mercoledì, luglio 31, 2013

Luglio 2013. Il meglio



E mentre George e Bob se la giocano a tennis all'Isola di Wight nel 1969 un po' di nomi che potrebbero finire nella top 10 di fine anno Miles Kane, Charles Walker & the Dynamites, Beady Eye, Sweet Vandals, Mudhoney, Nicole Willis, Ocean Colour Scene, Mavis Staple, Nick Cave, Johnny Marr , Willie Nile, Jimi Hendrix, Jesse Dee, Lilian Hak, Impellers, Elwins e tra gli italiani Statuto, Raphael Gualazzi, Temponauts, Lord Shani, Mauro Ermanno Giovanardi, Petrina, Zamboni/Baraldi, Cut/Julie’s Haircut, Valentina Gravili, Cesare Basile e Andrea Balducci, Electric Shields, Svetlanas, Stella Maris Music Cospiracy

ASCOLTATO

WILLIE NILE - American ride
Willie Nile è sulla scena da decenni (il primo album è datato 1980) in maniera irregolare, altalenante, tra problemi di tutti i tipi.
Si ripresenta con un album con i fiocchi, elettrico, ruvido, ruspante, aggressivo, nervoso dove sono le chitarre e il rock n roll a farla da padrone, tra il primo Bruce Springsteen il Joe Strummer (solista e con i Clash) Coverizza Jim Carroll in “People who died”, accarezza sonorità care a Tom Petty, si abbandona ad intense ballate country, a volte sembra Patti Smith al maschile, i ltono generale ricorda le ultime prove di un altro grande eroe minore dell’epopea rock a stelle e strisce, Garland Jeffreys.
Un grande album di rock vero e intenso.

DAVID LYNCH - The big dream
Non è la prima volta che il valente regista si cimenta con la musica.
L’approccio è come sempre austero, severo e tenebroso, tra scarno e ipnotico trip hop blues, Tom Waits , blues una sorprendente cover di “The ballad of Hollis Brown” di Bob Dylan, Nick Cave.
Atmosfere nere, con una discreta, ossessiva ed ipnotica batteria elettronica costantemente all’opera e scarni inserimenti strumentali.
“The big dream” è coraggioso, personale, riconoscibile, incurante di compromessi con la facile fruibilità e per questo ancora più affascinante e apprezzabile.

THE ELWINS - And I thank you
Duo canadese all’esordio con un album freschissimo, solare, pulito che spazia allegro tra Beach Boys, Beatles, il McCartney solista, XTC, Prefab Sprout, il pop di più ampio respiro 60’s e riferimenti vari al brit sound più recente (da Arctic Monkeys a Miles Kane).
Consigliatissimo in una giornata estiva.

SVETLANAS - Tales from the Alpha Brigade
Gli Svetlanas risorgono dalle ceneri dell’Unione Sovietica e direttamente dagli archivi del KGB, tornano, con il secondo album ad impartire lezioni di durissimo soviet punk.
In realtà arrivano da più vicino e sono uno dei nomi di punta del punk italiano, con i piedi ben piantati nell’hardcore californiano dei primi 80’s ma che nel nuovo lavoro viene rafforzato da una struttura non aliena a sferzate metal in stile primo Motorhead. 
Wall of sound superbo, brani potentissimi, voce super abrasiva, grande album !

STELLA MARIS MUSIC CONSPIRACY - Operation mindfuck
Grande album punk dal Granducato Hardcore toscano (di cui molti della band erano membri). Si passa da brani che potremmo mettere tranquillamente sul primo dei Circle Jerks o Dead Kennedys ad altri che sembrano presi da quelli di 999 o Vibrators.
Grande tiro, suono crudo e diretto.

BACKWARDS - Eerie thoughts collection pt. 3
I Backwards erano una creatura del genovese PierPaolo Rizzo che negli anni 80 con questo pseudonimo pubblicò alcune gemme intrise di psichedelia, beat, gusto retrò, citazioni esplicite che andavano dai primi Pink Floyd ai 13the Floor Elevators.
“Eerie thoughts...” ripropone l’album omonimo di oltre 20 anni fa più alcune saporite aggiunte di demo e rarità in cui si confermano le felice intuizioni dell’epoca, continuando a suonare attualissime, ipnotiche, accattivanti.

LAWRA - Origine
Lawra è all’esordio, alle spalle un lungo lavoro da corista per Negrita e Jovanotti tra gli altri.
“Origine” è uno splendido lavoro di fusione di pop italiano, soul (spesso non lontano dall’eleganza e raffinatezza di Sade) , funk, jazz, hip hop, sonorità caraibiche e africane.
Un melting pot sonoro denso e intenso, pieno di sapori forti, su cui la voce di Lawra si  produce in faville.
Il livello qualitativo delle composizioni e degli arrangiamenti è altissimo e non teme confronti con le migliori produzioni.

ASCOLTATO ANCHE:
MUD MORGANFIELD (è il figlio di Muddy Waters e il blues lo sa fre e bene. Roba tradizionale, nessun guizzo particolare ma suonato e interpretato come maitù vuole. Bello), SMITH WESTERNS (da Chicago, pesantemente Beatlesiani con anche tocchi di Pink Floyd e Prefab Sprout. Non male) EDITORS (inutile new new wave della new wave..mah), GARY CLARK JR (in molti lo indicano come nuova star del Blues. Mischia blues, hip hop, Hendrix e Lenny Kravitz. Alcuni spunti notevoli ma anche tanta confusione), PET SHOP BOYS (disco pop anni ’80, commerciale e prevedibile ma ben fatto), RANDALL BRAMBLETT (vecchio bluesrocker americano già con Winwood, Bonnie Raitt e altri alle prese con un vecchio rock blues, scontatissimo ma neanche male a tratti), OH SEES (garage rock, un po’ di Velvet, Pavement, psych. noia), NATIONAL (vellutati, intimisti, non male alla fine tra Talk Talk e Tindersticks but not my cup of tea)

LETTO

JURIJ GAGARIN - Non c’è nessun Dio quassù
Appassionante autobiografia di Gagarin, il primo uomo che il 12 aprile 1961, volò nello spazio. Gagarin era un convinto ed entusiasta fautore della rivoluzione sovietica, portatrice di uguaglianza e giustizia nel mondo, anche attraverso le imprese spaziali, destinate all’Umanità intera. Non fu così ma il libro, pur se a tratti prolisso nell’elenco di nomi e di particolari tecnici, è appassionante quanto lo fu la corsa allo spazio dell’epoca.

JOHN FANTE - Full of lifev Lettura divertente, spedita, (auto) ironica e auto biografica che si addentra nei tragicomici 9 mesi di gravidanza della moglie. carino.

MAX MARCHINI - Greg Lake World Sculptures
Il giornalista e musicista Marchini propone un interessante e completo excursus nella vita artistica di Greg Lake dagli esordi beat e psych con Unit 4, Shame e Shy Limbs ai palcoscenici mondiali con King Crimson, ELP e la carriera solista, oltre alle collaborazioni con Who, Daltrey e Ringo Starr tra gli altri.
Tante foto, i testi, aneddoti a profusione.

VISTO

“Il piccolo grande uomo” di Arthur Penn
Uno dei film più divertenti e allo stesso tempo crudi sull’epopea del West dalla parte degli indiani con un immenso Dustin Hoffman.

COSE & SUONI

Di nuovo in studio con Lilith and the Sinnersaints per un nuovo disco che uscirà a metà ottobre. 5 i brani registrati in omaggio ad un noto genere musicale.
E da ottobre nuove date in giro per la penisola, un video, un teaser e un Tshirt ad hoc.
In cantiere anche una colonna sonora per Natale.

www.lilithandthesinnersaints.com

https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints

Mie recensioni su www.radiocoop.it

IN CANTIERE Il 23 agosto presentazione “Rock n Goal” ad Alvito (FR) al “Festival delle storie”
http://festivaldellestorie.org/
Il libro sugli Statuto alle fasi finali (in uscita a febbraio 2014) mentre prosegue la promozione di “Rock n Goal” che in autunno si arricchirà di nuove presentazioni.
Il libro su Paul Weller l’11 ottobre per Arcana.
Per Natale un altro progetto semi letterario e particolarmente utile (a breve more info).

lunedì, luglio 29, 2013

Blur Live a Milano 28/7/2013



BLUR LIVE
Ippodromo di S.Siro 28/07/13


A cura di Alberto Galletti

Grande concerto dei BLUR ieri sera nella calura africana di S.Siro (alla fine si conteranno una quarantina di collassi portati fuori dal servizio di sicurezza).
Al ritorno sulle scene dopo un decennio circa, la famosa band inglese ha sfoderato una prestazione di altissimo livello, carichi ispirati e belli in palla, hanno trascinato un pubblico numerosissimo e motivatissimo, valutabile in 6/7000 unità secondo un amico della security che mi ha detto che è stato l’unico sold-out della stagione all’Ippodromo.

Nessun gruppo spalla (grazie al cielo) e avvicinamento al palco graduale con birrette eccetera ed un bell’incontro con un caro amico (che speravo di trovare), chiacchiere sulle solite storie calcio e musica guarda un po’ e partenza alle 21,30 con ‘Boys and girls’ tanto per mettere subito le cose in chiaro, esecuzione eccellente pubblico subito scatenato e trend della serata già fissato ad alti livelli fin dal principio.
Presenza sul palco in perfetto stile Blur: Damon Albarn in jeans clarks , camicia (Ben Sherman?) e giaccone blusa blu che si toglierà a metà esibizione (come ha fatto a risestere non so) Graham Coxon in maglietta bianca a striscine orizzontali blu tipicamente nel suo stile, Fredd Pery blu (o nera?) per Dave Rowntree e camicia bianca, bermuda di jeans per quel gran cazzone di Alex James che è scalzo, direi che anche visivamente son proprio loro.

Albarn rovescia una quantità di bottigliette d’acqua addosso a quelli delle prime file con il suo solito fare, spregovol-irrivevrente punk, il pubblico gradisce e si esalta , si passa a "Popscaene" e poi ‘There’s no other way’ esecuzioni cariche, ben eseguite trascinanti, personalmente sono abbastanza esaltato e completamente trascinato dall’ensemble band/pubblico che funziona a meraviglia , Damon Albarn canta benissimo con grande impegno per tutta la sera a pieni polmoni e senza un cedimento.
Boato per l’attacco di "Beetlebum" versione eccellente e un finale tiratissimo (con un uno due alla Dear Prudence che dura minuti sul quale Coxon spara una fila di suoni deraglianti che mi mandano in orbita, alla fine rimango di sasso, versione da paura!) Seguono ‘Out of time’, ‘Tribb Trabb’ e si arriva a ‘Caramel’ anche qui tiratissima una versione ipnotica con passaggi psichedelici, la band sul palco impegnatissima a suonare noncurante del publico, un viaggione; uuuuffff alla fine tiro un sospirone!

Ci vorrebbe ‘Coffee and TV’ mi fa a ‘sto punto il dott. Borghi, ‘pheega’ gli rispondo altro che!’ accontentati, splendida, canzone davvero splendida, accattivante, ritmo trascinante e un fuori programma divertentissimo con un fan che stava in un cartone del latte che si fa largo verso il fronte del palco e ancor prima di arrivare alla transenna viene invitato ad ampi gesti da Damon a salire sul palco, fantastico!

Lo fanno passare e va sul palco tra il visibilio del pubblico (pure il mio) divertentissimo, alla fine canta gli ultimi corertti al microfono con Albarn.
Direi un buon esempio sullo spirito della serata, divertimento, e divertimento sia!
Dopo ‘Tender’ ecco ‘Country House’, Albarn scende dal palco scavalca le transenne a viene issato in trionfo da queli delle prime file e canta l’intero pezzo da lassù formidabile noi che eravamo già abbastanza vicini (posizione Weller, per chi c’era) veniamo risucchiati fino alle prime file letteralmente a due passi da lui e restiamo li fino alla fine, la calura diventa aquasi insopportabile, l’aria è praticamente irrespirabile, ma non importa.

Seguono Parklife nel tripudio generale, cominciano ondeggiamenti e spintoni poi ‘End of the Century (splendida? E ‘This is a Low chiude il concerto. Una scaletta fantastica.
Rientrano per i bis, la qualità è eccelsa, riattaccano ‘Under the Westway’, ‘For tomorrow’, The Universal è il tripudio totale (dimenticavo anche tre coriste e un corista di colore e tre ottoni, mi pare tromba e un paio di tromboni) e potrebbe essere la giusta conclusione trionfale, ma lo stronzone ha in serbo un ‘ultimo regalo ‘Song 2’ il pubblico perde completamente la testa l’intensità del pogo è devastane un altro minuto e sarei collassato pure io, ma il vecchio rugbista viene fuori e resta in pista fino all’ultimo secondo, by the way un’altra esecuzione come si deve, la nuvola di polvere che si è alzata è enorme e non si vede più niente visibiltà tre metri.
Restano la band in attività che preferisco, direi càsula al 100% anche negi atteggiamenti, strepitosi!
Buon divertimento a Charlie che stasera li vedrà a Roma, spero che ripetano la performance.


ROMA 29/7/2013
A Roma i tempi sono stati meno milanesi e Girls and Boys ha scosso l'Ippodromo delle Capannelle verso le 22.10 e da li è stato un tripudio continuo.
Band in condizione strepitosa che con l'ausilio di 4 coriste e tre fiati ha dato vita ad un'ora e mezza di magia brit trasportando i presenti (non so quanti fossimo MA eravamo tanti davvero) in un viaggio spazio temporale a cavallo tra gli anni 90 e gli anni zero. Il mio picco della serata: The Universal, senza se e senza ma; esecuzione che mi ha procurato un brivido lungo la schiena nonostante ci fosse un caldo boia ed un tasso d'umidità tipo L'Avana ad agosto.

CHARLIE

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



FOUR BY ART - Four by art
Nel 1985 il quintetto milanese dei FB ART, grazie all’Electric Eye di Claudio Sorge, dà alla luce uno dei caposaldi della discografia mod italiana, quel primo omonimo album che con 10 fulminanti brani mischia alla perfezione la carica live e fun della band con sprazzi di pischedelia (soprattutto grazie al lavoro delle tastiere), una grande cover di “Mony mony” di Tommy James and the Shondelles, quello che considero il loro capolavoro “I’m having fun” che esalta le enormi capacità tecnica di Demetrio alla batteria e un superbo brano di Hammond Jazz come "A little bit of ice"
Album epocale che verrà replicato l’anno dopo dal meno convicente “Everybody’s An Artist With Four By Art “

HUMBLE PIE - Town and country
Il secondo album degli Humble Pie di Steve Marriott e Peter Frampton esce nel novembre del 1969, sol otre mesi dopo l’infuocato esordio di “As safe as yesterday is” ed è tutta un’altra musica, rilassata, country blues (non lontana dalle atmosfere tardo Small Faces di “The universal” e “Mad John” ad esempio) con abbondanza di chitarre acustiche, qualche tocco di sitar, percussioni varie.
Lavoro atipico in una discografia (e live acts) impostata su un rock blues dalle forti tinte hard e rimandi al southern soul con la voce si Steve che fa sempre miracoli.

GLORIA JONES - Vixen
La grande Gloria Jones (quella di “Tainted love” per capirci) dopo essersi unita ai TRex di Marc Bolan, suo compagno e da cui ha avuto un figlio , Rolan, alle prese con un buon album solista, in chiave disco soul ma interessante grazie alla stretta collaborazione con Bolan che co-firma con lei il funk “teatrale” “High” e il divertente funk disco soul “Cry baby”.
C’è anche una ripresa di “Tainted love” in chiave attuale ma che perde inevitabilmente il confronto con l’originale e due versioni funk disco della “Get in on dei T Rex.

sabato, luglio 27, 2013

Billy Bragg, il West Ham e Paolo Di Canio



Una serie di estratti da "ROCK N GOAL" (Bacciocchi-Galletti, VoloLibero Edizioni) arriccchiti da qualche ulteriore particolare, foto, aneddoto.

Billy Bragg, cantautore politicizzato, spesso direttamente accostato all’epica di Joe Strummer e dei Clash è tifosissimo del West Ham. In un’intervista ricorda che
“Ero sulle montagne della Bolivia per realizzare un documentario per la BBC e mi sintonizzai su una Tv internazionale per sapere come erano andate le Elezioni Europee.
Alla fine del programma una voce annunciò “Ed ora un risultato dalla Seconda Divisione: Oldham 6 - West Ham 0. Il mio cuore cedette.
Ero su questa montagna, lontanissimo e pensai. “Ok è dentro di me”. Non ci posso fare niente, il West Ham è dentro di me”


Billy (uno zio, tra l’altro, che , a quanto pare giocava nella Stella Rossa di Belgrado come canta in “Sexuality” "I had an uncle who once played/ for Red Star Belgrade") è l’autore di un verso immortale nel brano “Greetings to the new brunette” :
‘Come puoi startene li a pensare all’Inghilterra, quando non sai nemmeno chi ci gioca’

Nell’album “Don’t try this at home” del 1991 è incluso il brano “God’s footballer” è dedicato a Peter Knowles giocatore del Wolverhampton Wanderers negli anni 60 che si ritiro dal calcio dopo essere diventato un Testimone di Geova.
“The boy done good” da “Bloke on bloke” del 1997, composto con il chitarrista degli Smiths Johnny Marr e con l’iniziale Strange as it may seem, I once had my football dreams che introduce ad un paragone, che prosegue in termini calcistici, tra una partita e l’amore per una ragazza.

Recentemente, nell’aprile del 2013, ha mandato un inequivocabile messaggio da un palco di Seattle al neo allenatore del Sunderland Di Canio (dichiaratamente fascista)
“Paolo Di Canio ha detto di non essere un razzista ma un fascista, come se i nqualche modo la cosa fosse più rispettabile. Bene, ho un messaggio per te, Mr. Di Canio, . Tutti voi fascisti siete destinati alla sconfitta ! “

venerdì, luglio 26, 2013

Ringo Starr - Stop and smell the roses



Prosegue la rubrica GLI INSOSPETTABILI, ovvero quei dischi che mai e poi mai riterremmo degni di un ascolto e che invece , a quanto pare, così male non sono...

RINGO STARR, dopo i Beatles ha avuto un attimo di notorietà artistica con lo splendido 45 giri "It don't come easy" e con il riuscito album "Ringo per poi essere relegato a ruolo di macchietta, indegno di considerazione da critica e pubblico (con l'eccezione dei fans incalliti).

Eppure non tutto è così negativo, a partire da "Stop and smell the roses" del 1981.

La crisi creativa ma soprattutto commerciale dei precedenti lavori e la conseguente cancellazione del contratto discografico con la Polydor, aveva lasciato per un po’ Ringo lontano dagli studi di registrazione.
In cui torna a metà del 1980 per un nuovo lavoro in cui ritorna ad affidarsi all'aiuto dei vecchi amici Paul e George oltre a Stephen Stills e Ron Wood.
Venne pianificata anche una session di registrazione per il gennaio del 1981 di due brani di John Lennon ma il destino lo portò un mese prima.
Ringo decise così di non utilizzare “Nobody told me” (che finì poi su “Milk and honey di Lennon e Yoko Ono nel 1984) e “Life begins at 40” (destinata invece al box set John Lennon Anthology” del 1998).
Originariamente intirolato “You can’t fight lighning” , “Stop and smell the roses” riporta luce sulla devastata carriera solista del nostro, grazie al pesante e decisivo intervento di Paul e George che compongono, suonano e producono.

Paul compone e suona con anche Linda gli ottimi e scanzonati “Private property” e “Attention” e produce il classico country di Carl Perkins “Sure to fall”.
Paul è anche alla batteria (Ringo alla chitarra !) nella strampalata jam session ( bonus track non compresa, fortunatamente nell’album originale) “You can’t fight lightning”.
George Harrison regala (e suona la chitarra) la convincente e riuscita “Wrack my brain” (uscita anche come singolo) e produce il classico dei 50’s “You belong to me”.
Propose a Ringo (e registrarono anche un demo) anche “All those years ago”, rifiutata perchè di tonalità inadatta alle sue capacità vocali.
Il brano divenne l’omaggio a John nell’album di George “Somewhere in England” (con lo stesso Ringo e Paul come ospiti).

E che lo spirito dei Beatles aleggi pesantemente su questo album lo testimonia la ripresa finale del singolo “Back off the boogaloo” (brano già uscito come singolo nel 1972) riarrangiato per l’occasione.
Introdotto da un frammento del suo singolo d’esordio “It don’t come easy” cita vari brani dei Beatles (da “Lady Madonna” a “Good day sushine”, da “Help” a “With a little help..”).

Il resto è ordinaria amministrazione e i contributi di Stills, Wood e Harry Nillson sono dignitosi pur se non particolarmente ispirati.
Da annotare il “manifesto” per il perfetto batterista scritto da Harry Nillson “Drumming is my madness” filastrocca dal testo elementare (quanto i brevi stacchi di batteria, condivisi con Jim Keltner, che ci ricordano che il nostro non è solo un cantante.
(Drumming is my madness/Drumming is my business / Drumming is my pleasure / Drumming makes me happy / Drumming makes me lose control / Drumming makes me rock and roll, yeah / Drumming makes me crazy / Drumming is my hobby /Drumming is a friend of mine)
L’album non risolleverà molto le sorti della carriera di Ringo ma contribuirà ad estrarlo dalle macerie e dall’oblio in cui si dibatteva da anni.
La RCA insoddisfatta dalle scarse vendita romperà il contratto poco dopo.

mercoledì, luglio 24, 2013

Jurgen Sparwasser



Uno dei calciatori più noti nell’immaginario di quelli della “mia generazione” è JURGEN SPARWASSER, mezzala della GERMANIA EST, una buona carriera con il MAGDEBURGO (tre scudetti e la Coppa delle Coppe 73/74 - 2-0 al Milan) e con la Nazionale (un bronzo alle Olimpiadi del 1972) con cui giocò 48 partite, segnando 14 gol.
Ma il suo nome rimane legato al gol che segnò alla Germania Ovest nella Coppa del Mondo 1974 ad Amburgo relegando gli avversari al secondo posto nel girone.
Sparwasser si ritirò nel 1979, scappò poi all’Ovest nel 1988 dopo una partita tra vecchie glorie.
In una recente intervista le parole, disincantate, secche e divertite di Sparwasser.

"Quel giorno al Volksparkstadion gli 8.500 tedeschi arrivati ad Amburgo con i treni dall'est e con un visto turistico che durava giusto il tempo della partita, alzarono le braccia. Per il gol sì, ma anche per tutto quello che significava. Quella rete diventò per un anno la sigla di molti programmi sportivi. E dopo la caduta del muro, per ricostruire un'identità sportiva collettiva, tutti chiedevano all'altro: dov'eri quando Sparwasser segnò?»

Anche da noi le partite venivano trasmesse in tv, tanto che a quell'ora le strade erano deserte.
La Ddr era sicura.


A proposito della vigilia

La Ddr si aspettava una disfatta. Quanti ne becchiamo?, di questo si parlava. Noi contavamo sul catenaccio, non avevamo tattica, arrivavamo al calcio come scarti di altre discipline, spesso dall'atletica.
Loro erano star internazionali.
Avevano la reggia prussiana di Beckenbauer, mentre noi eravamo solo degli onesti somari.
Non so perché, forse presi dal panico, cominciarono a buttare tutti palloni alti. Muller era piccolino, noi più grossi. E poi Beckenbauer disse quel nome: Waterloo».


E dei premi favoleggiati per la vittoria

Avevamo pattuito un premio di 2.500 marchi a giocatore se la nazionale avesse raggiunto la seconda fase.
Regali che andavano oltre, erano impensabili nella Ddr.


Sul calcio moderno televisivo

A cambiare è soprattutto la geografia dei media, la televisione è diventata predominante e insieme a lei la sofisticazione tecnologica: oggi lo spettatore viene sommerso di immagini.
Nel 1974 le riprese erano ad angolazione fissa, fatto che permetteva una netta divisione dei ruoli: giocatori, arbitri, spettatori».


Varie

Ho segnato all'ovest calciando il pallone dall'est, e poi nell'88 sono scappato al di là del muro. Chiaro che i funzionari non hanno preso bene la mia fuga: "No, Sparwasser, lui proprio no"».
Grazie al calcio è tornato il patriottismo in Germania E stavolta va bene.
E' un patriottismo buono, moderno, senza le lugubri complicità del passato.
L'identità tedesca è sofferta, si rischiava di essere definiti di destra se solo si diceva di essere tedesco. C'erano tempi in cui i giocatori della nostra nazionale davano l'aria di essere costretti a giocare per la Germania.
Quasi vergognandosi. Adesso la situazione è cambiata, sono tutti più entusiasti.
Prima se agitavi la bandiera ti davano del militarista, adesso ti prendono per tifoso. Bel passo avanti, no?»
.

Fonte: http://www.storiedicalcio.altervista.org/
Testo Emanuela Audisio

martedì, luglio 23, 2013

Paul Mc Cartney e i Ramones



Dal 20 al 28 maggio del 1960 gli allora SILVER BEATLES andarono in tour in Scozia come band di una tale Johnny Gentle, decidendo di usare degli pseudonimi.

Ricorda Paul McCartney:
Decidemmo di cambiare nome, come speso facevamo per gioco.
Io divenni Paul Ramon che mi sembra essere piuttosto esotico.
Mi ricordo le ragazze scozzesi che mi dicevano: “E’ il tuo vero nome? Grande, è francese, Ramon”.
Stuart (Sutcliffe) divenne Stuart De Stael (dal pittore), George Carl Harrison (in omaggio al suo idolo Carl Perkins) e John si fece chiamare Long John.


Nel 1974  Douglas Colvin, John Cummings, Thomas Erdelyi incontrarono Jeffry Hyman a New York a Queens e formarono una band.
Colin, grande fan di Paul McCartney decise di chiamarsi Dee Dee Ramone e convinse gli altri a scegliere come nome RAMONES e a utilizzare lo stesso pseudonimo.
Cummings diventò così Johnny Ramone, Erderly Tommy Ramone e Hyman, Joey Ramone.

Nel 1969 Paul McCartney riutilizzò il nome Paul Ramon partecipando al singolo della Steve Miller Band “My dark hour” suonando batteria, basso e facendo i cori.

lunedì, luglio 22, 2013

Il guadagno dei musicisti



Il quotidiano inglese Guardian ha pubblicato una piccola guida sulle fonti di guadagno dei musicisti, visto che è ormai noto che la prioritaria non è più certo quella della vendita dei supporti fonografici.
Si parla di dati riferiti all’Inghilterra paese ancora in buona salute in ambito musicale.
Facciamo pure le debite proporzioni con l’Italia....

Cd e download
La cifra guadagnata per ogni cd venduto è tra 1,02 e 1,44 sterline (da 1,17 euro a 1 euro e 60) e tra i 10 e 14 centesimi di sterlina per il download di una singola canzone (da 11 a 16 centesimi di euro). All’autore vanno 80 centesimi per il disco (92 centesimi), e 8 centesimi di sterlina (meno di un centesimo) per il download di una singola canzone.

Radio
Un passaggio su Bbc radio 2 fa guadagnare all’autore circa 68 euro.

Concerti
I live possono far guadagnare agli artisti che si esibiscono dalle 75mila sterline (86mila euro) ai 2 milioni di sterline (2 milioni e 300mila euro) se si tratta di artisti famosi.

Tv
Come sigla di un programma televisivo, una canzone può far guadagnare 40mila sterline da dividere tra i musicisti e la casa discografica.

Film
Circa 100mila euro, per un brano usato come colonna sonora di un film da dividere tra artista e casa discografica.

Pubblicità
Tra le 300mila e le 400mila sterline (460mila euro) per una canzone originale concessa per un periodo limitato di tempo a una campagna pubblicitaria.
La cifra raddoppia se il brano è esclusivo.

Sponsorizzazione di un prodotto
Da marchi di abbigliamento a bevande energetiche, gli artisti ricevono dalle 400mila sterline in su.

domenica, luglio 21, 2013

Intervista a Radio 24



Oggi alle 10.20 intervista a RADIO 24, emittente radiofonica del Gruppo 24 ORE, su "Rock n Goal" e altro.

sabato, luglio 20, 2013

I Cult e il calcio



Una serie di estratti da "ROCK N GOAL" (Bacciocchi-Galletti, VoloLibero Edizioni) arriccchiti da qualche ulteriore particolare, foto, aneddoto.
A cura di Alberto Galletti.

Nelle foto: Bill Duffy in azione
Bill Duffy e Noel Gallagher parlano del City
Ian Astbury tifosissimo dell'Everton


IAN ASTBURY

Mi portarono a Goodison Park quando avevo quattro anni, sciarpa bianco-blu al collo e da allora fu Everton.
Tifoso dell’Everton è per me un po riduttivo ha dichiarato Ian Atsbury in un intervista dell’estate 2012, mi definirei piuttosto un devoto dell’Everton Football Club.

Riguardo la stagione 2012 che si era appena conclusa afferma ‘Il gioco è cambiato, non è più quello di una volta, ma David Moyes (l’allenatore) ha fatto davvero un grande lavoro, purtroppo andra al Manchester United, è solo una questione di quando andrà, ma andrà, è già scritto (e ci ha azzeccato! Verrà assunto nel maggio 2013, ed è in carica dal 1° luglio 2013).
Non avremmo comunque avuto possibilità vere di lanciare una sfida per il titolo, se non in caso di un’accidentale iniezione di milioni (di sterline) come è successo al Manchester City.

La sua devozione per il gioco del calcio si rifà al suo periodo pre-adolescente, quando viveva a Glasgow, città notoriamente ‘devota’ al gioco del calcio e da esso divisa in due accese fazioni.
Ha giocato per Possil YM la stessa squadra in cui sia Archie Gemmill che Kenny Dalglish hanno militato quando erano alle medie.

Ero in squadra con Graeme Sharp allora (attaccante che giocherà poi con l’Everton 11 stagioni stabilendo il record di gol per il club nel dopoguerra :159 in 426 presenze, divenendone il capitano e vincendo i campionati del 1985 e del 1987, la FA Cup del 1984 e la Coppa delle Coppe del 1985),eravamo vicini di casa, poi lui venne preso dal Dumbarton (piccolo club vincitore dei primi due campionati scozzesi) quando lasciò la scuola, avrei potuto giocare anche io allo stesso livello, ma decisi di prendere un’altra strada.

Ho fatto diversi provini per club professionistici da teenager, ero un ala avevo la velocità e la fantasia di un argentino, ero dotato tecnicamente con visione di gioco e creatività, giocavo sia a destra che a sinistra ad ogni modo i terzini avversari mi falciavano regolarmente.
Trovo molto difficile parlare di calcio serenamente mi causa sempre passioni contrastanti, sbalzi di umore tremendi, ma mi piace sempre tantissimo anche se può distoglierti completamente dalla musica ad esempio prendi Billy (Duffy) è andato a Manchester per la partita scudetto del City e non è ancora tornato.

BILLY DUFFY

E’ partito appositamente dalla sua casa di Los Angeles volo direto a Manchester dove si è incontrato prima con Johnny Marr (ex_Smiths e anch’egli grande tifoso del City) e sono andati alla partita che, vinta all’ultimo respiro, ha consegnato al Manchester City il primo titolo di Campione d’Inghilterra in 44 anni; Duffy ammette di ricordare i campacci sui quali mi recavo con mio padre quando il City imboccò una discesa che pareva inarrestabile verso le serie inferiori inglesi.
La Dunlop gli fornisce i plettri per la sua chitarra azzurri, stesso colore del Manchester City, appositamente personalizzati, quelli normalmente in vendita sono color oro, per la tournee del 1991/92 aveva solo plettri con stampato sopra lo stemma della squadra.
Entrambi giocano per l’Hollywood FC in California, del quale sono stati fondatori con il grande ex-teppista dei rettangoli verdi Vinny Jones e altre celebrità dello spettacolo anglo-americane.

venerdì, luglio 19, 2013

Marco Masini "Scimmie"



Si apre per mano di ANDREA FORNASARI (AndBot) la rubrica GLI INSOSPETTABILI, ovvero quei dischi che mai e poi mai riterremmo degni di un ascolto e che invece , a quanto pare, sosì male non sono...

Marco Masini doveva essere, almeno da parte mia, l' insospettabile per eccellenza: al di là di una voce notevole non riuscivo a trovare davvero nulla di interessante nella sua musica.
Si trattava di un cantante italiano di musica leggera, l' ennesimo neo-melodico di quel filone romantico e sentimentale che cercava di farsi strada nelle classifiche, e che ci riusciva alla grande: tormentoni radiofonici e notevole successo di pubblico.
Rispettabile ma totalmente avulso dai miei gusti.

Quindi? Niente, succede che dopo quindici anni dei quali manco mezzo minuto speso appresso al buon Masini, un amico fidato in materia musicale mi fa: Andrea, dai una possibilità a "Scimmie", vedrai che non resterai deluso.
In realtà i toni erano decisamente più entusiastici ma il senso era quello.
E così faccio, cioè l' ascolto con tutto il mio bagaglio di pregiudizi a tenermi compagnia.
Solo che, com' è come non è, dopo qualche brano la questione inizia a cambiare.

Un pezzo come "Falso" mi spiazza perchè quel basso distorto non me l' aspettavo, perchè il tiro c' è tutto e non posso far finta di niente.
Ma dopo è ancora meglio, o peggio, dipende dalle interpretazioni, fra svolazzi prog 70's e chitarre decise e graffianti, synth atmosferici e suggestioni che mai avrei pensato.
I testi sono lontanissimi dalla rima baciata e dai temi masiniani classici, c' è cattiveria unita a consapevolezza, perfino poesia: la title-track è dura e melodica al tempo stesso, quasi un omaggio all' hard-rock dei Toto.
"Ali di cera" è un pop acustico che cede il passo ad un arrangiamento più orchestrale mentre la voce si impenna passando dall' intimismo all' emotività piena con un finale di echi prog.
Non mancano le ballate:
"Fino a tutta la vita" è raffinata e piacevole, "Il fiore" è rilassato lounge-pop con un testo sopra la media nazional-popolare, "Fuorigioco" una canzone d' amore che segue canoni poco ortodossi.
"Profondo porpora" sembra perfino acida, una cavalcata elettrica e corale, trascinante ed epica con arrangiamenti ricchi e di gran classe: i brani si susseguono in quello che potrebbe essere un concept album che mira alla caduta dell' uomo moderno, senza risparmiarsi nulla.
Nessuna auto-commiserazione, bensì uno scatto d' orgoglio che sembra sincero.

Non mancano nemmeno gli episodi sentimentali ma una canzone come "Il posto delle fragole", con il piano che finalmente (viene quasi da dire) fa capolino e una vocalità sempre in primissimo piano è una vera love-song.
In "Lungomare" indovina il brano estivo, melodico e dal ritmo accattivante, leggero e orecchiabile come deve essere, ma tutt' altro che disprezzabile con le chitarre che "girano" in direzione Oasis, uno strano omaggio ad una delle loro hits più conosciute.
"Togliti la voglia" è pop psichedelico e straniante.

Le sonorità mischiano anni settanta e ottanta, frullandoli con il rock contaminato (quello più da classifica, chiaro) dei novanta: il risultato è un album degnissimo, oserei dire sperimentale, senza dubbio completamente diverso dagli standards del Marco Masini abituale.
Una "stranezza" che il pubblico masiniano non capirà.
Non ho idea di cosa abbia combinato Marco Masini dopo questo lavoro, se sia stata una scelta commerciale non riusciuta o un tentativo di emancipazione: fatto sta che ci sono rimasto male.

giovedì, luglio 18, 2013

Le porno copertine



Talvolta le copertine sono state censurate per motivi risibili, altre volte cambiate in corso d’opera per timore di stop da parte della casa discografica.
Altre volte in un un modo e nell’altro sono arrivare in stampa con immagini inequivocabili per quanto non del tutto esplicite.

Avevamo già affrontato un argomento simile qui:

http://tonyface.blogspot.it/2012/02/le-copertine-scandalose-e-censurate.html

A cominciare da “If fit when i wa a kid” dei LIARS del 2005 in cui con un (poco abile) fotomontaggio i membri (ehm...) del gruppo sono raffigurati in una situazione piuttosto particolare.
Nessun dubbio sul significato (a partire dal nome del gruppo) di “Let them eat pussy” dei NASHVILLE PUSSY tanto che la posa di Nicole Eggert, attrice di “Baywatch” in “Lemonade and brownies” dei SUGAR RAY potrebbe essere giudicate perfino elegante.
Suscitò polemiche “Amorica” dei BLACK CROWES con una foto del 1976 presa dalla rivista “The hustler”, più che altro per la presenza della bandiera americana in un luogo giudicato poco adatto per le istanze patriottiche.
I DWARVES in “Come clean” riescono ad essere quasi innocui quanto le SLITS nell’esordio “Cut” mentre rimane epica quella dei metal heroes HURRICANE con “Slave to the thrill”, poi censurata.
Di cattivo gusto e di sapore pedofilo “Virgin killer” degli SCORPIONS del 1976, ginecologica quella del rapper POOH MAN in “Funky as I wanna be”.
In ogni caso in ambito rap, nella disco anni 70 e nel metal le copertine a sfondo sessual/sessista con derive porno sono frequenti e di gusto difficilmente confondibile.....

mercoledì, luglio 17, 2013

Barry Godber e In the court of the Crimson king



BARRY GODBER (nella foto in bianco e nero) è l'autore di una delle copertine più iconiche della storia del rock, "In the court of the crimson king" dei KING CRIMSON, pubblicato il 10 ottobre 1969.

Godber, amico del paroliere Pete Sinfield, portò il suo dipinto al Wessex Studio dove la band stava registrando ed aveva appena concluso un nuovo brano "21st century schizoid man".
Ricorda Greg Lake che non appena aprì l'involucro e mostrò il quadro rimasero tutti attoniti.
L'immagine rappresentava alla perfezione il tema del brano appena concluso (e di cui Godber non sapeva nulla) e non ci fu alcun dubbio che quella sarebbe stata la copertina.

Godebr morì per un infarto, appena 24enne, nel febbraio del 1970.

Il quadro è conservato a casa di ROBERT FRIPP.

martedì, luglio 16, 2013

Topper Headon



Da una recente intervista a Topper Headon al Guardian alcune affermazioni, aneddoti e lucidi e spietati ricordi dei tempi dei Clash e della sua passione per l’eroina da cui è uscito permettendogli di portare avanti la sua attività di taxista...

“Joe non mi avrebbe mai buttato fuori dal gruppo se non fossi stato un tossico da eroina all’ultimo stadio, che devatstava gli alberghi ed era sempre in ritardo alle prove.”

Incominciò a suonare la batteria a 13 anni dopo che la rottura di una gamba spezzò le sue ambizioni di calciatore e fu consigliato da un dottore di suonare uno strumento per sedare la frustrazione.
Dopo sei mesi era già batterista di una jazz band.
Incontrò a Londra Mick Jones che era alla ricerca di un batterista, dopo che con Mick aveva suonato brevemente nei London SS (“ma erano tutti capelli lunghi e roba afgana”).
Lo aveva da poco visto sulla copertina del NME con Paul e non esitò ad accettare il posto per 25 sterline a settimana.
Fu rivestito a puntino in stile punk, capelli corti e iniziò con la domanda ricorrente
“ Starò facendo la cosa giusta ? ero nel gruppo da una settimana, dovevo negare di essere sposato, ero molto intimidito, dovevo lasciare perdere il mio giro ed entrare nella gang”
La sua vita diventò un circolo ininterrotto di prove, concerti, studio di registrazione.
Il produttore di “Give em emough rope” lo chiamava “the human drum machine” per la precisione:
“Ero al massimo della forma ai tempi, non facevo mai un errore, tutto quello che facevo era suonare, suonare, suonare.
Poi in tour scoprii l’alcool e allora tutto quello che incominciai a fare fu bere, bere, bere.
Mick mi introdusse alla cocaina e tutto diventò coca, coca, coca”


Topper amava essere in tour ma gli altri della band nei giorni senza concerti riposavano in hotel mentre lui, ormai troppo dentro alla droga, non riusciva a sopportare queste soste.
“Arrivai a prenderla di continuo anche durante i concerti, ogni tre canzoni, quando si spegnevano le luci il mio roadie era pronto con uno specchio e qualche linea di coca”
Anche se erano piuttosto critici verso le abitudini di Topper anche gli altri no nsi risparmiavano.
Solo che: “una sera mi ubriacavo con Joe, l’altra con Paul, l’altra ancora con Mick, grande , ci si divertiva in continuazione. Ma non mi accorgevo che ero il solo che lo faceva costantemente”

L’eroina arrivò velocemente e Topper con il consueto zelo le si dedicò totalmente diventando talmente incontrollabile e autodistruttivo che gli altri della band chiedevano negli hotels una camera in piani differenti da quello del batterista.

Quando nel 1982 arrivarono in Giappone e fu impossibile trovare droga, Topper si rifiutò di suonare fino a quando il manager locale gli propose una bombola di ossigeno sul palco per rigenerarlo ad ogni down....solo così riuscì a portare a termine il primo concerto...nel secondo danneggiò la maschera e si infilò direttamente il tubo in bocca, dove teneva anche una sigaretta accesa, scatenando il panico e una rissa tra lo staff locale e i roadies.
Solo attraverso un inglese approssimativo riuscirono a spiegare che “fuoco...ossigeno..esplosione”.
"Sarei stato il primo batterista ad esplodere sul palco.
Questa è l’autodistruzione al massimo !”

Joe, esasperato decise di concedergli un’ultima chance al successivo concerto ad Amsterdam.
“Non sapevo che ero controllato e che era la mia ultima possibilità.
Nei camerini strappai lo specchio dalla parete di fronte a cui si stavano sistemando i capelli e ci tirai una lunga striscia di coca”

Gli altri tre si guardarono silenziosamente e poco dopo Joe, mezzo ubriaco, disse ad un giornalista che Topper era licenziato.
Qualche mese dopo essere stato in una delle più grandi rock n roll band del mondo Topper era in un gelido squat senza finestre a Fulham mentre i Clash giravano gli States sull’onda del successo di “Rock the Casbah”, brano quasi interamente composto e suonato dal batterista.
L’amico PETE TOWNSHEND gli offrì l’opportunità di suonare con gli WHO che avevano scelto proprio i Clash come supporters.
Quale migliore rivincita ?
Ma Topper, nel suo classico stile, fatto e strafatto, cadde da un tetto e si ruppe una gamba...
Poco dopo formò una band con Pete Fardon recentemente licenziato dai Pretenders per la sua dipendenza da eroina, prodotti da Rob Stoner (altro tossico) della band di Bob Dylan e Pete Townshend (anche lui in lotta con la tossicodipendenza).
Fardon morì poco dopo.
Pete disse a Topper “Tu sei il prossimo”

Appena dopo Jones fu buttato da Joe fuori dai Clash e andò così a cercare Topper per farlo entrare nel suo nuov oprogetto Big Audio Dynamite portandogli anche la buona notizia che avrebbe avuto 200.000 sterilne (l’equivalente odierno di 750.000) di buona uscita.
“Chi vuole ripulirsi con 200.000 sterline in banca ? Dissi, ci vediamo, Mick!”

E in 18 mesi i soldi finirono e non gli rimase più neanche un mobile in casa.
fece uscire il pur ottimo, ma ignorato da critica e pubblico, album solo ”Waking up” nel 1986, venne arrestato, fini in un ricovero per homeless.
“Questo periodo è stato...orrendo”

Tornò a Dover dove diventò l’ubriacone del “villaggio” che gira i pub, urla alle auto barcollando per strada, contrasse l’epatite C, tornò all’eroina, tento la disintossicazione per 13 volte senza successo.
La quattordicesima funzionò.
“Non so perchè, qualcosa è successo, mi sentii di nuovo parte della vita. Da allora sono rimasto pulito”.
Fondò l’Anonima Narcotici di Dover, si occupò della prevenzione dell’epatite C, ogn i tanto (ci sono alcuni video su youtube) suona qualcosa ospite di qualche gruppo nei pub di Dover, è apparso anche con Mick nei Carbon/Silicon per un paio di brani dei Clash.
Ricorda che Strummer non era contento di come erano finiti i Clash, a suonare nei grandi stadi, l’antitesi di quello che avrebbero dovuto essere.
“Finì con licenziare tutti, invece di andarsene lui.
Con me non aveva scelta, ero in uno stato....eravamo ragazzi, chi se ne importa ora ?”

Joe ammise che “non abbiamo più suonato un buon concerto dopo l’uscita di Topper”
Topper
“E’ stata la cosa migliore che poteva succedere, abbiamo fatto musica fantastica, meglio finire al top.
Anche se le rock stars sono come i cattolici. Posson oanche smettere ma rimarranno sempre rock stars”


“In ogni caso avrei dovuto morire io, non Joe"

lunedì, luglio 15, 2013

La musica ai tempi della registrazione digitale



Greg Lake (King Crimson, ELP e tanto altro) in un interessante libro di Max Marchini, “World Sculptures” a lui dedicato, dichiara più o meno, molto banalmente ma non troppo:

“Un buon brano rimane tale anche s registrato in maniera pessima, basti pensare ai classici blues o a certo materiale della Motown. Puoi andare nel migliore studio di registrazione e utilizzare la migliore tecnologia ma se la qualità della musica è pessima rimarrà tale”.

Di ritorno da un intenso weekend di registrazione con Lilith and the Sinnersaints posso però dire quanto invece la tecnologia aiuti anche la qualità artistica della musica. La tecnologia di registrazione moderna permette a tutti di incidere dischi (fino alla fine degli anni 70 li incidevano solo i professionisti o quasi) e permette di correggere, “pulire” scorie di vario tipo, aiutare batteristi imprecisi, chitarristi non impeccabili, cantanti non intonatissimi etc etc.

LIVELLANDO un po’ il tutto in alto, forse APPIATTENDO il talento, togliendo forse spontaneità ma consegnando alle orecchie un risultato migliore.

sabato, luglio 13, 2013

I Rolling Stones e il calcio



Una serie di estratti da "ROCK N GOAL" (Bacciocchi-Galletti, VoloLibero Edizioni) arriccchiti da qualche ulteriore particolare, foto, aneddoto.

Nelle foto: Ron Wood alla partita Barcellona-Milan 4-0 al Nou Camp con la moglie
Mick Jagger durante un'Inghilterra-Germania
Mick Jagger con Pelè
Il tifoso del Crystal Palace, Bill Wyma
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Sir Mick Jagger è un grande appassionato di calcio, cresciuto in una famiglia di tifosi dell’Arsenal, tifa Arsenal egli stesso.
“Vado alle partite di rado ammette, ma mio figlio maggiore va ogni settimana. Siamo sempre stati una famiglia di grandi tifosi.
Non ho mai giocato a calcio a scuola, ne ho frequentato dove si giocava solo a rugby, si organizzava qualche partita di calcio nel week-end, fuori dagli orari scolastici, comunque sono sempre stato un calciatore piuttosto scarso”
Ha visto dal vivo tre edizioni della Coppa del Mondo 1998 in Francia, 2006 in Germania e 2010 in Sud-Africa, sempre al seguito dell’amatissima Inghilterra, ma per motivi familiari ha visto anche partite di USA e Brasile.

Il suo ricordo migliore è legato a Inghilterra-Argentina del 1998 a St.Etienne terminata con l’eliminazione ai rigori dei bianchi:
“Ma fu una partita straordinaria.
Non ho ricordi del mondiale ’66 dio solo sa dov’ero, negli USA, in tour, boh? Sono stato anche agli Europei, ma non ricordo bene quali, faccio un po di confusione”<
BR> La sera dell’ 11 luglio ’82 mentre l’Italia sfidava la Germania Ovest nella finale del mondiale, i Rolling Stones tenevano uno storico concerto allo Stadio Comunale di Torino, tutto esaurito per l’occasione.
Mick Jagger si presentò sul palco con la maglia della nazionale azzurra n.6 e prima di iniziare annunciò che l’Italia avrebbe vinto 2-0!
Poi attaccò con “Start me up!”.....

Restando in ambito Rolling Stones Keith Richards ha rivelato nella sua autobiografia “Life” di essere stato un grande difensore e di aver fatto dei provini per le giovanili del Brentford ma di aver lasciato per occuparsi di musica e…droghe.
Anche se la madre Doris Richards in un’altra intervista sembra smentirlo dicendo che Keith era un ragazzo con un grande senso artistico che non amava il calcio.
"Se un pallone gli rotolava vicino lui se ne allontanava. Lo andammo a vedere giocare, odiava ogni scontro, non voleva sentire del male. Non voleva stare dalla parte dura della vita. Solo disegnare e dipingere".

Ron Wood è invece un fan del West Bromwich Albion I miei fratelli erano grandi tifosi  e ho sempre avuto un debole per loro. Il WBA era grande nei 50’s. E’ come per i miei figlie che tifano Arsenal e Chelsea anche se l’Arsenal è sempre stato un po’ migliori.

Bill Wyman è invece un ferreo sostenitore del Crystal Palace:
“Sono un uomo del Crystal Palace essendo cresciuto a Lewisham. Era un bel posto quello e lo è ancora se solo si riesce ad evitare i tifosi del Millwall.
Bastardi. Sono contento quando fanno un campionato di merda”


Di Charlie Watts (la cui passione è più rivolta al cricket) si è scritto che avrebbe una squadra di calcio, i Wembley Angels ma non ne ho trovato traccia

venerdì, luglio 12, 2013

Stefano Giaccone, Peppe Servillo e una sera nella profonda provincia piacentina



Foto Piacenzasera.it

A Gragnano, provincia più o meno profonda di Piacenza, non è che succeda quel granchè tutto l’anno. Neanche a San Nicolò che è 5 km più in là.
Poi capita che una sera, torrida come si conviene, d’estate succedono due belle cose.
A Villa Marchesi suona il PEPPE SERVILLO QUINTET alle 21.30 (che poi sono le 22 perchè c’è mezzora di pistolotto di presentazione e di ringraziamente ma ci sta pure) e alle 23 a S.Nicolò c’è STEFANO GIACCONE al “Melville”. Così in 5 km mi becco due mondi, che forse sono lo stesso o forse no e la serata diventa bellissima.

Perchè Servillo è un grande teatrante, ottimo cantante e si accompagna ad una band con Javier Girooto al sax in grande forma, snocciolando brani di varia provenienza (da Avion Travel a Conte) riarrangiati talvolta con un gusto jazz fusion che sembra riportare ai primi album del Perigeo.
In verità dopo un’oretta non se ne può più della teatralità napoletana e della raffinatezza jazz etc etc ma per fortuna il concerto finisce e ci si butta in auto per fare i 5 km, con sosta per estrema minzione in un campo di frumento appena trebbiato e si arriva al “Melville” di San Nicolò, gran bel locale di recente apertura dove mi aspetta STEFANO GIACCONE “vecchia” roccia della scena (Franti, Environs, Kina, Orsi Lucille, Howth Castle, La banda di Tirofisso e una lunga serie di esperienze soliste).

Ci incontriamo per la prima volta dopo esserci sfiorati per decenni sui palchi di mezza Italia.
Ci siamo accordati per fare UNO o DUE brani insieme, io con rullante e spazzole, lui voce e chitarra.
E così salgo a fare “London calling” e già che ci sono “Crossroads” di Robert Johnson.
E “Ain’t got no home” di Woody Guthrie no ? E figurati se salto “I’ll come running” di Sam Cooke e poi “Transmission” dei Joy Division in medley con “Run run run” dei Velvet Underground e poi i Kina e poi non mi ricordo perchè dal palco non sono più sceso e per quella strana magìa che capita a volte, sembrava avessimo suonato insieme da sempre.
E in fondo è così

giovedì, luglio 11, 2013

Bertrand Russell



Spazio ad ANDREA FORNASARI che ci introduce al mondo di BERTRAND RUSSEL.

Il 2 ottobre 1948 un uomo di 76 anni si salva da un disastro aereo lanciandosi in mare e raggiungendo la terra dopo parecchie miglia a nuoto.

Morirà il 2 febbraio 1970 all' età di 98 anni per le complicazioni di una influenza: quest' uomo si chiamava BERTRAND RUSSEL e fu un filosofo, un matematico e un logico, nonchè un attivista pacifista (per la quale attività fu anche imprigionato per un periodo di sei mesi) e uno strenuo difensore del buon senso in opposizione a tutti i sistemi dogmatici e alla nozione vittoriana di moralità (lui era nato in Galles):
ebbe quattro mogli e scrisse un centinaio di libri, molti di questi considerati autentiche pietre miliari in ambito filosofico e matematico.
Se può esistere una vita razionale e creativa, allora quella di Bertrand Russell ne è un grande esempio.

Bertrand Russell a proposito di Martin Heidegger: "La sua filosofia è estremamente oscura e la sua terminologia molto eccentrica. Non si può fare a meno di sospettare che qui il linguaggio stesso sia in rivolta".
Albert Einstein a proposito di "Storia della filosofia occidentale" dello stesso Russell: "Un libro prezioso, che non so se sia da ammirare più per la deliziosa freschezza, l' originalità o la sensibilità con le quali questo grande pensatore ha penetrato epoche e mentalità remote. E' una grande fortuna per il nostro tempo, così arido e persino brutale, poter vantare la presenza di un uomo così saggio, onesto, ardito e arguto".

E' davvero difficile condensare in poche righe la vita e le opere di un uomo così straordinario: di cosa parlare? Della sua attività di logico e matematico? Il famoso paradosso "del barbiere" è ormai noto anche a chi non si interessa di queste materie ma è forse importante sottolineare questo aspetto: Russell stava cercando (insieme ad altri) di ridurre la matematica ad un concetto di logica e tuttavia il paradosso in questione "smonta" il tentativo. Ecco, ciò dimostra la grande onestà intellettuale di questo pensatore anticonformista.

Di "Storia della filosofia occidentale" alla quale si è accennato appena sopra si può dire che è davvero un capolavoro di sintesi e di chiarezza espositiva, un quadro completo dello sviluppo del pensiero filosofico, all' interno del quale i singoli pensatori sono collocati nel loro contesto storico e sociale a dimostrazione che l' opera di un filosofo non sorge mai isolata, bensì riflette ed elabora i pensieri e i sentimenti che sono comuni alla società di cui fa parte. L' opera di Russell, priva di difficoltà terminologiche e tecniche, rappresenta uno dei migliori e più conosciuti esempi di divulgazione filosofica.
Un ottimo complemento a questo libro è senz' altro "La saggezza dell' occidente" che si occupa più in dettaglio dei filosofi moderni, da Kierkegaard, a Croce, Jaspers, Sartre e altri. Di Heidegger, ad esempio, dà il tagliente giudizio che ho posto all' inizio.

Tralasciando i testi più "professionali", per gli "addetti ai lavori", direi che ci sono altre letture semplici e straordinariamente preziose:

"Misticismo e logica": i due impulsi vitali spesso in contraddizione ma che comunque rappresentano il motore della ricerca, analizzati con la consueta imparzialità oggettiva da Russell.

"Matrimonio e morale": nel 1929 questo saggio fu considerato scandaloso dagli ambienti più tradizionalisti, mentre oggi molte delle idee in esso sostenute sono entrate nel dibattito politico e alcune sono state recepite dalla legislazione del diritto. Il testo continua a conservare intatta la sua carica "eversiva" contro il pregiudizo e i luoghi comuni in materia di vita sessuale, analizzando a tutto tondo i vari aspetti dell' educazione in materia di figli, divorzio, omosessualità, salute e istruzione pubblica.

"Elogio dell' ozio": qui ci mette sull' avviso dei pericoli derivanti dall' eccesivo zelo, invitandoci a considerare l' importanza della contemplazione.

"La conquista della felicità": da leggere e rileggere, punto.

"Perchè non sono cristiano": ottimo antidoto contro le superstizioni di carattere mistico e religioso.

Mi fermo qui, la mia speranza è quella di incuriosire: la divulgazione del libero pensiero sarà una conseguenza.
Per concludere con le parole di Russell: il mondo non ha bisogno di dogmi ma di libera ricerca.
La conoscenza unita all' amore e alla generosità sono le strade che portano alla felicità individuale e quindi al bene.

mercoledì, luglio 10, 2013

The Ashes



Nelle foto:
IL FAMOSO NECROLOGIO
ADELAIDE 1933: BOB WOODFULL SI ABBASSA PER SCANSARE UN LANCIO INGLESE
L’URNA CONTENENTE LE PREZIOSE CENERI
IL BELLISSIMO RIVERSIDE GROUND A CHESTER LE STREET


Il nostro ALBERTO GALLETTI torna a parlare della sua passione sportiva principale (con il calcio), il CRICKET.
Nello specifico di un evento curiosissimo per chi non ha particolari nozioni dell'ambito
.

Comincia questa mattina a Nottingham (ore 11:00, mezzogiorno da noi) la 67a Ashes Series.
Si tratta della più antica, famosa, prestigiosa e di più alto livello sfida sportiva esistente al mondo: la sfida a cricket tra Inghilterra e Australia.
Una sfida epica che non ha uguali nel mondo dello sport e che ha dato luogo a gioie irrefrenabili, delusioni catastrofiche, sfide incredibili, tensioni, risentimenti incidenti diplomatici e interruzione dei rapporti ufficiali tra i due paesi.
Tutto prese il via da un necrologio apparso sullo Sporting Times il 2 settembre 1882 all’indomani della prima vittoria australiana in terra inglese il 29 agosto al Kennington Oval di Londra, la nota a piede recitava “.. il corpo del defunto cricket inglese sarà cremato e le ceneri portate in Australia.”.Essendo Il Marylebone Cricket Club organizzatore della sfida e composto di Lords, Ministri, Ufficiali di Marina e Aristocratici di ogni genere e risma, il necrologio non fu affatto apprezzato.
Venne indetta quindi una spedizione da effettuarsi nell’inverno successivo (estate in Australia) per riprendersi quelle benedette ceneri e salvare l’onore nazionale.

Venne incaricato della spedizione Lord Darney che fu inviato in Australia per una serie di tre test-match da giocarsi a cavallo del Natale 1882, la serie fu vinta dall’Inghilterra 2-1.
Dal 1894/95 la serie viene disputata su 5 test match. La durata massima di ogni test è di cinque giorni.
Da allora le sfide si sono susseguite alternandosi ogni 18 mesi quando si va dall’Inghilterra all’Australia e ogni 30 mesi quando si passa dall’Australia all’Inghilterra. Le sfide sono state 66 con 31 vittorie dell’Australia, 30 dell’Inghilterra e 5 finite in parità.
L’Australia ha vinto 123 Test, l’Inghilterra 100, i pareggi sono stati 87.

Per strappare gli Ashes dalle mani dei detentori è necessario vincere la serie, per mantenerle basta il pareggio.
La serie rimasta più celebre resta quella del 1932/33 quando le ceneri si trovavano in mano agli australiani i quali nell’estate del 1930 grazie a Don Bradman, il più grande battitore mai esistito, umiliarono gli inglesi sul suolo patrio per 2-1 ma con punteggi stratosferici.
Gli inglesi nominarono capitano per il successivo tour alle antipodi Douglas Jardine, noto per la spietatezza e il suo odio per gli australiani (vinceremo sicuramente gli Ashes, ma potremmo perdere una colonia dichiarò qualcuno alla Camera dei Lords apena informato della nomina).
Jardine nell’intento di neutralizzare Bradman ordinò ai suoi lanciatori veloci di lanciare corto sul lato gamba in modo che il rimbalzo alto costringesse i battitori ad usare la mazza per difendere la testa e il petto e concedesse agli inglesi facili prese al volo con conseguente eliminazione del battitore, così avvenne.
Bradman fu colpito ad un braccio nel secondo test a Melbourne, saltò il terzo e segnò la metà dei punti che era solito fare.
La ferocia (e precisione) dei lanciatori inglesi si manifestò insieme alla brutalità del loro capitano durante il 4° test ad Adelaide quando due battitori Australiani furono colpiti uno in pieno petto e venne portato in ospedale svenuto, l’altro in testa e dovette abbandonare la gara, la folla (oltre 50.000 spettatori) già incattivita si inferocì a tal punto che solo la polizia a cavallo sventò un'invasione di campo che avrebbe potuto costar cara agli inglesi.
Memorabile lo scambio di battute tra un giocatore inglese e uno dei due arbitri “in caso di invasione mi lasci almeno un o stump” (paletto di legno), “giammai“ rispose l’arbitro “mi serviranno tutti e tre!”
L’Australian Cricket Board telegrafò a Londra protestando per la condotta del gioco e per tutta risposta ricevette una nota di ammonimento dal presidente del MCC (che era il Ministro della Guerra dell’Impero Britannico) che non provassero a mettere in dubbio la buona fede e la sportività del loro capitano.
Il caso, cavalcato alla grande dai media dei due paesi, causò un tale livello di acrimonia tra le due nazioni che i rapporti divennero di fatto inesistenti per alcuni mesi, si ricompattarono poi solo all’infausto scoppio del 2° conflitto mondiale.

La serie passò alla storia come The Bodyline Tour dal modo in cui gli inglesi lanciavano direttamente alla figura. Gli australiani resero poi pan per focaccia agli inglesi negli anni 70 quando sotto la guida dei fratelli Chappell, devastarono regolarmente i battitori inglesi terrorizzandoli con i lanci di Dennis Lillee e Jeff Thomson infliggendo loro sconfitte umilianti e lividi su ogni parte del corpo.
Fino al 1981 quando Ian Botham già noto per le sue imprese per il Somerset e l’Inghilterra si rese protagonista della più grande rimonta mai avvenuta in un test match di cricket in quello che passò alla storia come Headingley ’81, la vittoria portò la serie sul 2-2 e lanciò l’Inghilterra, ancora una volta con Botham protagonista, verso una sonora vittoria ad Old Trafford nel 5° test match che siglò il 3-2 e la vittoria della serie.

Gli ultimi trent’anni hanno visto un netto predominio australiano con qualche sporadico successo inglese, che però hanno vinto le ultime tre serie su quattro.
Grazie ad una serie incredibile di grandi giocatori, gli aussies hanno dominato la scena mondiale ininterrottamente dal 1990 al 2005 periodo nel quale si sono aggiudicati anche un paio di Coppe del Mondo.
L’aneddotica è vastissima ma certo Shane Warne, il più grande lanciatore ad effetto di ogni tempo, merita un posto tra gli immortali degli Ashes per il lancio con il quale eliminò il capitano inglese Mike Gatting prima palla nel Test di Old Trafford del 1993, una delle più umilianti eliminazioni di sempre.
I favori del pronostico sono per gli inglesi, anche a mio parere, sono molto forti, troppe dispute interne hanno danneggiato la selezione e la preparazione della squadra australiana negli ultimi mesi con due cambi di allenatore, l’ultimo la settimana scorsa, possono comunque annoverare tra le loro fila 4/5 giocatori di livello mondiale,i grandi ex sono convinti che faranno una grande serie.
Nel camp inglese l’euforia di un mese fa ha lasciato posto alla consueta tremarella della vigilia, ma non c’è più tempo, da oggi si gioca.
Questi gli appuntamenti per un estate che si annuncia comunque appassionante:
10-14 luglio 1st Test, Trent Bridge, Nottingham
18-22 luglio 2nd Test, Lord’s, Londra
1-5 agosto 3rd Test, Old Trafford, Manchester
9-13 agosto 4th Test, Riverside Ground, Chester Le Street
21-25 agosto 5th Test, The Oval, Londra

Play on!

martedì, luglio 09, 2013

Mod Heroes: Martin Freeman



Martin Freeman è un popolare attore brillante britannico (ultimamente impegnato nelle trasposizioni cinematografiche de "Lo Hobbitt" nel ruolo di Bilbo Baggins) con all’attivo oltre 20 film e varie serie televisive alla BBC (“Sherlock” e “The office” in particolare).
E’ altrettanto nota la sua passione e vicinanza alla cultura MOD, che espleta abitualmente esteticamente, sfoggiando un look sempre elegante e raffinato e con gusti musicali altrettanto espliciti (la passione per la Motown Records in particolare).
Una serie di stralci d’intervista chiariscono ancora meglio il tutto.

Ti consideri un mod ?

Direi di si.
Ma è una cosa pericolosa” da dire....vedi Wiggins, lui è un vero, è sempre stato dentro al Mod ma il problema è che appena la cosa salta fuori nei media tutti incominciano a girare con i parka, i pork pie etc.
Io ci sono dentro da quando avevo nove anni.
Incominciai a compare i dischi della 2Tone e da quel momento tutta questa cosa rude boy/skin/mod/soul boy indirizzò tutta la mia vita.
E ho sempre adorato i vestiti


Quali sono i tuoi eroi dello stile ?

All’inizio era Jerry Dammers degli Specials, poi Peter Tosh e poi Paul Weller.
Steve McQueen, gli Small Faces, mi è sempre piaciuto un certo tipo di look.
Quando dici la parola Mod so bene cosa vuol dire: tutto quello che va dal Modern Jazz del 1957 agli suedeheads dei 70’s..
La verità è che la maggior parte della gente no ha la minima idea di che cosa sia.
E’ come un culto.
Non sai davvero che cosa sia, ne hai sentito parlare “Ah i Jam, vero ?”. Certo, anche i Jam, ma almeno altre 500 cose.

Se tutti diventassero mod, diventerei probabilmente un rocker, perchè è questo che un mod dovrebbe fare.
E’ essere individualisti, non deve essere un’uniforme.
Ci sono dei comuni denominatori ma devono essere quelli più alti, migliori, non i più bassi, i peggiori.
Posso riconoscere un mod a miglia di distanza, non c’è bisogno che mi mandi un telegramma. E’ il taglio dei jeans, le scarpe, qualcosa nei capelli che porta.
Cose di cui un giornalista del Sun di sicuro non si accorgerebbe.

Mi piace il look dei tardi 50’s, quello stile alla Steve McQueen che influenzò i prino Modernisti.
Le Loafers sono state sempre presenti nel mio guardaroba da quando le vidi indossare da Terry Hall degli Specials nel video di “Do nothing”.
E mi piace quello stile Ray Davies circa 1966, quella specie di Dandy Inglese.
Essere un mod è l’attenzione al dettaglio e amore per i vestiti.

A 15 anni comprai una giacca tre bottoni Principe di Galles, una camicia Ben Sherman, loafers e un ombrello.
In giro la gente mi chiedeva, spiazzata, “Ma perchè ti vesti così ?”
Amo tantissimo comprare i dischi, è qualcosa di speciale.

lunedì, luglio 08, 2013

Meet and greet



Pratica ormai sempre più diffusa anche in Europa (dove è arrivata recentemente dopo essersi ampiamente consolidata in America) il MEET AND GREET suscita non poche polemiche.

Il Meet and Greet è la possibilità a di acquistare dei pacchetti deluxe che includono, oltre che all'ingresso al concerto, anche la possibilità di accedere al backstage a salutare il proprio artista preferito.
Con prezzi che possono andare dagli 800 dollari in su.

C'è chi parla di "sfruttatori dei propri fan" e del fatto che "pagare per incontrare un altro essere umano è pazzia" e che "ci sono sempre modi migliori che fare soldi senza rapinare i propri fan".

Se c'è gente disposta a tirare fuori dei soldi per farlo (e che soldi...) faccia pure, rimane l'amarezza di constatare a quali livelli di business sia ormai arrivati.

venerdì, luglio 05, 2013

I migliori album live italiani



L’album live è stato per lungo tempo una scelta poco considerata dai gruppi e artisti italiani e in generale non sono moltissimi quelli che hanno segnato la discografia nostrana anche se alcuni sono diventati popolarissimi.
La selezione comprende quelli che reputo i più significativi (e che non sono un semplice elenco di successi riprodotti più o meno simili al disco in studio), interessanti e di valore storico (non necessariamente in senso artistico).


Tra i migliori e più interessanti vale la pena ricordare (in ordine cronologico):

LE ORME “In concerto” (1974)
PFM “Live in Usa” (1974)

Sono i primi due live di bands italiane.
Quello delle Orme, di qualità amatoriale (inizialmente osteggiato dal gruppo che approvò solo se fosse uscito a prezzo ridotto, cosa che non avvenne), include brani da Collage e alcune improvvisazioni.
Il live della PFM fu registrato durante un grande tour americano dello stesso anno. 6 brani in cui il prog mediterraneo che caratterizzava il primo periodo emerge in tutta la sua qualità (anche sonora).

AREA: “Are(A)zione” (1975)
Uno dei migliori lavori della band di Stratos e in assoluto tra i migliori live della storia italiana. 5 i brani tra cui la celebre versione de “L’internazionale”.

MINA - "Live 78"
L’addio alle scene di Mina con il mitico concerto alla Bussoladomani in Versilia (in realtà i concerti furono 11 consecutivi). Album doppio con 20 brani con grand iinterpretazioni di “Stayin alive” , “Grande grande grande”, “We are the champions”, “L’importante è finire”, “Georgia on my mind”.

DALLA & DE GREGORI: “Banana Republic” (1979)
10 brani che documentano il celebre tour dei due celeberrimi cantautori (immortalato anche in un omonimo film) e che vendette mezzo milione di copie (grazie anche alla spinta del singolo “Ma come fanno i marinai”).
Al loro fianco anche Ron.
NOTA BENE: De Gregori è uno che ha pubblicato 15 album live (...) dal 1975 ad oggi...

FABRIZIO DE ANDRÈ & PFM: “In Concerto Vol.1” (1979)
Uno dei migliori live italiani è sicuramente il primo volume de “In concerto” che raccoglie 10 classici di De Andrè con gli arrangiamenti prog rock della PFM in gran forma. Altrettanto buono, seppur inferiore, il volume 2 pubblicato l’anno successivo.

FRANCESCO GUCCINI e i NOMADI - Album concerto (1979)
Trasmesso anche in Rai tre anni dopo è il significativo report di due concerti registrati nello stesso anno in Emilia. Guccini incide per la prima volta in questo album “Dio è morto”.

Negli anni 70 uscirono anche altri live di minore interesse artistico:
“Trianon 75-Domenica Musica” di scarsa qualità ma con Perigeo, Rino Gaetano, De Gregori. Dalla, Venditti, Paolo Conte, Ron.
“Parco Lambro” con brani tratti dalla sesta Festa del Proletariato a Parco Lambro a Milano con Finardi, Ricky Gianco, Area, Sensations Fix tra gli altri e vari estratti parlati. Interessante come documento.
"Il concerto" : il doloroso addio a Demetrio Stratos il 14 giugno 1979 a Milano dove 60.000 persone intervennero per raccogliere fondi per le cure ma Demetrio se ne andò il giorno prima.
Ci sono Area, Skiantos, Finardi, Branduardi, Kaos Rock, Banco ed altri ma i contenuti sono trascurabili.

LITFIBA: “12-05-87 (aprite i vostri occhi)” (1987)
Volenti o nolenti è il nome più rappresentativo (in termini di visibilità) del “nuovo rock” italiano degli 80’s e questo album rappresenta bene il loro act ai tempi.

Degli anni ’80 da segnalare anche “Live in Punkow” dei CCCP (uscito nel 1996) con brani tratti da concerti del decennio precedente, la compilation “Rockbeef” (con Not Moving, DHG, Settore Out, Views, Kim Squad, Liars) e “Live in the 80’s” dei NOT MOVING (uscito nel 2006 per GoDown) con 24 brani registrati dal 1982 al 1988 e “Oracolo” compilation della Toast in cui , a fianco di oscuri brani d i60’s bands italiane vengono inseriti brani live dal “Bom Shankar Evento”, una sorta di happening svoltosi a Torino con No Strange, Afterhours, Max Casacci, Vegetable Men.

VINICIO CAPOSSELA: “LiveinVolvo” (1998)
Vinicio in formissima , affiancato dalla Kocani Orchestar e Marc Ribot con 18 brani travolgenti.

AFTERHOURS: “Siam Tre Piccoli Porcellin” (2001)
Doppio album (l’uno elettrico, l’altro (semi) acustico con tutto il meglio della band milanese in una delle migliori line up della sua storia.

STATUTO - Le strade di Torino (2006)
Undicesimo album per la storica band torinese e doppio live con il meglio della lunghissima carriera con brani dal primo demo fino a quell ipiù recenti, suonati spesso con vari ospiti.

GANG e DANIELE BIANCHESSI - Il paese della vergogna (2009)
Numerosi i live della band marchigiana (ben sei).
Questo è quello più particolare, diviso con il giornalista Daniele Bianchessi a raccontare con un approccio teatrale, in acustico, l’Italia dei nostri giorni.
Notevole.

ELIO E LE STORIE TESE
E’ nota l’usanza di Elio di stampare i famosi CD Brulè ovvero la registrazione di ogni concerto.
In questo senso i live della band non si contano, nonostante ufficialmente ne siano usciti sei dal 2001 al 2012.

PAOLO CONTE
Cinque i live di Paolo Conte (il primo del 1985 l’ultimo a Verona nel 2005, quello più completo (doppio) e con i maggiori successi
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