domenica, marzo 31, 2013
La storia dei NOT MOVING: secondo semestre 1984
Nelle foto:
in pausa con Johnny Thunders, un paio di concerti e foto in camerino.
Il 1984 prosegue tra alti e bassi.
La consapevolezza di aver raggiunto un livello tecnico e artistico comunque alto, la qualità dei brani sempre migliore, unita ad una personalità creativa sempre più definita ed originale, ci fa scalpitare e ringhiare di rabbia di fronte alla mancata uscita del mini LP “Land of Nothing” che la TNT ci aveva fatto registrare (pagando lo studio…), aveva promosso in anteprima sulle riviste (molte delle quali avevano già recensito con ampie lodi), per il quale avevamo stampato i manifesti con la copertina e che non ne voleva sapere di stampare.
Il che comportò anche il rimandare eventuali concerti promozionali (che pure ci venivano richiesti) in occasione dell’uscita.
Alla fine ci limitiamo a qualche uscita a Piacenza e a Pisa al “Victor Charlie”, riuscendo però ad infilare un mitico (seppur breve) tour italiano con JOHNNY THUNDERS.
Il 19 novembre al “Big” di Torino, il 20 al Palazzetto di Due Ville (VI), il 21 al “Manila” di Firenze. Date non affollatissime (2/300 persone) ma decisamente “calde” in cui talvolta rubiamo (un po’ a malincuore, soprattutto a Vicenza dove il nostro , particolarmente sbarellato, se ne esce, dopo mezzora di concerto a dir poco approssimativo, un po’ mogio, tra i fischi) la scena ad un Johnny in scarsa forma, spesso stonato, fuori tempo, spompato.
Johnny con noi è gentile, disponibile, affabile, quieto, arrendevole, soprattutto per chi si attendeva il punk rocker spietato e cattivo.
Ma fisicamente è provato, spesso assente e per quanto apparentemente “pulito” non rinuncia in un paio di occasioni al “vecchio vizio”.
Si beve e si scherza con lui ma soprattutto con la band di giamaicani costantemente fumati e allegri.
Non dimenticando a fine agosto uno “speciale” sulla band a cura del regista Carlo Di Carlo per RAI 3 registrato a Bologna tra una discarica e una demolizione auto con quattro brani del nuovo mini LP trasformati in video, spartani ed essenziali ma molto efficaci e soprattutto tra i rari esempi all’epoca.
Purtroppo andati persi e mai più rintracciati.
Alla fine dell’anno, delusi, stanchi e irritati dal comportamento della TNT abbandoniamo etichetta (?) e management per affidarci a “uno di noi”, Fabio “Picchio” Ragionieri, un vulcanico toscano, innamorato dei Birthday Party (che aveva portato in Italia ancora da perfetti sconosciuti), ex voce della band hardcore Stazione Suicida ed ora con un progetto a duo chiamato The Sect che incrocia Nick Cave e Suicide (e che aprirà spesso i nostri concerti).
Fabio si getta e ci getta nella mischia, incominciando a battere a tappeto ogni angolo d’Italia per farci suonare...e il 1985 gli darà ragione proiettandoci in un vortice di concerti e facendoci diventare professionisti !
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La storia dei Not Moving
sabato, marzo 30, 2013
Get Back. Dischi da (ri)scoprire.
PRINCE - Around the World in a Day
Settimo album di Prince, uscito nel 1985, esplora i meandri della psichedelia beatlesiana alla "Magical Mistery Tour" (vedi la classica ballad "Rasperry Beret") non disdegnando poderose immersioni in infuocati deep funk ("America") in cui brilla il drumming di Bobby Z ma soprattutto il potentissimo basso di Brown Mark che ritroveremo a fianco di Stevie Wonder, Sting e Steve Ray Vaughn.
L'album esce dopo il successo planetario di "Purple rain" e prosegue il periodo d'oro (sia a livello creativo che commerciale) di Prince che culminerà con il complesso "Sign o the Times" e "Lovesexy".
HINDU LOVE GODS - Hindu love gods
All'indomani dell'incisione dell'album Sentimental Hygiene del 1987 di Warren Zevon, lo stesso cantautore e tre dei REM, Bill Berry, Peter Buck e Mike Mills che avevano partecipato alla realizzazione proseguirono in studio dedicando una giornata (a quanto pare alcolica) ad incidere una serie di cover più o meno conosciute.
Tre anni dopo questa session venne pubblicata, rivelando un buon album di ruvido rock blues che spazia da una bella e riuscita cover di Prince, "Raspberry beret" a una stupenda di Woody Guthrie, "Vigilante man" attraverso omaggi a Robert Johnson, Bo Diddley e Willie Dixon tra gli altri.
Divertente e ancora valido.
RAINY DAY - Rainy day
Una all star band del movimento Paisley Underground con membri di Rain Parade, Bangles, Three O' Clock, Dream Syndicate alle prese con una serie di cover di Dylan, Hendrix , Who, Velvet Underground, Beach Boys, Buffalo Springfield, Big Star.
Interessante nelle intenzioni, molto scarso il risultato finale, fatto di sessions un po' stonate e versioni spesso approssimative e poco riuscite.
Rimane un valido documento di un'epoca.
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Get Back
Addio a Enzo Jannacci
Addio a ENZO JANNACCI, cantautore e poeta, tra i primi a portare, in coppia con Giorgio Gaber, il ROCK N ROLL IN ITALIA dopo aver militato con i Rocky Mountains e i Rock Boys.
Poi una lunga e fortunata carriera come cantautore, cabarettista, attore, cardiologo.
venerdì, marzo 29, 2013
Marzo 2013. Il meglio
Tra i primi nomi che potrebbero finire nella top 10 di fine anno Nicole Willis, Ocean Colour Scene, Nick Cave, Johnny Marr , Jimi Hendrix, Jesse Dee e Lilian Hak e tra gli italiani Raphael Gualazzi, Lord Shani, Cut/Julie’s Haircut, Valentina Gravili, Cesare Basile e Andrea Balducci
ASCOLTATO
RAPHAEL GUALAZZI - Happy mistake
Abbiamo in Italia un autore, esecutore, arrangiatore originalissimo, colto, elegante, raffinato, che attinge dal blues, dal jazz, dal gospel, dal jazz, dal soul, con capacità, sapienza, riuscendo a passare indenne a SanRemo con una classe comune a pochi.
“Happy mistake” conferma lo spessore di Gualazzi, la sua versatilità, l’abilità di maneggiare materia difficile sapendola plasmare e renderla disponibile al grande pubblico senza alterarne gli ingredienti basilari.
“Happy mistake” è un gioiello che brilla di brani divertenti, entusiasmanti, solari, personalissimi, con un marchio immediatamente riconoscibile.
Peculiarità ad appannaggio di pochi.
Nel top 2013, di sicuro.
CHARLES BRADLEY - Victim of love
Torna l'ottimo Charles Bradley, una vita incredibile alle spalle (tanto che a breve diventerà un film..) e l'esordio discografico solo poco tempo con i 60 anni passati da un pezzo.
Il suo mix di soul e rhythm and blues segue la formula consolidata di omaggi al James Brown più straziane ("Try me" o "Please please please"), delle classiche ballads alla Otis Redding, inserendo anche ottimi brani spediti e ultra stomp come "Confusion" che spazia tra il James Brown più funk e lo Sly visionario.
Ottimo album e voce sempre incredibile.
JESSE DEE - On my mind / In my heart
Da Boston Jesse Dee compone, canta, suona la chitarra, arrangia un delizioso album di puro rhythm and blues revivalista e fedelissimo alle origini.
Gli 11 brani scorrono via tra espliciti riferimenti alle ballate di Otis Redding e Joe Tex o ai brani più spediti debitori a Wilson Pickett e Jackie Wilson.
Qua e là un po’ di tocchi crooner alla Bublè e Cullum a raffinare il tutto.
Lavoro piacevolissimo, leggero, fresco e fedele alla linea.
AA.VV. - Sound City: Real to reel
Colonna sonora del doc girato da Dave Grohl e dedicato all’omonimo mitico studio di registrazione in cui passarono nomi eccellenti (da Nirvana a Neil Young).
Grohl si circonda di una notevole cerchia di amici (dai Foo Fighters alla ritmica dei RATM, Stevie Nicks ma soprattutto Paul McCartney che con Pat Smear e K.Novoselic si butta in un durissimo hard blues, Josh Homme con cui scrive alcuni dei momenti migliori dell’album e Trent Reznor con chiude in maniera emozionante il lavoro.
Ottimo album, grandi spunti, qualche prevedibilità e momenti di stanca ma da ascoltare.
DAVID BOWIE - The next day
“The next day” è un album sorprendentemente valido, potente, che riscatta i passi falsi con cui ci aveva abbandonato (i deludenti e mediocri “Heathen” del 2002 e “Reality” del 2003), forte di una freschezza e di una lucidità ritrovate.
Il tutto condito da un’ (auto) ironia che pervade tutto l’album, attingendo con sapienza e creatività da numerosi periodi di Bowie ma in particolare sembra emergere un preciso riferimento a quello 1976/1980 da “Station to station” via “Lodger” a “Scary monsters”.
Un album da scoprire e che non mancherà di stupire favorevolmente.
JIMI HENDRIX - People, hell and angels
Ennesimo postumo di Hendrix ma lavoro di grande brillantezza, classe e spessore.
Buona parte dei brani è già edita in altra versione ma poco importa.
Il groove è quello più funk blues, i brani freschi, lo stile di Jimi risalta in tutto il suo splendore ed è un gran bel sentire.
Consigliato !
BILLY BRAGG - Tooth & nail
Ormai al ventesimo album, Billy Bragg si sposta in USA con Joe Henry e sfrona un lavoro dalle chiare inflessioni country con tanto di omaggio a Woody Guthrie, ballate intense e malinconiche e un tono un po’ dimesso.
L’album è comunque di ottima qualità anche se l’antica rabbia sembra sopita...
STROKES - Comedown machine
Il ritorno degli Strokes è all’insegna di un sound molto commerciale, vicino al synth pop degli 80’s, poche concessioni al ruvido passato remoto, molto chic e pop. Brutto no, discutibile tanto...
BANG! - Soul food for sale
Da Ferrara, attivi dall’89 ai primi anni 90, poi lo scioglimento e il brillante ritorno con un album inciso benissimo, pieno di grandi brani e un groove che riporta ai primi Style Council, ai Working Week a quel soul pop dei primi 80’s ancora fresco e attuale.
Support !
the.bang@hotmail.it
OAK’S MARY - Say Hello to the President
Gli Oak’s Mary, nati nel 2001 in provincia di Piacenza, approdano al quarto album, come sempre caratterizzato da un sound roccioso e granitico, spesso vicino al groove dei Queens of The Stone Age ,anche se debitore alla lezione dei Nirvana e dei Led Zeppelin.
Ci sono anche echi Hendrixiani e rimandi ai primi Red Hot Chili Peppersma l’insieme è sempre comunque personale, arrembante, preciso, prodotto impeccabilmente.
REBECCA DRY - Sings soul
Accompagnata dalla Radek Azul Band la cantante francese all’esordio per la Q-Sounds Recording con un ottimo lavoro di classica soul music in cui si inseriscono elemengti funk e northern e pure (“Bad thoughts”) ethio jazz.
“Sing soul” si inserisce nella felice nuova ondata soul a fianco di nomi come Nicole Willis, Sharon Jones o Martha High e merita un posto in tutte le discografie black che si rispettino.
NINA ATTAL - Yellow 6/17
Francese, 20 anni, un futuro che si preannuncia assolutamente brillante se ascoltiamo questo scintillante esordio a base di un poderoso funk soul per nulla retrò (anche se le matrice 60’s soul emergono spesso e volentieri).
Sound pulito che talvolta sconfina nella fusion, voce possente anche se ancora non completamente formata, band che gira alla grande con grooves irresistibili, brani ballabili, divertenti, solari, godibilissimi.
Grooooovy.
ASCOLTATO ANCHE:
EDWYN COLLINS (il consueto stiloso connubio tra Bowie e atmosfere soul. Non male anche se un po’ risaputo), ATOMS FOR PEACE (la band di Tom Yorke, Flea, Goldrich in un album ipnotico e affascinante tra elettronica, dub e melodie avvolgenti. Non male), BEANS & FATBACK (dall’Olanda si destreggaino tra soul e blues, anche un po’ di White Stripes. Molto interessante), BLACK REBEL MOTORCYCLE CLUB ( Non fanno mai album troppo brutti ma il più delle vote suonano anonimi e insignificanti. Anche questo sesto lavoro come sempre tra Jesus and MC e shoegaze rock n roll), SUEDE (ritorno fiacco a suon di calssico glam pop che sa di antico), BAI KAMARA (tra Bill Withers e Michael Kiwanuka un buon folk soul molto bluesy e soft), CHELSEA LIGHT MOVING (la nuova band del Sonic Youth T.Moore. Siamo sempre GEMMA RAY (da Berlino tra 60‘s, Morricone, colonne sonore spy. Molto gradevole), STEREOPHONICS (deludente nuovo album, “scuro”, pomposo, mai incisivo, da dimenticare), ERIC CLAPTON (ennesimo innocuo lavoro di Slowhand tra country, qualche blues carino, ballate e boogie rock. Incolore), NADIA & the RABBITS (Deliziosa band che si muove tra atmosfere acustiche, soft rock. Gradevole), HOLLIS BROWN (roots rock di sapore CCR ma uguale a mille altre cose..trascurabile), BEACH FOSSILS (indie guitar in odore di Smiths, gradevole ma anonimo), SUIT AND TIE JOHNS (olandesi tra psichedelia e Velvet Underground. Ascoltabili. Una volta), TESSA ROSE JACKSON (pop soul dall’Olanda con influenze jazzy e amrican roots. piacevole)
LETTO
Sergio Tavcar - La Jugoslavia, il basket e un telecronista. La storia della pallacanestro jugoslava raccontata dalla voce di Telecapodistria
Uno SPLENDIDO libro sula basket nella ex Jugoslavia (in cui si intrecciano le tristi vicende della dissoluzione e della guerra) tra aneddoti incredibili e la sconfinata passione di Tavcar, storico telecronista di TeleCapodistria.
Per chi ama lo SPORT, indispensabile.
Stefano Bollani - Parliamo di musica
Il virtuoso Stefano Bollani, star del jazz (e non solo) italiano (e non solo), brillante entertainer televisivo, sforna un libro in cui disserta di musica.
Lo fa in modo come sempre semplice e diretto, toccando vari aspetti del fare ed ascoltare musica, esaltandone l’immediatezza e l’istintività.
La (mia) sgradevole impressione è una certa supponenza del “maestro” che si cala nella plebe a spigare il “verbo”. Ciò nonostante rimane una lettura molto gradevole ed istruttiva.
Christopher Anderson - Mick Jagger. Gli eccessi, la pazzia, il genio
Classico (ed esemplare nel suo “genere”) testo spazzatura in cui le pagine scorrono elencando la vita di un Jagger costantemente assetato di sesso (4.000 donne ma anche uomini, da Bowie a Clapton...cos’ ci dice l’autore), soldi e droghe.
La musica è solo un compendio marginale.
Da evitare con cura.
VISTO
“Correndo con le forbici in mano” di Ryan Murphy
Film disturbato e disturbante tratto dall’omonimo romanzo di Augusten Burroughs.
Penetrante e abrasivo, notevole.
“Come Dio comanda” di Gabriele Salvatores
Pesantino ed estremo ma molto interessante anche se a tratti eccessivamente complesso e poco credibile.
In ogni caso consigliato.
COSE & SUONI
Finita la prima parte del tour di “A kind of blues” di Lilith and the Sinnersaints si riprende in primavera a suonare
ven 5 aprile: Vittorio Veneto (TV) Spazio Mavv
ven 12 aprile Bari “Oasi”
sab 13 aprile Lecce “Womb”
ven 19 aprile: Cortemaggiore “Fillmore”
www.lilithandthesinnersaints.com
Mie recensioni quotidiane su www.radiocoop.it
IN CANTIERE
“Rock n goal” di Antonio Bacciocchi e Alberto Galletti è in libreria dal 27 marzo 2013 per Volo Libero Edizioni
Presentazione il 10 aprile a Milano alla "Libreria dello Sport" via Carducci alle 18.
Viaggia spedito il libro sugli Statuto (ottobre 2013)
giovedì, marzo 28, 2013
Nuovo Soul Italiano
Abbiamo già parlato di SOUL in ITALIA.
Ci ritorno constatando che è sorta lentamente e silenziosamente negli ultimi anni, una scena soul jazz sempre più interessante e particolare.
Oltre alla miriade di bands che operano nell’underground dei piccoli locali e della scena alternativa ci sono alcuni nomi che si sono imposti nelle classifiche, in Tv, nei gusti del grande pubblico.
Si tratta di nomi popolari, spesso dai contorni artistici “commerciali” e “facili” ma che ciò nonostante hanno e stanno portando all’interno della musica italiana contenuti di qualità.
Spesso con il necessario compromesso di arrangiamenti “aggiustati” ma sostanzialmente portatori sani di Buona Musica.
L’esempio più eclatante è quello di MARIO BIONDI, tre album (e due live) di successo, all’insegna di un sound (e di una voce in particolare) che gira dalle parti di Barry White, Isaac Hayes, Al Green, che in “iF” infila una cover di “Winter in America” di Gil Scott Heron, duetta con g i Incognito nel secondo live, mantiene un livello compositivo ed esecutivo sempre alto.
Ma anche RAPHAEL GUALAZZI non è da meno.
Più jazz oriented ma con evidenti influenze blues e soul, nei tre album pubblicati infila spesso sonorità che starebbero benissimo su album acid jazz alla James Taylor Quartet o su quelli soul jazz di Jamie Cullum con espliciti omaggi alla grande tradizione black (lo stile pianistico di Ray Charles in particolare).
Il nuovo album “Happy mistake” è un altro piccolo scintillante gioiello di jazz, gospel, soul, blues.
Soul è l’album di LUCA SAPIO (ex voce con una formazione dei 90’s degli Area e dei Quintorigo) “Who knows” che in Italia non ha grande riscontro ma che in USA (dove Luca vive) gode invece di attenzione e appoggio.
E infine ANDREA BALDUCCI che nel recente, raffinato ed elegante, “Bloom”, viaggia tra Raphael Gualazzi, soul, blues, funk, ricordando l’approccio acidjazz dei Curduroy ma anche il soft soul di Al Jarreau.
Non dimenticando certi espliciti riferimenti nelle prime canzoni di NINA ZILLI, successivamente indirizzata verso suoni più pop e commerciali.
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Sweet Soul Music
mercoledì, marzo 27, 2013
Calcio e legalità
Oggi esce "Rock n Goal"e volevo festeggiare dando spazio ad un CALCIO di cui non si parla, se non raramente.
Un calcio minore, lontano, ma che resiste con il coltello tra i denti, in maniera pulita in circostanze difficili.
Era la squadra di Castrese Paragliola, cognato del boss del clan Polverino di Marano, in provincia di Napoli, che ne faceva un segno di vanto e prestigio (e di riciclo soldi).
Dopo essere stata sequestrata alla camorra nell’ambito di un’operazione della procura di Napoli che nel 2011 ha portato all’arresto di 39 affiliati di quel clan, la NUOVA QUARTO è la prima squadra di calcio gestita da un’associazione antiracket.
Quando, un anno dopo il sequestro, la squadra storica di Quarto (paese di 40mila abitanti alle porte da Napoli) rischiava di scomparire, venne costituita un' associazione di azionariato popolare in cui si chiedeva ai quartesi una partecipazione minima di 10 euro per sostenere la squadra: in sei mesi mille aderenti.
La squadra viene rinnovata con una quarantina di giocatori che firmano un contratto e un codice etico in cui dichiarano di essere incensurati e di non avere carichi pendenti.
La società ha subito vari atti di vandalismo (panchine dello stadio rotte, scarpe dei giocatori rubate) e una pesante intimidazione : qualcuno è entrato nella segreteria e ha portato via coppe e glagliardetti di un torneo organizzato con i magistrati, senza toccare gli oggetti di valore.
Lo stadio però è sempre pieno: ogni domenica mille persone e la NUOVA QUARTO è al primo posto posto del suo girone di PROMOZIONE.
E allora FORZA NUOVA QUARTO !!!!
https://www.facebook.com/NuovaQuartoCalcioPerLaLegalita
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Calcio e sport
martedì, marzo 26, 2013
Alle radici del MODernismo: Indipendent Group
Precursori della POP ART gli artisti dell’INDIPENDENT GROUP si incontrarono a Londra nella prima metà degli anni 50.
Erano pittori, architetti, scultori , scrittori, alla ricerca di un approccio MODERNISTA alla cultura, introducendo all’interno di essa e dell’arte l’oggetto o il concetto di uso comune, quotidiano.
Elaborarono così il germe della POP ART ,prendendo spunto anche dal Surrealismo, Dadaismo, Futurismo.
Tra i primi aderenti l’artista e scultore scozzese Eduardo Paolozzi il cui I was a Rich Man's Plaything del 1947 è considerato il primo esempio di POP ART , il fotografo Nigel Henderson, gli artisti Richard Hamilton, William Turnbull, John Mc Hale, l’art director Toni Del Rienzo, il critico Lawrence hammoway.
L’attività culminò nel 1956 con l’evento THIS IS TOMORROW una mostra multimediale a cui parteciparono artisti, scultori, musicisti, pittori, architetti, in cui vennero esposti poster, murali,sculture, pannelli di Op e Pop Art, un jukebox che suonava, un tappeto che emanava odore di fragola, un amplificatore che emetteva i rumori degli spettatori ripresi da un microfono.
La POP ART, una visione MODERNISTA dell’arte e della cultura nasce in quei giorni alla Whitechapel Art Gallery di Londra, in breve attraverserà l’Oceano e artisti come Andy Warhol, Roy Lichtentsein, Jasper Johns e tanti altri porteranno avanti il discorso.
L’Indipendent Group invece si scioglie.
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Mod Heroes
lunedì, marzo 25, 2013
"Rock n goal" di Antonio Bacciocchi e Alberto Galletti
Nelle foto: il libro, il calciatore Bob Marley, i Moments di STEVE MARRIOTT nel 1964 prima di una partita, Johann Crujff firma il suoi singolo del 1969, due dischi per lo scudett odel Cagliari (thanx a Mauri degli Emotionz).
E’ da oggi disponibile il libro “ROCK N GOAL” di Antonio Bacciocchi e Alberto Galletti, edito da Volo Libero Edizioni.
Il libro è facilmente reperibile in LIBRERIA (se non fosse disponibile, ordinandolo, arriverà in breve tempo),sui principali portali (Ibs, Wuz, Unilibro, Inmondadori, De Agostini) oppure attraverso il sito di VoloLibero (www.vololiberoedizioni.it) .
La presentazione ufficiale sarà mercoledì 10 aprile alle 18 a Milano presso la Libreria dello Sport.
Altre (poche ) presentazione sono previste per i prossimi mesi.
Prefazione di Jacopo Casoni, postfazione di Claudio Agostoni, intervento di Oskar Giammarinaro degli Statuto.
Interviste a Peter Hook a Igor e Max Cavalera e Barney dei Napalm Death di Angelo Mora.
Con Alberto abbiamo cercato di sviscerare nel modo più leggero possibile (considerando calcio e musica le migliori forme oltre che di appartenenza e identitarie , di DIVERTIMENTO) i rapporti tra calcio e musica, trovando migliaia di esempi in tal senso.
Il libro si apre con alcune pagine dedicate ai rapporti tra sottoculture e curve (dai Teddy Boys ai Mods agli Skins sugli spalti) per poi proseguire con le canzoni interpretate dai calciatori, le canzoni dedicate al calcio, cantanti che furono calciatori (da Julio Iglesias a Ligabue, Zucchero, Bowie, Rod Stewart, Ian astbury dei Cult, Johnny Marr degli Smiths), curiosità e tifosi eccellenti (difficile pensare a Robert Smith, John Lydon, Geezer dei Black Sabbath, Roger Waters, Ray Davies, Paul McCartney tifici accaniti).
Sono quasi 200 pagine di notizie di tutti i tipi ( e altrettante ne abbiamo scartate per evitare di esplorare territori dal Giappone alla Russia, dalla Grecia, al Centro e Sud America, con l’eccezione di Brasile e Argentina dove il materiale non manca ma è ad appannaggio di giocatori e musicisti a noi pressochè sconosciuti) .
Per chi acquisterà: BUON DIVERTIMENTO !
domenica, marzo 24, 2013
La storia dei NOT MOVING: primo semestre 1984
Nelle foto: scatti promo, il pass per il concerto con i Clash, all'"Espero" a Roma, a Berlino.
Il 1984 è l’anno più esplosivo per i Not Moving ma per certi versi anche il più sfortunato, dove perdiamo il primo treno per il grande salto (o perlomeno per un salto in alto).
Di cose ne succedono tantissime: apriamo per i Clash, tre date per Johnny Thunders, suoniamo a Berlino con i Litfiba, giriamo mezza Italia, incidiamo uno stupendo mini LP, "Land of nothing" avanti nel sound, attualissimo per qualità e spessore compositivo ma che purtroppo non vedrà mai la luce (se non anni dopo per Area Pirata Records) e frenerà bruscamente il cammino della band per un annetto.
Andando per ordine: la band trova finalmente il giusto assetto sonoro, le nuove canzoni sono sempre più personali, precise e ormai lontane dal classico schema Cramps/rock n roll degli esordi.
Si mischiano con sempre più creatività punk, blues, rock n roll, 60’s , psichedelica anche country e glam, le covers in scaletta sono rare e particolarissime (il surf “Pipeline”dei Chantays, il Morricone style di “Let there be drums” di Sandy Nelson, “I just wanna make love to you” di Willie Dixon ogni tanto torna “Wipe out” ed entrano occasionalmente “Barman theme” nella versione dei Jam e “Not right” degli Stooges, perfino “Wild thing” dei Troggs). Anche l’immagine della band si affina con le cinque personalità della band sempre più definite.
Raggiungiamo piazze importanti, da Roma al Teatro Espero (con Voices e Carillon del Dolore), Genova allo “Psycho”, doppia data al “Discipline” di Firenze (con Ghigo Renzullli la prima e Federico Fiumani la seconda sera, tra il pubblico. Ai tempi ci si andava sempre a vedere e salutare l’un l’altro ai concerti nelle rispettive città), al mitico “Slego” di Rimini, dove avevamo appena visto e conosciuto gli X (con cui inizierà un insperato scambio di lettere e di dischi reciproci….), a Cinquale (MS) dove tra il pubblico compare Willy De Ville….
Quello che ci entusiasma sempre di più è l’affluenza ai concerti, sempre affollatissimi (dalle 200 alle 500 persone), l’interesse delle radio che ci intervistano puntualmente in ogni città e lo spazio che quotidiani locali e nazionali ci riservano ad ogni appuntamento live.
Soprattutto dopo il supporting ai CLASH del 28 febbraio al Palasport di Milano.
Si partì con i nostri strumenti sfigati caricati sulla Renault 4 di Dome e sulla mia Fiesta.
Parcheggiamo dietro ai non so quanti TIR dei Clash , entrammo nell'enorme Palalido e dopo il loro check per fare il nostro ci impiegammo poco più di un pit-stop ai box della Ferrari.
I fonici dei Clash non erano esattamente entusiasti di dover lavorare gratis per cinque sfigati italiani...e così tra urla di "veloci , fate alla svelta !" più qualche fuck e shit qua e là fummo liquidati in cinque minuti.
Ben più gentili furono invece Joe e Paul (era l'ultima formazione quella senza Topper e Mick)...Paul in un elegante look anni 50 si fermò a parlare chiese il nome della band accettò volentieri una copia del nostro singolo , si chiaccherò nel nostro stentato e balbettante inglese (l'emozione.....) , Joe fu più distaccato , più compreso nel suo ruolo di vate , di gran sacerdote del punk , ci dispensò la sua benedizione con tanto di bonaria pacca sulla spalla e ci congedò con un "good luck" .
Stessa frase d'ordinanza che ci arrivò da Paul quando salimmo sul palco accolti da un boato di 12.000 persone che non informate della nostra presenza credettero che i Clash stessero per iniziare.
Il boato si placò , ci furono alcuni secondi di silenzio , Lilith si presentò mandando tutti affanculo ed iniziò il nostro concerto tra urla , insulti e vari oggetti che arrivavano sul palco e venivano prontamente rispediti al mittente.
Fu una battaglia , ci divertimmo tantissimo , diventammo per lungo tempo quelli che avevano fatto da spalla ai Clash , per anni raccontammo immancabilmente "com'era Joe Strummer" <
Il 23 giugno siamo invece a Berlino, a Kreuzburg nel prestigioso “Loft” che aveva ospitato i nomi migliori del rock (il giorno prima c’era Iggy, quello dopo i Pretenders) e dell’underground (Gun Club, X etc) con Monuments, Pankow e Litfiba in un “festival italiano” abbastanza affollato e in cui riscuotiamo un successo incoraggiante che ci permetterà di tornare in tour in Germania (pur se tre anni dopo).
E infine il nostro manager di allora, Paolo Bedini, ci portò dal 28 al 30 aprile nei neo nati studi di registrazione Scacco Matto di Alberto Parodi a Lavagna a registrare il mini Lp “Land of nothing”.
Sei brani, band in grande forma con l’apporto essenziale di Paul Jeffery (fu compagno di Patty Pravo e membro di Cockney Rebel e BeBop De Luxe e scomparve tragicamente nell’attentato di Lockerbie) che sostanzialmente produsse il lavoro, intervenendo sui suoni e sugli arrangiamenti e risultato finale esaltante.
La cover di “Pipeline” dei Chantays , secca, punk e tirata, lo sparatissimo country hardcore di “You had gone away”, il punk alla X di “Lights of night”, il dark blues di “Land of nothing” , la ballata “In the batland” e il beat punk di “A wonderful night to die” sono piccole gemme che purtroppo la TNT Records, inspiegabilmente non manderà mai alle stampe (pur inviando alle riviste alcune cassette promo che verranno recensite entusiasticamente creando confusione e non pochi problemi alla gestione della band).
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La storia dei Not Moving
sabato, marzo 23, 2013
Soul Time !
COOKIN ON 3 BURNERS - This girl / Four n Twenty
Il favoloso Hammond trio australiano riedita un prezioso singolo di qualche anno fa.
“This girl” è un brano soul di incredibile grazia e melodia, cantato da Kilye Audist dei Bamboos.
Stupendo.
“Four n twenty” un classico funk strumentale in odore di Meters, riuscito e coinvolgente al punto giusto.
HOLY GRAIL TROPICAL FUNK
The REVOLUTION of ST.VINCENT - The little you say
The ROLLING TONES - It’s a feeling
La RecordKicks ristampa due brani pressochè impossibili da trovare di Tropical Funk direttamente dalle isole caraibiche di St.Vincent e St.Martins.
Due bands in attività dai 70’s con due brani di torrido funk dalle pennellate Philly e disco soul, imbattibili in qualsiasi dancefloor.
Hot stuff !
DIESLER ft DOUBLE YELLOW + HUGH TUNER QUARTET - You’re not dead / Back to school
La Buried Treasure è una nuova label (la trovate qua: http://buriedtreasure.bandcamp.com/ all’esordio con un singolo di particolarissimo nu soul dalle varie influenze.
Electro funk con tocchi di breakbeat quello di Diesler con Double Yellow alla voce, più canonico il funk fusion dell’Hugh Turner Quartet.
Sound ricercato e personale.
NINA ATTAL - Yellow 6/17
Francese, 20 anni, un futuro che si preannuncia assolutamente brillante se ascoltiamo questo scintillante esordio a base di un poderoso funk soul per nulla retrò (anche se le matrice 60’s soul emergono spesso e volentieri).
Sound pulito che talvolta sconfina nella fusion, voce possente anche se ancora non completamente formata, band che gira alla grande con grooves irresistibili, brani ballabili, divertenti, solari, godibilissimi.
Grooooovy.
REBECCA DRY - Sings soul
Accompagnata dalla Radek Azul Band la cantante francese all’esordio per la Q-Sounds Recording con un ottimo lavoro di classica soul music in cui si inseriscono elemengti funk e northern e pure (“Bad thoughts”) ethio jazz.
“Sing soul” si inserisce nella felice nuova ondata soul a fianco di nomi come Nicole Willis, Sharon Jones o Martha High e merita un posto in tutte le discografie black che si rispettino.
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Soul Time
venerdì, marzo 22, 2013
Edoardo Bennato
Purtroppo non sempre apprezzato come meriterebbe, Edoardo Bennato è (stato) uno dei più interessanti autori e musicisti della scena italiana di sempre.
Con una personalità e un marchio sempre riconoscibilissimi ha saputo spaziare tra cantautorato puro, blues, rock n roll, sperimentare (tra i primi a portare suoni reggae e ska da noi ad esempio), scrivere testi mai dichiaratamente “politci” ma sempre sapientemente critici e polemici nei confronti del potere e dei vizi italici.
Non sempre all’altezza artisticamente delle sue capacità si è sempre mantenuto coerente con il suo stile e ha saputo scrivere eccellenti pagine della musica italiana.
L’inizio folgorante ha poi lasciato spazio ad un eccessivo manierismo pur se sempre dignitoso.
Non farti cadere le braccia (1972) 7
Dopo una serie di 45 più o meno riusciti e una lunga lista di brani per altri cantanti, l’esordio di Bennato non è ancora bene definito ma già a livelli di eccellenza con perle come la splendida title track, “Un giorno credi” e “Una settimana..un giorno”.
A chiudere lo splendido rock blues percussivo di “Rinnegato” con cui sbeffeggia il fratello ed ex collaboratori ed introduce un lungo finale con i suoi tipici gorgheggi e urletti che diventeranno un marchio inconfondibile.
I buoni e i cattivi 1974 7
Un specie di concept (sulla difficoltà di percepire il buono e il male) che conferma tutto quanto appena espresso nell’esordio.
Il suono si fa più scarno e minimale, entrano nella band le percussioni inimitabili di Tony Esposito (altro marchio di fabbrica del bennato sound) e si spazia dal rock di “Ma che bella città” al talking blues anti nazionalista de “La bandiera”, di “Che fortuna” e di “Arrivano i buoni”, la bellissima, autoironica, “Facciamo un compromesso”, la famosa marcetta orchestrata sull’omologazione di “Tutti in fila per tre”, il country blues di “Uno buono” e della famosa “Salviamo il salvabile”.
Io che non sono l’imperatore 1975 7
La trilogia iniziale di definizione dello stile di Bennato si chiude con un altro ottimo album dove l’aspetto cantautorale viene progressivcamente sostituito a favore di un rock blues che spazia dalla famosa “Meno male che adesso non c’è Nerone” (rock n roll classico) all’altrettanto conosciuta “Signor censore”, blues con la consueta armonica a colorare il tutto e alla polemica anti papista “Affacciati affacciati” country blues mono nota con finale che si tuffa nella tradizione partenopea.
Ma resiste con un gioiello come “Feste di piazza” mentre “Io per te Margherita” conferma l’amore per lo sberleffo in operetta.
I testi restano sempre caustici, cattivi, perfidamente ironici contro il potere istituzionale e le ipocrisie della democrazia.
La torre di Babele 1976 8
Lavoro di grande maturità, finalmente palesa in pieno le qualità compostive di Bennato, eccellente nei testi, sempre più caustici, intelligenti, precisi, ironici e incisivi e soprattutto nella musica che si destreggia con grazia tra tradizione partenopea (nel raga rock “Ma chi è” con Tony Esposito in gran spolvero), rock n roll (“La torre di Babele”, “Eaa”), una personale rilettura del jungle blues alla Bo Diddley (“Viva la guerra”), blues (“Quante brave persone” con la chitarra di Roberto Ciotti, tra i primi bluesmen italiani, a livelli di eccellenza, il consueto omaggio semi operistico (“Fandango”) e due capolavori come “Cantautore” e “Venderò”, classici della canzone d’autore italiana.
Il primo grande capolavoro di Bennato e tra i migliori album dei 70s’ italiani.
Burattino senza fili 1977 7.5
Un nuovo concept, basato sula favola di Pinocchio e in cui entra tutto il mondo di Bennato dal Bo Diddley sound di “Mangiafuoco” alla stupenda ballata introduttiva (“E’ stata tua la colpa” ), l’altrettanta affascinante “La fata”, il rock n roll alla Jerry Lee Lewis di “In prigione in prigione”, il collaudato e immancabile siparietto operistico (“Tutti medici e sapienti”), il blues (“Il grillo parlante”), il twist della celeberrima “Il gatto e la volpe”.
Musicalmente è la fotocopia del precedente e pur se più compatto e con brani altrettanto azzeccati, perde rispetto al precedente di immediatezza.
Sono solo canzonette 1980 7
Uffà Uffà 1980 6
Con una mossa a sorpresa e assolutamente originale (ed inaudita) pubblica due album a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro, sfidando ogni elementare regola commerciale.
“Sono solo canzonette” (più canonico ed in linea con le precedenti produzioni tra rock n roll classici come la title track, “Il rock di Capitan Uncino” e “Rockoccodrillo” e ballate come la classica “L’isola che non c’è”) gli tributerà un successo enorme e riscatterà lo sconcerto di fronte allo spiazzante “Uffà uffà” caratterizzato da una serie di stranissimi brani, dall’iniziale “Li belli gladioli” a cappella al sarcastico “Sei come un juke box”, il doo woop di “Così non va Veronica”, gli strambi blues “Allora avete capito o no?” e “Che combinazione”, la sghemba e isterica “Restituiscimi i miei sandali” e la conclusiva title track antimilitarista hardcore punk (primo caso in Italia !) con i Gaznevada.
E’ arrivato un bastimento 1983 5.5
E’ goal 1984 6
Kaiwanna 1985 5
Ok Italia 1987 4. 5
Abbi dubbi 1989 5
Travolto da un enorme successo, stadi pieni e notevoli vendite, Bennato continua a sperimentare spostandosi senza timori da un genere all’altro, cercando una nuova collocazione artistica (ma con risultati di scarso spessore). Particolarità che propone anche nel nuovo album, prodotto da Garland Jeffreys, (ancora un concept destinato ad un’opera teatrale mai realizzata) dove ad ogni brano corrisponde un “genere” diverso, dal funk allo ska, all’hard rock e alla ballata.
Il risultato è caotico, scarsamente incisivo e poco ispirato.
Il primo live “E’ goal” del 1984 inserisce alcune hit (riarrangiate) e brani semisconosciuti oltre alla title track, che fu anche sigla della “Domencia Sportiva” ma anche in questo caso senza lasciare particolari segni.
Il tentativo di trovare una nuova strada, sperimentando e allontanandosi dal consueto stile, lo fa approdare ai synth e all’elettronica pomposa e sovraprodotta di “Kaiwanna” dove ben poco emerge di positivo in un muro di suono e di suoni palesemente fuori luogo.
Non fa meglio con il pessimo “Ok Italia” e l’altrettanto mal riuscito “Abbi dubbi” (con tanto di tormentone di “Viva la mamma”).
Si intravedono solo occasionalmente i guizzi creativi del passato ma il più delle volte sono affossati da arrangiamenti appesantiti, sintetici, tronfi che tolgono anima e freschezza.
E’ asciuto pazz o padrone 1993 6.5
Con lo pseudonimo di JOE SARNATARO (accompagnato dai Blue Stuff) Bennato torna alle origini con un buon album di classicissimo blues n roll con tanto di cover iniziale di “Baby please don’t go” dei Them e una serie di brani in stile, cantati in napoletano dove ritrova il sarcasmo e l’ironia pungente degli esordi.
Il contenuto è canonico e scontato ma divertente e scanzonato e riporta una ventata di aria fresca nell’ormai asfittica discografia del nostro.
Il paese dei balocchi 1992 5.5
Se son rose fioriranno 1994 5
Le ragazze fanno grandi sogni 1995 6
Sbandato 1998 6
L’uomo occidentale 2003 5.5
Le vie del rock sono infinite 2010 5.5
La traccia artistica di Bennato, ormai normalizzata e omologata ad uno stile in equilibrio tra un rock robusto e ballate, non lascia più segni particolarmente incisivi.
Gli album scorrono piuttosto anonimi con rari momenti di vero interesse.
La discografia si riempie di raccolte e di live (oltre a rivisitazioni di vecchi album, colonne sonore) in una costante aurea mediocrità , più o meno dignitosamente intorno alla sufficienza.
giovedì, marzo 21, 2013
Pietro Mennea
Il nostro blog da sempre attento agli idoli sportivi sottolinea con tristezza l'addio a Pietro Mennea, immenso campione che fece sognare tanto di noi ragazzini nei 60's e che per chi, come il sottoscritto, trascorreva ore ed ore sulle piste di atletica fu un riferimento più di tanti altri.
Per la sua serietà, cocciutaggine, costante vena polemista.
Medaglia d'oro nei 200 alle Olimpiadi di Mosca '80, è stato primatista mondiale della specialità per molti anni con 19"72.
Primo atleta al mondo a riuscire nell'impresa di arrivare in finale ai Giochi olimpici in quattro edizioni consecutive (da Monaco '72 a Los Angeles '84).
Ha conquistato un oro e due bronzi olimpici, un argento e un bronzo ai Mondiali, tre medaglie d'oro, due d'argento e una di bronzo ai campionati europei. Il suo 19"72 sui 200 è ancora record europeo e naturalmente italiano.
Così come resiste il suo primato nazionale di 10"01 sui 100 metri, stabilito sempre nel 1979.
Jimi Hendrix - People hells and angels - Recensione
Un album “nuovo” di Jimi Hendrix ormai non fa più notizia.
Di “nuovi” album dalla sua morte in po ne sono usciti a decine, in buona parte pressochè inutili se non particolarmente dannosi, in altri casi ottimi a fini documentaristici e filologici, solo raramente davvero importanti ed essenziali.
“People hell and angels” è uno di quei rari casi e sorprende per qualità, freschezza e contenuti.
Sono session registrate tra l’agosto 68 e marzo 1970, prevalentemente con il trio con Buddy Miles e Billy Cox (anche se ci sono tre brani con Mitch Mitchell e parecchi ospiti e varie strumenti, dal sax (Lonnie Youngbllod, già con James Brown, Jackie WIlson, Sam&Dave) alle congas con tanto di chitarra ritmica di Larry Lee - già anche con Al Green- il basso di Stephen Stills in “Somewhere” sparsi in tutto l’album).
L’album si diceva è sorprendente.
La struttura dei brani è scarna, minimale, molto funky e rhythm and blues, lontana da ogni orpello psichedelico e sperimentale, i suoni crudi (sentire la versione elettrica di “Hear my train comin” o quella di “Bleeding heart” di Elmore James).
C’è l'incredibile “Let me move you” (con la voce e il sax di Lonnie Youngblood) puro funk blues che più torrido e nero non si può, il secco rock blues dello strumentale “Inside Out” (che cita il riff di “Purple haze”) dove Jimi va di chitarra e basso sul preciso e inconfondibile drumming di Mitch Mitchell, il funk soul di “Mojo man” con il sound arricchito da una clamorosa sezione fiati.
“Crash landing” già uscita con l’aggiunta postuma di musicisti (che mai avevano incontarto Hendrix in vita...) ritrova la veste originale e ne esce in maniera eccellente.
Infine doverosa citazione per quello che considero uno dei migliori brani di Hendrix, quell’”Earth blues” che nella versione di “Rainbow bridge” si avvaleva dei cori delle Ronettes e qui si fa più essenziale ma acquisisce più lucentezza e groove.
Di Hendrix c’è la discografia ufficiale ovviamente da privilegiare ma non trascurate un ascolto a questo lavoro.
Merita.
mercoledì, marzo 20, 2013
Addio alle copertine dei dischi
Abbiamo più volte su queste pagine affrontato il tema del cambiamento artistico che ha generato il passaggio dalla musica analogica a quella digitale/”liquida”.
L’aspetto più immediato e forse rilevante è stato il progressivo, sempre più veloce e ormai palese, depauperamento della componente artistica nella realizzazione delle copertine dei dischi.
Originariamente componente essenziale del prodotto discografico ormai sempre più marginale.
La riduzione dello spazio a disposizione da LP (perfino 45 giri) a CD e la fruizione ormai quasi totale della musica attraverso files ha ormai reso assolutamente secondaria l’importanza della copertine, sempre più trascurate, minimali, poco curate.
Si è persa inevitabilmente una delle parti artisticamente più importanti dell’universo discografico.
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