sabato, dicembre 06, 2025

Going Underground 5-7 dicembre a Chiaravalle (Ancona)

https://www.facebook.com/events/1465395144686361

💥 Ritorna l'appuntamento invernale per i Mods e gli amanti delle sonorità 60s con un doppio appuntamento:

🔴 VENERDI' 5 dic
👉 ISOLA BALLROOM dalle ore 19:30
Reading di brandi di "LEO e ZOE" di Alex Loggia, storico chitarrista degli Statuto. A cura di Giordano Cupis e Renzo Canafoglia.
A seguire cena sociale al costo di 20€

🔵 SABATO 6 dic
👉 PICCADILLY BAR dalle ore 18:00
Si inizia con il warm-up al Piccadilly, possibilità di cena buffet su prenotazione, con il mercatino di abbigliamento vintage e vinili. Selezioni musicali di:
🎯 Salva TheModRunner (Milano)
🎯 Luciano Nobile (Milano)
🎯 Alessio Pizzichini (Mods Marche)
🎯 Done (Mods Marche)

👉 ISOLA BALLROOM dalle ore 22:30
GLI STATUTO in concerto!!🔥🔥🔥🔥🔥
La storica band torinese, un'icona per tutti i mods italiani, live nella bellissima e ampia sala dell'Isola per un concerto assolutamente da non perdere!!
DJs allnighter:
🎯 Bonnie Valentine (Bari)
🎯 Blond (Terni)
Prima e dopo il live:
🎯 Rude Franz (Mods Marche)
🎯 Parker (Mods Marche)

🚧Ingresso SOLO su prenotazione! 🚧
info/prenotazioni: goingunderground.marche@gmail.com / 3472273813 (Davide)

Per alloggiare:
LA LOCOMOTIVA Ristorante e Affittacamere - Chiaravalle
raggiungibile a piedi dalla stazione ferroviaria e dai luoghi del GU.

venerdì, dicembre 05, 2025

Maurizio Pilotti - Il massacro della cascina

Il giornalista Maurizio Pilotti rievoca, in un romanzo avvincente e appassionante, scritto benissimo, una vicenda dimenticata quanto importante nella storia italiana ovvero l'ultima volta in cui venne comminata e applicata la pena di morte nel nostro paese.

Il 20 novembre 1945 quattro uomini fanno irruzione in un casale in provincia di Torino, dopo aver pianificato un furto. Finirà male, uno di loro verrà riconosciuto e si deciderà per l'eliminazione, cruenta, crudele, efferata, delle dieci persone presenti.
Identificati, i rapinatori verranno catturati e condannati alla pena di morte, eseguita per fucilazione.

Il racconto è veloce, non manca di tratti ironici ma soprattutto di una capacità di contestualizzazione di un periodo, post seconda guerra mondiale, in cui l'Italia era distrutta, stremata, allo sbando, tornata a una sorta di condizione medievale che ben viene descritta tra le righe, aggiungendo malinconia e disagio all'orrore della vicenda.

Maurizio Pilotti
Il massacro della cascina
Giunti Editore
240 pagine
15.90 euro

giovedì, dicembre 04, 2025

Summer ’82: When Zappa came to Sicily di Salvo Cuccia

In onda su Netflix un documentario del 2013 che documenta l'infelice concerto di FRANK ZAPPA del 1982 a Palermo.

Immagini d'epoca sulla vicenda alternate alla visita della famiglia nel 2012 (apparentemente ancora unita, prima di insanabili litigi e divergenze, tristemente documentate dalla figlia Moon Unit Zappa nel libro "Terra chiama Luna": https://tonyface.blogspot.com/2025/09/moon-unit-zappa-terra-chiama-luna-un.html a Partinico (da dove arrivava la famiglia Zappa), per rivedere i luoghi d'origine e ricevere onori e saluti da parenti lontani.

Le immagini del concerto sono particolarmente preziose e fanno il paio con le testimonianze dei protagonisti (da Steve Vai a Massimo Bassoli, diventato stretto amico del chitarrista e che lo ispirò per il brano" “Tengo ‘na minchia tanta!").

L'attesa esibizione di Frank Zappa a Palermo fu disastrata da un'organizzazione decisamente carente e impreparata, che piazzò il palco in mezzo al campo di calcio della "Favorita" e relegò il pubblico in una curva lontana, a cui il suono arrivava bassissimo e ovattato.
Quando un gruppo di giovani saltò le recinzioni per avvicinarsi al palco, la polizia reagì in modo sconsiderato a suon di manganellate e lacrimogeni, scatenando la fuga rovinosa del pubblico, scontri e l'esplosione di un'enorme tensione che già gravitava sulla città siciliana martoriata da una spietata guerra di mafia che lasciava nelle strade un morto ogni 48 ore.

Frank Zappa alla fine del concerto (interrotto dopo un'ora) negli spogliatoi dello stadio indossa un giubbotto antiproiettile...lo stesso chitarrista rimasto inorridito dallo stato della città e dintorni definita nemmeno da "terzo" ma da "quinto mondo".

Un documentario originale e particolare, divertente e curioso, da vedere.

mercoledì, dicembre 03, 2025

21 anni di blog

Oggi il blog compie 21 anni.

5.654 post, 5.408.344 accessi, oltre 49.858 commenti. Il primo post fu pubblicato il 3 dicembre 2004:
https://tonyface.blogspot.com/2004/12/anyway-anyhow-anywhere-pete-townshend.html

Grazie e a tutti i LETTORI/LETTRICI e ai COLLABORATORI che lo rendono e lo hanno reso sempre più interessante e vivo.

Negli ultimi quattro anni, dopo un periodo di stabilità, seguito a uno di regressione a cavallo del 2010, il numero di accessi è esploso, triplicandosi.

Il blog è un preziosissimo archivio personale di recensioni, spunti, elenchi, dati, segnalazioni, spesso utili per articoli o libri e che contrasta con la volatilità dei social, nei quali i contributi si perdono il più delle volte in pochissimo tempo.

Lunga vita al blog!

martedì, dicembre 02, 2025

Bo Diddley

Riprendo l'articolo che ho pubbliato sabato per "Alias" de "Il Manifesto", dedicato a BO DIDDLEY.

Non sono in tanti che possono vantare l’ “invenzione” di uno stile, una specie di “genere musicale” nella storia del rock.

Bo Diddley è uno dei pochi in assoluto che creò una modalità ritmica che è diventata nel tempo un marchio di fabbrica, immediatamente e inevitabilmente riconducibile a lui. Una miscela di ritmi africani, la cui origine pare arrivi dalla zona sub sahariana, blues, gospel e la tradizione folk “Hambone” utilizzata da musicisti di strada che cantavano accompagnandosi con battiti di mani e colpi su gambe e petto.
Divenne una sorta di anello di congiunzione tra blues e il nascente rock ‘n’ roll a metà anni Cinquanta.
Una base di batteria, con l’uso prevalente dei timpani e tom, sulla quale la chitarra ripeteva lo stesso groove, diventando un ulteriore elemento percussivo. Una modalità che nasce probabilmente dall’abortita volontà di suonare la batteria.
Volevo diventare un batterista, ma non funzionò. Le mie mani non riuscivano a fare una cosa, mentre l'altra faceva l'altra. Cercavano di fare la stessa cosa.”

L’ossessivo e ipnotico rullare dei tamburi, con le maracas a dare un tocco latino, sono l’aspetto saliente del Bo Diddley Beat (detto talvolta anche Jungle Beat). La sua influenza fu immediata su molti artisti, da Buddy Holly a Elvis Presley fino (soprattutto) alla nuova scena beat inglese degli anni Sessanta che da Rolling Stones a Pretty Things, Who, Kinks, Yardbirds, fino agli Animals, che incisero un brano intitolato “The story of Bo Diddley”.
Pare che Bo non fosse del tutto soddisfatto che qualcuno utilizzasse/rubasse la su “invenzione” ma alla fine si rese conto che era in realtà un omaggio affettuoso. Io sono quello che Elvis ha copiato. Ha copiato me e ci ha messo insieme Jackie Wilson.

Anche se negli ultimi anni di vita è sempre stato piuttosto categorico nel definire il suo ruolo all’interno del rock:
La musica odierna non ha niente a che vedere con il rhythm and blues o il rock'n'roll, come lo chiamavamo noi. Oggi i ragazzi sostengono di essere rock'n'roll con tutti quelle chitarre urlanti e roba del genere. Beh, questo non è rock'n'roll! Non sembra Elvis Presley, non sembra i Beatles... beh, i Beatles non erano proprio rock'n'roll. Non so come lo chiameresti, ma non accetto la parola rock'n'roll con i Beatles. Non appartengono alla lista dei rock'n'roller. Erano più o meno folk country o qualcosa del genere. Non so cosa fossero.

Personaggio strano e particolare, dalla vita altrettanto anomala.
Nato nello stato del Mississippi, lasciato dal giovanissimo padre in adozione al cugino, che gli diede il cognome McDaniel, si trasferì a Chicago, dove divenne membro attivo di una chiesa Battista e suonò trombone e violino per almeno una dozzina d’anni, in maniera impeccabile, tanto da far parte dell’orchestra della Chiesa.
“Nessuno mi spinse a suonare il violino ma quando ne vidi uno per la prima volta me ne innamorai e imparai subito a usarlo. Così bene che fecero una colletta per comprarmene uno da 29 dollari. A quei tempi (anni Quaranta) erano un sacco di soldi, un sacco di patate costava 50 cents!” (Le dichiarazioni sono tratte da un’intervista del 2006 di Bob Gerstzyn).

Nonostante abbia provato sulla sua pelle il rigore del razzismo è sempre stato molto lontano da rivendicazioni particolari in merito, fortemente influenzato dalla sua fede religiosa e da un innato patriottismo:
"Non sono stato coinvolto nel movimento per i diritti degli afroamericani, ma ho tratto beneficio dalle persone che lo facevano. Perché questa merda non sarebbe mai dovuta andare così, fin dall'inizio.
L’America è un paese meraviglioso e penso che abbiamo uno dei sistemi migliori al mondo, ma ha dei difetti, molti difetti gravi. Abbiamo delle cose in corso in questo paese che non dovrebbero succedere.
Sto parlando di libertà. Non credo che si debba andare in giro a fare del male e poi nascondersi dietro la bandiera, ma molte persone lo stanno facendo. Essendo un uomo di colore, non direi nemmeno cazzate del genere, perché penso che un giorno tutti saranno una cosa sola.
Indipendentemente da chi siamo, se la Bibbia è giusta, siamo tutti fratelli e sorelle, indipendentemente dal colore della nostra pelle.
Dalla nostra nazionalità o da qualsiasi altro modo. Non ho mai pensato che le persone fossero bianche e nere, gialle e verdi e tutte quelle stronzate. Siamo tutti uno.”


Uno dei problemi che lo ha accomunato a tantissimi artisti di colore dell’epoca è stato la mancata corresponsione dei diritti delle sue canzoni.
Fino agli anni Sessanta inoltrati il sistema dei diritti d’autore è stato “regolato” da modalità selvagge, senza particolari tutele, soprattutto per gli artisti di colore, spesso senza contratti, con i brani che non venivano effettivamente depositati a loro nome o che, nel caso di plagio o “furto”, non avevano possibilità di sobbarcarsi in cause legali.
“La gente non si rende conto che era comune per gli artisti non essere pagati per le loro canzoni perché non c'era nulla che si potesse fare. Assumere un avvocato e intentare cause legali costa, quindi quando vivi di concerto in concerto, non hai i fondi. Poi ci sono i termini di prescrizione, quindi se passa troppo tempo, non c'è nulla che tu possa fare.
Forse prima di lasciare questa dannata Terra, uscirò e guarderò nella mia cassetta della posta e li troverò tutti lì dentro. In altre parole, non succederà, questa è l'America. Questo è quello che si chiama una buona vecchia fre
gatura americana. Sono stato fregato per milioni, tesoro! Milioni! Non lo dico solo come una parola. Sono stato fregato. Non ho mai visto un assegno di royalty che mi arrivasse.

La sua carriera è stata comunque ricca di grandi soddisfazioni e successi, soprattutto con “I’m A Man”, “Bo Diddley”, “You Can’t Judge a Book By The Cover”, “Pretty Thing”, “Who Do You Love?”, “Roadrunner”, “Say Man” che ritroviamo nei repertori di decine di gruppi (oltre ai già citati protagonisti del Beat inglese nell’elenco troviamo anche Doors, Captain Beefheart, Creedence Clearwater Revival, New York Dolls).
Ha introdotto l’uso del tremolo nella chitarra, utilizzando spesso anche la distorsione.
Famose le sue chitarre dalle forme rettangolari e anche la sua apparizione in “Una poltrona per due”, con un cappello da sceriffo, interpretando il gestore di un banco dei pegni.
In effetti, nel periodo in cui visse in New Mexico, negli anni Settanta, fu per tre anni il vice sceriffo della sua cittadina, Las Lunas.

Nel 1979 i Clash, in tour in America, lo vollero come act di apertura dei loro concerti, essendo un idolo di Joe Strummer.
Famoso il suo litigio con Ed Sullivan che lo volle al suo show in cui però Bo Diddley decise di cambiare il brano previsto, allungando il tempo a sua disposizione.
Nel corso degli anni è stato spesso presente a varie celebrazioni dei grandi del rock ‘n’ roll a fianco di Chuck Berry o BB King, ha collaborato con Eric Clapton e con i Rolling Stones, sia dal vivo che in studio (nel suo ultimo album, del 1996, “A Man Amongst Men”, ci sono Keith Richards e Ron Wood).
L’ultima sua apparizione in studio è inusuale, in un album del 2006 dei riuniti New York Dolls.

Muore alle soglie degli ottanta anni nel 2008. Resta uno dei personaggi più influenti nella storia del rock ‘n’roll, qualcuno che inconsapevolmente e senza alcun tipo di preparazione preventiva “a tavolino”, ha unito suoni, ritmi, attitudine che sentiva dentro l’ anima, il cuore, la carne e ne ha fatto un mirabile sunto che ancora oggi suona tribale, minaccioso, demoniaco, travolgente.
Per un primo approccio a Bo Diddley consigliato il suo esordio omonimo del 1958 e la compilation His Best del 1998.

lunedì, dicembre 01, 2025

Jimmy Cliff

L'amico Pier Tosi ricorda la figura di JIMMY CLIFF, recentemente scomparso.

E' scomparso il 23 novembre a 81 anni per le complicazioni di una polmonite Jimmy Cliff, uno degli artisti reggae piu’ noti a livello mondiale e uno dei primissimi artisti giamaicani ad esportare con successo la cultura musicale del suo paese ed ad interagire alla pari con musicisti di culture diverse.

Il suo vero nome era James Chambers ed e’nato il 30 luglio del 1944 in condizioni di povertà nello sperduto villaggio di Adelphi Land nel parish di St.James, non lontano da Montego Bay.
Jimmy scopre l'espressione musicale in tenera età in chiesa ma rimane folgorato dal R&B americano suonato dalle radio e dai sound systems ed a circa sei anni iniza a comporre le prime canzoni.
Dopo aver ben figurato in alcuni talent shows nella sua comunità a circa sedici anni raggiunge con il padre la capitale Kingston per proseguire gli studi ma incomincia a registrare alcuni brani usati dai sound systems come esclusivi e si lega al produttore di origine cinese Leslie Kong per il quale registra i suoi grandi successi dell’era ska tra i quali la numero uno ‘Hurricane Hattie’, ‘Dearest Beverley’, ‘King Of Kings’ e ‘Miss Jamaica’.
Durante questo periodo, Jimmy conosce Bob Marley e sara’ proprio lui a presentarlo a Lesle Kong, il producer per cui Bob registrera’ i suoi primi due singoli nel 1963.

Il suo talento lo lega a personaggi importanti della scena giamaicana come il bassista e band leader Byron Lee, a sua volta legato al giovane politico conservatore Edward Seaga: grazie a Lee Jimmy diventa uno dei proncipali giovani cantanti ska, si esibisce spesso in concerti e tours dell'isola ed ha anche l'opportunità di aprire gli shows giamaicani di personaggi come Ben E.King e Ray Charles.

Nell'aprile del 1964 parte addirittura per New York con Byron Lee & The Dragonaires, i suoi colleghi Prince Buster, Monty Morris e Lloyd Charmers e vari ballerini come parte di un piano del ministero della cultura giamaicano di popolarizzare lo ska e la sua danza negli USA.
I loro concerti alla World Fair ed in vari locali della città sono ben accolti ma in realtà il piano non sortirà gli effetti sperati.

Il giovane cantante ha una voce bellissima ed un grande talento: Jimmy ha appreso appieno la lezione dei grandi cantanti soul americani ed il suo stile caldo ed al contempo sofisticato lo porta all’attenzione dell'imprenditore giamaicano Chris Blackwell che lo vuole come parte della sua Island label, l’etichetta che sta producendo grandi talenti anche in campo rock come Spencer Davis Group ed in seguito Traffic, John Martyn e Jethro Tull e che come è noto lancerà anche Bob Marley ed altri artisti reggae.

Quando la musica giamaicana è ancora agli albori la mossa di Blackwell è di lanciare Jimmy come cantante soul e R&B attraverso una dura gavetta di concerti inglesi e francesi che lo vedono condividere il palco spesso con i compagni di etichetta Spencer Davis Group e con personaggi come The Who (pare che il giovane Pete Townshend diventi un grande fan di Jimmy) o Jimi Hendrix Experience.

Nel 1967 esce il suo primo album 'Hard Road To Travel' ed è un disco di pop dalle venature soul prodotto dal giovane Jimmy Miller, producer che lascerà in seguito segni indelebili nella cultura pop mondiale lavorando con Rolling Stones e Motorhead fino a produrre 'Screamedelica' dei Primal Scream prima di scomparire prematuramente a metà degli anni novanta.
L'album viene pubblicato anche negli USA nel 1969 dall'etichetta Veep con il titolo 'Can't Get Enough Of It' ed una scaletta leggermente differente. Il grande successo tarda ad arrivare ma queste importanti esperienze fanno maturare il giovane artista giamaicano.
All'inizio del 1969 Jimmy viene invitato in Brasile a rappresentare la Giamaica all’International Song Festival con il suo brano 'Waterfall': il festival non va particolarmente bene ma 'Waterfall' è un grande successo nel paese della Bossa Nova e la sua energia e spontaneità gli danno un enorme successo esteso anche ad altri paesi del Sud America.
In Brasile registra con musicisti locali il suo secondo album 'Jimmy Cliff In Brasil', costituito di classici contemporanei brasiliani con le liriche tradotte in inglese ma anche 'Serenou' cantato in portoghese.
La gioia di condividere la sua musica in Brasile gli da l’ispirazione per scrivere ‘Wonderful World, Beautiful People’ che con ‘Vietnam’, brano che ispira addirittura Bob Dylan, farà parte del suo bellissimo eponimo album del 1969 realizzato dalla Trojan Records.

Un'altra importante esperienza di questo periodo è la registrazione dell'album 'Another Cycle' registrato ai Muscle Shoals Studios, uno dei templi dei soul del Sud degli USA insieme ai grandi musicisti che gravitano in quegli studi.
Ancora una volta si tratta di un lavoro privo di ritmi giamaicani e che contiene la meravigliosa 'Sitting In Limbo' e sempre in Alabama registrerà anche 'Many Rivers To Cross', uno dei suoi brani della vita.

Un'altra straordinaria occasione di Jimmy Cliff sta per arrivare: già nel 1970 il regista giamaicano Perry Henzel lo contatta per proporgli di comporre brani per un film da ambientarsi in Giamaica il cui scopo è raccontare la complicata realtà dell'isola.
Jimmy accetta di buon grado ma oltre al coinvolgimento come musicista Henzell gli affida il ruolo di protagonista di ‘The Harder They Come’ dove interpreta il rude boy Ivan, un country boy che si scontra con la dura realtà urbana di Kingston, ha ambizioni musicali ma diventa quasi suo malgrado un criminale dalla fama leggendaria.
Questo capolavoro esce nel 1972 e porta alla ribalta di tutto il mondo la complessa realtà giamaicana e la vitalità della sua musica.
Diventa un cult movie globale (l'edizione italiana sarà intitolata 'Più Duro E', Più Forte Cade') e la sua colonna sonora uscita nel 1973 e contentente le sue ‘Many River To Cross’, ‘You Can’t Get It If You Really Want’, 'Sitting In Limbo e ‘The Harder They Come’, oltre ad altri classici di personaggi come Toots & Maytals, i Melodians e gli Slickers avrà una importanza incalcolabile nella popolarizzazione globale del reggae.
Questo periodo e’ il piu’ intenso della sua carriera: lascia la Island e si accasa alla EMI per cui escono tra il 1973 ed il 1974 grandi album come ‘Unlimited’, 'Struggling Man' ed 'Home Of Exile'.

La sua musica ha in questo periodo la spontaneità e l'autenticità del grande reggae che sta emergendo ma anche un taglio globale che arriva dalle sue importanti esperienze dandogli la capacità di comunicare in modo universale.

Per tutta la decade comunque continua a produrre ottima musica nel suo inconfondibile stile adattandosi tuttavia al roots reggae popolarizzato da Bob Marley e Peter Tosh ed a portare i suoi bellissimi spettacoli in giro per il mondo.
Già dai primi anni ottanta inizia una lunga serie di apprezzate apparizioni anche in Italia.

Nel 1983 ritrova l’enorme successo mondiale con il pop-reggae di ‘Reggae Night’, un po' vituperata dagli hardcore reggae fans e nel resto della sua carriera continua a cercare il successo commerciale attraverso altri singoli molto 'leggeri' ed a fondere la sua musica con altre tradizioni musicali come per esempio il Samba.

Durante gli anni ottanta e novanta torna infatti spesso in Brasile per soggiorni spesso anche piuttosto lunghi ed a pubblicare nuovi albums con regolarità.
Nel 1986 vince un Grammy Award di categoria con 'Cliff Hanger', disco che in linea con i gusti del momento ha pesanti apporti elettronici che non reggono molto il test del tempo.
Da segnalare il suo secondo Grammy vinto nel 2012 con 'Rebirth', bellissimo disco prodottogli da Tim Armstrong dei Rancid e che contiene una bella cover di 'Guns Of Brixton' dei Clash.

Prima della sua scomparsa Jimmy duetta anche con Joe Strummer in 'Over The Border'.
L'ultimo album realizzato da Jimmy Cliff è 'Refugees' del 2022.
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