Volume, alle prese con un sound elettronico minimale e ipnotico con sguardi a kraut rock, ambient, industrial, post wave. Ammalianti.
ALEX FERNET
Spettacolare!
Disco funk tiratissima, travolgente, suonata benissimo, canzoni con un groove pazzesco, trame elaborate e mai banali.
Una rivelazione.
LEATHERETTE
Interessanti, abrasivi, tra post punk, venature no wave/free jazz, attitudine punk, ottimi.
COME
Post rock/slow core di qualità, atmosfere scheletriche, trame psichedeliche, probabilmente rendono di più in un piccolo club che in un open air ma la classe c'è tutta.
E poi sono di una disponibilità e simpatia rare. Condividiamo il banchetto dei dischi, vogliono aprlare e comunicare, è un piacere, ci regaliamo dischi e cose.
BLURT
Non li conoscevo, se non di nome e per qualche brano ascoltato qua e là.
Inglesi, in giro dal 1979, aspri, acidi, ostici, jazz (post) punk con momenti ritmici afrobeat.
Molto interessanti.
LYDIA LUNCH RETROVIRUS
Poi arriva lei e asfalta tutto e tutti.
Quaranta minuti di pura e semplice abrasione punk. Tiratissimi, cattivi, energia malefica, brutalità sonora, feedback. Fanno paura. Chiudono con "Forever on the run" di quasi dieci minuti dal progetto "Big Sexy Noise" e ti strappano il cuore.
SUPERLATIVI.
NOT MOVING LTD
Suoniamo come sempre, come fosse l'ultima volta. Punk 'n' roll, quello sappiamo fare. Apprezzati.
HANDMADE FESTIVAL di Guastalla (arrivato alla 13° edizione) è un festival favoloso.
Per varietà e quantità della proposta (di altissimo livello artistico), per la professionalità, la cura per i protagonisti, il senso di accoglienza tutto emiliano.
Che è il tratto distintivo dell'evento: tranquillità, cordialità, senso di appartenenza e di libertà.
Che concilia il rispetto reciproco, il volere stare bene insieme, la condivisione.
E poi la MUSICA.
In mezzo a tanta offerta rimarco le esibizioni di:
BONO/BURATTINI
Francesca Bono, voce e chitarra degli Ofeliadorme, qui a voce e tastiere, Vittoria Burattini, batterista dei Massimo Volume, alle prese con un sound elettronico minimale e ipnotico con sguardi a kraut rock, ambient, industrial, post wave. Ammalianti.
ALEX FERNET
Spettacolare!
Disco funk tiratissima, travolgente, suonata benissimo, canzoni con un groove pazzesco, trame elaborate e mai banali.
Una rivelazione.
LEATHERETTE
Interessanti, abrasivi, tra post punk, venature no wave/free jazz, attitudine punk, ottimi.
COME
Post rock/slow core di qualità, atmosfere scheletriche, trame psichedeliche, probabilmente rendono di più in un piccolo club che in un open air ma la classe c'è tutta.
E poi sono di una disponibilità e simpatia rare. Condividiamo il banchetto dei dischi, vogliono aprlare e comunicare, è un piacere, ci regaliamo dischi e cose.
BLURT
Non li conoscevo, se non di nome e per qualche brano ascoltato qua e là.
Inglesi, in giro dal 1979, aspri, acidi, ostici, jazz (post) punk con momenti ritmici afrobeat.
Molto interessanti.
LYDIA LUNCH RETROVIRUS
Poi arriva lei e asfalta tutto e tutti.
Quaranta minuti di pura e semplice abrasione punk. Tiratissimi, cattivi, energia malefica, brutalità sonora, feedback. Fanno paura. Chiudono con "Forever on the run" di quasi dieci minuti dal progetto "Big Sexy Noise" e ti strappano il cuore.
SUPERLATIVI.
NOT MOVING LTD
Suoniamo come sempre, come fosse l'ultima volta. Punk 'n' roll, quello sappiamo fare. Apprezzati.
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Concerti
"Ask the sand" di Vittorio Bongiorno al Biografilm Festival di Bologna
Questa sera anteprima del film "Ask the sand" di Vittorio Bongiorno al Biografilm Festival di Bologna alle 19 di sera.
ASK THE SAND è il viaggio di un padre e un figlio alla ricerca della città-utopia di Arcosanti, la città del futuro costruita nel 1970 nel deserto dell’Arizona dall’architetto italiano Paolo Soleri (1919-2013), allievo di Frank Lloyd Wright. Un viaggio che è anche il regalo di compleanno di un padre a un figlio che diventa uomo. Soleri è un personaggio tra i più importanti del ‘900, tutt’ora dimenticato, raccontato con gli occhi vergini di un aspirante architetto con le antenne apertissime a ciò che accade nel mondo e a cosa ognuno di noi può fare per contribuire a migliorarlo.
Con la colonna sonora di Calexico, Naim Amor & John Convertino, Joachim Cooder.
Una produzione Milk Korowa Film, con il contributo di Emilia Romagna Film Commission e con la partecipazione di SkyArte.
Durata: 72min, colore.
Lingua: italiano e inglese.
Cast: Hanne Sue Kirsh, Tim Bell, Mary Hoadley, Paolo Soleri, Mario Cucinella, Giulio Bongiorno.
https://www.youtube.com/watch?v=K1Ig7uee6iw
martedì, giugno 13, 2023
Demetrio Stratos
Per la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
Ricordando Demetrio Stratos che morí all'età di 34 anni il 13 giugno 1979 a New York City.
Cantante e organista, membro dei mitici Ribelli e fondatore degli Area, per poi continuare un'importante esperienza solista incentrata su sperimentazioni e ricerche vocali.
Colpito da una forma di anemia aplastica, il 2 aprile fu ricoverato al Policlinico di Milano e da lì poi trasferito al Memorial Hospital di New York (330 E 66th St, oggi Memorial Sloan Kettering Cancer Center).
Stratos fu tumulato nel cimitero del borgo di Scipione Castello, frazione del comune di Salsomaggiore Terme.
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lunedì, giugno 12, 2023
40 anni di Statuto e Gang
Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà", dedicato ai 40 anni di attività di STATUTO e GANG.
A cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta anche in Italia arrivò, con l'atavico ritardo, l'ondata punk, portando con sé una travolgente ventata di freschezza e nuova energia.
Soprattutto per chi anelava calcare qualche palco con il proprio strumento (spesso acquistato da poco) ma che, secondo i parametri dell'epoca che imponevano una tecnica assodata, avrebbe dovuto aspettare anni trascorsi in sala prove. Il punk disse poche parole chiare: prendi uno strumento e sali su un palco, non importa che tu lo sappia suonare bene o male, fregatene, vai e fallo.
Nacquero così anche da noi decine prima, centinaia poco dopo, di gruppi che, nel corso del tempo, espressero talenti di ogni tipo.
In alcuni casi ne uscirono personaggi destinati al successo (dai Litfiba a Raf, che proprio con il futuro partner di Piero Pelù, Ghigo Renzulli, condivise l'esperienza dei Cafè Caracas, suonando anche prima dei Clash nel giugno del 1980 a Bologna, per citarne un paio). La maggior parte tornò nei ranghi, mantenendo però un legame indissolubile con quell'epoca e quell'attitudine.
Altri invece continuarono un'attività fatta di alti e bassi, difficoltà inenarrabili per proseguire la carriera ma con perseveranza, cocciutaggine e una grande forza di volontà sono, alla fine, andati avanti, trovando soddisfazioni, un, seppur limitato, successo e una grande considerazione da parte critica e fan.
Nel 2023 compiono quaranta anni di carriera due dei gruppi che meglio rappresentano quest'ambito. Gang e Statuto, che compirono i primi passi proprio nei primi anni Ottanta per poi progressivamente affermarsi, ritagliarsi un ruolo importante nel rock italiano, diventare icone di un modo di fare musica e cultura.
v Gli Statuto suonano per la prima volta dal vivo il 1° maggio 1983 e in breve tempo si imposero all'attenzione del pubblico con un immaginario fedelmente mod e sonorità beat, ska e soul.
Come i loro omologhi inglesi Specials hanno sempre saputo coniugare musiche allegre e ritmate con messaggi politico/sociali sempre ben definiti. Il primo 45 giri “Io Dio” / ”Balla” fu prodotto dal sottoscritto e altre persone nel 1986, un'autoproduzione totale, artigianale, venduta con il passaparola, ai concerti, spedendolo per posta, copia per copia.
Il 45 vendette bene, ne uscì un altro, la band continuò a crescere e approdò nel 1992 alla multinazionale EMI. Nel frattempo transitarono nel gruppo due eccellenze della musica.
Xico, al basso, meglio conosciuto successivamente come Ezio Bosso, che diventò il geniale compositore e direttore d’orchestra che abbiamo conosciuto, e Davide Rossi, tastierista, poi assurto a fama mondiale come arrangiatore e violinista con Coldplay, Depeche Mode, Siouxsie, Duran Duran, Robert Fripp, Vasco, Zucchero etc.
Prerogativa della band, anche a causa, di un’incessante attività live e discografica a cui non è sempre facile stare appresso, l’intercambiabilità dei componenti, passati a decine intorno al nucleo fondatore. Grazie alla EMI arrivano al Sanremo con l’ironico e indimenticato “Abbiamo vinto il Festival di Sanremo”, irresistibile brano ska. Un sound che aveva caratterizzato fin da subito le loro sonorità (a cui si sono sempre aggiunte componenti swing, pop rock, beat, rhythm and blues, soul) e che furono tra i primissimi a suonare in Italia in modalità fedeli al groove originale.
Tra le prerogative degli Statuto, posizioni politico ideologiche sempre nette e dirette, a fianco dei più deboli, per la giustizia sociale, contro i potenti.
Si spostano musicalmente verso il Brit Pop di Oasis e Blur, per ritornare poi alle radici ska.
Approdano, nel 1997, anche al Meeting dell’amicizia fra i popoli italiano e cubano all’Avana, dove suonano in Plaza de la Revoluciòn davanti a duecentomila persone.
Nel frattempo continuano a coltivare la passione per i lcalcio, nello specifico per la squadra del cuore del Torino, a cui dedicano brani e omaggi, trovando il supporto della società e degli stessi calciatori, tra cui il mitico Paolino Pulici che compare anche in un loro video. Ma i loro testi esplorano anche il poco conosciuto mondo degli ultras (il brano “Ragazzo ultrà” è diventato un inno per chi frequenta le curve), in modo schietto, onesto e informato. La lista di album e collaborazioni si allunga, tanto quella di concerti e attività di sostegno per il sociale (dagli eventi per le famiglie delle vittime della tragedia della Thyssen Krupp a quelli per i licenziati e cassaingtegrati della Fiat di Chivasso e di Mirafiori). Una storia lunga e che non vuole finire e probabilmente non finirà mai, soprattutto nel cuore di chi li ha sempre seguiti e amati.
La band festeggia ora i 40 anni con il disco dal vivo (e alcuni inediti) “Bella storia” in cui compare per l'ultima volta lo storico bassista Rudy Ruzza che ci ha tragicamente lasciati pochi mesi fa.
La storia dei Gang è invece immortalata da un libro pubblicato in questi giorni da GoodFellas, “Alle barricate! Il libretto rosso dei Gang” scritto da Lorenzo Arabia, Gianluca Morozzi e Oderso Rubini che entra nel dettaglio della loro vicenda molto particolare, nata nella profonda provincia marchigiana, partita dall'autoproduzione, passata alle grandi etichette discografiche e volutamente tornata negli ultimi anni all'autogestione. Nel volume ne troviamo la complessa storia, arricchita da splendidi aneddoti, un numero enorme di foto e documenti, inseriti in una grafica a metà tra la fanzine e la ricerca artistica e la consueta fluviale parlantina di Marino Severini, che con il fratello Sandro è da sempre alla guida del gruppo, intorno a cui si sono succeduti decine di musicisti.
E' proprio Marino che sintetizza l'anima dei Gang:
“La nostra è una canzone che canta le storie, non la Storia.
Come ripeto da decenni in ogni occasione, pubblica o privata che sia, se c’è una “cosa“ che non ho mai condiviso soprattutto nell’immaginario radicato della sinistra italiana, è proprio lo slogan “ La Storia siamo Noi”.
Dispiace per De Gregori o Minoli ma questa è una bugia, una falsità che ci siamo raccontati a lungo, per decenni. La storia appartiene ai vincitori.
Chi vince ha la Storia e ne impone la propria versione con i propri strumenti, quelli del potere. Repressione quando serve oppure , come accade oggi, attraverso il controllo delle comunicazioni di massa.
Ma allora Noi, nei secoli dei secoli che abbiamo avuto ? Noi abbiamo avuto il Plurale! Che sono LE Storie.
Che fanno una storia diversa da quella dei vincitori, la Nostra.
Quella dei Vinti. Ecco allora che anche attraverso le storie cantate noi teniamo vive le nostre storie, è così facendo ripercorriamo le strade che c’hanno portato fino a qui, nel presente. Le strade dell’esclusione, dello sfruttamento, della violenza subita, dell’umiliazione. E in questo modo, attorno al “fuoco” della storie cantate, noi celebriamo il rito della Memoria. Che è l’unico strumento che da Vinti ci rende invincibili! Non vincitori ma Invincibili.”
I Gang partirono sull'onda dell'insegnamento dei Clash da cui poi si spostarono artisticamente verso suoni e scelte vicine alla canzone d'autore italiana, al folk rock e all'ispirazione di “padri fondatori” come Woody Guthrie e Bob Dylan. Testi sempre di grande contenuto politico/sociale, attenti ai cambiamenti che hanno caratterizzato la nostra quotidianità e la nostra storia in questi decenni.
Nel 2005 l'unione di queste due anime pure e sincere viene sancita con il brano “In fabbrica” contenuto nell'album “Sempre” degli Statuto a cui collaborano i Gang. E il testo rimane tra i più incisivi nella storia del nostro rock.
“E tiro e tiro avanti Per una sporca busta paga
Ma chi c'é stato lo sa Che la fabbrica é una galera
Se otto ore vi sembrano poche provate voi a lavorare
E proverete la differenza Tra lavorare e comandare
In fabbrica in fabbrica Non ci voglio andare
In fabbrica in fabbrica Non ci vado più più più più”.
Due gruppi che ora si preparano a scendere di nuovo nelle strade italiane per una lunga serie di concerti estivi, per portare in giro il proprio messaggio ma soprattutto una passione che non si affievolirà mai e, ci scommetto, durerà altri quarant'anni.
Ancora marino Severini:
“Io cerco sempre di vedere. E lo sguardo mio è rivolto alla Canzone. Non mi interessa più di tanto la cosiddetta musica, primo perchè non sono un musicista e poi perchè la musica non è altro che una parte, un frammento che serve per costruire una canzone. Insieme ad altri “ pezzi”, come il teatro, la pittura, la letteratura, il fumetto, le storie orali, i tanti linguaggi, i tanti pezzi che messi insieme, in maniera provvisoria, fanno una canzone. Fanno una “ cosa “ tanto piccola della durata di “ tre minuti “, che ha il fine e lo scopo di raccontare il Mito! L’unità!”
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