giovedì, dicembre 18, 2025

Soul, black music e affini 2025

Una selezione dei migliori album SOUL e "Black" ascoltati nel 2025.
I primi dieci e poi una ventina di altri titoli (in entrambi i casi in ordine sparso).

NB: la (personale) concezione di soul è volutamente "confinata" a sonorità genericamente definibili "VINTAGE", lasciando poco spazio alle cose più innovative.
Alcuni di questi album saranno riproposti nella classifica generale.


TOP 10

FREEDOM AFFAIR - Freedom Affair
Spettacolare secondo album per la band americana, registrato in analogico e fedelissimo al sacro groove del più classico Southern Soul anni Sessanta/Settanta. Le stupende voci di Paula Saunders, Seyko Groves e Shon Ruffin vanno a nozze su una base caldissima che ci riporta ai fasti di un tempo. Non rivoluzionerà il mondo della musica ma rimarrà uno dei migliori album "black" del 2025.

MAVIS STAPLES - Sad And Beautiful World
A 86 anni la Signora del Gospel/Soul riesce a regalarci ancora emozioni e brividi, con un album di estrema intensità e profondità. Dodici brani ripresi con una grazia e un cuore immensi, come da sempre ci ha abituati. L'introduttiva "Chicago" di Tom Waits lascia senza fiato, "We Got Have Piece" di Curtis Mayfield e "Anthemn di Leonard Cohen commuovono alle lacrime. Al suo fianco ospiti perfettamente adeguati comne Buddy Guy, Bonnie Raitt, Jeff Tweedy, Derek Trucks. Spettacolare.

LITTLE SIMZ - Lotus
Il valore della rapper inglese è fin dagli esordi indiscutibile.
"Lotus" è il sesto album e ne conferma la costante evoluzione/contaminazione, tra funk, elettronica, hip hop, la stupenda, epica, drum and bass funk orchestrale della title track , jazz, spoken word.
Ogni brano è una scoperta, pieno di sorprese, suggestioni, riferimenti ma soprattutto denota una personalità unica e difficilmente eguagliabile. Grande album.

CYMANDE - Renascence
A dieci anni dal precedente album del 2015 "A Simple Act of Faith" tornano alla grande i Cymande, la funk soul band inglese che lasciò un profondo segno negli anni 70, per poi fermarsi per almeno 40 anni. Il doc del 2021 "Getting It Back: The Story of Cymande", li ha riportati sulla scena. Il nuovo lavoro è un brillante mix di mellow soul, funk, influenze jazz e un profondo marchio di Curtis Mayfield in molti brani ("Darkest night" e "Coltrane" in particolare). Un disco pieno di groove, anima, blackness, moderno, attuale.

SOUTHERN AVENUE - Family
Arrivano da Memphis, Tennessee e nel quarto album "Family" sfoderano una miscela entusiasmante di gospel, southern soul, country, blues. Voci stupende, retaggi Staple Singers (non a caso hanno inciso per la Stax Records) e un approccio moderno e freschissimo.

KASSA OVERALL - Cream
Kassa cattura il respiro di New York, dove vive, riprendendo in chiave cool jazz una serie di brani hip hop, da Notorious B.I.G. a Wu-Tang Clan, Dr. Dre, A Tribe Called Quest, OutKast, Digable Planets, Juvenile.
Sorprendente, suonato come dichiara "senza nessun montaggio, nessuna sovraincisione, nessun campione o drum machine. Solo un grande gruppo di musicisti che suonano insieme."
Si sente, davvero interessante.

DIANE KOWA & the PIAGGIO SOUL COMBINATION - Allnighter Material
Torna ad incidere la miglior soul band italiana ma che può vantare di avere pochi rivali al mondo, soprattutto dopo l'aggiunta vocale della stupenda Diane Kowa. Il nuovo album rispetta tutte le aspettative, dopo una serie di lavori sempre a livelli di eccellenza, snocciolando brani autografi di gran classe, fedeli al soul sound più classico, con incursioni nel Northern Soul, rhythm and blues, funk, gospel e blues. Il tutto suonato e interpretato nel migliore dei modi e con classe cristallina. Consigliatissimo e ai vertici tra i migliori dischi italiani dell'anno.

JON BATISTE - Big Money
L'artista americano ritorna alle sue radici più profone, tra blues, gospel, soul, country, rhythm and blues, jazz. Il tutto suonato quasi live in studio, con collaboratori come Nick Waterhouse, Randy Newman, le Womack Sisters (nipoti di Sam Cooke), tra gli altri. Un lavoro molto intenso, diretto, sincero, pieno di groove e di riferimenti colti e di alto livello. Più che ottimo.

CURTIS HARDING - Departures & Arrivals: Adventures of Captain Curt
Si vola in alto con questo semi concept di grandissima qualità compositiva, arrangiamenti superbi, atmosfere ultra cool.
Soul funk, con orchestrazioni raffinate, un groove elegante e avvolgente, i soliti Curtis Mayfield e Marvin Gaye che guardano benevoli dall'alto.

THE WAR AND TREATY - Plus one
La coppia americana firma un nuovo album (il quarto più uno sotto altro nome) con 18 brani e più di un'ora di musica. Il tratto prevalente guarda al country ma ci sono abbondanti dosi di soul, gospel, rock, blues, canzoni che potremmo trovare in un album di Fantastic Negrito o Bellrays, fino a rimandi palesi a Janis Joplin e a infuocati e sparatissimi country punk. Un lavoro completo e complesso, ricchissimo di spunti di altissimo livello.

IL RESTO (ordine sparso).

TANIKA CHARLES - Reason To Stay
La soul woman canadese firma il quarto album in cui, ancora una volta, si muove, con grazia ed eleganza, nel soul più classico, con una predilezione per i tempi medi, le ballate intense e avvolgenti, melodie accattivanti, temperature calde, colori interpretativi intensi in pieno stile vintage anni Sessanta ma in una chiave moderna. Un lavoro godibile, divertente, solare, perfetto per ogni amante della soul music più pura.

P.P.ARNOLD - Live in Liverpool
Uscito nel novembre del 2024 è uno stupendo album dal vivo, registrato nel 2019 a Liverpool, in cui la favolosa cantante passa in rassegna una serie di vecchi successi e nuove canzoni tratte dal suo eccellente ritorno discografico "The New Adventures of..." di quell'anno. Lei canta divinamente, Steve Cradock della band di Paul Weller, suona la chitarra e dirige una band affiatata e precisa con tanto di coriste e sezione fiati. Diciotto brani, con le classiche "The first cut is the deepest", "(If you tink you're) Groovy" (che registrò con gli Small Faces), il funk rock di "Medicated Goo" dei Traffic, "Shoot the dove" (composta per lei da Paul Weller), una spettacolare versione psichedelica di "Eleanor Rigby" e tanto altro.

SONGHOY BLUES - Heritage
La band del Mali si è inizialmente caratterizzata mischiando rock, folk, blues, funk. Nel corso degli anni il sound è tornato progressivamente alle radici e alla tradizione popolare del loro paese, con l'uso di strumenti e ospiti locali. Il nuovo album è molto caldo, quasi psichedelico a tratti, con il blues delle radici costantemente presente.

THE DELINES - Mr. Luck And Ms. Doom
Nel nuovo album la band dell'Oregon conferma la predilezione per struggenti ballate soul, brani più movimentati che guardano al folk soul dei 60's, atmosfere vellutate, avvolgenti, calde, sensuali.
Un album più che apprezzabile.

ALTONS - Heartache In Room 14 Il duo americano ci regala uno zuccherosissimo album di mellow soul, caldo, sauadente, sensuale, con brani di gusto 50/60's, gustoso sottofondo per una serata in relax. Canzoni belle, arrangiamenti in stile, voci perfette. Produce la Daptone e la garanzia di qualità sale al 100%.

SMITH & The HONEY BADGERS - Killing Time
L'esordio della band di otto elementi londinese raccoglie brani composti in dieci anni di attività. E' il classico torrido mix di soul, funk, rhythm and blues in salsa vintage 60/70s con la voce di Marietta Smith protagonista, una sezione ritmica pulsante, sezione fiati raffinata e un bel tiro. Non cambierà la storia della soul music ma l'umore della vostra giornata sicuramente.

BUDOS BAND - VII
Lasciano la Daptone per approdare alla loro etichetta appena costituita, portando avanti la loro collaudata formula strumentale che unisce funk, soul, jazz, ethio jazz, afrobeat. Non servono tante parole per ricordare la qualità del groove, del loro sound immediatamente distinguibile. Un marchio di fabbrica unico.

THE MIGHTY MOCAMBOS - A Higher Frequency
Registrato live in studio, il nuovo album dei nove soulmen di Amburgo è una conferma della loro classe, attraverso 10 brani funk soul, quasi tutti strumentali, arricchiti da pennellate psichedeliche o disco. I brani filano veloci, arrembanti, danzerecci, pieni di ritmo e buone vibrazioni.

GINA SADMAN - 1972
Gina Sadman compone, canta, arrangia, suona il basso e si fa aiutare da una band di primissima qualità. Si muove in un contesto abbastanza conosciuto e prevedibile, tra soul, funk e rhythm and blues, guardando spesso e volentier al passato degli anni Settanta. Album molto gradevole anche se un po' impersonale.

DURAND JONES and the INDICATIONS - Flower Moon
Raffinatezza, eleganza, Marvin Gaye, Isley Brothers e, non di rado, tanto gusto alla Style Council nel loro lato più sweet soul. L'album è molto leggero e mellifluo ma altrettanto godibile e di piacevole ascolto. Arrangiamenti perfetti, canzoni perfettamente costruite. Al quarto album, anche stavolta non hanno sbagliato il colpo.

WITCH - Sogolo
Vecchie glorie dello ZamRock, scena rock psichedelica nata tra i 60 e i 70 in Zambia, tornano con un album sorprendentemente attuale e fresco, in cui guardano ai suoni originari ma aggiungono una buona dose di afrobeat di primissima qualità. Produzione eccellente, groove e classe da vendere.

CONNIE PRICE & The KEYSTONES - Uptown Rulers
Ottima raccolta di una serie di 45 giri di recente pubblicazione a base di un mix di funk, soul e hip hop. Sound molto ruvido e basico, ottime canzoni, tanto groove. Interessanti.

SURE FIRE SOUL ENSEMBLE - Gemini
La band di nove elementi di San Diego ci delizia con un buon album di soft funk strumentale molto ben fatto. Pur se non brilla in originalità o spunti particolari l'ascolto è gradevole e stimolante.

ROSETTES - Lifestyles
La band finlandese al debutto con un album in cui soul psichedelico, funk e ritmi alla Meters e influenze caraibiche alla Cymande, creano un mix avvolgente e suadente che talvolta riporta alle atmosfere di Sade. Non male.

SAULT - Acts Of Faith
Dopo aver bulimicamente riempito la sua discografia di album in pochi anni (l'ultima volta due anni fa con ben 5 lavori in contempranea) il collettivo inglese torna a farsi sentire, guidato dall'eccellente voce di Cleo Sol, con una suite divisa in 9 distinti brani a base di un soul funk molto melodico e soffice, moderno e avvolgente, di estrema gradevolezza, tra umori 70, Curtis Mayfield, gospel, jazz.

CELESTE - Woman Of Faces
Il secodno album della voce "black" britannica è un viaggio in atmosfere soul, in bilico tra una visione moderna e una più classica del sound in oggetto. Struggenti e drammatiche ballate, con supporti orchestrali, che, non di rado, riportano alla mente Amy Winehouse nell'approccio vocale, ottime canzoni, talvolta troppo patinate ma sempre efficaci. Un lavoro di gran classe ed eleganza.

WAR - Live in Japan 1974
Una preziosa testimonianza del tour giapponese del 1974 dei favolosi WAR, band molto sottovalutata, "lanciata" da Eric Burdon con due eccellenti album in comune nel 1970. La dimensione live ci offre brani dilatati oltre i 10/15 minuti intrisi di funk, soul, sperimentazione, tribalismi, blues, tra cui piccoli classici come "The world is a ghetto" o "Cisco Kid". Band in formissima, registrazione impeccabile, contenuto ancora fresco e originale, un nome da "recuperare".

THE AFRO-AMERICAN ENSEMBLE - Free The Black Man's Chains
Preziosa (prima) ristampa di un oscuro album del 1971 tra soul, funk e gospel, pubblicato dopo l'uscita di tre singoli dei Broad Street Gang. Tra i musicisti coinvolti Mitchell Rowe, Bobby Eli, Len Pakula, Daryl Hall, Ron Baker, Norman Harris, The Raelettes e gli archi arrangiati da Richie Rome. Una specie di concept propedeutico per un film o un musical (a cui l'impostazione compositiva si accosta spesso) ma che finì presto nel dimenticatoio. Un lavoro eccellente, da riscoprire e apprezzare.

AA.VV. - Everybody is a star The Sly StoneSongbook
Compilation molto interessante e godibile, che raccoglie una ventina di cover di Sly Stone e Sly and the Family Stone. Versioni particolari e strane, realizzate nel corso del tempo, che coinvolgono artisti sorprendenti, vedi Raincoats o Magazine, ottimi o la bruttina "Family affair" di Iggy Pop. Classica e stupenda "I Want to Take You Higher" di Ike & Tina Turner & the Ikettes, bellissimo il disco funk di "Le Lo Li" di Diana Ross (originariamente in "High On You" di Sly del 1975), scartato dall'album della cantante dell'anno successivo. C'è anche una "Everyday people" rifatta da Jeff Buckley (uscita su singolo nel 2015 per il RSD), piena di pathos.

SLY AND THE FAMILY STONE - The First Family= Live At The Winchester Cathedral 1967
Formata da poco, fu la resident band dal 16 dicembre 1966 al 28 aprile 1967 al "The Winchester Cathedral" a Redwood City, California. (E' così che si impara a suonare...non con un concerto al mese).
E' la prima incarnazione del collettivo, che suona tutte cover, a parte "I Ain't Got Nobody", di soul, blues e rhythm and blues ma in cui si intravede già chiara la futura direzione artistica, verso la contaminazione (soprattutto ritmica) e l'ecletticità. L'embrione di quella che sarà una magnifica, inarrivabile e mai superata creatura, un paio di anni prima la definitiva esplosione. Qualità della registrazione appena sufficiente ma per i cultori di Sly va più che bene.

AA. VV. - Love Train – The Gamble & Huff Songbook
Kenny Gamble e Leon Huff, dopo un inizio come artisti, si dedicarono a scrivere e a produrre brani per altri, lavorando per la Columbia, l'Atlantic e fondando nel 1971 la Philadelphia International Records con cui arrivarono a parecchi successi con brani per gli O'Jays, per Harold Melvin and the Blue Notes e Billy Paul, introducendo elementi come ricchi arrangiamenti di archi e ritmiche pulsanti e ballabili che ne fecero brani dalle caratteristiche proto disco music.
Agli inizi degli anni Settanta molte loro canzoni si riempirono di tematiche socialmente impegnate a favore dei diritti degli afroamericani. La coppia ha scritto nella carriera oltre 3.000 canzoni. In questa compilation ci sono 24 splendidi brani tra cui "Love In Them There Hills" come dei The Vibrations, "Expressway To Your Heart" by Margo Thunder, "Lost" di Jerry Butler,, "Hey Western Union Man" by Bobby Rush, "Love Train" delle Supremes, "Together" di Gladys Knight & The Pips, "Ain't No Doubt About It" di Wilson Pickett, "Don't Leave Me This Way" di Harold Melvin & The Blue Notes. Colonna sonora PERFETTA!

AA.VV. - Stax Revue – Live In 65
Registrato live nel 1965 al "5/4 Club" di Los Angeles con nomi super come BookerT and the Mg's, The Mar Keys, un travolgente Wilson Pickett con 9 minuti di "In the Midnight Hour" e un funambolico Rufus Thomas on 20 minuti di "The Dog". Una testimonianza vitale e infuocata di quell'incredibile periodo.

P.P. ARNOLD - The Immediate Sessions
Una voce strepitosa che avrebbe meritato maggiore successo e considerazione. Esce ora questa raccolta di demo inediti(prodotti da Mick Jagger e Mike Hurst), registrati nel 1966. Qualità altissima, soul, gospel, brani perfetti per un dancefloor northern soul e un gusto beat ad avvolgere il tutto. L'ex Ikette splende per qualità vocale e interpretativa. Album bello e prezioso.

mercoledì, dicembre 17, 2025

Dischi Mod e affini 2025

Una serie di segnalazioni di album, 45 giri, libri MOD e affini del 2025.

NEW STREET ADVENTURE - What Kind Of World?
Torna la band di Nick Corbin dopo un lungo silenzio con un album di rara bellezza. Tanto soul, da quello più introspettivo alla Curtis Mayfield/Marvin Gaye, a impennate Northern ("Let Me Loose" farebbe saltare per aria ogni dancefloor), fino al torrido funk di "Everyone's A Music Maker" (roba tra Sly and the Family Stone e i Temptations di "Cloud Nine").
L'album che da anni vorremmo da Paul Weller (a cui l'estetica sonora e l'impronta vocale si avvicina parecchio). Stupendi arrangiamenti di fiati e archi, musicisti di pura eccellenza, canzoni semplicemente perfette. Non per niente il tutto è targato Acid Jazz Records.

LEN PRICE 3 - Misty Medway Magick
Venti anni di attività, una discografia corposa e un nuovo album travolgente per la band di Chatham. Il sound guarda esplicitamente al garage beat di matrice Prisoners ma anche direttamente ai Sixties di Who, Kinks e affini. Una ventata di freschezza, irruenza, riff crudi e immediati, grandi canzoni.

THE SPITFIRES - MK II
Torna la band di Billy Sullivan, line up completamente rinnovata, il sound che mantiene le radici in un classico mod sound (dai Jam agli Ordinary Boys), debitore a matrici soul e Sixties, con un'asprezza di derivazione punk/new wave. L'approccio è più raffinato, meno irruente del passato, con arrangiamenti più curati e uno sguardo verso un pop più fruibile (se "Where Did We Go Wrong?" e "Man Out Of time" sono puro e semplice ska, "Like They Used To" e "Can't Kee This Up" virano verso un mood alla Duran Duran). Un buon ritorno, molto uniforme, che graffia poco ma comunque convincente.

PAUL WELLER - Find El Dorado
"Sono canzoni che porto con me da anni. Hanno assunto nuove forme nel tempo. E ora mi è sembrato il momento di condividerle."
(Paul Weller)
Paul Weller ha sempre avuto una particolare predilezione per le cover di cui ha infarcito il suo repertorio, molto spesso nelle B sides dei 45 giri o nelle bonus tracks dei dischi.
Abitualmente le sue reinterpretazioni (tra Jam, Style Council, carriera solista, collaborazioni esterne) sono sempre state piuttosto fedeli agli originali.
Aveva già dedicato l'album "Studio 150" a una serie di brani preferiti, nel 20024, ma con risultati non esaltanti.
Ci riprova ora con 15 canzoni particolarmente oscure, spesso sorprendenti, fin da far sembrare l'album come un lavoro di inediti.
Il mood generale è acustico, con predilezione per folk inglese e irlandese con qualche digressione blues e soul.
Anche in questo caso le reinterpretazioni sono abbastanza fedeli, eseguite sempre con estrema passione e intensità.
Si parte con la ballata blues Handsout In The Rain di Richie Havens, tratta dal suo album del 2002 "Wishing Well", in una versione piuttosto simile.
Più veloce e ritmata dell'originale, con una sezione fiati finale che rende questa altra ballata semiacustica più funk è "Small Talk Town" del cantautore americano Bobby Charles, composta con Rick Danko della band e uscito nel 1972. Molto gradevole.
Ancora una ballata acustica con una leggera orchestrazione e piccoli tocchi in fase di arrangiamento
. Alla chitarra c'è Noel Gallagher per rifare "El Dorado" di Eamon Friel scritta originariamente per il film del 1986 ‘The Best Man’ di Joe Mahon con Seamus Ball.
La rielaborazione è più complessa della ballata scarna e minimale dell'autore Nord Irlandese.
Si torna al 1971 con un country rock dal ritmo sostenuto, dal terzo album dei Flying Burrito Brothers dell'ex Byrds Chris Hillman.
"White Line Fever" è un brano composto e inciso nel 1969 dal re del country Merle Haggard. Il brano suona molto bene, pure inusuale nel repertorio di Weller, molto ispirato nel riproporlo. 'One Last Cold Kiss' scritto da Gail Collins e l'ex Mountain Felix Pappalardi era nell'album "Traveller" del 1999 di Christy Moore in chiave folk con insert elettronici e un'atmosfera molto cupa. Qui prende le sembianze di un traditional folk irlandese, affiancato dalla voce della cantautrice Amelia Coburn. Molto bello.
Poco significativa "When You are a King" del 1971, dei White Plains, piuttosto melliflua e superflua, con archi e chitarra acustica.
Perfettamente nelle corde Welleriane la successiva "Pinball" del musicista e attore Brian Protheroe, singolo del 1974 che potrebbe tranquillamente trovarsi su un qualsiasi album di Paul del primo periodo solista.
Willie Griffin, soul man Texano ha lasciato, nel 1984, il singolo "Where There’s Smoke, There’s Fire" , brano piuttosto debole nella versione origianale, a cui Weller restituisce verve, ritmo, energia, un pulsante groove quasi Northern Soul. Operazione riuscita.
La ballata mielosa "I Started a Joke" dei Bee Gees, tratta dal loro album "Idea" del 1968, viene inondata ancora di più da una cascata di melassa con archi, piano e chitarra acustica. Evitabile. Tanto quanto la successiva "Never The Same" di Lal and Mike Waterson. Debole nell'originale, poco significativa in questo nuovo arrangiamento.
Arriva per fortuna il top dell'album, una favolosa e spettacolare versione di "Lawdy Rolla" pubblicata dai francesi Guerrillas (che si avvalsero della collaborazione del sax di Manu Dibango). "Nobody's Fool" è firmata da Ray Davies ma non fu mai incisa dai Kinks. una serie della ITV.
Sigla della seconda stagione di una serie televisiva venne accreditato ai Cold Turkey. Si sente la mano di Ray e quanto Weller sia in grado di prenderne l'eredità. Uno dei vertici dell'album.
"Journey" è un buon brano di folk rock di Duncan Browne del 1970, reso in chiave più sostenuta e souleggiante. Non male.
Il brano più recente è di cinque anni fa, inciso da P.P.Arnold, "Daltry Street", scritto da Jake Flecther che fu anche chitarrista con gli Specials. Carina l'interpretazione Welleriana ma nulla di indimenticabile.
Scritta dal membro dell'Incredible String Band, Clive Palmer per il folk singer scozzese Hamish Imlach "Clive's Song" chiude al meglio l'album, in duetto con Robert Plant. Folk blues della migliore qualità.
Come ci ha abituati da molto tempo, gli ultimi suoi album non lasciano tracce indelebili (soprattutto in questo contesto di sole cover) ma sono sempre di ottima qualità. Non resterà nei vertici della sua produzione.

BLIND ALLEY - Live Tuxedo 1982
Nei primi anni Ottanta le uscite discografiche di band underground italiane erano centellinate, rare, difficili da trovare, soprattutto se relative all'ambito mod e affini. Nel 1983 uscì il primo singolo dei Four By Art e l'anno successivo quello degli Underground Arrows.
Per il resto c'erano solo le cassette.
Quando il primo e unico 45 giri dei BLIND ALLEY, pubblicato dalla Shirak nel 1983, mi arrivò a casa fu motivo di grande giubilo, nonostante a quel punto la band fosse alla fine della breve carriera, iniziata nel 1980.
Non erano propriamente una mod band ma suonavano canzoni molto vicine allo spirito del 1979 e ai Jam, con l'aggiunta di punk, power pop, i primi Elvis Costello e Joe Jackson, il piglio dei Clash. Gigi Restagno, prima della prematura scomparsa, proseguì con altre sonorità con Defear, Difference e Misfits (dove ritrovò il chitarrista Luca Bertoglio), Marco Ciari invece rimase fedele al gusto Sixties con i Party Kids, prima di approdare a Franti e Fratelli di Soledad.
Onde Italiane pubblica ora un ottimo live, registrato il 24 novembre 1982, con 13 brani che se fossero usciti all'epoca avrebbero costituito un album imperdibile.
Ora testimoniano la qualità e lo spessore compositivo di una band eccellente.
La registrazione è più che buona, l'eccellente cover di "Modern world" dei Jam testimonia quale fosse la principale matrice di riferimento.

IL SENATO - We Feel Good
Prosegue imperterrita la felice carriera de Il Senato di Luca Re e Fay Hallam (affiancati da eccellenze della scena torinese, provenienti da Statuto e Sick Rose). Quattro nuovi brani che esplorano il prezioso mondo sonoro e artistico in cui ha sempre viaggiato la band, tra psichedelia, freakbeat e soul. Due cover, scelte con gusto da appassionati, "I Feel Good" di Benny Spellman qui indurita e resa in versione garage e l'immortale "Send Me a Postcard" degli Shocking Blue. A cui si uniscono due brani autografi: "Nobody Waters the Weeds", una malinconica ballata dalle tinte soul e"Are You Trying To Tell Me Something" che vira sul rock psichedelico a cavallo tra Sessanta e Settanta, sempre a ritmi moderati e sospesi. Come sempre materiale di primissima qualità.

P.P.ARNOLD - Live in Liverpool
Uscito nel novembre del 2024 è uno stupendo album dal vivo, registrato nel 2019 a Liverpool, in cui la favolosa cantante passa in rassegna una serie di vecchi successi e nuove canzoni tratte dal suo eccellente ritorno discografico "The New Adventures of..." di quell'anno. Lei canta divinamente, Steve Cradock della band di Paul Weller, suona la chitarra e dirige una band affiatata e precisa con tanto di coriste e sezione fiati.
Diciotto brani, con le classiche "The first cut is the deepest", "(If you tink you're) Groovy" (che registrò con gli Small Faces), il funk rock di "Medicated Goo" dei Traffic, "Shoot the dove" (composta per lei da Paul Weller), una spettacolare versione psichedelica di "Eleanor Rigby" e tanto altro.
Grande album.

P.P. ARNOLD - The Immediate Sessions
Una voce strepitosa che avrebbe meritato maggiore successo e considerazione. Esce ora questa raccolta di demo inediti(prodotti da Mick Jagger e Mike Hurst), registrati nel 1966. Qualità altissima, soul, gospel, brani perfetti per un dancefloor northern soul e un gusto beat ad avvolgere il tutto. L'ex Ikette splende per qualità vocale e interpretativa. Album bello e prezioso.

SHARP PINS - Balloon Balloon Balloon
Arrivano da Chicago e sono una creatura del giovanissimo Kai Slater, innamorato dei primi Beatles, del garage beat dei profondi Sixties, Monkees, Lovin' Spoonful.
"Take So Long" potrebbe essere un'outtake di "In The City" dei Jam, "Serene Haus of hair" ci starebbe benissimo su "Help!" dei Beatles (con voce puro Lennon) e via discorrendo.
In "Balloon Balloon Balloon" ci sono 21 brani (molti di un minuto o anche meno) in questo stile.
Strano ma godibile e divertente.

THE QUESTION - Shall Be Love
Per chi ama "scavare" in un certo ambito (per quanto mi riguarda la scena MOD in tutte le sue espressioni) ecco un nuovo tassello da aggiungere alla gloriosa storia.
THE QUESTION era una band di Los Angeles, attiva nei primi anni 80, molto vicina ai Jam, power pop e affini.
Viene pubblicato ora un ep con canzoni del 1982, in attesa di un album imminente con vecchio materiale e uno che sancisce un nuovo corso della band. Tra Jam, Squire, Purple Hearts, è un ascolto che gli appassionati del genere apprezzeranno.

STONE FOUNDATION – The revival of survival
L'undicesimo album del collettivo inglese festeggia il 25° anno della loro attività nel migliore dei modi, con il consueto funk/soul/disco/acid jazz pieno di ritmo, eleganza, groove. Arricchito dalla presenza di Mick Talbot alle tastiere e dalle voci soul di JP Bimeni, Omar, Laville, è una conferma della qualità del loro sound.

MATT BERRY - Heard noises
L'attore e musicista inglese torna con un nuovo album, (per l'amata Acid Jazz), molto intrigante e ricco di eccellenti spunti sonori.
Matt compone, canta, suona chitarra, basso e un'ampia gamma di tastiere, dando spazio alla sua passione per soul e northern soul, a cui unisce un gusto psichedelico a cavallo tra 60 e 70, con qualche umore proto prog.
Un lavoro molto personale, divertente e pieno di pregevoli canzoni.

JAMES TAYLOR QUARTET - Only Messin'
Ormai la discografia di James Taylor (con o senza il Quartet o altre denominazioni) è inestricabile e le pubblicazioni non si contano più. Questo nuovo ep esce solo in vinile si avvale del contributo chitarristico del compare nei Prisoners, Graham Day, e di una sezione fiati che conferisce al ruvido funk soul dei quattro brani un groove pazzesco.

THE PROPER – Meant To Say Something
La band guidata da Ivano Bonfanti firma il secondo album della carriera, iniziata nel 2015 in quel di Londra. Gli undici episodi sono solidi brani che mischiano power pop, mod rock alla Jam, melodie anni Sessanta e un sound chitarristico aspro e nervoso. La produzione (di Brett Buddy Ascott, ex Chords) è attenta ed efficace, le canzoni sono stilisticamente eclettiche, sempre ben composte e curate, l’attitudine quella giusta. Album maturo, di respiro internazionale e alto livello qualitativo.

BLOCK 33 - Promised land
La band inglese, dichiaratamente mod, spazia nell'ambito del "sound of 79", con chitarre distorte, energia a profusione, grande impatto ritmico, con numerosi riferimenti anche al Britpop e qualche aggancio al pub rock. Le dodici canzoni filano via veloci, la qualità compositiva è di alto livello, un buon lavoro.

THE CAPELLAS - Untamed
La band inglese (con membri di Missing Souls, The Jack Cades, Thee Vicars, The Baron Four, Embrooks, Barracudas, Chrome Reverse) all'esordio, dopo un ottimo ep, con un album che si tuffa nei profondi Sixties, tra rhythm and blues, garage, freakbeat. La voce di Elsa Witthaker è un delizioso e potente mix di Julie Driscolle Mariska Veres degli Shocking Blue, la band suona con energia e in modo ruvido. Ottimo lavoro.

THE WHO - Live at Oval 1971
Poderoso live degli WHO, registrato il Il 18 settembre 1971 davanti a 35.000 spettatori al "Goodbye Summer: A Rock Concert in aid of Famine Relief for the People of Bangladesh" nello stadio di cricket The Oval di Kennington, South London.
In "Live a the Oval 1971" ci sono quindici brani di cui cinque dall'appena uscito "Who's Next", due da "Tommy" e materiale sparso.
La band è all'apice della forma, Keith Moon funambolico e precisissimo, Roger Daltrey con una voce potentissima, John Entwistle che suona come un'orchestra e Pete Townshend che dimostra la sua versatilità tanto ritmica quanto solista.
Freschezza, hard, blues, soul, un treno in corsa, con usuale distruzione degli strumenti finale.
Registrazione più che buona (rispetto ai bootleg in circolazione), materiale remixato da nastri analogici multitraccia originali a otto piste.

DIANE KOWA & the PIAGGIO SOUL COMBINATION - Allnighter Material
Torna ad incidere la miglior soul band italiana ma che può vantare di avere pochi rivali al mondo, soprattutto dopo l'aggiunta vocale della stupenda Diane Kowa. Il nuovo album rispetta tutte le aspettative, dopo una serie di lavori sempre a livelli di eccellenza, snocciolando brani autografi di gran classe, fedeli al soul sound più classico, con incursioni nel Northern Soul, rhythm and blues, funk, gospel e blues. Il tutto suonato e interpretato nel migliore dei modi e con classe cristallina. Consigliatissimo e ai vertici tra i migliori dischi italiani dell'anno.

LAGER - Outer than yesterday
Preziosa stampa su vinile (in sole 100 copie) di un demo della band calabrese, registrato nel 1986. I Lager sono stati tra i principali gruppi mod dell'epoca ma oltre a un sound debitore al mod rock di stampo 1979, hanno progressivamente assimilato influenze psichedeliche e garage beat come ben rappresentano questi 9 brani (di cui uno registrato invece nel 2012). Successivamente il leader Francesco Ficco ha formato i Kartoons, viaggiando sempre su coordinate simili più garage oriented con quattro album e diversi singoli all'attivo. Il sound è ruvido, urgente e spontaneo e la registrazione su 4 piste, seppur datata, non risente del tempo trascorso.

TONY BORLOTTI E I SUOI FLAUERS – Killing Shake!
Festeggia il trentesimo compleanno la storica beat band di Salerno e ci/si regala un album nuovo di zecca che viaggia spedito nei meandri sonori da sempre amati. C’è il classico beat italiano (“Nel tuo giardino”), il rhythm and blues di “Amalia”, lo psychogarage in “Dove vai”, le atmosfere da colonna sonora di divertenti commedie all’italiana targate anni Sessanta (lo strumentale “Piccolo ma beat”), la riuscita versione in italiano (“Pazzo”) di “Psycho” dei Sonics, l’introduzione con la title track tra garage, beat e freakbeat. Come sempre una conferma di qualità, divertimento, freschezza, energia.

ARPIONI - Buona Mista Social Ska
La band "internazionale" pubblica il secondo volume (a 25 anni dal precedente), dedicato alla rivisitazione "in levare" di brani della canzone d'autore italiana. L'aspetto rilevante è innanzitutto la scelta del materiale, mai banale, che rovista nei meandri più oscuri, da I Ribelli a un brano "minore" di Lucio Dalla ma non disdegna classici come "Azzurro" o "Lugano addio". Ma c'è anche la capacità di riprendere il tutto attraverso le varie declinazioni dello ska, da quello più tradizionale, al rocksteady, alle origini con il Mento (folk giamaicano), fino a umori più classicamente original reggae.
Irresistibile la "Tanto pe' cantà" con la voce di Valerio Mastrandrea, uno degli ospiti con Tonino Carotone, AWA FALL aka Sista Awa e Diego Bianchi. Un album divertente, solare, riuscitissimo.

SPY EYE - The Way That Things Are
Tornano a sorpresa gli Spy Eye, tra i pionieri della scena ska italiana negli anni Ottanta e che arrivarono a diverse incisioni tra cui l’album Hot Pursuits nel 1992 per l'inglese Unicorn Records. A distanza di tre decenni ecco quattro nuovi brani che riprendono lo stile primigenio ma con un piglio moderno e attuale tra velocissimi brani ska e più moderati episodi in chiave rocksteady (che riportano ai primi Specials). Il tutto con totale padronanza della materia, elegante irruenza e la giusta attitudine.

AA.VV. - Paul Weller Presents That Sweet, Sweet Music
Sono ricorrenti le compilation basate sulle scelte di artisti conosciuti.
Paul Weller è un raffinato estimatore di soul music e dintorni e qui ci regala una selezione di 24 brani che vanno dai 10 minuti iniziali di funk liquido e torrido degli Headhunters con "God Made Me Funky", al classico "That's Enough" di Roscoe Robinson, al travolgente rhythm and soul di "Soulshake" di Peggy Scott & Jo Jo Benson.
E ancora il folk soul di Ritchie Havens, una bellissima e super groovy "Summertime" di Billy Stewart, un omaggio al dimenticatissimo Baby Huey con "Hard times", l'inconsueta "Blackrock" dei Blackrock, band di session men della Stax e Hi Records, alle prese con un funk psichedelico targato 1969, una versione di "The bottle" di Gil Scott Heron eseguita dai Brother To Brother dall'omonimo album del 1974.
C'è da divertirsi. Weller sa il fatto suo, non ne dubitavamo e qui si capisce molto delle sue (già note) fonti di ispirazione.

AA.VV. - Get Ready For The Countdown – Mod, Brit Soul, R&B, & Freakbeat Nuggets
La miniera illimitata dei Sixties continua a essere saccheggiata in compilation a tema.
Anche i 3 CD di questa compilation confermano la qualità di quell'irripetibile sound, figlio di soul, rhythm and blues, rock 'n' roll, blues, ska, che imperversò per qualche anno nei club inglesi. Qui ci sono 70 brani, alcuni già conosciuti dai connaiseurs, altri più che oscuri e dimenticati.
Gli amanti di quegli anni ne godranno.

AA.VV. - The Countdown Records Story 1985-88
Poco prima di fondare la fortunata Acid Jazz Records, Eddie Piller ci provò con la Countdwon records per la quale incisero eccellenze come Makin' Time e Prisoners e nel 1985 pubblicò la seminale compilation "Countdown Compilation" con il meglio della nuova scena mod, successiva a quella del 1979, Prisoners, Makin Time, Times, The Moment, Gents, Scene, Fast Eddie tra i tanti.
A 40 anni dalla prima uscita esce questa nuova raccolta in vinile (per l'Acid Jazz) con alcune di quelle band e altre aggiunte, in una sorta di "meglio" dell'etichetta.
La tracklist è invitante e l'ascolto ci conforta per la freschezza che mantiene quel sound e ci fa rammaricare di come molti di questi nomi, pur con così tanto talento, non abbiano fatto strada.

CHORDS UK - So Far Away Reimagined
"So Far Away" dei CHORDS è stato probabilmente (o senza dubbio) il miglior album uscito dal Mod Rock del 1979 (Jam esclusi). Canzoni di eccelsa fattura, suonate alla perfezione, con un'energia che metteva insieme l'irruenza adolescenziale, melodie Sessanta, urgenza punk rock. Il chitarrista Chris Pope con i Chords UK ha deciso di affrontare una versione "Re-Imagined" risuonando il tutto con la sua nuova formazione. Purtroppo il confronto è impietoso e l'operazione ha poco senso, nonostante il valore delle composizioni rimanga intatto. Mancano però tutte le caratteristiche dell'originale di cui sopra e l'approccio ha un sapore molto speculativo. Peccato.

SHARP CLASS - Ballad of nobody real
Nuovo singolo per il trio inglese, nuova stella del mod rock (in concerto il 5 luglio al Festival Beat). Un brano nel loro classico Jam style/mod rock '79. Sempre convincenti, freschi e potenti.

THE MOLOTOVS - Today's Gonna Be Our Day B/W No Time To Talk
In attesa del primo album, previsto per gennaio 2026, il duo inglese torna con un arrembante singolo che guarda alla lezione dei primissimi Jam, con un tiro punk. Ottimo.

THE LEN PRICE 3 - Emily's Shop / I'm a Fake
Sanno incrociare alla perfezione Who, Kinks, freakbeat, fuzz e melodie 60's che riportano agli Action. Un singolo strepitoso!

THE MOLOTOVS - More More More
I due giovanissimi fratelli inglesi, dopo anni di progressiva crescita, approdano al singolo d'esordio. Un brano in pieno stile Jam 1979, potente, ben prodotto ed efficace. Sul lato B una versione dal vivo della stessa canzone e una, ottima, di "Suffragette City" di Bowie. Attendiamo sviluppi.

SPECIALS FAMILY - When A Light Goes Out
Il progetto nasce dall'idea di Lynval Golding di rendere omaggio agli amici Terry Hall e John Bradbury degli Specials, prematuramente scomparsi.
"When A Light Goes Out" è un ottimo brano rocksteady/ska che vede all'opera Golding, altri membri degli Specials e Steve Cradock, chitarrista di Paul Weller.
Nel singolo anche la versione dub.

THE GALILEO 7 - Look Away / Over The Horizon
Tra un concerto e l'altro dei Prisoners, Allan Crockford non perde di vista il progetto che porta avanti da anni e torna con un ottimo singolo in perfetto equilibrio tra beat, psichedelia, freakbeat, che si avvale di una (come sempre) ottima qualità compositiva ed esecutiva ma soprattutto di una ormai acquisita maturità distintiva e riconoscibile.

LIBRI

Kevin Rowland - Bless Me Father: A life story
Dopo un lavoro durato vent'anni KEVIN ROWLAND porta a termine una faticosa, introspettiva, personalissima e drammatica autobiografia.
Ci sono ovviamente abbondanti spazi all'attività musicale con i Dexy's Midnight Rummers e progetti collaterali (a cui il lettore avrebbe voluto maggiore spazio e attenzione ma che, non di rado, vengono trattati come un aspetto quasi secondario di una vita convulsa e incerta) con i successi e i fallimenti ma buona parte del racconto è riservato all'adolescenza, all'infanzia, al difficilissimo rapporto con padre (vedi titolo) e stretti consanguinei, fino all'oscuro e lungo periodo di dipendenza dalla cocaina, la bancarotta, i conti con la sua sessualità e altri aspetti molto personali e intimi, spiattellati senza troppi filtri.
Una lettura talvolta ridondante e con cadute di tono ma per i fan, non solo dei Dexy's ma della scena inglese dagli Ottanta in poi, è un compendio interessante per aggiungere nuovi particolari, spesso inediti e sorprendenti, al periodo.

Corrado Rizza - Il Piper Club
Il 17 febbraio 1965 apriva a Roma il Piper Club.
Fu l'epicentro della "dolce vita" beat degli anni Sessanta italiani.
A prevalente appannaggio di una alta società abbiente che amava assistere al nuovo fenomeno dei giovani con i capelli lunghi e le giovani con le gonne molto corte. Ma che fu il catalizzatore di una nuova cultura che attingeva a piene mani dalla Swinging London e dall'America "colorata" e psichedelica. Passarono sul suo palco Who, i giovanissimi Pink Floyd con Syd Barrett, Family, Procol Harum, Duke Ellington, Joe Tex, Sly and the Family Stone, Genesis e il meglio del giro italiano: Rokes, Equipe 84, Corvi, la "ragazza del Piper, Patty Pravo, Renegades, Rita Pavone, tra i tanti.
Mario Schifano suona lì con la sua creatura "warholiana" Le Stelle di Mario Schifano e Tito Schipa Junior mette in scena la "prima opera rock di sempre" Then An Alley".
Il pregio del libro, oltre a interviste e testimonianze di protagonisti/e (da Mita Medici a Marina Marfoglia), sta nelle oltre 200 fotografie quasi tutte inedite, testimonianza spettacolare di un'epoca incredibile.
Gli amanti dei Sixties impazziranno per queste pagine.

Roberto Calabrò - Eighties Colours. Garage beat e psichedelia nell’Italia degli anni Ottanta
Originariamente pubblicate nel 2010 in confezione lussuosa e curatissima per Coniglio Editore, le 1.200 copie di "Eighties Colours" andarono velocemente esaurite, anche grazie a una serie di presentazioni ed eventi affollatissimi e di prestigio.
Un libro che parla(va) con dovizia di particolari e stupende foto, dell'esplosione di colori garage/beat/psichedelici nell'Italia di metà anni Ottanta. Da allora è praticamente irreperibile se non a prezzi sostenuti.
Ben venga dunque la ristampa, seppure in formato più "povero" ed essenziale, con l'aggiunta di un prezioso capitolo che rendiconta ciò che è successo a molti dei gruppi protagonisti nel nuovo secolo, molti dei quali hanno ripreso vita con lo stesso marchio di fabbrica o con nuove iniziative. E infine la discografia aggiornata.
Per chi ha amato Not Moving, Sick Rose, Party Kidz, Out Of Time, Effervescent Elephants, Avvoltoi, Sciacalli, Ugly Things ma anche Statuto, Four By Art, Peter Sellers & the Hollywood Party, Allison Run, Technicolour Dream etc e non ha in libreria la prima edizione, un acquisto fondamentale e necessario.

Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful. Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.

martedì, dicembre 16, 2025

Il Meglio del Rock Irlandese 2025

Il nostro inviato a Dublino MICHELE SAVINI rinnova il suo impegno annuale con Meglio del Rock Irlandese 2025.

Eccoci finalmente arrivati all’attesissimo appuntamento con “Il Meglio del Rock Irlandese”, la mia personale selezione delle migliori uscite discografiche dell’anno che sta per concludersi.
Un compito che si rivela ogni volta più impegnativo del previsto, data la quantità e la qualità impressionanti della musica che l’Isola di Smeraldo continua a produrre anno dopo anno: un mosaico variegato in cui nomi consolidati si affiancano a nuove voci emergenti, dando vita a un fermento creativo che sembra non conoscere sosta.
Tra i graditi ritorni di Adore e Savage Hearts, entrambi con i loro primi EP, passando per il veterano del punk irlandese Pete Holidai, fino alle conferme di Fizzy Orange e degli straordinari Number Ones, senza dimenticare le nuove scoperte come l’art-rock di Skinner o il caos sonoro dei Peer Pleasure. Nessuna classifica o ordine di importanza: la seguente lista rappresenta uno spaccato sincero di ciò che la Repubblica d’Irlanda ha saputo offrire musicalmente negli ultimi dodici mesi.
Dopo ogni recensione trovate un link al video della mia traccia preferita e alla pagina Bandcamp dell’artista per acquistare la versione fisica del disco, oltre alla consueta playlist Spotify qui di seguito: https://open.spotify.com/playlist/6ebZdJJvQkSrQsegzvLK7u

Come ogni anno, ricordate che: “Se il vostro album preferito non è incluso nella seguente selezione, probabilmente è perché non capisco un cazzo di musica” (cit.).
Buona lettura e, soprattutto, buon ascolto!
Adore – BITER
Il trio garage-punk irlandese degli Adore pubblica finalmente il suo primo EP, prodotto da Daniel Fox (Gilla Band), tramite l’etichetta inglese Big Scary Monsters (la stessa delle Lambrini Girls). BITER è un lavoro composto da sette tracce che ringhiano, sputano e si abbattono sul nostro bisogno di conformarci e sul tumulto interiore che ne deriva. Una furia che corre senza sosta, accompagnata da chitarre graffianti e da una batteria incalzante che trascinano ogni brano.
Con riff taglienti e ritmi serrati, gli Adore richiamano l’immediatezza di band come Elastica, The Breeders e Amyl and The Sniffers, fondendo il punk-pop anni ’90 e garage contemporaneo in un EP irresistibile.
“Fragile”, il pezzo d’apertura, smentisce il titolo con una batteria frenetica e una chitarra garage ruvida che, intrecciandosi, creano un impatto abrasivo e febbrile. La voce, leggermente distorta, aggiunge intensità a un brano che evoca il bisogno di cambiamento e la voglia di liberarsi da ogni costrizione. “Show Me Your Teeth” corre con impeto vertiginoso, con la voce di Lara Minchin che danza sul brano, accompagnata da un’energia contagiosa e irresistibile, proprio come in “Hello Darling”, uno degli altri momenti più riusciti dell’intero lavoro.
Una piccola brusca inversione arriva con “Papercutnight”, breve e riflessiva, dal ritmo misurato, prima di lanciarci nel caos selvaggio della traccia finale, “Sweet Keith”, in cui la voce stratificata crea una sensazione di unità deliziosa prima di esplodere a tutta potenza nel finale, con un feedback stridente perfetto per la chiusura del disco.
BITER regala un’esperienza d’ascolto esaltante, carica di irriverenza, che lo rende una delle uscite discografiche più interessanti dell’anno.
La versione in vinile include anche il singolo “Supermum”, pubblicato lo scorso anno, e lo potete trovare al seguente link:
Bandcamp : https://adore4.bandcamp.com/album/biter

Adore – Fragile : https://www.youtube.com/watch?v=Dx6Hv5Dpu3Y&list=RDDx6Hv5Dpu3Y&start_radio=1

The Savage Hearts – Radio Silence
Nome già noto ai lettori di questo blog, i Savage Hearts, provenienti dalla piccola cittadina di Cavan, sono il nuovo progetto dell’ex batterista dei The Strypes, Evan Walsh, e senza dubbio la mia band preferita del momento. Evan, tornato dietro la batteria, è accompagnato da Darragh Muldoon (voce e chitarra), Stef Byrne (basso) e Eugenio Continasi, polistrumentista friulano trapiantato a Cavan, che aggiunge sax, trombone, tastiere ed effetti speciali vari.
Fresco di pubblicazione, il loro primo EP “Radio Silence” è una miscela esplosiva di garage, blues e rock’n’roll, animata da lampi di soul dal chiaro stampo Stax e da liriche introspettive che aggiungono un tocco di enigmatica psichedelia.
La traccia d’apertura, che dà il titolo all’EP, è il miglior biglietto da visita: “Radio Silence” fonde l’energia cruda del garage e del proto-punk anni ’60, sulle orme di Sonics, Captain Beefheart e i Deviants, con ritmi e atmosfere ispirati al cow-punk degli anni ’80/’90, impreziosita dai fiati che le conferiscono un groove irresistibile.
“This Time Tomorrow” si muove su trame sonore che mescolano l’energia grezza dei primi Dexys Midnight Runners, il groove R&B dei The Spencer Davis Group e vibranti influenze rock’n’roll, il tutto arricchito da un sottile strato di Memphis soul: un pezzo che cattura subito grazie alla ritmica e al sax pulsante.
Ruvido ed esplosivo anche il lato B, con la travolgente “Dead Man's Lottery”, un vorticoso brano garage rock guidato da una chitarra febbrile, perfetto per sfrecciare attraverso il deserto di Joshua Tree in sella a un chopper, con i capelli al vento (per chi conserva ancora il privilegio di averne qualcuno), e “20 Million Miles to Earth”, una scarica di pura potenza in cui è impossibile capire cosa travolga di più: il basso che ribolle, la chitarra che incendia l’aria o la batteria di Evan, che fa da collante a 4 minuti e 34 secondi di brutale adrenalina. I The Savage Hearts sono la band di cui non sapevate di avere bisogno, ma dopo l’ascolto di questo EP non potrete più farne a meno.
La versione fisica del disco pubblicata dall’etichetta indipendente Blowtorch Record lo trovate al seguente link: https://blowtorchrecords.bandcamp.com/album/radio-silence
The Savage Hearts – Radio Silence VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=FbeLckcL5Po
Kneecap – The Recap / Sayōnara / No Comment
Se qualcuno pensava che le vicende giudiziarie potessero tenere lontani i Kneecap dallo studio di registrazione e impedirgli di fare ciò che sanno fare meglio, ovvero macinare beat e provocazioni, si sbagliava di grosso. L’irriverente trio rap di Belfast, vero e proprio manifesto di resistenza culturale e sulla bocca di tutti negli ultimi mesi per via dei vari processi giudiziari, pubblica tre singoli, un 33 e un 45 giri, in cui si immergono musicalmente in sonorità Dance e Rave, mantenendo però intatto il loro marchio di fabbrica, fatto di hip hop tagliente e provocatorio.
Frutto della produzione con il produttore britannico Mozey, “THE RECAP” è una furiosa esplosione sonora, con un drum & bass pesante e frenetico unito a elementi di post punk, dove il trio di Belfast “dissa” neanche troppo velatamente Kemi Badenoch, la politica conservatrice che lo scorso anno aveva tentato di bloccare i fondi destinati alla band (smentita poi in tribunale). Si passa da un “Non sei la Iron Lady … Maggie dorme ancora nella sua tomba” ad un più diretto “Belfast e Derry gridano: FUCK BADENOCH”, il tutto accompagnato e reso potentissimo dalla furia beat che sostiene ogni sillaba. Sul lato B del disco troviamo un altro assalto sonoro devastante: “Sayōnara”, in cui i tre rapper si avvalgono della collaborazione di Paul Hartnoll, del leggendario duo degli Orbital, pionieri della musica elettronica anni ’90, che regalano ai rapper un beat ipnotico accompagnato da synth avvolgenti, capace di trascinare l’ascoltatore nel cuore pulsante di un rave.
Bellissimo anche il video, diretto da Finn Keenan e interpretato dall’attrice nordirlandese Jamie-Lee O'Donnell, che molti di voi ricorderanno nei panni di Michelle Mallon nella serie Derry Girls.
Ultimo dei brani ad essere pubblicato quest’anno, il singolo “No Comment” affronta le recenti accuse di terrorismo mosse dal governo britannico contro Mo Chara (caso successivamente archiviato lo scorso settembre) e presenta una copertina firmata da Banksy.
La cover riprende l’opera “Royal Courts Of Justice”, un murale realizzato sulla facciata esterna del tribunale di Londra e successivamente coperto, che raffigura un giudice mentre aggredisce violentemente un manifestante. Banksy non è solito concedere l’utilizzo delle sue opere tanto facilmente, e l’autorizzazione per la copertina dei Kneecap è quindi un caso più unico che raro.
I più informati sapranno che il writer di Bristol si avvale di un team legale chiamato Pest Control (composto non solo da avvocati, ma anche da galleristi, curatori e dealer d’arte), che funge da servizio ufficiale di autenticazione delle sue opere e si assicura che esse non siano utilizzate senza il suo consenso.
La frenetica canzone di due minuti è prodotta dal britannico Sub Focus, alias Nicolaas Douwma, che in passato ha lavorato con Prodigy, Dizzee Rascal e Deadmau5 ed è noto per il suo suono dominato dai bassi pesanti, elemento che si conferma anche in questa traccia.BR> “No Comment parla essenzialmente dell’essere perseguitati dallo Stato britannico. Semplice”, ha spiegato il trio hip-hop di Belfast. “Noi irlandesi ci siamo abituati, succede da secoli.”
Il ritornello della canzone, in cui Mo Chara viene definito un “air bubble bandit” (il bandito della bolla d’aria), racchiude perfettamente questo concetto, con l’ironia e la provocazione che contraddistingue i Kneecap.
Dimenticate la nostalgica estate Britpop che ha travolto mezzo mondo: a Belfast il suono che pulsa nella testa dei giovani è sì quello degli anni ’90, ma proviene dalla scena rave di Prodigy, Orbital e Faithless, di cui i Kneecap sembrano essere i naturali successori.
Lunga vita ai banditi della bolla d’aria.
Kneecap and Paul Hartnoll – Sayōnara VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=fLt03BAQG0M&list=RDfLt03BAQG0M&start_radio=1
Skinner – New Wave Vaudeville
Skinner è il progetto del polistrumentista, cantante e produttore di Dublino Aaron Corcoran, ispirato dalla scena no-wave di New York tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Nel suo album di debutto, “New Wave Vaudeville”, Corcoran attinge a influenze di artisti come The B-52s, The Rapture e persino i Pixies, rivisitandole in una personale e originalissima chiave art-rock tutta irlandese.
Il titolo dell’album fa riferimento alla serata “New Wave Vaudeville”, uno degli eventi simbolo del Club 57, storico spazio artistico situato nel cuore del Lower East Side di New York, attivo nel decennio a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Il club era noto per la sua atmosfera sperimentale e alternativa, un luogo dove artisti e performer creavano spettacoli eccentrici che univano new wave, teatro d’avanguardia e cabaret. Era una reazione alla commercializzazione della new wave e tra i frequentatori abituali c’erano il pittore Jean-Michel Basquiat e il graffitista Keith Haring, al quale la copertina dell’album rende un esplicito omaggio.
Così come il Club 57 mescolava performance, musica e arte in maniera tanto imprevedibile quanto ironica, anche l’album di Skinner incarna questo spirito: liriche argute e surreali si intrecciano a sonorità abrasive e sperimentali, creando un’esperienza musicale vivace, originale e sorprendente.
La title track “New Wave Vaudeville” è un mix graffiante di punk, funk e free jazz che rimanda ai A Certain Ratio e ai The Contortions di James Chance, sassofonista e principale protagonista della scena no wave newyorkese. Il testo, attraverso comparazioni volutamente iperboliche, mette in scena un’identità in perenne trasformazione: “It’s newer than new / And it’s your-er than you / It’s now-er than now / And it’s wower than wow” («È più nuovo del nuovo / E più tuo di te / È più adesso dell’adesso / E più stupendo dello stupendo.»). Ottime anche “Caling In Sick”, che combina un basso grintoso e una batteria serrata che conferiscono al brano un’energia cruda, il travolgente Funk/Disco di “Geek Love” e il bellissimo Sax che accompangna “Jesus Wore Drag”. Un disco sorprendente per energia e creatività, divertentissimo da inizio a fine che merita un ascolto.

Lo trovate qui:
https://irishmusicmarket.com/products/skinner-new-wave-vaudeville-limited-edition-ecomix-vinyl-pre-order
Skinner – New Wave Vaudeville VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=36FcngHrrNw&list=RD36FcngHrrNw&start_radio=1

The Number Ones – Sorry
Dopo circa 7 anni di assenza, torna la formidabile band di Dublino dei Number Ones, con due tracce che dimostrano esattamente come dovrebbe essere fatto il power pop. Il nuovo singolo "Sorry", il primo con il nuovo bassista Pete O'Hanlon (The Strypes), si colloca a metà strada tra The Undertones e i Buzzcocks, e credetemi, va benissimo così: è proprio quello che ti aspetti da una band come loro.
Brano di due minuti, veloce e nervoso, ricco di ritornelli accattivanti che evocano l’iconico sound della Good Vibrations Records di Terry Hooley.
Anche il lato B non è da meno, con “Blind Spot” che combina melodie beatlesiane a un organo che richiama il sound dei ’60s, il tutto mescolato a un power pop energico e frizzante. Due brani immediati e vivaci che confermano il talento dei Number Ones nel fondere nostalgia e modernità, scrivendo canzoni semplici eppure dannatamente perfette. Un 45 giri che merita un posto nella vostra collezione.
Pubblicato dall’etichetta londinese Static Shock Records, lo trovate al seguente link:
The Number Ones Bandcamp:
https://thenumberones.bandcamp.com/album/sorry
The Number Ones – Sorry VIDEO :
https://www.youtube.com/watch?v=ZhpsxacuZTs&list=RDZhpsxacuZTs&start_radio=1
Pete Holidai - Electric Jukebox Volume One
È davvero strano come i Radiators From Space vengano raramente menzionati quando si parla di punk. Prima band punk irlandese di sempre, nata a Dublino nella seconda metà degli anni ’70 e autentica precursora del genere.
Due album con la Chiswick Records (TV Tube Heart del 1977 e Ghostown del 1979, il secondo prodotto da Tony Visconti) prima di un prematuro scioglimento.
Quasi mezzo secolo dopo, Pete Holidai, chitarrista e membro fondatore della Radiators, è ancora qui, in prima linea, con la stessa attitudine che aveva da vent’enne. Ha mantenuto vivo lo spirito del punk con i Trouble Pillgriim, formazione che nasce dall’eredità dei Radiators e ora presenta finalmente il suo album solista, Electric Jukebox Volume One, una raccolta di 10 brani dove la grinta irriverente del punk incontra la spavalderia del glam. Holidai propone composizioni originali accompagnato da un cast di musicisti straordinari: Raymond Meade (OCS), John Perry (The Only Ones), Paul McLoone (The Undertones), Tony St Ledger (Trouble Pilgrims), Jason Douglas (The Rebel Souls), Ger Eaton e The Queen Bees. Registrato nel suo studio “Pilgrim Sound”, Electric Jukebox non è solo un omaggio nostalgico alla sua carriera, ma un audace passo avanti, a testimonianza del suo genio creativo.
Tracce come “On The Juke Box In The Corner” e “A New Revolution” brillano di un’energia contagiosa, con ritmi pulsanti e scintillanti tocchi di glam-rock che fanno l’occhiolino ai T. Rex di Marc Bolan e ai New York Dolls. A questo si aggiungono le dinamiche doo-wop di “Midnight Angel”, lo straordinario sax e l’atmosfera sospesa tra glam, dub e psichedelia di “Daydream Girl” e pezzi come “Sick & Tired of the Internet” e “Glam Rocker Punk Shocker”, esplosioni di punk puro e senza fronzoli: veloci, essenziali e travolgenti.
Per gli appassionati di punk irlandese, questo album è un must.
Fatevi un favore: prendete una copia, alzate il volume e supportate uno dei tesori musicali dell’Irlanda.
La versione in vinile la trovate qui:
https://peteholidai.bandcamp.com/album/electric-jukebox-volume-one
Pete Holidai – On The Jukebox In The Corner VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=QXqmYZCMJ3Y&list=OLAK5uy_me9wIGlqNxnbvdn39-rIL8CwrfcxsFQt4

Peer Pleasure – Work Allergic
Caotico esordio per i Peer Pleasure, il settetto garage di Dublino che pubblica il suo primo EP per l’etichetta irlandese Fuzzed Up & Astromoon Records.
Le 5 tracce che compongono “Work Allergic” fondono elementi di garage rock, punk e influenze psichedeliche, creando un suono potente e stratificato grazie a una sezione ritmica trascinante e dinamici assoli di chitarra.
Il sound trae ispirazione da una varietà di generi, con influenze che spaziano dal proto-punk di Stooges e MC5 fino alla neo-psichedelia contemporanea di Thee Oh Sees e i King Gizzard & the Lizard Wizard di I’m In Your Mind Fuzz. Tracce come Weed Addict, Rest in Bits o Take it offrono un concentrato puro dell'identità dei Peer Pleasure, una sorta di manifesto sonoro della band che, esattamente come le loro esibizioni dal vivo, trascina l’ascoltatore in un’esperienza intensa e distorta, creando un caos primordiale che si spegne solo quando le luci si alzano e la sala è satura di sudore e completamente intontita.
Irruente e selvaggio, Work Allergic è un concentrato di energia e attitudine da ascoltare senza sosta.
La versione fisica la potete acquistare al seguente link: https://fuzzedupastromoonrecords.bandcamp.com/album/work-allergic
Peer Pleasure – Weed Addict VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=o2dKnz0HQ7A&list=RDo2dKnz0HQ7A&start_radio=1

Fizzy Orange – Old Ones
Primo album per la frizzante soul band di Dublino, dopo lo straordinario EP di debutto “Fizzy Orange in Mono” dello scorso anno.
“Old Ones” rappresenta un passo in avanti rispetto al precedente lavoro: la band ha avuto tempo per consolidare il proprio stile, sperimentare melodie più complesse e raffinare la produzione dando vita ad un lavoro che suona in realtà come qualcosa di completamente nuovo rispetto a quanto già pubblicato in passato. Si certo, ci sono le stesse vibrazioni che i 6 ragazzi di Dublino sono soliti creare nelle loro registrazione tanto come nei loro live, un amalgama analogica di rock & roll e rocksteady con esuberanti folate di soul, ma risulta intriso di una particolare originalità.
L’album si apre con “Do You Still Love Me?”, un brano costruito su una solida base blues che richiama il groove energico di Hi Heel Sneaker, arricchito da un organo saltellante e tocchi di soul jazz. “Good Morning Farmer”, con il suo cantato a cappella, suona come un vero e proprio inno alla campagna irlandese e alla vita dei suoi instancabili lavoratori, risultando uno dei momenti più alti dell’intero disco, insieme a “Old Dog” e “Bus to Jersey”, due tracce gioiose in cui la band conferma quello che sa fare meglio: creare melodie pop accattivanti unite da un equilibrio impeccabile tra passato e presente. Nel mezzo, le squillanti chitarre di “Fourstep” e la sperimentale “Seabed”, che fonde suoni e rumori con un organo capace di evocare le atmosfere psichedeliche anni ’60 della East Coast californiana. “Smoke Only Rises (Not Without Fire)” chiude l’album con un funk d’impronta ’70s, accompagnato da un cantato che richiama lo stile di Kevin Parker dei Tame Impala.
Old Ones è un album vivace e sorprendente, che conferma la crescente maturità creativa di una delle realtà più interessanti della scena musicale irlandese.
Fizzy Orange – Old Dog VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=VcEVE6eU8Vk&list=RDVcEVE6eU8Vk&start_radio=1

The Incredible Al Richardson – Man Made / Crossing
Il cantautore di Dublino Al Richardson, conosciuto sul palco come “The Incredible Al Richardson”, attinge a influenze musicali che spaziano dai classici mod al rock britannico dei ‘60s, fino ai timbri di chitarra tipici delle band degli anni ’90 come Oasis, The Verve e Cast.
Richardson propone due bellissime ballate dal gusto retrò, che fondono in un unico abbraccio il meglio del cantautorato anglosassone con raffinate tessiture sonore folk.
Il singolo “Man Made”, impreziosito dalla straordinaria partecipazione di Steve Cradock degli Ocean Colour Scene alla chitarra, trae ispirazione dai drammatici eventi in Siria e Palestina.
È una splendida ballata, dai toni nostalgici, che unisce in un unico respiro l’eleganza di Paul Weller e l’intensità di Bob Dylan e Neil Young. “Crossing” mantiene le stesse vibrazioni, arricchite da un organo che accompagna il cantato avvolgente di Richardson, conferendo al brano una tonalità soul morbida e invitante.
Con una rinnovata scintilla creativa e una serie di brani già registrati, che speriamo possano vedere la luce al più presto, Richardson torna sulla scena musicale, confermandosi senza dubbio uno dei profili più notevoli della scena irlandese contemporanea.
The Incredible Al Richardson – Man Made VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=ZCkTlqxvac0&list=RDZCkTlqxvac0&start_radio=1

Guernica – Auditorium
Inserire un disco registrato più di 40 anni fa nella lista delle migliori uscite del 2025 è inevitabilmente paradossale e quasi contraddittorio. Ma la storia dietro Auditorium, il “lost album” dei Guernica, gruppo indie di Dublino attivo nella prima metà degli anni ’80, nasconde retroscena suggestivi e un fascino che attraversa decenni, riportando alla luce una delle band irlandesi più promettenti del periodo.
Scioltisi nel 1989 dopo aver pubblicato solo qualche singolo, i Guernica avevano lasciato nel cassetto il resto delle loro registrazioni, dove sembrava dovessero rimanere per sempre.
Poi, qualche anno fa, un incontro inaspettato tra l’ex cantante Joe Rooney e il figlio di uno degli altri membri della band, ha riacceso la scintilla: da quel momento è nato Auditorium, il lost album che finalmente vede la luce, quarant’anni dopo la sua registrazione. Joe Rooney, dopo aver abbandonato la carriera musicale, ha trovato successo come comico e attore, interpretando una piccola ma memorabile parte (quella di Father Damo, il sacerdote “ribelle”) nella nota sitcom irlandese Father Ted, popolarissima negli anni ’90. Decenni dopo, nel backstage di un festival in cui si esibiva, incontra Dave, il figlio dell’ex batterista dei Guernica scomparso qualche anno prima, al quale chiede il via libera per motivi di copyright, così da poter finalmente riportare alla luce le canzoni della band. Dave, che come il padre suona la batteria, rimane entusiasta dell’idea e insieme iniziano a collaborare per riesumare le tracce perdute del gruppo.
Il risultato è un doppio disco di 22 canzoni che ricalca il sound di band come New Order o Echo and The Bunnymen, un amalgama di synth-pop, new wave e post-punk a cui si aggiungono sfumature di Rockabilly e Jangle pop e dove melodie dolcemente malinconiche e una sezione ritmica potente guidata dal basso e dalla batteria rievoca quelle sonorità indie pop tipiche degli anni 80. Ne sono esempio “Orange And Red", "Deep Sea Diving", "Humming Of The Engine" o “Americano”, brani in cui lo stile della band emerge in tutta la sua essenza.
Auditorium, oltre che la storia di una palese omissione nel catalogo della scena musicale indie irlandese degli anni ’80, è soprattutto un lavoro straordinariamente vitale e coerente, un album che unisce eleganza elettronica, melodie pop luminose e un sottile senso di nostalgia, un gioiello sonoro che resiste al tempo, sorprendentemente fresco nonostante i decenni di attesa.

Guernica – Americano VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=mhgRIvYiByY&list=OLAK5uy_lDk7M79szbm0nQBbfbTlaCPiHGjt9PG_s&index=9
Guernica – Auditorium Bandcamp:
https://rotatorvinyl.bandcamp.com/album/guernica-auditorium
Lankum – Ghost Town
Tornano i Lankum, maestri della drone music e del folk sperimentale e questa volta presentano una sorprendente e sbalorditiva cover di Ghost Town, classico degli Special. La loro interpretazione stravolge completamente il brano, convertendo le sonorità ska in una tempesta di atmosfere cupe e spettrali, trasformando la canzone in qualcosa di insolito e incredibilmente affascinante.
Così come gli Specials fotografavano la Gran Bretagna in crisi dei primi anni ’80, un paese segnato da degrado urbano, locali chiusi, disoccupazione giovanile e tensioni raziali, l’interpretazione dei Lankum richiama l’Irlanda di oggi, con le sue difficoltà economiche, la frustrazione della classe operaia, la crisi abitativa e un diffuso smarrimento sociale, rendendo il parallelo pienamente attuale.
L’inizio è lento e cupo, cosparso di rumori ovattati e archi dissonanti, che ne alimentano la crescente tensione, e trascinano l’ascoltatore verso il lato più oscuro del suono dei Lankum.
Strisciante e sinistra, come un rituale funebre dai contorni apocalittici, la traccia risulta al tempo stesso inquietante e ipnotica, per poi aprirsi in un finale sorprendente, dominato da sintetizzatori e drum machine che ampliano l’orizzonte sonoro verso una dimensione più luminosa e liberatoria.
Suggestivo anche il video, un filmato di otto minuti girato nella contea di Wicklow dalla regista irlandese Leonn Ward, che accompagna la reinterpretazione dronale e atmosferica del brano.

Lankum – Ghost Town VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=aLLnF4vxaeY&list=RDaLLnF4vxaeY&start_radio=1

Il vinile in edizione limitata lo trovate al seguente link:
https://lankum.bandcamp.com/album/ghost-town
Madra Salach – Blue & Gold
I Madra Salach (che in gaelico significa Dirty Dog) sono una delle più interessanti nuove proposte dell’anno, una band capace di combinare il folk irlandese tradizionale con influenze punk, offrendo un approccio contemporaneo e conquistando i fan grazie alle loro energiche performance dal vivo. Il loro stile ricorda Lankum e The Pogues, ma con un’intensità unica.
“Blue & Gold”, una delle tracce pubblicate quest’anno che anticipa il loro attesissimo primo EP, previsto per gennaio 2026, è un brano che fonde radici folk irlandesi con influenze sperimentali, aprendosi con drone di harmonium e mandolini che si intrecciano fino a esplodere in una combinazione di percussioni energiche e melodie ipnotiche.
La band, che incorpora membri dei Fizzy Orange, è senza dubbio un nome da tenere d’occhio nel panorama musicale irlandese.

Madra Salach – Blue & Gold VIDEO : https://www.youtube.com/watch?v=3nGJxPMwg_Y&list=RD3nGJxPMwg_Y&start_radio=1

L’EP autoprodotto, lo potete preordinare qui:
https://madrasalach.store/collections/music
Organ Freeman – Busywork
In un paese come l’Irlanda, dove le radici sonore affondano nel folk e nella musica tradizionale, trovare un album jazz di questa qualità è come imbattersi nella leggendaria pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. E questa pentola d’oro ce la dona il trio degli Organ Freeman con il suo disco d’esordio, Busywork.
Con un nome super cool e formati dal chitarrista e cantante Charlie Moon, dall’organista Darragh Hennessy e dal batterista Dominic Mullan, gli Organ Freeman animano regolarmente le sessioni di jazz al The Big Romance, un locale nel cuore di Dublino.
Per il loro album di debutto, il trio accoglie il leggendario sassofonista tenore Michael Buckley, considerato da molti il musicista più importante e influente della scena jazz irlandese. Buckley che ha collaborato e suonato con tantissimi nomi di rilievo del jazz internazionale, tra cui George Coleman, in questo album porta anche la sua esperienza dietro le quinte, curando registrazione, mixaggio e mastering dell’album.
Equamente diviso tra brani originali e cover, “Busywork” si ispira all’era d’oro dei trii di organ-jazz degli anni ’50 e ’60, quel soul-jazz irresistibile e contagioso, e vi intreccia l’eleganza creativa di Buckley che, spaziando con naturalezza tra blues, swing e funk, dona al risultato un incredibile tocco di “coolness”.
L’organo di Hennessy, chiaramente ispirato a Jimmy Smith, è presente dall’inizio alla fine dell’album e dà il meglio di sé in tracce come “Christo Redentor” di Duke Pearson o nell’assolo di “Hipsippy Blues” di Hank Mobley. Il cantato di Moon in “Guess I’ll Hang My Tears Out to Dry” e “Make Someone Happy”, classici scritti da Jule Styne e interpretati da molti dei più grandi cantanti jazz dell’epoca, richiama da vicino le celebri versioni di Chet Baker, calde, delicate e malinconiche.
Il sax di Buckley si distingue nelle atmosfere funk di “Moonlight Dames”, nel blues di “Skirts and Kidneys” e nella splendida ballata scritta da Moon, “Here’s To The Rest”.
Con un jazz raffinato e avvolgente, Busywork dimostra ancora una volta perché “l’Organ-sound” non perde mai il suo fascino.

Organ Freeman - Hipsippy Blues VIDEO :
https://www.youtube.com/watch?v=xaIFxqFxZus&list=RDxaIFxqFxZus&start_radio=1
Organ Freeman Bandcamp:
https://charliemooneymusic.bandcamp.com/album/busywork
Music City - Only Home for Christmas
Music City è il progetto solista di Conor Lumsden, musicista irlandese (originario di Dublino e basato a Londra), noto anche per il suo ruolo nei The Number Ones.
Con un primo album solista in arrivo il prossimo anno, Conor ci delizia con “Only Home For Christmas”, un gustoso singolo natalizio dal sapore jangle-pop, che richiama tutta la nostalgia degli immigrati irlandesi lontani da casa. Il brano, pubblicato in una simpatica versione flexi disc rossa che potete anche appendere al vostro albero, è un raffinato mix tra Paul McCartney, i Beach Boys, il jangle-pop d’autore, un riff di chitarra dal sapore George Harrison e un tocco di Phil Spector a legare il tutto, rendendolo una traccia immancabile per la vostra playlist natalizia.
Music City - Only Home for Christmas VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=2oO9cOuGTPA&list=RD2oO9cOuGTPA&start_radio=1
Music City bandcamp:
https://welcometomusiccity.bandcamp.com/album/only-home-for-christmas

lunedì, dicembre 15, 2025

Reggae e dintorni. Il meglio del 2025

Essendo poco competente in materia, ho di nuovo chiesto a un luminare dell'ambito, PIER TOSI (che conduce Radio Soul Shakedown Party su Radio Città Fujiko 103.1 fm, in onda dal 1992 - ascoltabile anche in podcast), un elenco di album reggae e affini che vale la pena ascoltare, usciti in questo 2025.

Gaudi – Jazz Gone Dub
L'eclettico ed assai prolifico artista italiano che vive da tanti anni a Londra realizza un capolavoro assoluto fondendo l'attitudine del dub reggae con il jazz che tra l'altro fu un'influenza fondamentale nella genesi del suono giamaicano. Un disco raffinatissimo ma con il groove del grande reggae!

Chronixx – Exile
Dopo essere sparito dalla scena reggae ed essere riemerso come membro effettivo degli inglesi Sault, Chronixx ritorna con un lungo ed assai vario album che fa proprio produrre a Inflo, suo collega nella innovativa band inglese. Il suono va al passato ed è incisivo ed essenziale e questo ancor giovane artista colpisce con la sua vena molto soul e le citazioni della classicità della musica giamaicana.

Yeza – Star Of The East
Una ruspante e genuina nuova voce femminile giamaicana scoperta da Rory Gilligan di Stone Love. Yeza ha una grinta non comune, è in bilico tra deejay style giamaicano, cantato e rimato hip hop e questo lavoro brilla assolutamente per energia e consistenza ed è una novità in sintonia con la tradizione.

Cimarons – Harder Than The Rock
Cimarons è la prima band reggae europea fondata da figli di immigrati giamaicani a Londra nel 1967. Sono tornati gloriosamente sulle scene quasi in contemporanea all'uscita di uno struggente documentario a loro dedicato dallo stesso titolo di questo disco. In 'Harder Than The Rock', insieme al geniale produttore spagnolo Roberto Sanchez uniscono nuove versioni di loro cavalli di battaglia a bellissimi brani nuovi.

Nat Birchall – Liberated Sounds
Questo brillantissimo sassofonista jazz inglese è innamorato del suono giamaicano delle origini a cui paga spesso tributo nei suoi lavori. In 'Liberated Sounds' troviamo il suono del jazz giamaicano degli anni sessanta che si univa alle vibrazioni mistiche delle percussioni Rasta. Non si tratta affatto di una sterile rivisitazione ma di un sentito tributo ad una vitale tradizione.

Lutan Fyah – Strength & Resilience
Ispirato inizialmente da personaggi come Sizzla e Capleton, il giamaicano Lutan Fyah ha trovato nel corso della sua lunga carriera una sua vena originale grazie alla sua voce ricca di toni. Il collettivo Zion I Kings garantisce un perfetto contrappunto sonoro alle belle composizioni di questo bell'album.

Keznamdi – Blxxd & Fire
Qui siamo nella Giamaica contemporanea in cui una recente generazione di artisti ha cercato di mediare tra l'importante patrimonio stilistico del roots reggae e la grande influenza stilistica e culturale dell'hip hop e dei suoni urban statunitensi. Nel suo lavoro più ambizioso fino a questo momento Keznamdi ci riesce in modo impeccabile.

Irie Souljah – World Citizen
Dopo le esperienze di Gentleman ed Alborosie sono svariati gli artisti europei che si sono stabiliti in Giamaica per catturare le giuste vibrazioni e realizzare una connessione con la scena locale. Irie Souljah è barcellonese, risiede da parecchi anni a Kingston ed ha sfornato un bellissimo disco ribadendo di essere una voce importante del panorama reggae globale.

Hollie Cook – Shy Girl
Hollie Cook è figlia del batterista dei Sex Pistols Paul Cook e di Jeni, cantante di origini caraibiche che fu corista dei Culture Club. In questo suo quinto album porta ad ulteriore maturazione una sua idea di reggae romantico ed elegante sicuramente imparentato con i suoni dell'UK reggae e del 'lovers rock' degli anni settanta.

De Strangers/Galas – Timeless Bond
I milanesi De Strangers sono uno dei gruppi interessanti dell'ultima ondata reggae italiana e collaborano da sempre con Galas, cantante italiano di origine senegalese che si è messo in luce nella scena europea dei sound systems. Questa loro collaborazione è un vibrante roots album con buon livello compositivo ed ottimi suoni.

Roberto Sanchez – Singers & Players
'Singers & Players' è un album che attualizza l'attitudine del roots reggae del periodo d'oro del reggae giamaicano. Lo spagnolo Roberto Sanchez è un depositario europeo di questa tradizione e stupisce ogni anno per la sua passione e prolificità. Qui utilizza brani strumentali dei due albums del super-gruppo spagnolo Message di cui fa parte per mettere in scena nove sue grandi composizioni che canta con la sua bella voce.

Soothsayers – Fly Higher
Tra reggae, jazz ed afrobeat i Soothsayers di Rob Hopcraft e Idris Rahman sono una realtà londinese che meriterebbero maggiore visibilità. 'Fly Higher' è l'ennesimo tassello della loro discografia contraddistinta da una grande disinvoltura stilistica, un grande interplay e una grande cura negli arrangiamenti vocali.

Quattro ristampe:

In Crowd – Natural Rock 'n' Reggae
Questo cofanetto triplo riporta quasi l'opera omnia degli In Crowd, band giamaicana diretta dal batterista/chitarrista Phil Callender. Sulla scia di altre importanti esperienze come Third World ed Inner Circle, In Crowd hanno sempre proposto un reggae molto ben fatto ed assai influenzato dal soul, si sono tolti parecchie soddisfazioni ed andrebbero sicuramente riascoltati.

Augustus Pablo - King Tubbys Meets Rockers At 5 Cardiff Crescent Washington Garden Kingston
La francese Only Roots propone tredici tracce inedite dal noto catalogo del leggendario tastierista e produttore Augustus Pablo, mixate dal pioniere del dub King Tubby. Il livello è ovviamente molto alto e questo disco appassiona sia i fanatici di Pablo che chi è approdato da poco tempo alle gioie del suono giamaicano classico che però dovrebbe senz'altro procurarsi anche i capisaldi della discografia di questo artista.

Various Artists -Tappa Records Showcase
Famoso anche per la sua amicizia con Patti Smith, Tappa Zukie non è stato solo un toaster ma anche un brillante produttore. Questa compilation realizzata dalla romana Real Rock propone varie chicche di digital reggae del suo catalogo da personaggi come Max Romeo, Yami Bolo, Johnny Clarke tra gli altri.

Jackie Mittoo – Reggae Magic
Tra i tanti geni musicali che la Giamaica ha dato al mondo spicca la stella di Jackie Mittoo, pianista ed organista che ha avuto una stagione straordinaria a Studio One, la madre di tutte le etichette reggae giamaicane. La inglese Soul Jazz propone una abbuffata di strumentali Studio One con Jackie che fa del suo meglio per emulare i suoni statunitensi di Motown e Stax. In una parola, Cruciale!
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