lunedì, settembre 30, 2019

Settembre 2019. Il meglio



Ci si avvia alla fine del 2019, tanti titoli in gara per il top dell'anno: Specials, Dream Syndicate, Iggy Pop, The Beat, Joe Jackson, Bob Mould, Paul Weller, Ride, la compilation 3X4, PP Arnold, Avery R. Young, Chris Robinson Brotherhood, Oh Sees, Limboos, Fontaines DC, Kate Tempest, Philip Bailey, Liam Gallagher, Durand Jones and the Indications, Soul Motivators, Sleaford Mods, Suzi Quatro, Juliana Hatfield, Tanika Charles, Mavis Staples, Hugo Race Fatalists, The Raconteurs.
In Italia Winstons, Daniele Silvestri, Massimo Volume, Cesare Basile, Piaggio Soul Combination, Giuda, Oscar, Vinicio Capossela, Yum, Giulio Casale, I Rudi, Minis, London Underground, Ifriqiiyya Electrique, Oscar, Doubling Riders, Homesick Suni, Ophiuco.


IGGY POP - Free
Iggy è un artista a 360 gradi, cantante, musicista, produttore, scrittore, attore, icona.
Musicalmente ha attraversato un'ampia gamma di influenze, dagli Stooges alla new wave, al punk, hard, pop, crooner, jazz, post wave ma anche funk, spoken word e tanto altro.
E' singolare che ogni qualvolta un suo disco si allontani dal clichè "Stooges/Iguana" e affini (cosa ormai piuttosto regolare e consueta) vengano spese parole di stupore sulla (presunta) "svolta".
"Free" è un album complesso, sperimentale, denso di riferimenti, influenze ma che trasuda, soprattutto, personalità.
Nessuno avrebbe potuto fare un disco simile.
In cui ci sono afflati jazz, atmosfere sospese, elettronica. stupendi brani post punk deliziosamente decadenti ("Loves missing" che riporta al precedente CAPOLAVORO "Post Pop Depression"), l'ipnotico, malato, incedere di "James Bond", il gosepl jazz punk pornografico (cercare il significato del titolo) di "Dirty Sanchez", il crooning di "Page", le letture di Dylan Thomas ("Do not go gentle to into that good night") e di una poesia di Lou Reed del 1970 ("We are the people").
Suonano il jazzista Leron Thomas e la chitarrista Sarah Lipstate (alias Noveller), canta Iggy Pop.
GRANDE ALBUM.

CESARE BASILE - Cummedia
Una delle poche certezze della musica italiana autore di gioielli di creatività, personalità, originalità, riconoscibilità. Basile ha creato un suono meticcio che attinge dalla profonda tradizione folk della terra natìa (tutti i brani sono in dialetto siciliano), mischiandosi al suono del Mediterraneo, a quello che arriva dai lontani deserti del Nord Africa, si spinge fino ai Balcani e da lì spicca il volo nel Delta del Mississippi. I testi sono un mirabile equilibrio tra poesia e denuncia sociale, mai per slogan o facili metriche.
Un nuovo capolavoro di rivendicazione delle proprie radici, delle proprie idee, come sempre ostinatamente in direzione contraria.

LIAM GALLAGHER - Why me? Why not
Liam continua il suo felice percorso sonoro post Oasis, incurante di dover dimostrare evoluzioni, proporre novità, svolte, sorprese.
A lui piacciono Beatles ("Now tha I found you"), rock 'n' roll, glam ("Shockwave"), John Lennon ("Once"), Stones ("Halo").
E quello fa.
Supportato da una produzione impeccabile, arrangiamenti sontuosi, ottimi brani, una voce inconfondibile, si ripropone sempre uguale.
Immediatamente riconoscibile, personale, per i miei gusti IRRESISTIBILE.

AA.VV. - The time for peace is now
La Luaka Bop è l'etichetta con cui DAVID BYRNE raccoglie materiale che arriva dal profondo della musica.
"The time for peace is now" è un omaggio al GOSPEL FUNK meno conosciuto, più oscuro, anni 70, che non inneggia necessariamente a Dio o Cristo ma ricerca nella nostra spiritualità interiore. La musica è spettacolare, di un'intensità unica.
Uno dei dischi "Black" dell'anno!

PHILIP BAILEY - Love will find a way
Lui è una delle voci degli Earth, Wind and Fire e il nuovo album solista assolutamente SPETTACOLARE. Ad aiutarlo una lista di nomi impressionante: tra gli altri Kamasi Washington, Steve Gadd, will.i.am, al sax di Casey Benjamin, Bilal, Kendrick Scott. Bailey spazia tra cover di Curtis Mayfield, Marvin Gaye, addirittura Return to forever, Pharoah Sanders e una favolosa di "Once in a lifetime" dei Talking Heads. Jazz funk, soul, fusion, una voce spaziale, un gusto sopraffino, arrangiamenti incredibili.

BRITTANNY HOWARD - Jaime
La voce degli Alabama Shakes in un esordio solista interessantissimo e intensissimo, tra new soul, sperimentazione, attitudine vintage. Voce spaziale, brani sempre particolari e originali. Da ascoltare.

STRAY CATS - 40
26 anni dopo l'ultimo album insieme, un'ennesima reunion ci restituisce i grandissimi interpreti del miglior rockabilly in circolazione, appunto, da 40 anni, dignitosamente festeggiati con 12 inediti.
La formula è ovviamente la stessa, c'è meno irruenza, più maturità sonora, il sound è più curato, i brani buoni e l'album si lascia ascoltare benissimo, come sempre.

NEW MASTERSOUNDS -Shake it
Può sembrare sorprendente ma la band di Leeds ha ormai accumulato una ventina di album (di cui questo è il tredicesimo in studio). Sempre in ottima forma con il loro classico funk soul pieno di groove, ottimi brani cantati, grande tiro.

BRAND NEW HEAVIES - TBNH
Estrema raffinatezza, eleganza, leggerezza. Il nuovo album della band inglese (l'undicesimo), si avvale di una lunga serie di ospiti vocali e conferma la grandissima capacità di proporre brani irresistibilmente danzerecci tra disco, funk, soul. Pubblica l'Acid Jazz.

AE3 - Wild root
Alan Evans è batterista e fondatore dei Soulive. Il nuovo album di una delle sue creature artistiche arriva a sei anni dal precedente è si addentra nel mondo dei grooves strumentali con Hammond e chitarra in evidenza a scavare in ritmiche funk, umori blaxploitation, retaggi cinematografici, jazz e corroboranti dosi psych.
Ottimo.

RAPSODY - Eve
Il terzo album della rapper americana è un progetto molto interessante in cui ogni brano è dedicato ad una FIGURA FEMMINILE: da Nina Simone a Oprah Winfrey, via Michelle Obama, Afeni Shakur e Serena Williams.Ad aiutarla Queen Latifah, J. Cole, D'Angelo e tanti altri. Rap, hip hop, nu soul, funk, blackness, coscienza politica.

MILES DAVIS - Rubberband
Ripescaggio di un cosiddetto album perduto del 1985, iniziato da Miles e poi scartato a favore di "Tutu".
I produttori di quel periodo, Randy Hall e Zane Gilepart e il nipote Vince Wilburn jr, hanno rimesso mano a quanto registrato e ricucito una veste attuale e moderna.
Personalmente trovo queste operazioni non solo discutibili ma assurde, irritanti e in qualche modo "offensive" per l'arte del personaggio, soprattutto considerando che si tratta di materiale SCARTATO al tempo da Miles. L'ascolto è talvolta piacevole e a tratti interessante (vedi il synth funk fusion di "Give it up") ma non cancella i dubbi sull'inutilità di un disco come questo.

SHERYL CROW - Threads
La crow annuncia l'addio alla discografia ufficiale con un doppio di duetti. Al suo fianco Keith Richards, Willie Nelson, Stevie Nicks, Mavis Staples, Eric Clapton (in un brano di George Harrison, ispiratissimo), addirittura un duetto (molto bello) con Johnny Cash, tra cover e originali. Rock, country, ballate, la sua voce in grande forma, un buon album.

DIAMOND STREET PLAYERS - s/t
Da Atlanta un ottimo album che alterna brani soul/ rhythm and blues esaltati dalla voce ultra black della cantante Amnada Joy a strumentali nel classico stile Booker T/Meters. Niente di nuovo ma un brillante tassello che si aggiunge alla sempre più ricca nuova scena vintage soul.

PARKER LOUIS - All good things
Mellow soul, raffinato e super groovy, voce vellutata (dalle parti di Al Green ) in arrivo dall'Ohio.
Un pizzico di funk e una spolverata di blues, davvero bello da ascoltare.

BLACK SNAKE MOAN - Phantasmagoria
Un intreccio di psichedelia, folk, raga rock che va dai Byrds e Beatles di quegli anni, ai 13th Floor Elevators e Electric Prunes, arrivando ai primi Velvet Underground e poi, nel corso del tempo, al revival psych di metà Ottanta (il Paisley Underground di Dream Syndicate e Rain Parade) fino ad epigoni attuali che, sempre in veste carbonara, continuano a seguire quelle spire avvolgenti in cui effetti che dilatano le voci, sitar, scale melodiche mediorientali e indiane si susseguono da un brano all'altro. Suono è scarno e diretto, brani efficaci, convincenti. Praticamente perfetto.

MINIS - Senza paura
Finalmente in un contesto come quello "rock" (italiano in particolare) ormai di esclusiva pertinenza di persone "di una certa età", arriva una ventata di freschezza giovanile con l'atteso esordio dei Minis.
Che pur essendo ancora abbondantemente minorenni sono sulla scena da quattro anni.
E si sente.
Maturità, esecuzioni impeccabili, suoni eccellenti e canzoni con un tiro invidiabile che passano da ritmi Motown, a suoni inequivocabilmente Beatlesiani, rhythm and blues alla Strypes, pop soul, ska e tanto altro.
Non esitate, "Senza paura" è una BOMBA!

MAURIZIO CURADI - Phonorama
Sperimentatore, con le radici ben piantate nella tradizione. Geniale chitarrista e compositore, Maurizio Curadi arriva all'apice della sua creatività con un album complesso, in cui lo sguardo artistico spazia a 360 gradi.
Ci sono blues atavico, spiritualità psichedelica, avanguardia, un approccio a tratti quasi classico. Curadi osa, senza paura, senza remore, apre nuovi orizzonti e ci trascina nell'iper spazio sonoro di un album unico e prezioso.

[Kaiser(Schnitt)Amboss/Laszlo] - Rock'n'Roll Hole of Famine
Uno dei personaggi meno convenzionali della scena nostrana prosegue il suo cammino sonoro con un nuovo lavoro che segue una serie di vicissitudini contrattuali e discografiche. Sound aspro, rigoroso, solenne (che riporta al mood che fu di Nico), chitarra abrasiva, percussioni ipnotiche. Banalmente non è difficile individuare il "fantasma" di PJ Harvey ma in questo caso c'è molto di più, in particolare un'anima blues, minacciosa, diabolica, luciferina. Molto, molto bello.

CLEOPATRAS - Onigiri Head
Sono passati oltre 20 anni dagli esordi e le Cleopatras continuano ad inanellare concerti in mezzo mondo (Giappone incluso) e ottimi dischi, come il nuovo ep a 45 giri che segna l'ingresso della nuova vocalist.
Il sound spazia nell'ampia gamma del garage beat di ispirazione 60's tra omaggi molto riusciti a Lio ("Amoreux solitaires") e Alberto Camerini rivisto in chiave Sex Pistols/Johnny Thunders in "Rock n roll robot" e due originali che guardano a garage e surf punk. Come sempre canzoni ben prodotte, ottimamente composte ed eseguite.

MOMO SAID - Break the rules
Eccellente esordio per l'artista italo marocchino con un album di raffinata eleganza. Black music nella sua forma più ampia tra funk, soul, disco, afro funk, Curtis Mayfield, jazz funk. Esecuzione perfetta, groove impeccabile, brani di sicuro effetto, efficaci, ispirati, arrangiati con gusto eccelso. Grande album.

YUM - Hot wax
Eccellente lavoro per la band piemontese. Puro Stax soul dalle movenze funk rock, tinte afrofunk e gospel.
Eccellenti arrangiamenti, grande groove, un album di grandissima qualità.

CODEINA SHEMALE - Super Radiophonic
Il trio veneto confeziona un album di debutto fresco, energico e ispirato, dall'approccio molto "teen". Esplorano l'universo garage beat, surf, rock 'n' roll con quel piglio che caratterizzava gruppi come i Feelies e i Soft Pack e che riporta ai nostri Bee Bee Sea. Un disco immediato, perfetto trampolino di lancio per una band di prima qualità.

WILD FRIAR - Wild friar
Prosegue l'encomiabile lavoro della 1Q84, specializzata solo in cassette. Il quartetto canadese grattuggia il suono con chitarre malate, deviate, atmosfere ipnotiche che guardano agli Swell Maps, Fugazi, Television. Strani, "bucano" il cervello. Interessantissimi.
https://www.facebook.com/1Q84TAPES/

ASCOLTATO ANCHE:
PIXIES (non male, anche se passa senza colpo ferire), LAVILLE (ottimo smooth soul targato Acid Jazz), LANA DEL REY (la cura perfetta contro l'insonnia. Infallibile!), THE BLASSICS (afro funk strumentale dalla Finlandia. Ben fatto e ipnotico. Forse troppo), BROOKLYN FUNK ESSENTIALS (funk, disco, soul, grooves. Ottimo disco)

LETTO:

John Doe / Tom DeSavia - More Fun in the New World: The Unmaking and Legacy of L.A. Punk
John Doe (bassista degli X) e il giornalista Tom DeSavia danno seguito all'ottimo "Under the big black sun. A personal story of L.A. Punk" (tradotto anche in Italia come Storia vissuta del punk a Los Angeles di cui parlammo qui https://tonyface.blogspot.com/2017/09/john-doe-tom-de-savia-storia-vissuta.html).
In quelle pagine si parlava degli albori pionieristici della scena punk di Los Angeles, in questo nuovo capitolo del suo seguito.
Con effetti drammatici e devastanti per buona parte dei protagonisti che ne narrano in queste pagine.
Droghe a fiumi, eccessi, abusi, cliniche di riabilitazione, scioglimenti, litigi, morte, decadenza.
Un quadro sconfortante (i racconti delle Go Go's, le ragazzine "beat" acqua e sapone, sono semplicemente deliranti).
A parlarci oltre a John e Tom, ci sono, tra i tanti Henry Rollins, Billy Zoom, Mike Ness, Jane Weidlin, Keith Morris, Dave Alvin, Charlotte Caffey, Peter Case, il regista e attore Tim Robbins (grande fan della scena hardcore).

Tatti Sanguineti - Il cervello di Alberto Sordi
Rodolfo Sonego è stato uno sceneggiatore, in particolare ha curato buona parte dei film più importanti di ALBERTO SORDI (in totale hanno collaborato in quarantaquattro pellicole).
Ma anche con Totò, Gassman, Dino Risi, Vittorio De Sica, Luigi Zampa etc.
Nel libro centinaia di testimonianze, racconti di Sonego, aneddoti, particolari inediti e curiosi.
Sonego era un ARTIGIANO INTELLETTUALE che ha rappresentato al meglio quell'Italia che cambiava alla velocità della luce, tra il dopoguerra e i 70, un'Italia viva, febbrile, dinamica.
Un libro prezioso e interessantissimo.

Antonia Tricarico - Frame of Mind: Punk Photos and Essays from Washington, DC, and Beyond, 1997–2017
Antonia Tricarico (originaria di Potenza ma che fa la spola tra Roma e gli States, collaboratrice di realtà storiche come la Dischord Records, Kill rock stars, Tolotta records, Youth Action Research Group) racconta 20 anni della scena (punk) rock di Washington DC con una serie di istantanee che colgono una lunga lista di artisti e artiste sui palchi della città. Scorrono tra i tanti i Fugazi, Bad Brains, Make Up, Joan Jett, Melvins, Alice Bag.
A corredo le parole di numerose protagoniste, Joan Jett, Amy Farina, Tara Jane O’Neil, Alice Bag, Allison Wolfe, Donita Sparks, la nostra Giovanna Cacciola degli Uzeda e tante altre.
Particolari le riprese in contesti più "intimi", con i musicisti non su un palco ma in un backstage o con i loro figli, a casa, ad una festa.

VISTO

C'era una volta a... Hollywood di Quentin Tarantino
Da grande fan di Tarantino il giudizio sulla nuova opera è inevitabilmente "di parte".
L'immaginario tarantiniano viene messo in mostra senza ritegno, riempiendo ogni sequenza di citazioni più o meno esplicite, che si intersecano su una storia che ruota intorno al "massacro di Bel Air" in cui la setta di Charles Manson sterminò Sharon Tate e altre quattro persone.
In due ore e mezzo divertenti, coloratissime, in cui Di Caprio e Pitt danno sfoggio di eccezionale bravura e Tarantino mette la sua firma inconfondibile in ogni sequenza, si arriva (lentamente) all'epilogo A SORPRESA, quando gli assassini stanno per commettere la strage.
Incredibile il lavoro di ricostruzione della Los Angeles del 1969, colonna sonora da brividi.
Non il migliore di Tarantino ma film godibilissimo, unico, fantasmagorico.

Heart of a dog di Laurie Anderson
Non è un "film" facile quello di Laurie Anderson (uscito nel 2015).
E' un tragitto spirituale, fatto di ricordi, suggestioni, sogni, filosofia, insegnamenti.
Un coraggioso e sorprendente documentario (consapevole?) sul passaggio dalla vita terrena a quella "latente" (o eterna, a seconda della fede di ognuno).
Il pretesto è il rapporto con il suo cane Lolabelle, protagonista della storia.
A chiudere Turning Time Around di Lou Reed.
Alla fine si resta senza fiato, per quanto è profondo e doloroso questo cammino visuale/poetico.
Rimane, rimane "dentro".
Laurie Anderson nella versione italiana racconta nella nostra lingua, senza doppiaggio (molto suggestivo).

COSE VARIE
Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it, ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà", ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
Occasionalmente su "Il Manifesto".
Sul sito di RadioCoop (www.radiocoop.it) ogni lunedì va in onda il TG musicale "3 minuti con RadioCoop" condotto da me , Carlo Maffini e Paolo Muzio.

IN CANTIERE

NOT MOVING LTD in tour

sabato 12 ottobre: Pisa “Caracol”
https://www.facebook.com/events/498961414215638/
giovedì 31 ottobre: Roma "Whishlist"
https://www.facebook.com/events/493026451539101/
Venerdì 8 novembre: Milano “Cox 18”
https://www.facebook.com/events/438179893464024/
sabato 9 novembre: La Spezia “Skaletta”
venerdì 22 novembre: Fontanafredda (PN) "AstroClub"
sabato 14 dicembre: Piacenza “Musici per caso"
domenica 15 dicembre: Catania "Teatro Coppola"
Sabato 21 dicembre: Bologna “Freakout”
Domenica 22 dicembre: Torino “Blah Blah”

https://www.facebook.com/Not-Moving-L-T-D-302470280600832

sabato, settembre 28, 2019

Libertà e Not Moving LTD



Domani su "Libertà" un approfondimento sulla carriera di BETTY DAVIS.
Nelle foto i precedenti numeri.



NOT MOVING LTD in tour

sabato 12 ottobre: Pisa “Caracol”
https://www.facebook.com/events/498961414215638/
giovedì 31 ottobre: Roma "Whishlist"
https://www.facebook.com/events/493026451539101/
Venerdì 8 novembre: Milano “Cox 18”
https://www.facebook.com/events/438179893464024/
sabato 9 novembre: La Spezia “Skaletta”
venerdì 22 novembre: Fontanafredda (PN) "AstroClub"
sabato 14 dicembre: Piacenza “Musici per caso"
domenica 15 dicembre: Catania "Teatro Coppola"
Sabato 21 dicembre: Bologna “Freakout”
Domenica 22 dicembre: Torino “Blah Blah”

https://www.facebook.com/Not-Moving-L-T-D-302470280600832

venerdì, settembre 27, 2019

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

DIED PRETTY - Free dirt
Preceduto da una serie di grandi singoli, tra cui l'esplosivo "Mirror blues", l'album d'esordio della band australiana fu tra i dischi più sorprendenti del 1986. Ci sono echi di Doors, Byrds, Television, psichedelia ma anche irruenza punk, sporcizia onora e la produzione di Rob Younger dei Radio Birdman a mantenere il tutto in perfetto equilibrio.
Un capolavoro dei tempi ma la band non saprà mai ripetersi a questi livelli.

BILLY BRAGG - England, Half-English
Un album anomalo (spesso bistrattato) per il "quinto Clash". Più rock (ma si apre anche al reggae e a suoni latineggianti) e meno rigoroso del solito, nonostante le tematiche socio politiche rimangano in primo piano e sempre dure e ficcanti.
Al suo fianco Ian McLagan (Small Faces, Faces) e Lu Edmonds (Mekons P.I.L.).
Godibile, interessante, groovy.

FREDA PAYNE - Reaching out
Ricordata quasi esclusivamente per il classico "Band of gold" è stata anche attrice, molto attiva nei musical e interprete di album di grande classe e spessore.
Semplicemente delizioso questo del 1973. Mellow soul, un pizzico di funk, prodotto dagli assi Holland-Dozier-Holland, una piccola gemma.

RUTH COPELAND - I am what I am
Cantante inglese, attiva negli States tra i 60 e i 70, arrivò alla corte di George Clinton e dei Parliament/Funkadelic con cui collaborò a lungo. Ricambiarono il favore suonando e producendo un paio di album, tra cui il second, del 1971 è un ottimo esempio di funk rock con pennellate di West Coast. Ottime le due cover di "Gimme shelter" e "Play with fire" degli Stones.

giovedì, settembre 26, 2019

Tatti Sanguineti - Il cervello di Alberto Sordi



RODOLFO SONEGO è stato uno sceneggiatore, in particolare ha curato buona parte dei film più importanti di ALBERTO SORDI (in totale hanno collaborato in quarantaquattro pellicole).
Ma anche con Totò, Gassman, Dino Risi, Vittorio De Sica, Luigi Zampa etc.

Nel libro centinaia di testimonianze, racconti di Sonego, aneddoti, particolari inediti e curiosi.

Sonego era un ARTIGIANO INTELLETTUALE che ha rappresentato al meglio quell'Italia che cambiava alla velocità della luce, tra il dopoguerra e i 70, un'Italia viva, febbrile, dinamica.
Un libro prezioso e interessantissimo.

Avevo capito che la televisione sarebbe stata la malattia del futuro e mi pare di averci azzeccato.
(Rodolfo Sonego - 1958)

Sonego ha capito come nessuno che dopo l'arrivo della TV nulla sarà ppiù come prima e la infila nei copioni a man bassa
(Tatti Sanguineti)

C'era stata qui da noi una lunga epoca dell'eclettismo, della poliedricità, che si andava spegnendo come una miriade di faville nell'acqua ferma della specializzazione.
Avevamo il sacerdote musicista, il brillante illustratore nonché il poeta per bambini che era anche attore e straordinario maestro di recitazione e il medico narratore e il libraio poeta e l'enologo narratore e il chimico narratore e memorialista...
questo aveva in qualche modo dato un'impronta nascosta allo spirito creativo di chi con incauto entusiasmo si era buttato in una pozza ritenendola il mare aperto.

(Furio Scarpelli)

mercoledì, settembre 25, 2019

C'era una volta a... Hollywood di Quentin Tarantino



Da grande fan di TARANTINO il giudizio sulla nuova opera è inevitabilmente "di parte".

L'immaginario tarantiniano viene messo in mostra senza ritegno, riempiendo ogni sequenza di citazioni più o meno esplicite, che si intersecano su una storia che ruota intorno al "massacro di Bel Air" in cui la setta di Charles Manson sterminò Sharon Tate e altre quattro persone.

In due ore e mezzo divertenti, coloratissime, in cui Di Caprio e Pitt danno sfoggio di eccezionale bravura e Tarantino mette la sua firma inconfondibile in ogni sequenza, si arriva (lentamente) all'epilogo A SORPRESA, quando gli assassini stanno per commettere la strage.

Incredibile il lavoro di ricostruzione della Los Angeles del 1969, colonna sonora da brividi.

Non il migliore di Tarantino ma film godibilissimo, unico, fantasmagorico.

martedì, settembre 24, 2019

Idle CC Lodi Dutch Tour ‘19



ALBERTO GALLETTI ci porta ancora una volta nel mondo del CRICKET

Seconda parte della trilogia estiva, sempre cricket.
Anni luce lontano dai campi e dalle partite del mondiale, ma pur sempre cricket forse nella sua espressione più genuina.

Sono tante le cose che uno non fa nel corso di una vita ma in effetti non essere mai stato in Olanda alla bella età di 52 anni può risultare strano per gli amici o, in questo caso, i compagni di squadra.
Non che in realtà avessi mai fatto un pensiero del genere.
Comunque, vista l’occasione ho accolto volentieri l’invito di Hans, ulandes de Lod e compagno di squadra, per andarci a giocare.
Un’ottima occasione visti i suoi natali e le sue peripezie pre-matrimoniali in giro per i campi da cricket delle terre basse.
Partiamo quindi in macchina, da Massalengo, e ci spariamo l‘intera strada fino a Rotterdam, sua città natale insieme al pirotecnico Eddy, suo figlio ventenne.

Lungo il tragitto colleziono una serie di nomi di città, dai cartelli delle uscite dell’autostrada, coi quali negli anni ottanta ci si sarebbero potuti fare dei gran begli ottavi di finale di Coppa UEFA. Tralasciando Milano: Lugano, Lucerna, Basilea, Strasburgo, Karlsruhe, Colonia, Uerdingen, Mönchengladbach, Venlo, Willem II (Tilburg), PSV Eindhoven, NAC Breda, Feyenoord, più qualche altra. Ne rendo partecipe Clodoaldo che va in visibilio. Hans invece si becca con Eddy ogni tanto, ma un po di musica come si deve ci mette sempre rimedio.

Hans ha organizzato splendidamente il tour, quattro giorni, cinque partite: cricket senza sosta. Le sue conoscenze nell’ambiente olandese sono vaste. Il padre è stato giocatore dello Sparta Rotterdam con i quali è stato campione d’Olanda e dei quali è stato poi presidente. Suo fratello pure ne è stato giocatore, come lui che comunque si è fermato alla squadra riserve, e giocherà con noi. E meno male, Ernst è un giocatore molto migliore di Hans.

Siamo alloggiati a Utrecht, pieno centro, ostello minimale e pittoresco.
Conoscenze dicevamo. La prima partita si gioca a Utrecht, epicentro del nostro tour, gli avversari, SGS CC acronimo di Still Going Strong, un club di over 40, come noi, con centinaia di soci e un campo che definire splendido è riduttivo.
Ci presentiamo infatti al Kampong Cricket Ground a mezzogiorno di giovedì pronti per la sfida iniziale del tour. L’arrivo sul campo della prima partita di un tour all’estero è sempre un momento speciale nella speciale classifica delle emozioni del cricketer dilettante.

Dunque il centro sportivo di Kampong ha gli spogliatoi e già siamo su un altro pianeta rispetto all’Italia dove anche la squadra che vince lo scudetto gioca su un campo che non ne ha, ma è il campo a prendersi tutte le nostre attenzioni.
Grande, molto grande, con un erba magnificamente curata e tagliata e, surpise surprise, un pitch d’erba naturale. Li avevo visti solo in Inghilterra.
Magnifico. C’è un groundsman, ovviamente, inglese, ovviamente. Ne faccio la conoscenza uscendo dal bar con la birra per andare a sedermi sotto il pergolato quando noto un tipo con una maglietta che credo di riconoscere.

Huddersfield Town? – chiedo.
Yes – risponde il tipo – Conosci?
Certo – ribatto – ci sono stato.
Campo vecchio o nuovo?
Nuovo.
Peccato, avresti dovuto vedere quello vecchio.
Eh, lo so mio caro, ma sono arrivato tardi.

Gli chiedo se viene da Huddersfield, la risposta è si.
Gli spiego come mai ci ero capitato, lui mi dice che ormai vive a Utrecht da anni e che è appunto il groundsman qui a Kampong.
Poi scopro che sua madre vive a Horbury, lo stesso paese dove abitava la nonna di mia moglie e dove sono stato in passato diverse volte. In una di queste andai ad Huddersfield alla partita.
Lanciamo per primi. Apre Thomas, olandese, nipote di Hans, l’unico dei nostri veramente veloce.
Ma non gioca da due anni e si vede. Impreciso, ci costa un sacco di punti in due over al termine dei quali Joe lo sostituisce col sottoscritto. Dall’altro lato Sundeep lancia bene e completa tutti i suoi otto over.

Io, per quanto mi riguarda, vado benissimo.
Non prendo neanche un wicket ma lascio poco agli avversari, 19 in otto over, sono il più economico dei nostri.
A dire il vero un paio avrei anche potuto prenderli, ma Silvio, il nostro wicketkeeper, che si diverte a stilare classifiche annuali di sputtanamento su chi di noi è uscito più volte per zero o chi ha lasciato cadere più catches, se ne fa scappare un paio dei quali uno veramente da principiante. Memore delle sue classifiche del cazzo lo mando, in barba alle buone maniere imperanti, a fare in culo. Tanto nessuno degli avversari capisce.
Sottolineo comunque la bellezza di lanciare su un pitch d’erba, ben preparato, duro il giusto e, a differenza di quelli inglesi, asciutto. Sicuramente il migliore sul quale abbia mai lanciato. Non son convinto di esserne proprio all’altezza, ma gli olandesoni si complimentano.

Li limitiamo a 196 runs nei loro 40 overs, obiettivo per noi raggiungibile.
Il lunch è ben curato, c’è un insalata di pollo speziata, specialità del Suriname buonissima innaffiata di birra locale,eccedo. Tanto poi passerò il pomeriggio seduto all’ombra del gazebo a bere e fumare in attesa di entrare in battuta tra gli ultimi.
Questo credo io, perché poi arriva Joe, il capitano, che mi dice che batto al n.5 e miei progetti di un tranquillo pomeriggio contemplativo vanno a farsi benedire nel giro di venti minuti in quanto perdiamo tre wicket in rapida successione e devo mollare la birra per mettermi gambali e tutto il resto e presentarmi al crease. Non duro molto, una mezzoretta in cui mi disimpegno a tratti anche bene, considerando le libagioni, metto insieme otto runs e finisco preso dietro giocando un drive su una palla ad uscire che sfiora la mazza e si accomoda tra i guanti del keeeper avversario. Potevo far meglio ma sono abbastanza soddisfatto, mezz’ora è anche sufficiente per divertirsi un po con la mazza tra le mani.
Non sono comunque l’unico visto che finiamo tutti eliminati per 98, una miseria, incassando una sconfitta pesante.

Il barbecue serale ci ripaga dell’amarezza del risultato, l’ospitalità di SGS è splendida, le birre, fresche che riempiono due tavoli sotto al pergolato, volano a raffica insieme a chiacchiere, risate e buon umore a palate.

Lasciamo il campo all’imbrunire, il rientro verso il centro della città incuriosisce, nonostante un po di stanchezza usciamo a zonzo per le affollatissime vie della città. Molto bella, il centro si snoda attorno ad una cerchia di canali lungo i quali la vita serale pullula in un susseguirsi ininterrotto di bar, ristoranti e localini affollatissimi.
Come affollatissime sono le strade, piene di giovani che frequentano la locale Università, ci sentiamo un po vecchi in verità, così ci concediamo un’ultima birra seduti fuori mentre guardiamo questa fiumana scorrerci davanti.

L’indomani mattina chiamo Landi che mi deve fare un favore.
- Dove sei ?
In paradiso – mi risponde
Ellamadonna – gli faccio, pensando sporco – già alle 9,30 del mattino?
Ascolta devi venire – mi dice ancora dandomi l’indirizzo - Meno di cinque minuti a piedi dall’ostello.
Lo raggiungo.
Un negozio di dischi con una bella ed interessante sezione di vinili usati. Mi ci butto a capofitto scartabellando contenitori per oltre un’ora al termine della quale me ne esco con quattro dischi.
Si è fatta l’ora di andare al campo,
Oggi incontriamo Hercules CC che già erano stati a Lodi un paio di volte. Sono una polisportiva fondata nel 1883 con una squadra di calcio ancora esistente, gioca in quarta divisione, e di una certa grandezza nell’epoca pionieristica. I dipinti e le foto che adornano la nuova, moderna e splendida club house testimoniano quell’antica grandezza. Lo stadietto contiguo alla sede, minuscolo e datato rimanda a quei tempi lontani e da l’idea di un modo di intendere lo sport da noi sconosciuto. E bravi!

A partita iniziata si presenta Steve il nostro ex-capitano che adesso sta all’Aja , gioca nella serie A olandese dove è primo nella classifica dei lanciatori con più wickets presi ed è pure in classifica per i runs segnati. Nei ritagli di tempo fa l’insegnante. Lancia cinque overs lasciando solo cinque runs di cui due wides: inimitabile.
Siamo decisi a riscattare la batosta e la brutta prova, in battuta, del giorno precedente.
Perdiamo il toss e andiamo al lancio.
Vado bene, prendo tre wicket, lascio solo 19 runs nei miei otto overs, prendo un catch basso su lancio di Steve da campionato mondiale.
I padroni di casa chiudono a 169/9, possiamo farcela, se non battiamo da incoscienti come ieri.
Aprono Hans e Eddie, quest’ultimo da vita ad un breve ma scoppiettante innings, divertente da guardare, mentre suo padre viene eliminato quasi subito, non trattengo un sorriso pensando a quando poi si beccheranno. Seguono Umair e Steve che ne mettono insieme 55 raddrizzando la barca. Tocca poi a Sunny e Silvio, ne fanno altri 59 in 15 overs e ci trascinano all’ultimo over dove dobbiamo fare 4 per vincere.
Questa la sequenza finale: wide - 0 – 1 – Silvio out (dentro Landi), wide – 1 e vittoria. Mancavano due palle, sbragato sulla sedia a bordo campo ho temuto veramente che non ce l’avremmo fatta.
Ma abbiamo vinto.
Ci si ferma nel dopo partita per le birre, che giungono a caraffe da tre litri l’una, benedetti olandesi!, e di ottima qualità: Jupiler Pils un ottima belga chiara e rinfrescante. Pasta in abbondanza per riempire i soliti famelici stomaci dei cricketers italiani in trasferta all’estero.
Scambio quattro chiacchiere con il segretario del club che mi racconta degli albori di Hercules , della squadra di calcio e dello stendardo, in mostra sotto teca dietro il bancone, dietro al quale i supporters solevano marciare, una volta scesi dal treno alla stazione della città dove Hercules giocava in trasferta, verso lo stadio intonando inni e cori della squadra.
Vecchia usanza olandese, pare.

Rimango stupito e ne esco sportivamente più arricchito.

Sabato si va a Rotterdam, campo dello Sparta, la casa sportiva di Hans e della sua famiglia.
Ed è uno spettacolo: un campo nuovo con sede e bar ristorante rialzato rispetto al terreno di gioco, bar ampio e moderno, ben fornito e veranda panoramica sul campo: mai visto niente del genere.
Giochiamo due partite T/20, la prima contro una squadra di ragazzi Hermes DVS, capitanati da Thomas che ha giocato con noi le due partite precedenti e che ci massacrano senza pietà.
Riesco comunque a fare la mia miglior prestazione in battuta del tour, 17 runs giocando all’attacco. Ma non ho i colpi forti per un campo così grande e riesco a fare un solo 4 con un pull sul leg-side. Però mi sono divertito parecchio avendo battuto per metà partita.

La pioggia disturba ma poi se ne va.
Ritarda però lo svolgimento delle partite e, cosa più importante, fa saltare la scaletta del te che ci porterà ad arrivare al termine della seconda partita, alle otto e mezza di sera, con gli stomaci terribilmente vuoti e ululanti. Io Joe e Hans ci mettiamo una pezza con qualche birra che però ci fa pagare dazio nella seconda partita. Poco male perché Ernst sul campo di casa si scatena e segna uno splendido 72 con alcuni colpi clamorosi facendoci vincere. Nel cammino è coadiuvato da Carlo (22) e Sunny (22). Un po di tremarella alla fine quando Joe va in battuta,è l’ultimo, e ci servono cinque runs per vincere. Non viene eliminato anzi, segna 3 runs, tra cui quello vincente, Umair fa gli altri due e così vinciamo la seconda partita su quattro.

Il barbecue comunque è ottimo, il pollo marinato alla surinamese buonissimo, ma anche hamburger e salsicce locali.
Ci buttiamo sopra come dei lupi.
Il pane sparisce in un attimo, la birra, anche qui a caraffe, pure.

Rientriamo poi a Utrecht dove non contenti di esserci fatti fuori durante il bbq usciamo a tirar tardi nei bar della città a suon di birre e dopo aver fatto una capatina al coffee-shop dell’angolo che ci risolleva un attimo e ci da la giusta spinta per far ripassare la giornata, davvero memorabile, da un’angolazione completamente diversa. Ne vengono fuori commenti sulle partite davvero di un altro pianeta.
Peccato non aver preso appunti, ho scordato quasi tutto, ma non le ghignate che ci siam fatti e gli sguardi degli astanti nei bar che fissavano questi quattro italiani, tre per la verità il quarto era Hans, intento a parlare tra di loro di chissà cosa e a spanzarsi dal ridere.
Domenica mattina però paghiamo dazio inevitabilmente.
L’appuntamento al campo è per le 10,30 ora in cui faticosamente riusciamo a metterci in macchina.
Hans è stressato, Landi anche: gli avversari han chiamato ci aspettano per il caffè tradizionale.
Arriveremo quasi un’ora dopo scusandoci.
La poca tensione iniziale è subito vinta dalla cordialità dei ragazzi di Hilversum che quelli di noi più easy-going, tra i quali anche io, ricambiano al volo. Il campo è più simile ai nostri, niente spogliatoi o – club house stile californiano, ma è l’ospitalità di questi ragazzi a fare la differenza. In campo però ci bastonano, segnano 243-4 con due ritirati, io lancio da schifo, sono spompo e ho poca voglia. Sunny salva l’onore con un magnifico 79 che ci permette di arrivare a 180.
Per 9.
Pazienza, non siamo più ragazzi, ne tantomeno mai stati dei fenomeni. Dove invece riusciamo bene è nei drinks a fine partita con l’atmosfera che migliora costantemente. I discorsi e le premiazioni di fine partite si svolgono allegramente grazie alla travolgente goliardia del capitano olandese, Giuseppe, figlio di italiani.
Così tra l’ilarità generale prende il via una birrata generale che sconfina in fino ad arrivare al delirio finale fatto di esaltazioni reciproche sulla fratellanza italo-olandese (mai saputo ce ne fosse una) e gli inevitabili discorsi sportivi: Ajax, Baggio, Pantani, Jop Zootemelk, Cruyff, birre, Jupiler a casse, bevute d’un fiato.

E’ la potenza dello sport, capace di aggregare persone che non si sono mai viste prime e creare amicizie destinate a durare per anni a seguire.
Oggi lo sport ha vinto, l’Idle CC ha perso la partita e io sono ingranato perso.
Torniamo a Rotterdam, Evelin, sorella di Hans, ci ospita gentilmente un’ ultima notte nel comfort della sua casa. Ripartiremo domattina.
Gli altri se ne vanno all’ aeroporto e rientrano in Italia.

lunedì, settembre 23, 2019

Lelio Luttazzi



Articolo che ho scritto per "Libertà", quotidiano di Piacenza, di ieri

“Lelio Luttazzi presenta Hit Parade”.

Un urlo che introduceva dal gennaio del 1967 al 1976 una trasmissione che, personalmente, seguivo con religiosa puntualità, visto che per chi era, nella prima metà degli anni 70, completamente a digiuno di musica, rappresentava una delle rarissime fonti di informazione.

Le proposte, erano, allora come oggi, molto spesso di scarso spessore artistico ma in mezzo a canzonette di vario tipo, ogni tanto arrivava qualche nome, titolo, musica mai sentita prima.

Lelio Luttazzi fu così per lungo tempo un riferimento essenziale (stiamo parlando di un'epoca, non è mai superfluo ripeterlo, in cui non solo non c'era internet ma nemmeno le radio private.
Al massimo captavi la radio Svizzera, rare volte la BBC, più spesso Radio Tirana).
Quando poco tempo dopo arrivarono anche trasmissioni come “Pop Off” e “Supersonic”, in cui era il rock a farla da padrone, la “Hit Parade” diventò molto meno seguita dal sottoscritto.

Ma il nome di Lelio Luttazzi mi rimase sempre bene in testa.

In quegli anni aveva già maturato un curriculum fenomenale.
Musicista (come ha sempre voluto definirsi), autore, showman, grande pianista, Direttore dell'orchestra Rai di Torino, compositore di canzoni destinate a diventare classici della musica italiana, come “Una zebra a pois”, portata al successo da Mina o “Vecchia America” per il Quartetto Cetra, “You'll say tomorrow” che venne poi registrata da Sophia Loren e tantissime altre.
I suoi brani hanno sempre un gusto jazzato, swing, leggero ma dai contenuti e riferimenti colti.

“Della musica “nera”mi piaceva tutto: ritmo, armonia, ma soprattutto, e parlo di ciò che precedette il be-bop di Charlie Parker, che era un genio di cui io non seppi mai ricalcare le orme, mi piaceva lo swing, a cui mi rifacevo e mi rifaccio ancora adesso, se devo fare qualcosa”.

Negli anni Sessanta lavora tanto in televisione, come conduttore (con Mina e Sylvie Vartan) e autore, compone colonne sonore, recita come attore con Michelangelo Antonioni e Dino Risi.
A proposito di Mina, con lei instaura un profondo rapporto di amicizia e di affetto, tanto da fargli dire in un'intervista come sempre caratterizzata da una grande dose di ironia: “Se mai avessi dovuto scrivere una autobiografia, sai di quelle del genere "Un uomo che ha avuto tutto", avrei assolutamente preteso di mettere in copertina come sottotitolo "e l'avrebbe ceduto per Mina".

L'inizio del lavoro in radio con “Hit parade” è il suggello di una carriera lanciata verso un irrefrenabile successo, bruscamente fermato nel 1970 dall'arresto, con l'accusa di spaccio di stupefacenti.

Con lui in prigione (dove trascorre, per poi essere completamente prosciolto, ventisette giorni), Valter chiari (ai tempi dipendente dalla cocaina) e Franco Califano (le cui abitudini in tal senso gli crearono, in seguito, non pochi problemi).
Si tratterà di un clamoroso errore giudiziario, verrà reintegrato in Rai e nel circuito artistico ma ne uscirà parecchio provato.
Il suo libro autobiografico, “Operazione Montecristo”, relativo alla triste vicenda, sarà di ispirazione al film di Alberto Sordi “Detenuto in attesa di giudizio”, uscito nel 1971.

Luttazzi scrisse, dirisse e interpretò un film, “L'illazione”, che, in modo allegorico, faceva diretto riferimento alla sua vicenda ma che rimase inedito fino al 2011.

Dagli anni 80 si allontana progressivamente dalla televisione e dal successo mediatico, dedicandosi soprattutto alla musica, suonando in concerto la passione di sempre, il jazz.
Verrà “riscoperto” qualche anno fa da Fabio Fazio che lo inviterà più volte al suo programma, “Che tempo che fa” mentre Paolo Bonolis lo vuole come ospite Festival di Sanremo del 2009, dove accompagna al pianoforte Arisa.

Saranno purtroppo le ultime apparizioni pubbliche. Luttazzi se ne va nel 2010 a 87 anni per una brutta malattia. Poco tempo prima il regista Pupi Avati gli aveva dedicato un documentario dal titolo esplicativo “Il giovanotto matto”.

venerdì, settembre 20, 2019

Liam Gallagher - Why me? Why not



LIAM GALLAGHER continua il suo felice percorso sonoro post Oasis, incurante di dover dimostrare evoluzioni, proporre novità, svolte, sorprese.

A lui piacciono Beatles ("Now that I found you"), rock 'n' roll, glam ("Shockwave"), John Lennon ("Once"), Stones ("Halo").
E quello fa.

Supportato da una produzione impeccabile, arrangiamenti sontuosi, ottimi brani, una voce inconfondibile, si ripropone sempre uguale.
Immediatamente riconoscibile, personale, per i miei gusti IRRESISTIBILE.

One of us
https://www.youtube.com/watch?v=V3mhhT3c7oY

Shockwave
https://www.youtube.com/watch?v=gBAhgZZNR7E

Once
https://www.youtube.com/watch?v=LGfhStYcCZk

giovedì, settembre 19, 2019

Strawberry Field



L’ex orfanotrofio STRAWBERRY FIELD di LIVERPOOL riapre al pubblico.

La struttura sorge nel sobborgo di Woolton, dove John Lennon è cresciuto assieme ai suoi zii, George e Mimi.
John si introduceva ogni tanto nei giardini di Strawberry Field, all’epoca un grande orfanotrofio gestito dall’Esercito della Salvezza.

Dopo essere stato abbandonato nel 2005, la struttura è stata risistemata con una zona dedicata alla storia dei Beatles e una mostra interattiva su John Lennon intitolata "Strawberry Fields Nothing is Real".

Julia Baird (nella foto accanto al cancello), sorellastra di John Lennon, è la presidentessa onoraria del centro.

Il centro è, oltre a obiettivo turistico (lo scorso anno oltre 60.000 persone hanno sostato davanti ai suoi cancelli), anche un luogo d’incontro per ragazzi con difficoltà di apprendimento.

Le entrate generate dalla mostra finanzieranno il programma Steps to Work dell'ente benefico, che aiuta i giovani con difficoltà di apprendimento a trovare lavoro attraverso la formazione, il tutoraggio e l'esperienza lavorativa.

Costruito nel 1878 per un magnate dei trasporti marittimi fu acquistato dall'esercito della salvezza nel 1934 e trasformato in una casa per bambini.

La vecchia casa principale è stata demolita sei anni dopo l'uscita della canzone, e sostituita da una per bambini più piccola, che è stata chiusa nel 2005.

Nel 2000 i cancelli originali furono rubati ma il clamore della notizia indusse i ladri a scaricarli da un commerciante di ferro riciclato che li restituì il giorno dopo.



Nel gennaio del 1984 Yoko Ono portò il figlio Sean a visitare il posto, lasciando regali agli ospiti e donando poi 90.000 dollari al centro.

mercoledì, settembre 18, 2019

Iggy the Eskimo



Personaggio "misterioso" su cui si è spesso speculato, diventata iconica nella Swinging London dei 60's.

Apparsa all'improvviso nella scena, affascinante, proveniente dal giro mod londinese, vide l'esordio di Jimi Hendrix al Bag O Nail nel 1966, spirito libero, figlia di un ufficiale inglese e di madre nata sul'Himalaya, nel nord est dell'India, frequentò Beatles, Stones, Yardbirds, prima di diventare la musa del regista Antony Stern, che le fece conoscere Syd Barrett, con cui strinse un legame sentimentale e fu immortalata nuda da Mick Rock sulla copertina del suo disco solista "Madcap laughs".

‘A lovely, sweet, funny girl, always on the scene at gigs and events‘ ricorda Jenny Spires, precedente compagna di Barrett (che le dedicò "Lucifer Sam" - Jennifer gentle you're the witch...- ).

"Scomparve" poi dalla scena per ritirarsi in campagna, sposarsi e dedicarsi ad altro, per scoprire recentemente, poco prima della morte, avvenuta nel 2017, di essere diventata tra i cultori dei 60's, una misteriosa icona.

Un breve filmato che ritrae Iggy
https://www.youtube.com/watch?v=4tHaIiZFiNA

martedì, settembre 17, 2019

Heart of a dog di Laurie Anderson



Non è un "film" facile quello di Laurie Anderson (uscito nel 2015).

E' un tragitto spirituale, fatto di ricordi, suggestioni, sogni, filosofia, insegnamenti.
Un coraggioso e sorprendente documentario (consapevole?) sul passaggio dalla vita terrena a quella "latente" (o eterna, a seconda della fede di ognuno).

Il pretesto è il rapporto con il suo cane Lolabelle, protagonista della storia.
A chiudere Turning Time Around di Lou Reed.

Alla fine si resta senza fiato, per quanto è profondo e doloroso questo cammino visuale/poetico.
Rimane, rimane "dentro".

Laurie Anderson nella versione italiana racconta nella nostra lingua, senza doppiaggio (molto suggestivo).

Il trailer
https://www.youtube.com/watch?v=v37BnyHefnY

lunedì, settembre 16, 2019

La musica delle Brigate Rosse



La stagione delle BRIGATE ROSSE è stata studiata, esaminata e sezionata per anni e anni, in centinaia di libri, dibattiti, tra verità, mezze verità, segreti (o presunti tali).
Chi l'ha vissuta è andato oltre, lasciando ai posteri l'arduo compito di approfondire i perchè e i percome.
In questo post, giusto per alleggerire, invece un breve excursus su un aspetto ancora "misterioso" della vicenda.

Che musica ascoltavano le BR?

Quando agli inizi del 1982 fu liberato, dopo 42 giorni di prigionia, il generale Dozier, rapito da un commando delle BR, dichiarò di essere stato tenuto con delle cuffie in testa da cui veniva sparata musica assordante e pesante, per impedirgli di sentire discorsi e rumori circostanti.
I Brigatisti gli fecero in realtà ascoltare un disco dei DNA di Arto Lindsay, massimo esponente della No Wave new yorkese dei tempi, come testimoniò lo stesso membro della band in una successiva intervista.
Una correlazione che porta a scenari piuttosto particolari, visto che DNA e No Wave erano, ai tempi, ad appannaggio ad una ristrettissima cerchia di conoscitori.

Nel covo brigatista di via Gradoli, dove venne tenuto prigioniero Aldo Moro fu invece recuperata una serie di cassette più "tradizionali" come Inti Illimani, Francesco Guccini, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber ma anche una raccolta di Fausto Papetti.

Fonti: Valerio Mattioli da Vice.com e Giuliano Santoro da suduepiedi.net

sabato, settembre 14, 2019

Not Moving LTD e Libertà



Stasera con i NOT MOVING LTD siamo ad Ales (Oristano)
Qui: https://www.facebook.com/events/1281351498716343/

In seguito qua:
sabato 12 ottobre: Pisa “Caracol”
giovedì 31 ottobre: Roma "Whishlist"
Venerdì 8 novembre: Milano “Cox 18”
sabato 9 novembre: La Spezia “Skaletta”
venerdì 22 novembre: Fontanafredda (PN) "AstroClub"
sabato 14 dicembre: Piacenza “Musici per caso"
domenica 15 dicembre: Catania "Teatro Coppola"
Sabato 21 dicembre: Bologna “Freakout”
Domenica 22 dicembre: Torino “Blah Blah”
Da confermare: Napoli, Varese, Alessandria

https://www.facebook.com/Not-Moving-L-T-D-302470280600832



Domani sul quotidiano "LIBERTA'" speciale su IGGY POP e nuovo disco "Free".
Nella foto il numero della scorsa settimana.

venerdì, settembre 13, 2019

Granny Takes a Trip



Nel febbraio 1966 a 488 Kings Road, Chelsea, Londra, Nigel Waymouth, la sua ragazza Sheila Cohen e John Pearse aprirono una delle boutique più iconiche della Swinging London, GRANNY TAKES A TRIP.

Specializzati i nabiti particolarmente ricercati, di ispirazione "psichedelica", con broccati, colori forti, velluti, trovò presto tra i suoi clienti una lunga serie di personaggi di primo piano della scena rock, da George Harrison ai Pink Floyd, da Keith Richards agli Stones ai Move.
Il vestito che si intravede indossato da Lou Reed sulla copertina di "Transformer" fu prodotto dalla boutique.

La band dei Purple Gang incise nel 1967 un brano dedicato al negozio, "Granny Takes a Trip".
Alla fine del 1969 la boutique cambiò gestione e proseguì fin a metà dei 70, aprendo filiali anche in Usa, dove chiuse nel 1979.

Immagini del negozio
https://www.youtube.com/watch?v=37Mpd5N1ISs

https://www.youtube.com/watch?v=WFz1pSMvfOo
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