venerdì, dicembre 30, 2022
Il mio 2022
Anno proficuo per le mie velleità letterarie con due titoli:
"SOUL" per Diarkos e "NORTHERN SOUL" pubblicato da Agenzia X.
Entrambi supportati da numerose presentazioni in giro per la Penisola, dalla Sardegna al Trentino al Porretta Soul Festival al Festival Beat.
Per COMETA ROSSA Roberto Calabrò ha pubblicato "Rolling Stones. Exile on main street", ancora reperibile (in sempre meno copie) qui:
https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828).
Con i NOT MOVING LTD abbiamo ripreso a girare un po' (Milano, la Spezia,Torno, Varese, Roma, Pomigliano d'Arco (Na), Pordenone, Poggibonsi (Si), Firenze, Festival Beat, Bologna, Vicenza, Como, Viareggio, Monterotondo (Rm), Milano "Cox18") a supporto del nostro primo album "Love Beat", pubblicato da Area Pirata e di cui è uscito anche il video della title track:
https://www.youtube.com/watch?v=j2nN9zpE1sQ
L'album è stato ai vertici delle classifiche di fine anno di molti giornalisti e utenti social, il primo italiano tra i "Classic" di Blow Up (e secondo in assoluto), il quinto per "Rumore" (e 38° assoluto).
Molto emozionante la lezione che ho tenuto all'Università di Salerno su Gil Scott Heron, il ciclo di otto incontri al "Raindogs" di Savona sulla "Storia del rock" in qualità di "insegnante"...e alcuni incontri sui Beatles nelle scuole medie ed elementari in Val Tidone.
Tredici gli appuntamenti organizzati con Gianni Fuso Nerini nel piacentino nella rassegna Rock Around The Book con ospiti eccellenti, da Michael Pergolani a Cristiano Godano, tra i tanti, incluso una due giorni The Beatles days, dedicata ai Beatles.
E' felicemente proseguita la collaborazione settimanale con il quotidiano di Piacenza LIBERTA', quella mensile con CLASSIC ROCK e VINILE, quella quotidiana con il portale RADIOCOOP, quella con IL MANIFESTO, é proseguita quella con GOODMORNING GENOVA (su Facebook, con video settimanali).
Sono inoltre nate quelle con le riviste GARAGELAND e GIMME DANGER.
Con molto piacere continuo a fare parte delle giurie del PREMIO TENCO e dei ROCKOL AWARDS.
Tra le interviste che ho realizzato quest'anno per Classic Rock e Manifesto:
Fantastic Negrito, Ben Harper, Brian Auger, Hugo Race, Off!
INTO 2023
Un paio di nuovi libri, un album con un nuovo progetto musicale, concerti, presentazioni varie.
Etichette:
Il meglio dell'anno
giovedì, dicembre 29, 2022
Dicembre 2022. Il meglio
COCKNEY REJECTS - Power Grab
Dieci anni di silenzio e ritorno in grande stile dei Geggus Bros (forse l'ultimo atto di una gloriosa storia). Punk rock, Oi!, Ac/Dc, hard rock, glam, bovver rock, attitudine al 100%. Niente di originale e proprio per questo ancora più apprezzabile.
THE DIPLOMATICS - Is time to fly?
La band veneta mantiene salde le radici nel classico sound garage/rock 'n' roll, aspro, divertente, pulsante, che attinge dagli Stones dei Settanta, New York Dolls, Saints e che in questo nuovo lavoro si allarga a influenze che arrivano a Jack White, punk/funk, Viagra Boys, Black Keys. Il tutto proposto con un'energia travolgente, grande padronanza della materia, un pizzico di folle genialità, voglia di sperimentare, capacità e coraggio di rinnovarsi e guardare avanti. Eccellente.
ARTHUR BROWN - Monster's Ball
Il grande guru psichedelico torna con un nuovo album di stampo garage psichedelico, con una forte impronta horror, svolte prog, grande teatralità. Ospiti d'eccezione (James Williamson degli Stooges, Steve Hillage dei Gong, Ian Paice dei Deep Purple, Mark Stein dei Vanilla Fudge, Nik Turner degli Hawkwind, Shuggie Otis) qualche cover (l'immancabile "Fire" e "Lucifer Sam") e un po' di inediti. Come sempre folle e divertente. Ottimo.
STONE FOUNDATION - Outside looking in
Gli SF ci regalano un nuovo album molto cool, gradevole e pieno di funk, soul, nitidi ricordi degli Style Council (registrato nello studio di Paul Weller che suona un po' di chitarre e lascia qualche coro), un po' di disco soul, una bella ospitata di Melba Moore e il brano del video che fa il verso ai Talking Heads.
"Outside Looking In" è il decimo album in 25 anni e non è niente male.
PAUL MC CARTNEY - The 7” Singles Box
Un box di 80 singoli (alcuni mai pubblicati, alcuni brani inediti) in vinile, realizzato in 3.000 copie (ovviamente già sold out) a 612 dollari (su ebay si trova a 2.260). 159 brani, libretto, confezione con contenitore in legno etc etc. C'è anche su Spotify e l'ascolto è decisamente gradevole e più economico.
LITTLE SIMZ - No thank you
Album uscito a sorpresa che conferma il valore della rapper inglese. Grande classe e urgenza, hip hop moderno, elettronica e tanti umori gospel e nu soul.
Produce Inflo, la mente dietro ai Sault. Notvole.
THREE BLIND MICE - Day’s Getting Dark
Quarto album per la creatura di Manuele Scalìa, attiva da una dozzina di anni e protagonista di concerti in mezza Europa e con personaggi come Lydia Lunch oltre a collaborare con alcuni nomi del gotha post wave. Il mondo dei Three Blind Mice è variegato ed eclettico. Pesca dalle atmosfere dark blues di Nick Cave e Gallon Drunk ma anche da country, surf, sonorità cinematiche, Gun Club, post punk, garage. Un contesto originale, un linguaggio personale e sempre più raffinato, una realtà di altissimo livello.
STERBUS - Solar barbecue
Spettacolare nuovo lavoro, interamente strumentale, per la creatura di Emanuele Sterbini che si butta a capofitto nelle acque limacciose di una sperimentazione dai contorni psichedelici ma che devono molto alla lezione primigenia di Frank Zappa, debordando anche nei campi coltivati da Soft Machine, del prog più hard, degli attualissimi Black Midi, senza dimenticare i Primus. Eccellente e coraggioso.
THE CHRONICS - Do You Love The Sun?
Torna la band bolognese con un nuovo frizzante e arrembante album di stampo power pop, punk rock, garage beat con un approccio molto vicino (soprattutto vocalmente) ai primi Undertones. Il sound è grezzo, minimale, diretto che acuisce il senso di urgenza e spontaneità dell'album. Ottimo!
THE HANGEES - Heading Back to the Good Valley
Torna la band sarda con un nuovo eccellente lavoro a rinverdire i fasti del classico garage punk punk, tra Gravedigger V, Texas punk, Unclaimed, Pretty Things e alcune graditissime concessioni ad atmosfere surf. Il suono è come sempre rauco, sferragliante, grezzo, le canzoni riuscitissime e convincenti. Super!
BASILISCUS P - Spuma
Secondo album per il trio messinese, un lavoro interessantissimo, prevalentemente strumentale, in cui intrecciano svariate e variegate influenze che portano alla mente funk, King Crimson, Morphine, prog, fusion, (free) jazz, blues, psichedelia, il math rock dei Battles, i Black Midi. Bravi, preparati, originali, coraggiosi, stilosi. Grande band.
FESSA - D.I.Y.
Album duro, minimale, aggressivo, vicino alle sonorità tra punk ed elettronica, di matrice rrriot girl ma che riporta anche ai suoni post wave tardo 70 dei nostrani Krisma. Tematiche femministe, anti patriarcali, brani brevi, crudi e diretti. Ottimo!
THE COGS - White boy white girl
La band toscana parla un linguaggio chiaro e immediatamente intellegibile: punk, rock 'n' roll, garage, pub rock, energia, undici brani (con spettacolare cover di "You're gonna miss me" dei 13th Floor Elevators) di durata tra il minuto e mezzo e i 2 e 30 secondi. Veloci, d'impatto, grezzi e minimali. Perfetti.
TRAVOLTAS / HUNTINGTONS - Rock 'n' roll universal international problem
Godibilissmo split di due tra le più divertenti punk 'n' roll band in circolazione, gli americani Huntingtons e gli olandesi Travoltas. Quattro inediti ciascuno in un tripudio di Ramones sound, melodie 60's alla Beach Boys, ritmi spediti e divertimento a non finire.
STIGLITZ - Deja Vu
La band genovese torna con un ep potentissimo, quattro brani che li confermano tra i nomi più interessanti della scena Oi!/street punk (dagli Exploited ai Cockney Rejects, dai Klasse Kriminale ai Nabat a Gli Ultimi, i riferimenti sono alle migliori espressioni del genere). Compattezza, grande tiro, a valanga! Aggiungono anche un ulteriore singolo, uscito poco dopo, "Tempi grammi" che ne conferma il valore.
DEECRACKS / THE MANGES - Split ep
La storica band spezzina divide la nuova fatica discografica con la band austriaca. Due brani a testa in questo 45 giri (in vinile giallo) e classico punk rock di stampo '77 con i Ramones in prima fila a fare da filo conduttore. Maestri del genere i Manges si destreggiano alla perfezione riuscendo a mantenere vivo quell'inimitabile sound della band new yorkese a cui anche i DeeCracks si avvicinano al 100%. Una delizia.
SUPER SEXY BOY 1986 - s/t
Ritorna alla luce un album della devastante band vicentina attiva dal 2003 al 2009. Punk 'n' roll di estrazione garage, con un riferimento particolare alla lezione New York Dolls, Stooges (vedi "Raw power"), Mc5, New Christs. Un lavoro che conserva ancora irruenza, freschezza e potenza. Consigliatissimo.
AA.VV. - Graduate unskilled. Un tributo ai Replacements
Una delle band più "sfortunate" degli anni Ottanta, dalle potenzialità sterminate ma rimasta a fenomeno di culto e lontana dal vero successo. I Replacements vengono omaggiati da 19 band italiane che ne ripercorrono con gusto e passione le gesta. Come sempre i tributi veleggiano tra alti e bassi ma il risultato finale è più che soddisfacente e interessante, sicuramente meritevole di un ascolto.
HIGH VIS - Blending
Nervoso post punk che riecheggia vocalmente i Killing Joke guardando allo shoegaze. Malinconico e rabbioso, interessante.
LETTO
George M. Young - I Cosmisti Russi. Il futurismo esoterico di Nikola Fedorov e dei suoi seguaci
Uno studio affascinante sul complesso movimento dei COSMISTI RUSSI, fondato dal filosofo Nikolaj Fëdorov e sviluppatosi a cavallo tra la fine del 1.800 e l'inizio del 1.900, ampliandosi a varie correnti e modalità di pensiero e intersecando anche personaggi come Tolstoj o Dostoevskij, molto interessati e curiosi al proposito.
E, come illustra il libro, sono idee ancora attuali, in qualche modo non così lontane da una concezione che può essere tra le motivazioni ideologiche delle ultime, tragicamente note, mosse del governo Putiniano.
Il libro non è di facile fruibilità ma rivela aspetti molto interessanti e suggestivi di una corrente filosofica che abbraccia l'esoterismo e il futurismo, viene perseguitata dal governo sovietico, si espande in altri contesti scientifici (con particolare interesse per la conquista del cosmo che diventerà successivamente prioritaria per l'URSS) e necessita di un'attenzione particolare per comprenderne fino in fondo gli obiettivi.
"Un tempo respinte e dileggiate, le idee cosmiste sono ora considerate una delle tendenze principali della cultura e del pensiero russi".
I cosmisti sono pensatori di amplissime vedute, la cui visione del mondo mira a includere tutta l'umanità, tutto il tempo, tutto lo spazio, tutta la scienza, nonché l'arte e la religione. Tale visione è totalitaria, nel senso che deve essere applicata ad ogni cosa, senza eccezione....le mezze soluzioni non soddisfano l'"anima russa".
Per i cosmisti la cultura intellettuale dell'Occidente propende all'isolamento, all'individualismo, all'arroganza, alla divisione, allo squilibrio, all'autodistruzione.
Il cosmismo è presentato come una valida alternativa autoctona alle correnti intellettuali occidentali, alla moda ma superficiali e sopravvalutate, le quali propugnano la decostruzione, l'ecosofismo, l'egualitarismo tra le specie e altre abominazioni aliene. Il cosmismo è un antidoto continentale eurasiatico alla crescente minaccia dell'atlantismo culturale e intellettuale.
Nella tradizione russa non è sufficiente chiedersi "cosa è vero": occorre proseguire interrogandosi su "come agire in proposito"...i pensatori russi di qualsivoglia orientamento, filo occidentale o slavofilo, liberale o conservatore, tendono a porre il bene della comunità al di sopra della libertà individuale di intraprendere autonomamente il proprio percorso. Le nozioni occidentali di libertà individuale appaiono spesso ai pensatori russi più simili a disubbedienza e ad arbitrio che a genuina libertà.
Per i Russi l'individuo si completa, diviene intero e trova la vera libertà unicamente diventando parte di una totalità superiore.
"E' possibile che l'uomo sia davvero il culmine della creazione?
E' possibile che i meravigliosi, splendidi, graduali sviluppi che hanno condotto a lui si interrompano, cessino, sfocino nel nulla?
Impossibile!
(Radiscev, precursore del pensiero cosmista)
Antonio Pellegrini - Blues. La musica del diavolo
Impresa ardua e coraggiosa immergersi nell'universo BLUES, ricolmo di una lunghissima storia, nomi, date, dischi, influenze, contaminazioni di ogni tipo.
Lo chiarisce l'autore, musicista, scrittore, autore teatrale:
"Questo libro, scevro da scopi enciclopedici, accompagna il lettore in un viaggio tra le storie di vita e le avventure artistiche di alcuni dei più importanti e suggestivi protagonisti della storia del blues. Ogni ritratto è introdotto dal racconto del contesto storico, sociale e musicale".
Scorrono tutti i grandi nomi, da Muddy Waters (con tanto di intervista italiana perduta, del 1980) a Robert Johnson, John Mayall, Eric Clapton.
Il tutto sintetizzato in poche pagine a testa, come è ovvio che sia ma in cui è condensato il necessario per incuriosire chi non è avvezzo al genere e a questi suoni.
Giangilberto Monti / Vito Vita - Gli anni d'oro della canzone francese 1940/1970
L'importanza della canzone francese è talvolta sottovalutata, quando invece in Italia ha avuto un'influenza decisiva su molti dei nostri principali cantautori e ha trovato ampio spazio, soprattutto negli anni Sessanta.
Questo libro, da Edith Piaf a Boris Vian, Leo Ferrè, fino ai "nostri" Nino Ferrer, Dalida e Antoine, non dimenticando Michel Polnareff, Juliette Gréco, Johnny Hallyday, Serge Gainsbourg e una lunga serie di nomi "minori", approfondisce una realtà pulsante, creativa, innovativa che ha avuto in quel trentennio uno dei suoi maggiori picchi artistici.
Il tutto corredato da fotografie, copertine di dischi e, per la prima volta, le discografie italiane complete di tutti gli artisti trattati.
Per chi vuole approfondire un contesto spesso inesplorato, il libro ideale.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
IN CANTIERE
E' uscito per Agenzia X "Northern Soul. Il culto dei giovani ribelli soul" un viaggio di stampo storico sociologico nel difficile e non sempre agilmente esplorabile mondo del Northern Soul.
La ricerca si è incentrata sulle radici del fenomeno, partendo dal Dopoguerra inglese per arrivare ai nostri giorni, sulle ragioni che hanno spinto giovani della working class del nord inglese ad abbracciare una musica di nicchia, riuscendo a costruire una sorta di sottocultura nata e costruita dal basso.
Per approfondire al meglio ho fatto affidamento su numerose testimonianze e articoli dell'epoca (primi anni Settanta) a cui sono stati aggiunti contributi di DJ, ballerini, frequentatori, protagonisti italiani della scena dagli anni Ottanta in poi:
Enrico Camanzi, Carlo Campaiola, Fabio Conti, Marco Dall’Asta, Geno De Angelis, Alberto Folpo Zanini, Flavio Frezza, Filippo Frumento, Francesco Fulci Corsagni, Oskar Giammarinaro, Enrico Lazzeri, Clelia Lucchitta, Leo Mastropierro, Andrea Mattioni, Francesco Nucci, Stefano Oggiano, Marco Piaggesi, Niccolò Pozzoli, Soulful Jules, Renato Traffano, Paolo Zironi.
PRESENTAZIONI
Sabato 28 gennaio: Ferrara "Circolo Blackstar"
https://www.facebook.com/events/549588433342147
Sabato 4 febbraio: Fucecchio (FI) "La Limonaia"
Sabato 24 febbraio: Bologna
Domenica 12 marzo: Torino
Sabato 18 marzo: Viareggio
E' uscito il nuovo album dei NOT MOVING LTD "Love Beat" per Area Pirata con otto inediti e una cover
Si trova nei negozi, ai nostri concerti e qui:
http://www.areapirata.com/dettaglio.php?cod=5490
Prossimi concerti NOT MOVING LTD
Venerdì 6 gennaio 2023: Savona "Raindogs"
Sabato 25 marzo 2023: Sestri Ponente (GE) "Ustaia de neu"
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Il meglio del mese
mercoledì, dicembre 28, 2022
Concerti, film e doc 2022
Segnalo una serie di ottimi concerti, film e doc visti nel 2022
Caterina Caselli. Una vita, cento vite di Renato De Maria
Donna colta, preparata, intelligente, caparbia e determinata.
Avanti sui tempi fin dagli anni Sessanta in cui coglie una serie di indimenticabili successi come cantante, per poi lasciare la carriera, sposare Sugar e costruire un impero discografico, pur costellato da grandi difficoltà e imprevisti, sperimentando (dagli Area a Giuni Russo) e scoprendo talenti milionari (Bocelli su tutti ma accalappiando anche uno come Paolo Conte). In questo gustosissimo film, CATERINA CASELLI rivive, passo per passo, in prima persona, in modo spontaneo e semplice, una carriera strepitosa, di artista e manager.
Pochi fronzoli, tanto raro materiale di repertorio, taglio semplice e diretto.
Una testimonianza preziosa.
Ezio Bosso - Le cose che restano di Giorgio Verdelli
Dopo essere stato presentato presentato in anteprima nella sezione Fuori Concorso della 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Rai3 ha riproposto ieri sera il docu film su EZIO BOSSO di Giorgio Verdelli.
Ezio si racconta e viene raccontato attraverso una lunga serie di interviste e testimonianze, raccolte nel tempo, con i contributi di numerosi amici e colleghi.
Il doc si basa sulla consueta commistione di apporti di amici e collaboratori e sue dichiarazioni nel corso degli anni.
Ne emerge una figura di una profondità, di un'umanità, di una genialità uniche.
Non ci sono altre parole.
Abbiamo perso un enorme, irripetibile, unico tassello della cultura italiana.
Che perdita, che perdita, che perdita.
Pistol di Danny Boyle
Difficilmente i biopic musicali (e anche quelli calcistici aggiungerei) riescono a restituire un'immagine adeguata dei personaggi rappresentati, diventando, nella maggioranza dei casi, inattendibili se non caricaturali.
Non sfugge alla regola "Pistol", basato sull'autobiografia di Steve Jones, che ripercorre la breve e convulsa vita dei SEX PISTOLS, in sei episodi in onda su Disney+.
L'astiosa e totale opposizione al progetto di John Lydon conferma i timori e la sua, come sempre, lucida e arguta previsione è pienamente centrata:
"La Disney ha rubato il passato e ha creato una fiaba, che ha poca somiglianza con la verità. Sarebbe divertente se non fosse tragico".
Personaggi caricaturizzati, macchiettistici (il Johnny Rotten con la stessa identica espressione in ogni sequenza, occhi sbarrati, mascella tirata, la Chrissie Hynde derubricata a saccente e saggio "grillo parlante", il Sid Vicious tonto, la timida cameriera dell'hotel in cui suonano che dopo due brani corre in bagno e diventa punk, un inverosimile Malcolm McLaren), situazioni improbabili e francamente grottesche (i brani che nascono in dieci secondi, i musicisti incapaci che, dopo un duro, tenace, caparbio sforzo e lavoro, imparano a suonare).
Le cose migliori sono nelle intro, in cui compaiono immagini dell'Inghilterra dell'epoca e nella colonna sonora che inquadra bene il periodo pre Pistols.
E se la partenza è accettabile la serie si dilunga poi in modo quasi irragionevole, inserendo sdolcinature, lunghi dialoghi insostenibili, sceneggiatura traballante.
Perla della serie, tra i sottotitoli in italiano, "ho visto Johnny Rotten al Marquee", tradotto con "ho visto Johnny Rotten, il Marchese"...
Stiv (No compromise, no regrets) di Danny Garcia
La documentaristica sui personaggi più oscuri della "nostra" musica ci concede abbondanza (bulimìa...) di tributi, talvolta interessanti, altre volte scontati.
Tocca ora a STIV BATORS, ("Stiv. No compromise, no regrets" di Danny Garcia su Netlix) che "oscuro" proprio non è, soprattutto per chi frequenta certe "wild sides" ma che, allo stesso tempo, non è mai stato un faro luminoso nella storia del rock, pur se importante in quella del punk.
Il canovaccio è il solito: un serie di conoscenti e personaggi che ne ricordano la breve vita, con varie immagini più o meno rare, spezzoni di concerti, interviste, con tanto di macabro finale con la confessione degli amici di averne sniffato le ceneri.
Mancano le parole dello stesso STIV e anche le sue canzoni.
Dai Dead Boys, ai Wanderers, le prove soliste, i Lords of the New Church pochi frammenti.
Comunque godibile, un giusto e doveroso omaggio a uno dei più grandi e oltraggiosi frontman del punk.
Basically, Johnny Moped di Fred Burns
La carriera d(e)i JOHNNY MOPED non è stata delle più fulgide né quella più ricordata e rimpianta in ambito punk rock.
Anche se ne sono stati tra i pionieri, attivi tra il 76 e il 78, nel giro londinese con un mix di punk, pub rock, rock 'n' roll sguaiato.
Una manciata di singoli, un discreto album, la partecipazione alla compilation Live at the Roxy WC2 (con Buzzcocks, Adverts, X Ray Spex, Wire, Eater, Slaughter and the Dogs), lo scioglimento, qualche reunion, nuovi dischi, l'oblìo.
Fred Burns (figlio di Captain Sensible dei Damned) ne ricostruisce la traballante e strampalata storia in un'oretta di doc, uscito nel 2013 e ora in onda su Netflix, in cui coinvolge il padre, Chrissie Hynde (entrambi passati nella band), Shane McGowan, Don Letts e i membri del gruppo.
Uno spezzone curioso, a tratti un po' imbarazzante, di un'epoca, uno dei migliaia di tasselli che ormai saltano fuori a ripetizione per unirsi a un mosaico ormai totalmente noto, saccheggiato, esaurito che è stato il primo punk rock.
Male non fa e alla fine può essere divertente.
Sicuramente non essenziale.
The Beat Bomb di Ferdinando Vicentini Orgnani
Un documentario, presentato al recente Torino Film Festival, sul poeta e attivista Lawrence Ferlinghetti che parte dal 2007 e lo segue fino a dopo la sua morte (a quasi 102 anni) nel 2021 e in cui compaiono, in varie vesti, Jack Hirschman, Amanda Plummer, Joanna Cassidy, Michele Placido, Giorgio Albertazzi, Tony Lo Bianco e Paolo Fresu che ha curato le musiche del film.
Un viaggio poetico ma anche politico, di quando ancora non era arrivata la pialla dell'omologazione totale, di quando anche la poesia faceva la differenza.
Ferlinghetti analizza con estrema lucidità il cambiamento dei tempi, passando dalle esperienze della Beat Generation e della sua City Lights a San Francisco a una disamina impietosa su Obama e il potere politico/economico negli States.
Infinito. L'universo di Luigi Ghirri di Matteo Parisini
Non è mai troppo tardi per scoprire o approfondire l'opera di LUIGI GHIRRI, fotografo ma soprattutto poeta dell'immagine.
Il doc di Parisini affronta l'arduo compito di penetrare la sua storia e attività in modo semplice e e diretto, attraverso immagini di repertorio, le sue foto, preziose testimonianze.
Interessante per gli amanti della musica le modalità con cui colse le immagini dell'album dei CCCP "Epica Etica Etnica Pathos" del 1990 (lavorò anche a copertine di album di Lucio Dalla, Gianni Morandi, Luca Carboni, Stadio.
Il racconto è pacato, contemplativo, esaustivo, con colori tenui e avvolgenti.
"Guardando le cose che guardava lui non riusciamo a vedere ciò che lui vedeva" (Massimo Zamboni)
La fotografia di Luigi era qualcosa che andava al di là della fotografia. Luigi Ghirri è stato un grande pensatore" (Gianni Leone - fotografo)
Paolo Conte. Via con me di Giorgio Verdelli
Non ho mai avuto una particolare vicinanza con il PAOLO CONTE cantautore.
Sempre refrattario alla sua piacioneria/ammiccante/da da da tutuu durudù/la milonga/il gezz, il kazoo.
Ma totalmente prono alle incredibili capacità compositive che mi hanno regalato le mie canzoni italiane preferite di sempre come "Azzurro" (la canzone nostrana più bella in assoluto) o "Onda su onda", "Via con me", "Messico e nuvole", "Bartali".
Il film di Verdelli è un'elegia, dovuta e inevitabile, a un genio della musica nostrana, raro esempio di personalità, in grado di mischiare quel jazz "antico" con la musica d'autore, ironia, cultura e mille altre cose.
Un monumento della tradizione artistica italiana.
Piaccia o no.
Scorrono le testimonianze di grandi e meno grandi che ne tessono le lodi, lo stesso Conte parla, commenta e affascina con la sua regalità.
Film da vedere per chi coltiva interesse per la nostra musica e cultura.
Vatican Girl di Mark Lewis
La serie di Netflix sulla scomparsa irrisolta di Emanuela Orlandi.
Spesso eccessivamente prolissa, porta a (ovviamente) poche conclusioni.
Tante illazioni, presunti colpi di scena, documenti di incerta provenienza, testimonianze di millantatori.
In sintesi: un delitto tutto all'interno delle faccende vaticane, le parole agghiccianti di Bergoglio al fratello, "Emanuela ora è in paradiso", gli intrecci mafia, banda della Magliana, vertici del Vaticano, le presuntemolestie sessuali ricevute dalla 15enne da un personaggio "molto vicino al Papa".
Tanto sensazionalismo, pochi contenuti (che già non fossero conosciuti).
CONCERTI
FESTIVAL BEAT 28 - Salsomaggiore (Parma) 7/10 luglio 2022
Breve resoconto delle due serate, di venerdì 8 e sabato 9 luglio della 28° edizione del FESTIVAL BEAT, svoltosi a Salsomaggiore.
Un evento che trascende l'aspetto meramente musicale e artistico ma entra nell'ambito dell'antropologia sottoculturale.
Che testimonia, pur con un'incoraggiante presenza di nuove leve, il concetto dell' "ultimo bagliore di un sole che muore".
Sono fiammate luminose, reflui energetici di grande impatto che dimostrano ancora tanta vitalità. Ad appannaggio di un pubblico e di protagonisti di età "avanzata" (40/60 anni).
Non è una critica, al contrario una constatazione da leggere in chiave positiva con ancora tanta voglia di fare e di esserci.
Di rifiuto di una vita superficiale, provinciale, all'inseguimento dei like e dei social, della volontà di preservare un valore culturale di una nicchia, certo, però sempre viva e propositiva. Un plauso ad organizzatori e staff che hanno reso ancora possibile un evento di tale portata.
Tanta gente, da tutta Italia ed Europa, entusiasmo e partecipazione.
Nelle due serate segnalo la bontà della proposta degli SHIVAS, psichedelici, west coastiani, melodici, eccellenti.
Più diretti e monocordi i francesi LES LULLIES, punk rock, MC5, rock 'n' roll.
Molto bravi.
Meno convincenti JAMES LEG, troppa ruvidezza (per quanto la versione di "A forest" dei Cure abbia abbattuto un'altra barriera...quando mai Robert Smith al Beat???), francamente deludenti i BELLRAYS, band che ho sempre seguito e adorato, ma in questa versione sempre più lontana dall'anima soul e più vicina a un hard rock un po' ripetitivo e scontato (con tanto di continui assoli di chitarra, oltre a quelli, evitabili, di basso e batteria).
Salva tutto la voce e la verve di Lisa Kekaula.
Non mi aspettavo granché dai GRUESOMES, invece perfettamente consoni al concetto originario del festival: garage beat, scontato e prevedibile, ma godibilissimo.
Molto bene gli one men band, ONE HORSE BAND e WASTED PIDO: punk blues torrido e minimale.
Con i NOT MOVING LTD abbiamo suonato, come sempre, come se fosse l'ultima cosa da fare in questa vita.
In molti lo hanno capito, tanti magari no ma a noi è piaciuto molto essere lì.
Fantastic Negrito live a Gardone Riviera 21/07/2022 Spettacolare come sempre, band di qualità eccelsa, un'ora e mezza di concerto per infiammare un disponibilissimo pubblico nell' Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera (Brescia), non pienissimo ma caldissimo (sia per la risposta dei partecipanti che per un caldo torrido e asfissiante, quanto i rigidi controlli degli steward).
Diciotto brani suonati quasi senza pause, passando da suggestioni palesemente James Brown a canzoni che evocano lo Stevie Wonder dei 70, pause di intensissimo blues (la classica "In the pines"), ed ecco spuntare Bill Withers (nella ripresa di "Ain't no sunshine"), gospel e un lunga immersione in un groove afrobeat.
I riferimenti sono infiniti, si pesca a piene mani in ogni angolo della black music, con passaggi jazz, talvolta al limite della fusion e con momenti degni dei più complessi groove prog. Ma quello che si evidenzia è l'immediata riconoscibilità e personalità dei brani che pur facilmente accostabili a una matrice ben definita, diventano di completo ed esclusivo marchio FANTASTIC NEGRITO.
Dall'ultimo, eccellente, "White Jesus, black problems" pesca una manciata di brani, dai precedenti album il resto, con rabbioso finale di "Lost in a crowd".
Abile performer, suono perfetto, uno degli artisti più interessanti ed entusiasmanti in circolazione.
James Small è un batterista funambolico, 23 anni, potentissimo e allo stesso tempo raffinatissimo, che fa benissimo il paio con il preciso e metronomico bassista, Jon Herrera, il bravissimo tastierista The Professor Bryan C. Simmons e un'altra eccellenza alla chitarra, Tomas Salcedo.
Si parla poco dell'incredibile capacità vocale di Fantastic Negrito in grado di passare da acutissime a profondissime note, caratterizzando spesso in modo teatrale l'esecuzione delle canzoni, mantenendo un'intonazione sempre impeccabile.
Ad aprire gli ottimi Superdownhome, duo (chitarra e batteria) tra deep blues, country, rock 'n' roll, sporcizia sonora e tanto senso dello spettacolo. Da seguire!
J.P.Bimeni live a Porretta Soul Festival 22/7/2022
Il Porretta Soul Festival è una festa.
Di popolo, di appassionati, di curiosi, di musicisti, di decine di volontari che aiutano da 34 edizioni lo svolgimento di un evento prezioso e unico in Italia (ma non solo).
Il contatto è diretto, nessuna barriera, distanza, controlli paranoici, ci si mischia, ci si diverte, in totale pace e relax.
Di scena, quando ancora deve imbrunire, J.P. BIMENI AND THE BLACK BELTS.
La backing band spagnola macina ritmiche soul e rhythm and blues con una tecnica che sfiora l'eccellenza, precisi, impeccabili, divertenti ed evidentemente divertiti.
Chitarra, basso, batteria, Hammond, sax e tromba, all'unisono, pochi fronzoli o assoli, compatti e tremendamente efficaci.
Bimeni è splendido sul palco, nipote legittimo di Otis Redding, si muove con grazia ed eleganza, coinvolge il pubblico, seduto a un paio di metri dal palco, sfodera una voce impressionante, è empatico e ci regala un'ora e venti di grande musica.
Concerto super!
Presentati dalla verve di Rick Hutton si susseguono poi le apparizioni di Mitch Woods & His Rocket 88’s, Selassie Burke, John Ellison, Chick Rodgers, accompagnati dalla backing band Anthony Paule Soul Orchestra, con cui gli artisti si alternano cantando due/tre brani a testa.
Un'altra festa rhythm and blues, soul, boogie, funk.
Grazie a GRAZIANO ULIANI per averci offerto questa nuova edizione e per avermi ospitato nella presentazione del libro "Soul. La musica dell'anima", con tanta gente, appassionata e partecipe.
TULLIO DE PISCOPO QUINTET - Rivergaro, Piacenza 2 agosto
De Piscopo hs dato un'ennesima prova di classe ed eleganza.
Un concerto di un'ora e mezzo in cui coniuga sapientemente (nel senso che sa cosa e quanto dare a una piazza) "mainstream" ("Stop Bajon" e "Andamento lento" in versione fusion funk che si lasciano mooolto apprezzare anche da chi non è avvezzo alle facili hit di classifica), momenti colti (Elvin Jones, "Moanin" di Art Blakey in chiave funk) e la capacità di coinvolgere centinaia di persone con un mash up di "Cantaloupe Island" di Herbie Hancock con "O sarracino" di Renato Carosone o una versione jazz di "Quando" dell'amico Pino Daniele. Guascone e piacione, anche troppo, ma va bene così. Batterista eccelso, non potrebbe mai essere stato un Bill Bruford, un Phil Collins, un Steve Gadd. Perché in ogni suo loop c'é il MEDITERRANEO, Napoli, il Nord Africa, il Medioriente. E' un valore aggiunto. Di cui non ci rendiamo conto. Bravo Tullio "Bellu guaglione / Tutt''e ffemmene fa 'nnammurà".
PEPPE SERVILLO TRIO - Pecorara, Piacenza 5 agosto
Ho a lungo trascurato Lucio Dalla per sciocche ragioni, lo sto progressivamente recuperando all'approssimarsi della vecchiaia, assaporandone splendidi album e grandi canzoni. La cui bellezza e sofisticata costruzione compositiva risaltano ancora di più quando vengono completamente riarrangiate nello spettacolo "L'anno che verrà" di PEPPE SERVILLO, di scena ieri sera a Pecorara (Piacenza).
Brani scarnificati, con il solo accompagnamento di pianoforte di Natalio Mangalavite (peraltro vocalist di pura eccellenza) e i sax di Xavier Girotto. L'interpretazione teatrale di Servillo rinnova in toto classici ed episodi meno noti di Dalla, crea nuove canzoni sulle melodie conosciute, il tutto con ampie tinte di jazz, blues, sapori argentini e tanto altro. Consigliatissimo.
TIM GARLAND /MICHELE DI TORO TRIO - Gragnano, Piacenza 3 agosto
Buona serata jazz all'interno del Val Tidone Festival.
Di scena il saxofonista TIM GARLAND (già con Chick Corea e Bill Bruford, tra i tanti), accompagnato dal Michele Di Toro Trio.
Tanta tecnica, gusto spiccato per la melodia, atmosfere dilatate e soft.
ROY PACI - Fol in Fest Ferriere, Piacenza, 29 agosto
Concerto solista (nella chiesa locale a cause delle avverse condizioni meteo) particolarmente ostico.
Loop di frasi di tromba, substrato elettronico, ritmiche a tratti dub step, sperimentazione, avanguardia, rumori, letture.
A tratti un'impressione di eccessiva autoreferenzialità pur se interessante e originale.
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Il meglio dell'anno
martedì, dicembre 27, 2022
Calciolandia 2022
L'imperdibile appuntamento sull'ANNO CALCISTICO appena trascorso a cura di ALBERTO GALLETTI.
CALCIOLANDIA, IL MEGLIO DEL 2022
MIGLIOR GIOCATORE 2022
I primi due davanti.
Gli altri tre parecchio staccati dietro.
1 Karim Benzena (Real Madrid)
2 Kylian Mbappe (Paris SG)
3 Rafael Leao (Milan)
4 Erling Haaland (Manchester City)
5 Khvicha Kvaratskhelia (Napoli)
MIGLIOR SQUADRA DI CLUB 2022
1 Real Madrid
2 Manchester City
3 Flamengo
4 Milan
5 Bayern
MIGLIOR SQUADRA NAZIONALE 2022
1 Francia
2 Argentina
3 Marocco
4 Giappone
5 Croazia
MIGLIOR GOL 2022
1 K. Behrens in RB Leipzig 1-2 Union Berlin, Bundesliga del 23 aprile per l'intera azione, in realtà il premio dovrebbe andare a Sven Michel autore dell'assist!
1 Dimitri Payet in Olympique Marseille 2-1 PAOK, EL del 7 aprile
2 Robert Lewandowski in Barcelona 3-3 Inter, CL del 12 ottobre, gol del 3-3
3 Ben Garuccio in Western United 3-2 Western Sidney, A-League del 20 febbraio, gol del 3-1
5 Theo Hernandez in Milan 2-0 Atalanta del 15 maggio
MIGLIOR PARTITA 2022
1 Barcelona 2-3 Eintracht Frankfurt, EL del 15 aprile
2 Real Madrid 3-1 Manchester City, CL del 4 maggio
3 1.FC Koln 3-2 FSV Minz 05, Bundesliga del 9 aprile
4 Serbia 2-3 Svizzera, Mondiale del 1 dicembre
5 Napoli 4-1 Liverpool, CL del 7 settembre
SORPRESE 2022
1 Union St. Gilloise, in un calcio normale avrebbe vinto il campionato del Belgio 2021/22, porca troia!
2 Marocco ai Mondiali
3 Napoli primo in serie A
4 SC Freiburg finalista in Deutsche Pokal 2021/22 e, al momento, secondo in Bundesliga
5 CA Patronato vincitore della Coppa d'Argentina 2022
MIGLIOR ALLENATORE 2022
1 Carlo Ancelotti (Real Madrid)
2 Didier Deschamps (Francia)
3 Walid Regragui (Marocco)
4 L. Scaloni (Argentina)
5 Stefano Pioli (Milan)
MIGLIOR DIVISA 2022 1 Francia 2022 (mondiali)
2 Boca Juniors 2022/23
3 Fluminense 2022/23
4 Sheffield Wednesday 2022/23
5 Austria Wien 2022/23
MIGLIOR DIVISA DA TRASFERTA 2022
1 Rapid Wien 2022/23
2 Hamburger SV 2022/23
3 Portogallo (mondiali)
4 BSC Young Boys 2022/23
5 Milan 2021/22
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sabato, dicembre 24, 2022
C'era una volta la favola di New York
L'amico MICHELE SAVINI, che vive da tempo a DUBLINO ci introduce a una serie di particolarità interessanti made in Irlanda, nella nuova rubrica The Auld Triangle: narrazioni dalla Repubblica d'Irlanda.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Tringle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda
Il Natale non arriverà mai abbastanza presto diceva qualcuno e a Dublino, arriva un po’ prima del previsto.
Dal 1 di Novembre infatti, immediatamente dopo le celebrazioni per la Festa di Halloween , gli alberi di Natale prendono rapidamente il posto delle zucche intagliate ormai andate a male, Babbi natale di plastica penzolano da ogni camino e la citta sfoggia già il suo miglior vestito, quel feticcio economico dell’ occidente capitalista che accompagna le festività natalizie.
Gli irlandesi potrebbero non essere così religiosi come lo erano una volta, ma amano ancora tutto quello che riguarda il Natale, dalle scintillanti luminarie della popolarissima Grafton Street che fanno da cornice allo shopping frenetico, alle decorazioni che recitano Nollaig shona dhuit, l’equivalente di Happy Christmas in Gaelico, passando per il tintinnio dei bicchieri delle pinte di Guinness che sbattono l’uno con l’altro, dentro i sempre affollatissimi pub accompagnando la celebrazione.
Ed essendo la musica una parte fondamentale di ogni celebrazione che si rispetti, il Natale ovviamente non fa eccezione. Ma se un po’ dappertutto, durante il periodo antecedente alla festività, combattiamo contro il sentimentalismo nostalgico dei vari “Last Christmas” o “All I Want For Christmas Is You” , nell’ intento di isolarci da quelle melodie che il natale ce lo fanno solamente odiare, in Irlanda la canzone natalizia per eccellenza è solamente una.
Una canzone scritta da Irlandesi, nella Londra degli anni 80’ e ambientata nella New York degli anni 40’.
Una canzone che non parla di neve, giri in slitta o vischi miracolosi, ma di giovinezza perduta e sogni spezzati, dove il Natale è tanto il problema quanto la soluzione e che inevitabilmente la rendono quasi la canzone “anti-natalizia” per eccellenza.
Quella canzone, come molti di voi avranno già capito è Fairytale of New York dei The Pogues.
La “Favola di New York” ha una storia lunga e contorta, fatta di disaccordi e contraddizioni, tipiche se pensiamo a Shane MacGowan e compagnia bella. Sembrerebbe che il manager della band Frank Murray, sia stato colui che suggerì che i Pogues facessero una Hit natalizia, proponendo la realizzazione di una cover di “Christmas Must be Tonight” di The Band.
Qualcun altro sostiene che Elvis Costello, allora produttore della band, abbia scommesso con Shane che non sarebbe stato in grado di scrivere un duetto natalizio da cantare con la bassista (e futura moglie di Costello) Cait O'Riordan.
Quello che è certo è che la canzone, dalla sua prima stesura fino alla sua pubblicazione, impiega più di due anni.
Nasce dall’idea del banjoista dei Pogues, Jem Finer, che è deciso a narrare la storia di un marinaio irlandese in America a cui manca la moglie a Natale.
Proprio sua moglie, a cui propone il pezzo per la prima volta, la definisce “banale” e la litigata che ne consegue, modifica la trama della canzone fino a farla diventare la storia di una coppia che attraversa momenti difficili e alla fine arriva a una redenzione.
Shane contribuisce con l’ idea del duetto e la melodia in stile “Broadway” , attingendo dal suo amore per Frank Sinatra e Judy Garland.
La prima Demo della canzone è registrata nel 1985 durante le sessioni di registrazione di Rum, Sodomy & the Lash ed ha chiaramente ancora bisogno di lavoro.
La melodia zoppica, i testi inciampano e la storia inizia in Irlanda “ It was a wild Christmas Eve on the West coast of Clare, "I looked 'cross the ocean, asked what's over there?” (Era una selvaggia vigilia di Natale sulla costa occidentale di Clare, Ho guardato attraversare l'oceano, ho chiesto cosa c'è laggiù).
Manca un titolo e quello suggerito da Costello “Christmas Day in the Drunk Tank” non convince totalmente Shane, che non lo ritiene adatto ad una canzone che deve essere una Hit Natalizia.
Per chiarire, la Drunk Tank citata nel primo verso della canzone, è una cella carceraria per persone intossicate, specialmente dall'alcol, dove i detenuti rimanevo fino al totale smaltimento della sbornia.
Il titolo finale è preso dal romanzo del 1973 “ A Fairy Tale of New York“ dello scrittore irlandese-americano J. P. Donleavy, che narra la storia del ritorno a casa di un irlandese-americano in lutto dall'Irlanda a Manhattan. Il resto del testo è completato da Shane in un ospedale a Malmö, dove era ricoverato dopo essere stato colpito da una doppia polmonite durante un tour dei Pogues in Scandinavia alla fine del 1985. Tuttavia, nonostante diversi tentativi di registrarlo, il gruppo non è soddisfatto dei risultati e la canzone viene temporaneamente messa da parte, anche in vista del tour del 1986, che li porterà per la prima volta nella “Grande Mela”.
Con il passare del 1986, tuttavia, i Pogues incontrarono vari problemi che bloccarono la registrazione della “Favola di New York”. La loro etichetta discografica infatti, la Stiff Record, ha notevoli difficoltà finanziarie ed è andata in commissariamento, il che significa che è necessario negoziare un nuovo accordo di distribuzione con un’altra etichetta per pubblicare qualsiasi nuovo materiale dei Pogues.
Nel frattempo anche il rapporto con il produttore Elvis Costello si è deteriorato il che li spinge a separarsi da lui e da Cait O'Riordan ( coinvolta sentimentalmente con Costello) che lascia la band nello stesso anno, dipartita che significa che la canzone ha quindi perso la sua interprete femminile.
(Elvis Costello e la bassista dei Pogues Cait O'Riordan)
Ed qui entra in gioco Steve Lillywhite, già produttore di U2 e Simple Mind, che decide di dirigere il prossimo album dei Pogues.
I problemi della Stiff infatti furono infine risolti e nel Marzo del 1987, la band entra ad Abbey Road per registrare un ulteriore Demo del pezzo, con McGowan che canta sia la parte maschile che quella femminile. Tuttavia, ci volle fino alla terza sessione di registrazione, tenutasi ai RAK Studios di Londra, per dare al pezzo il tocco finale.
Lillywhite infatti, si porta a casa il nastro della registrazione e chiede a sua moglie Kristy MacColl di registrare una traccia per la voce femminile che fungesse da linea guida per la versione demo del pezzo, nel loro studio di casa durante il fine settimana.
Kristy era infatti una già nota cantante pop ma la sua carriera da solista era stata bloccata a causa della paura del palcoscenico e dei problemi contrattuali.
Quando Lillywhite compare in studio il lunedì mattina con la registrazione e la fa sentire alla band, Shane e compagni ne rimangono semplicemente sbalorditi e capiscono che Kristy sarebbe stata la voce ideale per il personaggio femminile della canzone.
Addirittura Shane, insiste per ri-registrare la sua parte di voce, perché non la ritiene all‘altezza della performance di Kritsty.
Il tocco finale è dato dalla sapiente produzione di Lillywhite, già abituato a lavorare con band “da Stadio” che tramite una serie di accorgimenti (suono del mandolino moltiplicato per 10 e l’aggiunta di una sezione di archi e ottoni) da quell’ epicità alla canzone che tutti conosciamo.
Tra un intoppo e l’altro pero, siamo già alla fine del Settembre del 1987 e la canzone, se vuole effettivamente ambire ad essere un successo natalizio ha bisogno di essere urgentemente pubblica.
Lo è finalmente il 23 novembre 1987, leggermente in ritardo rispetto agli altri singoli natalizi e ad un solo mese dal natale. Questo non impedisce al pezzo di scalare le classifiche e di raggiungere immediatamente la prima posizione in Irlanda rimanendoci per 5 settimane.
Il 17 Dicembre i Pogues e Kristy si esibiscono nel famoso programma Top Of The Pops per tentare di scalare anche le classifiche del Regno Unito.
La canzone però raggiunge solo il secondo posto, battuta da una cover di “Always on My Mind” dei Pet Shop Boys, che si consacra hit natalizia del 1987.
Il sempre controverso Shane sembra che commentò la sconfitta con un “ Siamo stati battuti da due checche e una Drum machine” e aggiunse successivamente “Andare al numero 1 in Irlanda era ciò che contava per me ma non mi sarei mai aspettato che gli Inglesi avessero tutto questo buon gusto”.
Di seguito il video della performance a Top Of The Pops:
https://www.youtube.com/watch?v=qSkN4EXhBR8
Il testo della canzone, come già detto, narra la storia di una coppia di immigrati Irlandesi nella New York degli anni 40’.
Il personaggio interpretato da Shane nel duetto, dopo aver vinto ai cavalli con l’improbabile quota di 18/1, promette alla sua amata che sarà il loro anno e i loro sogni diventeranno realtà.
Ma come dice lo stesso Shane “ Il ragazzo è un barbone che vive per strada e ha appena vinto ai cavalli, quindi non sei nemmeno sicuro che stia dicendo la verità” ed effettivamente nella seconda parte del testo ci è chiaro che qualcosa sia andato storto, quando la conversazione esplode in una violenta litigata alla classica maniera irlandese, ovvero insultandosi pesantemente a vicenda.
Al “ Sei una vecchia puttana drogata” di Shane, risponde il “tu feccia, tu verme, tu disgustoso frocio taccagno” di Kristy, che suggella il tutto con un colorito “ Buon Natale un cazzo, prego Dio che sia l’ultimo che passiamo insieme”.
Il verso ha ovviamente suscitato molto scalpore all’ epoca (figuriamoci oggi) il che lo portò ad essere censurato dalla perbenista BBC, chiedendosi se “Puttana” e “Frocio” erano effettivamente “le parole che vogliamo che i nostri figli cantino sul sedile posteriore delle nostre auto” e dimenticando che forse, quando si scrive una canzone, bisognerebbe essere liberi di far “letteratura” e dire quello che si vuole.
Il contrasto fra il carattere rude del battibecco e l’immagine del coro che evoca le speranze e le fatiche di generazioni d’immigranti irlandesi è quello che rende meravigliosa la canzone. Senza quegli insulti, senza quel “frocio”, il Natale di Fairytale of New York non sarebbe altrettanto disperato e allo stesso tempo pieno di speranza.
La brillantezza della canzone è suggellata dalla sua strofa finale quando MacGowan protesta, "Avrei potuto essere qualcuno", e MacColl risponde: "Beh, un po’ come tutti …".
Quindi MacColl accusa: "Mi hai portato via i miei sogni" e Shane risponde, con tutto il calore trattenuto fino a quel momento, in uno dei versi più romantici mai scritti:
"Li ho tenuti con me piccola / li ho messi con i miei/ Non posso farcela da solo/Ho costruito i miei sogni intorno a te".
Quindi, nella sua interazione finale, il ritornello non è più un promemoria ironico e provocatorio di tempi migliori, ma una promessa di riconciliazione.
"Davvero non sai cosa gli succederà ", dice MacGowan. "Il finale è completamente aperto."
A proposito del ritornello: il “Coro del Dipartimento della Polizia Di New York” in realtà non esiste ne è mai esistito: sono gli ubriachi nella “Drunk Tank” che Shane paragona appunto ad un coro di bambini che cantano Galway Bay, una tradizionale canzone irlandese amatissima dagli immigrati, e cantata da Bing Crosby nel 1948.
E a rendere ancora più magica e simbolica la storia bisognerebbe inoltre aggiungere che Shane MacGowan è nato proprio il giorno di Natale, il 25 dicembre del 1957.
Ultima curiosità, se ascoltate bene l’intro di pianoforte iniziale noterete che la melodia ricorda davvero molto quella di “Tema di Deborah” di Ennio Morricone.
Infatti, quando i Pogues girano l'Europa nell'autunno del 1985, quasi consumano la videocassetta di “C'era una volta in America” , l'epico film di Sergio Leone e non essendo mai stati a New York prima, è quello l’unico portale immaginario che Shane e Jem hanno per costruire la loro storia. Perciò il riferimento è più voluto che casuale.
D'altronde, non tutte le belle favole iniziano con un “C’era una volta” ?
Buon compleanno Shane e Buon Natale a tutti.
venerdì, dicembre 23, 2022
Album 2022
Un po' di album che reputo tra i migliori del 2022.
In passato i migliori album furono:
nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass
nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher
nel 2018: Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Gaz Coombes, The Good The Bad and the Queen, Spiritualized
nel 2019: Specials, Nick Cave and Bad Seeds, Dream Syndicate, Juliana Hatfiled, Chris Robinson Brotherhood
nel 2020: Bob Dylan, Bob Mould, Fantastic Negrito, Suzanne Vega, Gil Scott Heron/Makaya McCraven
nel 2021: Jon Batiste, Sleaford Mods, De Wolff, Coral, Sons of Kemet, Specials, Mdou Moctar
TOP 15
1 FANTASTIC NEGRITO - White Jesus, black problems
Il nuovo album di uno degli artisti più interessanti e completi in circolazione è una sorta di concept dedicato ai suoi avi, coppia mista negli States schiavisti di 270 anni fa. Musicalmente entriamo nell'entusiasmante calderone di rock (Hendrix, hard, grunge, con attitudine punk), pop e tutte le sfumature della cosiddetta black music ma con una personalità e originalità che rendono ogni nota immediatamente riconoscibile. Pura e semplice eccellenza.
2 VIAGRA BOYS - Cave world
Al terzo album la band svedese fa un centro perfetto mischiando il classico post punk che li ha caratterizzati con mille altre influenze, portando con sé James Williamson degli Sleaford Mods, andando di elettronica, di chitarre devastanti, Prodigy e Nick Cave in un solo abbraccio, perfino Suicide, Devo e i P.I.L.
3 THE LAZY EYES – SongBook
Niente di eclatante ma la band australiana ha inciso un album gradevolissimo.
Nuova psichedelia che guarda spesso ai connazionali King Gizzard & the Lizard Wizard ma anche a kraut rock, Tame Impala e tanti altri gusti 60's psych. Le canzoni sono belle, loro giovanissimi, tanta competenza e l'album merita tanta attenzione.
4 SUEDE RAZORS - No mess, no fuss, just rock 'n' roll
Spettacolare album per il quartetto di bootboys di San Francisco, tra punk rock, glam, pub rock, primi AC/DC, Oi! e 79 mod sound.
Hanno una potenza assoluta, sono sfacciati, aggressivi, cool, clean and hard. Strepitosi!
5 BLACK MIDI - Hellfire
La band londinese con il terzo album tocca l'apice della creatività. Un album impressionante per potenza, eclettismo compositivo e realizzativo. Come se i Primus in acido andassero a braccetto con i King Crimson di "Discipline", i Battles, l'approccio cabarettistico degli Sparks, le esplosioni jazz noise di John Zorn. Il tutto con intermezzi orchestrali, un approccio Zappiano e mille altre bizzarrie, costruite con sapienza, creatività spiazzante e grande senso dell'humor e della spettacolarizzazione della musica.
BEN HARPER - Bloodline maintenance
Blues, soul, funk, gospel, country, black music. Ben suona quasi tutto, anche il basso che fu prerogativa di Juan, l'amico e membro della band recentemente scomparso da cui l'album è ispirato. Le canzoni guardano ai maestri del soul dei 70, sono intense e profonde e portano questo album a livelli di assoluta eccellenza.
DUNGEN - En Är For Mycket Och Tusen Aldrig Nog
Torna la favolosa band svedese dopo sette anni di silenzio, con un lavoro che ne conferma l'indubbio valore, tra psichedelia, acid rock, folk, sperimentazione, jazz rock. Un grande album che trasuda creatività e classe.
DREAM SYNDICATE - Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions
Il ritorno dei DREAM SYNDICATE è uno dei rari casi in cui la nuova incarnazione rivaleggia con quella originale degli anni che furono.
Il quarto album della moderna vita artistica ci regala una (come sempre) affascinante miscela di Paisley Undergoround, psichedelia, un tocco elettronico, tanto Lou Reed e Velvet Underground ma soprattutto tantissimo Steve Wynn.
I brani sono bellissimi, evocativi, a tratti rabbiosi, intensi, spontanei.
Un vero e proprio gioiello.
MILES KANE - Change the show
"Per me la scena mod è uno stile di vita; la gang cui ho avuto l’esigenza di appartenere per capire chi fossi; le radici cui torno sempre, immancabilmente, perché sono parte di ciò che sono". Miles Kane torna con un lavoro eccellente per chi ama certi suoni.
Tanto soul (e anche northern soul), pop beat chitarristico, riferimenti Beatlesiani, belle canzoni, divertenti, energiche, arrangiate con gusto, suoni perfetti.
Un gioiello che splende!
THE GODFATHERS - Alpha Beat Gamma Delta
Della line up originale della favolosa band che imfiammò gli anni 80, rimane il cantante Peter Coyne ma il sound e la freschezza di questi dodici brani rimangono inalterati, chitarre abrasive, voce lirica, allo stesso tempo sfacciata e profonda. Un lavoro di classe e rara forza sonora, avvalorato da una produzione eccellente e da una band che suona a livelli altissimi.
YARD ACT - The overload
la giovane band di Leeds è stata un po' frettolosamente derubricata nel calderone del nuovo post punk brit. In realtà hanno un taglio molto originale che mette insieme quei suoni e i "soliti" The Fall ma vi ritroviamo anche Franz Ferdinand, un po' di XYTC, Gang of Four e una bella fetta di Sleaford Mods.
GRAHAM DAY - Master of none
Decine di album e di esperienze alle spalle per quaranta anni sulla scena.
The Prisoners, Planet, Solarflares, Graham Day and The Forefathers, The Gaolers The Mighty Caesars, The Buff Medways, Senior Service.
GRAHAM DAY rimane uno dei migliori songwriters inglesi, da sempre in disparte, dispensa a suo piacimento perle di rara bellezza.
Per la prima volta lo fa da solista, suonando tutto, dalla chitarra al basso, Hammond, percussioni, sitar.
I brani, concepiti originariamente per il nuovo dei Gaolers sono stati completati durante il lockdown e vedono la luce ora in un tripudio di garage beat, ruvido rhythm and blues, Kinks, Who, Pretty Things, Small Faces, melodie beatlesiane ovvero l'anima che fece grandi i Prisoners.
Dodici brani nel classico, unico, inimitabile stile Graham Day.
HOODOO GURUS - Chariot of the gods
Mancavano da 12 anni ma l'attesa è ripagata da un formidabile album di rock n roll/beat nella migliore tradizione della band australiana. Ci sono ispirazione, energia, tiro, grandi canzoni e melodie, attitudine da vendere.
LIAM GALLAGHER - C'mon you know
Maturo, eterogeneo, alla ricerca di nuove strade sonore, pur mantenendo le radici salde e palesemente ancorate alla classica triade Beatles/Stones/Manchester Sound. Ma lo sguardo si inoltra altrove, ci sono perfino echi reggae in "I'm free".
Come sempre o lo si ama o lo si detesta. Continuo a parteggiare per la prima frangia, il disco è bello, lo stile unico e chi se ne frega se non entrerà negli annali della musica. C'mon you know!!!
REDSKINS – Neither Washington Nor Moscow 4 boxset CD
I Redskins hanno marchiato a fuoco gli anni Ottanta militanti, soulcialisti, camminato come i Clash, cantato come le Supremes, lasciando poche tracce ma tuttora indelebili. Questo box di 4 CD (libretto, foto etc) raccoglie tutto e di più della band di Chris Dean: l'unico album "Neither Washington Nor Moscow", i singoli, le varie versioni extended, estratti live con partecipazioni eccellenti (Billy Bragg e Jerry Dammers), grandi cover come "Skinhead moonstomp", "Tracks of my tears" o "Back in the Ussr", le Peel Sessions, i primi demo punk ancora con il nome di No Swastikas.
Punk, soul, impegno politico, passione, energia, sincera ingenuità/ingenua sincerità, un raggio di sole in mezzo al buio Tatcheriano.
Che poi vincerà e darà il via a un'epoca oscura che ancora dura, perdura e annienta diritti e speranze di giustizia sociale.
Chris Dean e Compagni ci avevano avvertito e scagliato l'ultima pietra.
IL RESTO (in ordine sparso)
ARCTIC MONKEYS - The car
La band di Alex Turner prosegue con quello che sembrava un anomalo sentiero intrapreso con il precedente "Tranquility Base Hotel & Casino". Ballate lente, intense, soul/funkeggianti a tratti.
Un lavoro da approfondire anche se, personalmente, ho avvertito momenti statici e sinceramente un po' noiosi.
MARTIN COURTNEY - Magic sign
Il leader dei favolosi Real Estate si concede un secondo album solista all'insegna di uno stupendo jingle jangle rock, sognante, immerso nei profondi 60's Byrdsiani, in melodie Beatlesiane, in canzoni di superba fattura. Bello e super cool.
FONTAINES D.C. - Skinty Fia
Attesissimo, il terzo album della band irlandese ha trovato fin da subito un unanime plauso di critica e pubblico. Meritato, in quanto prosecuzione di un percorso già fin dall'inizio di ottima qualità e che ora si dimostra maturo e in progress.
Ma che sembra avere perso la fiamma e la brillantezza, il piglio urticante e sorprendente e si sia "normalizzato". Pur ponendosi artisticamente sempre a livelli altissimi.
JACK WHITE - Fear of the dawn
Ho avuto per lungo tempo una totale adorazione per l'ex White Stripes. Che rimane un genietto della scena rock con un sound personale e immediatamente riconoscibile. Al quarto album solista conferma tutta la bontà del suo percorso artistico anche se è diventato un po' risaputo e prevedibile. Un buon album, grande competenza nella scelta dei suoni, composizioni originali, sempre in bilico tra potenziale mainstream e alternative.
SPIRITUALIZED - Everything Was Beautiful
Il precedente "And nothing hurt" era finito tra i miei preferiti del 2018. Potrebbe farcela anche questo nuovo lavoro. Che non esprime nulla in più di quanto sapessimo dell'arte di Jason Pierce ma lo dice sempre talmente bene che rimani incantato. Volute psichedeliche, Rollingstoniane, shoegaze, blues, rock, un sound ipnotico e sognante (anche quando si trasforma in incubo), antico e allo stesso tempo attuale.
ELVIS COSTELLO - The boy named if
32° album e in mezzo mille cambiamenti, sterzate, sperimentazioni ma un filo rosso di immediata riconoscibilità compositiva che ne fa uno dei migliori musicisti contemporanei. "The boy named If" è un album ruvido, rock 'n' roll, pub rock ma con una classe comune a pochi.
"Curioso" che l'album parta con un brano che poteva stare nel primo o secondo album dei Beatles e si chiuda con uno che se fosse stato nel primo John Lennon solista sarebbe stato perfetto.
PANDA BEAR & SONIC BOOM - Reset
Amici da lungo tempo, già collaboratori, trovano finalmente l'opportunità di unire le forze in un album cofirmato, prendendo spunto esclusivamente da doo wop, rock 'n' roll e beat degli anni 50 e 60 di Sonic Boom. L'effetto è gradevolissimo e potrebbe essere tranquillamente un lost album dei Beach Boys di metà anni Sessanta. Loro si saranno divertiti un mondo ma anche per noi l'ascolto è più che gustoso.
COCKNEY REJECTS - Power Grab
Dieci anni di silenzio e ritorno in grande stile dei Geggus Bros (forse l'ultimo atto di una gloriosa storia). Punk rock, Oi!, Ac/Dc, hard rock, glam, bovver rock, cover di "Runaway boys" degli Stray Cats, attitudine al 100%. Niente di originale e proprio per questo ancora più apprezzabile.
AA.VV. - Eddie Piller Presents British Mod Sounds of the 1960s
EDDIE PILLER è uno dei personaggi più influenti nella storia dell'epopea mod.
Dalla fanzine "Extraordinary sensations" al ruolo di fondatore della Acid Jazz, a una proficua carriera da DJ, si è dedicato negli utii anni a compilare eccellenti compilation (anche con Martin Freeman) che hanno circoscritto sempre meglio il concetto di "Musica Mod".
In questo nuovo quadruplo CD scava nei profondissimi 60's, pescando 100 brani, spaziando da nomi noti come High Numbers, Small Faces, Kinks, Spencer Davis Group, Yardbirds, Action, Creation, Fleurs de Lys, George Fame, PP Arnold con gli Small Faces (scegliendo però sempre brani particolari e mai scontati) a oscuri e perduti protagonisti di brevi apparizioni. In alcuni casi proponendo anche inediti o brani introvabili.
In mezzo i primi passi di Rod Stewart, dei John's Children di Marc Bolan, David Bowie, i Bluesology di Elton John, i Rockin Vickers di Lemmy, futuro Motorhead, gli Episode Six di Ian Gillan e Roger Glover futuri Deep Purple, gli Spectres di Francis Rossi (poi negli Status Quo) che riprendono "I' ain't got nothin yet" dei Blues Magoos.
E poi i Dog Soul che suonano "Big bird" (ripresa poi dai Jam) con Jim Rodford poi con Argent, Kinks e Zombies o il duetto tra Rod Stewart e PP Arnold.
La lista è lunga, la musica sempre godibilissima (prevalentemente circoscritta a un ruvido rhythm and blues, beat, alcune prime influenze psichedeliche), l'ascolto ovviamente travolgente.
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Il meglio dell'anno
giovedì, dicembre 22, 2022
Joe Strummer
Joe Strummer manca da vent'anni.
L'ho ricordato così per "Libertà".
Joe Strummer manca da vent'anni.
Manca a tanti di noi che lo abbiamo seguito, con passione, con rabbia, fiducia, fratellanza.
Joe e compagni erano coetanei che mettevano in musica quello che noi pensavamo.
Erano i nostri riferimenti ma non riuscivamo a considerarli distanti da noi.
Ci parlavano come amici e ci dicevano cose importanti, che i politici di mestiere non riuscivano a trasmetterci.
Li ascoltavamo con fiducia perchè sapevamo che non ci avrebbero traditi.
Ho incontrato Joe Strummer a Londra, per strada e poi in un pub e suonai prima dei Clash nel 1984 a Milano.
Lui e il bassista Paul Simonon furono affabili, gentili, accoglienti, attenti a quello che dicevo loro.
Non c'era alcuna distanza, Joe era solo uno che parlava la mia lingua, aveva le mie idee, si rapportava alla pari.
Conta moltissimo quando hai vent'anni, cerchi un'identità, un futuro (come diceva Joe, “il futuro non è ancora scritto” ovvero hai la possibilità di cambiare le cose che non ti vanno) e nessuno riesce a darti risposte convincenti.
Manca/ci manca la sua visione del mondo, mai utopica, sempre concreta, lucida, non di rado considerata velleitaria o declinata per slogan.
Ma non era così.
Le sue parole , nelle canzoni, nelle interviste, nelle dichiarazioni, configuravano il mondo che stiamo vivendo oggi, ne coglievano le ingiustizie e le contraddizioni.
A volte con una dose di ingenuità quasi adolescenziale che si mischiava all'urgenza e alla spontaneità.
Joe Strummer ha sperimentato tanto, ha osato, sbagliato, riconosciuto gli errori, ripartito da capo, ha vissuto tante vite, sempre intensamente e al limite.
Se ne è andato proprio quando pareva essersi “calmato” e tranquillizzato trovando un nuovo equilibrio, godendosi ancora un moderato successo e una ritrovata vena artistica. Non era un tipo facile e nella sua biografia sono molti i momenti, i periodi, gli episodi, che lo colgono, per usare un eufemismo, “sopra le righe”, tra abusi di alcolici e sostanze, contraddizioni, periodi di lontananza e piuttosto confusi ma ha sempre saputo mantenere una unanimemente riconosciuta onestà intellettuale che lo hanno reso immortale.
Talvolta, soprattutto dopo la scomparsa, è stato acriticamente “santificato”, particolarità che odiava e avrebbe trovato insopportabile.
I Clash sono stati il suo megafono, la sua formazione artistica e culturale.
Proveniente dalla fumosa e caotica scena dei circuiti dei pub londinesi, con l'autodefinizione di “strimpellatore” (strummer in inglese), John Graham Mellor, figlio di un diplomatico, nato in Turchia, ad Ankara, nel 1952, si appassiona di rock 'n' roll e delle idee dello scrittore George Orwell.
Nel 1976 la classica iniziazione, comune a decine, forse centinaia, di artisti inglesi: un concerto dei Sex Pistols.
Joe si convince a buttarsi nel mucchio, anche se ha venticinque anni, età ritenuta già avanzata dai teeneager protagonisti della scena punk. Ma la sua nuova band, i Clash, raccoglie subito entusiasmo e grande seguito.
Sono bravissimi musicisti, potenti, le canzoni hanno l'impatto del punk ma si avvalgono di linee melodiche che guardano agli anni Sessanta, sono ricercate e, tra i primi, vanno ad attingere anche nei suoni e nella cultura reggae, conosciuta attraverso gli immigrati giamaicani.
Joe e amici bazzicano, dapprima guardati con molto sospetto e perfino ostilità, poi accettati con piacere, i club dove si suona solo reggae e dove loro sono gli unici bianchi.
L'artefice di questa passione è il bassista Paul Simonon, cresciuto a Brixton, dove il reggae era la principale colonna sonora. D'altro canto lo stesso Bob Marley benedisse i rapporti tra punk e rasta sia attraverso la canzone “Punky reggae party” del 1977 in cui citava gli stessi Clash e con la dichiarazione:
“I punk sono emarginati dalla società. Come lo sono i rasta. Quindi loro difendono ciò che difendiamo noi".
I Clash e Joe nella sua carriera solista, manterranno sempre evidente le matrici reggae e dub in ogni loro disco. La vita dei Clash è relativamente breve.
Nel 1977 il fulminante esordio con l'album omonimo, seguito dal controverso “Give 'em emough rope” dell'anno successivo, ritenuto “commerciale” a causa di una produzione troppo “rock” ma che, con il senno di poi, rimane piccolo gioiello con canzoni indimenticabili.
Nel doppio “London calling” del 1979, semplicemente un disco indimenticabile e seminale, traghettarono le loro passioni, restando legati al punk ma aprendosi a quello che le loro radici avevano loro insegnato (reggae, rock 'n' roll, blues, soul, rhythm and blues, jazz, ska, folk).
Con “Sandinista” del 1980 scrivono il loro capolavoro, uno degli album più importanti di sempre. Segna il passaggio da una musica compartimentata in generi ben precisi e identificabili a un calderone indistinto che li raggruppa tutti. Fotografa la New York del 1980 che prelude al mondo che ci ritroviamo, volenti o nolenti, quaranta anni dopo.
Sarà il canto del cigno artistico.
Il successivo “Combat Rock” diede loro la notorietà mondiale e commerciale (con relativo conto in banca finalmente gonfio e, per tutta la vita, stabile, dopo anni di ristrettezze) con due brani come “Rock the casbah” e di “Should I stay or should I go”.
A questo punto la band deraglia.
Il batterista Topper Headon viene sopraffatto dalla dipendenza da eroina, il chitarrista Mick Jones guarda ad altri orizzonti artistici, Joe Strummer e Paul Simonon sono confusi e senza particolari prospettive.
Alla fine Joe licenzia prima Topper e poi il compagno artistico di sempre, Mick.
La band non esiste più.
Joe prova a tenerla insieme reclutando altri musicisti ma il timone è in balìa delle onde. I concerti con la nuova formazione sono solo un pallido ricordo del travolgente live act dei Clash, le scelte successive discutibili e confuse.
L'ultimo atto sarà “Cut the crap”, album senza capo né coda con rari guizzi e tanti episodi inutili. Una fine grama e ingrata per uno dei nomi più sinceri e veri nella storia del rock.
Il gruppo finisce qui.
Dopo lo scioglimento Joe sperimenta, fa le cose che gli vengono in mente, si rimette in gioco, si spende per iniziative anti fasciste e anti razziste e guarda con interesse al cinema sia come attore che come compositore di colonne sonore.
Ritorna a collaborare con l'ex sodale Mick Jones e nel 1988 torna su un palco come chitarrista degli irlandesi Pogues, nel 1989 incide “Earthquake weather” con la sua nuova band, i Latino Rockabilly War.
Un lavoro energico che riporta ai Clash più ruvidi e immediati, destreggiandosi tra punk rock, funk, reggae, ballate folk.
Joe non smette di interessarsi alla politica, alla società, all'attualità.
Alla fine del decennio riprende in mano le redini della carriera musicale con i Mescaleros, progetto strutturato e finalmente ben focalizzato. I risultati non si fanno attendere e i due album del 1999, “Rock Art and the X-ray Style” e del 2001 “Global a Go Go” lo ritrovano in grande forma creativa a lavorare sulle consuete radici (dal punk al rock al funk al mai dimenticato reggae a intense ballate alla Woody Guthrie) a cui unisce un gusto musicale moderno e attuale, assorbendo, come ha sempre fatto, influenze, suoni, riferimenti culturali e sociali di ogni tipo.
La morte lo coglie con un infarto il 22 dicembre 2002 mentre sta preparando un nuovo album, “Streetcore” che uscirà postumo, un anno dopo. Significativamente un mese prima si era ritrovato su un palco con Mick Jones, per la prima volta dal 1983, spettatore a un concerto dei Mescaleros e che si unì a Joe e band per tre brani dei Clash.
Da ricordare anche le bellissime trasmissioni alla BBC che aveva condotto dal 1999 con il titolo di “London calling” in cui proponeva classici reggae e folk, oscuri brani di gruppi sconosciuti e novità di vario tipo.
Dopo la sua scomparsa si sono moltiplicati i tributi di ogni tipo, soprattutto ristampe dei vecchi dischi, con inediti e rarità. Da ricordare anche il documentario “Joe Strummer: the future is unwritten” di Julien Temple del 2007 con una lunga serie di contributi (da Bono a Martin Scorsese) e immagini semplicemente commoventi di Joe in tante delle sue incarnazioni, pubbliche e private.
Sono tributi sinceri, pur nelle loro ovvie modalità speculative, perché Joe Strummer è stato, probabilmente più di ogni altro, un simbolo che è andato molto più in là della sua storia artistica.
Per questo manca e ci manca.
Perché era uno di noi, idealmente sempre al nostro fianco.
“Non voglio guardare indietro. Voglio andare avanti, ho ancora qualcosa da dire alle persone” (Joe Strummer).
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mercoledì, dicembre 21, 2022
Album italiani 2022
Ho scelto 38 album italiani che mi sono piaciuti parecchio.
Negli scorsi anni era andata così
nel 2007 Statuto e Temponauts
nel 2008 Assalti Frontali
nel 2009 Julie's Haircut, Edda e Teatro degli Orrori
nel 2010 June e Statuto
nel 2011 Verdena, Peawees, Enrico Brizzi, Dellera, Paolo Apollo Negri, Statuto
nel 2012 An Apple Day, Barbacans, Julie’s Haircut
nel 2013 Julie's Haircut, Statuto, Raphael Gualazzi, Cesare Basile, Giuda
nel 2014 Edda, Finardi, Bologna Violenta, Bastard Sons of Dioniso, Steeplejack
nel 2015 Cesare Basile, Iacampo, Mimosa
nel 2016 Winstons, Afterhurs, Michele Gazich, Statuto, Radio Days
nel 2017 Edda, Bastard Sons of Dioniso, Cesare Basile, Era Serenase, Mauro Ermanno Giovanardi, Alex Loggia
nel 2018 Nicola Conte, Roberto Vecchioni, Calibro 35, Iacampo, Evil Knievel
nel 2019 Piaggio Soul Combination, Winstons, Massimo Volume, Giuda, Julie's Haircut, Cesare Basile
nel 2020 Ritmo Tribale, Calibro 35, Dining Rooms, Era Serenase, Mother Island
nel 2021 Gli Ultimi, The Breakbeast, Andrea Chimenti, Piaggio Soul Combination, Radio Days
La mia TOP 10
SACROMUD - s/t
Eccellente nuovo capitolo del progetto che ruota intorno al chitarrista-compositore Maurizio Pugno. Dodici brani di fangoso blues che attinge dalle atmosfere minacciose dei peggiori luoghi di New Orleans ma anche dal cuore profondo dell'America sonora in cui si fondono soul, funk, gospel, rhythm and blues. In perfetto equilibrio tra Jack White e Fantastic Negrito con Dr.John a benedire. Album spettacolare!
THE DIPLOMATICS - Is time to fly?
La band veneta mantiene salde le radici nel classico sound garage/rock 'n' roll, aspro, divertente, pulsante, che attinge dagli Stones dei Settanta, New York Dolls, Saints e che in questo nuovo lavoro si allarga a influenze che arrivano a Jack White, punk/funk, Viagra Boys, Black Keys. Il tutto proposto con un'energia travolgente, grande padronanza della materia, un pizzico di folle genialità, voglia di sperimentare, capacità e coraggio di rinnovarsi e guardare avanti. Eccellente.
PIERPAOLO CAPOVILLA E I CATTIVI MAESTRI -s/t
Torna l'anima dei disciolti Teatro degli Orrori, accompagnato da un supergruppo con Egle Sommacal (Massimo Volume), Fabrizio Baioni (LEDA) e Federico Aggio (Lucertulas). E colpisce ancora nel segno con il consueto arrembante iconoclasta furore attraverso dieci brani ("otto cazzotti e due carezze, per raccontare questi tempi di violenza e sopraffazione, il paese e il mondo in cui viviamo") che incidono carne e anima con suoni potenti e travolgenti affiancati da parole ancora più letali, nella loro spietata lucidità. Super!
VERA DI LECCE - Altar of Love
L'aspetto peculiare del lavoro della sperimentatrice pugliese è l'inclassificabilità della sua proposta. Che spazia, con attitudine audace e avanguardista, tra elettronica, atmosfere glaciali e sintetiche e un'anima folk che attinge tanto dalla tradizione salentina, quanto da suggestioni popolari orientali.
Vocalità che emergono da un infinito passato ("The truth") convergono armonicamente in tribalismi elettronici ("Jenome") che riportano allo sciamanesimo sonoro dei Goat, lasciando sempre inalterato uno stato di tensione che può preludere a una pericolosa e improvvisa esplosione di suoni, un mood minaccioso dai tratti esoterici. Eccellente.
THREE BLIND MICE - Day’s Getting Dark
Quarto album per la creatura di Manuele Scalìa, attiva da una dozzina di anni e protagonista di concerti in mezza Europa e con personaggi come Lydia Lunch oltre a collaborare con alcuni nomi del gotha post wave. Il mondo dei Three Blind Mice è variegato ed eclettico. Pesca dalle atmosfere dark blues di Nick Cave e Gallon Drunk ma anche da country, surf, sonorità cinematiche, Gun Club, post punk, garage. Un contesto originale, un linguaggio personale e sempre più raffinato, una realtà di altissimo livello.
STERBUS - Solar barbecue
Spettacolare nuovo lavoro, interamente strumentale, per la creatura di Emanuele Sterbini che si butta a capofitto nelle acque limacciose di una sperimentazione dai contorni psichedelici ma che devono molto alla lezione primigenia di Frank Zappa, debordando anche nei campi coltivati da Soft Machine, del prog più hard, degli attualissimi Black Midi, senza dimenticare i Primus. Eccellente e coraggioso.
ASSALTI FRONTALI - Courage
Migliaia di "rapper" hanno conquistato i gusti delle nuove generazioni ma solo una piccola parte conosce gli ABSOLUTE BEGINNERS, gli ASSALTI FRONTALI ( ASSALTI FRONTALI OFFICIAL PAGE). Quando nel 1990 comprai "Batti il tuo tempo" degli ONDA ROSSA POSSE il (mio) mondo cambiò di nuovo...per me uno dei 10 dischi italiani di sempre. Li seguo da allora, li seguirò sempre. Gli ASSALTI FRONTALI sono ancora qui, nelle strade, a parlarci di quello che succede, adesso e ora, come i toaster giamaicani o i griot africani.
"Courage" è un nuovo disco, importante, profondo, immediato, urgente, attuale, moderno nella sua classicità sonora.
BEBAWINIGI - Stupor
Uno dei principali pregi del secondo album di Virginia Quaranta, alias Bebawinigi (cantante, attrice, compositrice, polistrumentista) è che sfugge a qualsiasi ipotesi di classificazione o inserimento in un “genere”. Qui si spazia tra mille influenze, riferimenti, tra sperimentazione, ballate intrise di dolcezza, esplosioni di furore sonico, una voce che ci porta ora alle soglie della vocalità di Diamanda Galas, ora dalle parti di Yoko Ono. I 70 minuti dell’album sono una sorpresa continua e pongono “Stupor” tra le migliori uscite del 2022.
A TEMPORARY LIE with GEORGEANNE KALWEIT - s/t
Un album di grande fascino, dolcemente decadente (nell'accezione che si usava per nomi come Roxy Music o Japan, al cui mood e approccio estetico il disco si avvicina). Canzoni perfettamente equilibrate, avvolgenti, sinuose, con un tocco blues in sottofondo. Cesare Malfatti (LA CRUS - THE DINING ROOMS) e Georgeanne Kalweit (DELTA V - THE KALWEIT PROJECT) sono affiancati da una lista di collaboratori di grande livello e soprattutto gusto, come Fabio Rondanini (CALIBRO 35, AFTERHOURS, SILVESTRI) alla batteria, Roberto Dell’Era (AFTERHOURS, THE WINSTON) al basso e Raffaele ”Rabbo” Scogna (DIODATO, NIC CESTER, SELTON) alle tastiere. Gli otto brani sono semplicemente uno più bello dell'altro e questo album entra prepotentemente tra le migliori uscite dell'anno.
DEAR - Out of Africa
Musicista, scrittore, giornalista, Davide Riccio ha un lungo percorso artistico alle spalle. Il nuovo progetto Dear ci regala questo nuovo lungo (19 brani) lavoro che si dipana in svariati ambiti sonori, tra elettronica, rock, sinuose ballate e l'Africa costante protagonista. Sia ritmicamente, con groove tribali, che a livello di immaginario sonoro e lirico. Un riferimento, pur non esaustivo ci porta concettualmente a David Byrne e ad alcune pagine della discografia di Brian Eno ("Far are the shades of Arabia") ma "Out of Africa" è più complesso e personale. Soprattutto originale. Un gioiello di prima grandezza.
IL RESTO (in ordine sparso)
DAGGER MOTH – The Sun is a Violent Place
Al terzo album con il nome d’arte di Dagger Moth, Sara Ardizzoni, valente chitarrista e compositrice (anche con Cesare Basile e i Massimo Volume), alza l’asticella qualitativa della sua proposta artistica, continuando ad esplorare tra elettronica e atmosfere sperimentali, solenni, avvolgenti. C’è un substrato compositivo che attinge dalla post wave classica (da Radiohead a Bjork) e dal trip hop ma l’aspetto più rilevante è la capacità di addentrarsi in un sound innovativo, cerebrale, che assume tratti quasi psichedelici e ambient. Interessante e ricco di personalità.
Ad affiancarla Victor Van Vugt (già collaboratore in studio di Nick Cave, PJ Harvey, Beth Orton e molti altri) con cui l’artista ha finalizzato il mixaggio a distanza fra Ferrara e Berlino; Fabrizio Baioni (già batterista per Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Leda, Cirro, Circo El Grito) con i suoi imprevedibili additional beats su tre degli otto brani presenti nella tracklist del disco; Alessandro Gengy di Guglielmo che ha curato il mastering a Milano.
THE DINING ROOMS - Turn to see me
Torna lo spettacolare progetto di Stefano Ghittoni e Cesare Malfatti, come sempre supportati da un buon numero di collaboratori, con il nono capitolo della saga Dining Rooms. Che si muove alla perfezione nella modernità sonora, attingendo da jazz, hip hop, nu soul ("Desire" è un vero e proprio malinconico e romantico gioiello di modern soul), elettronica, trip hop). I riferimenti si mischiano, sovrappongono, alimentano l'uno con l'altro. La classe del consolidato duo fa il resto e, ancora una volta, piazza un loro album nel probabile novero dei migliori dischi dell'anno.
THE CLEOPATRAS - Bikini grill
Torna la band toscana con un nuovo lavoro, il quarto della carriera, di primissima qualità. L'album si espande verso nuove influenze, tra punk rock, puntate quasi nell'hard, consueti riferimenti 60's e surf, power pop ("Feel the heat" potrebbe stare in qualsiasi album delle Go Go's), una riuscitissima cover di "Kiss kiss kiss" di Yoko Ono. Sound potente (grazie ad Ale Sportelli), album maturo, convincente, godibilissimo, divertente.
BEBALONCAR - Suicide lovers
Scanna è un personaggio che da lungo tempo calca i palchi della scena musicale italiana (dagli Ugly Things ai Primeteens, Sciacalli, Bohemians, Pamela Tiffins oltre ad essere protagonista di numerose altre iniziative nell'ambito della scena di derivazione Sixties italiana). Il nuovo progetto lo coglie ispiratissimo alle prese con un sound tenebroso che abbraccia psichedelia, retaggi beat, shoegaze, Velvet Underground (e di riflesso i Jesus and Mary Chain meno abrasivi) , folk psichedelico.
Un gioiello che riflette luci opache che conquistano al primo ascolto.
ROSALBA GUASTELLA - Grace
Torna la magia sonora di Rosalba Guastella che già aveva stupito con l'eccellente esordio del 2020 "My little songs".
Resta ancora in un contesto acustico, tra blues, psichedelia e una matrice folk che spazia da umori West Coast (a cui bene si accosta la voce di Rosalba che non di rado ha il gusto di una novella Grace Slick) a influenze britanniche tardi Sessanta. Atmosfere sinuose, conturbanti, avvolgenti, un nuovo piccolo/grande gioiello.
THE BASTARD SONS OF DIONISO - Dove sono finiti tutti?
Il trio trentino firma l'ottavo album di una carriera prestigiosa e ricca di soddisfazioni, confermandosi ancora una volta tra i migliori gruppi rock italiani. Il loro power pop melodico, con una buona dose di grunge, che si avvale di linee vocali di pura eccellenza, occhieggia non di rado ai troppo poco considerati Knack con quell'intreccio di chitarre, potenza ritmica e irresistibili richiami Beatlesiani. Un ulteriore plauso per la durata dell'album (meno di mezzora), il tempo perfetto per un disco rock.
BIG MOUNTAIN COUNTY - Klaus
Torna la favolosa band romana con un ep nuovo di zecca, intensamente psichedelico. Tre brani (e due remix) che ci accompagnano in vortici lisergici che vanno da "Tomorrow never knows" dei Beatles a certi voli dei Primal Scream in un 'ottica mai revivalista ma totalmente moderna. Ennesima conferma di un talento di rara efficacia.
TIN WOODMAN - Songs for eternal lovers
Il duo bresciano fa convergere nelle dodici canzoni del nuovo album psichedelia, pop rock inglese, folate prog, brit pop, indie rock, dissonanze ma soprattutto inventiva, versatilità, originalità, belle canzoni, un livello compositivo ed esecutivo di respiro internazionale.
ALTERNATIVE STATION - Alabaster
Nuovo lavoro per la band riminese, un ep di cinque brani, tirati e abrasivi ma che si caratterizzano per un gusto melodico di sapore brit pop. Molteplici le influenze che assimilano Arctic Monkeys, Strokes, Franz Ferdinand, primissimi Cure, Fontaines D.C. Grande maturità espressiva e compositiva, brani che rasentano l'eccellenza.
DALILA KAYROS - Animami
Un album (il terzo per la cantante, questa volta con il musicista elettronico Danilo Casti) ostico, solenne, dai tratti apocalittici, sperimentale. Elettronica spinta, accompagnata da un tribalismo vocale che pone il lavoro in un ipotetico equilibrio tra Diamanda Galas, Laurie Anderson e una versione estremizzata della prima Bjork.
EDDA - Illusion
Al sesto album il cantautore milanese conferma il suo passo artistico atipico, sempre sorprendente, non solo personale ma unico e inimitabile. Una sorta di Syd Barrett nostrano a braccetto con Rino Gaetano, più semplicemente Edda. Nel nuovo lavoro è affiancato da Gianni Maroccolo alla produzione che dona un nuovo carattere e tratto artistico alla sua scrittura. Canzone d'autore, un'impronta jazzy in molti brani ma anche impennate rock/post wave, a cui si uniscono le consuete criptiche liriche malinconico/romantiche e una voce inconfondibile. Un nuovo album che si pone tra i migliori dell'anno in corso.
CONFUSIONAL QUARTET - s/t
La band bolognese conferma il suo status di gruppo tra i più geniali della scena italiana, dai tempi degli Area. Al cui approccio si sono sempre avvicinati (non per niente gli hanno dedicato l'album "Plays Demetrio Stratos" utilizzando una sua traccia vocale, registrata poco prima della sua tragica scomparsa), pur in un contesto artistico diverso, mischiando, senza paura e problemi, le influenze più disparate.
Anche in questo nuovo lavoro sono un groove funk di base, unito a inserti elettronici, fusion, new wave, post wave, jazz, modalità prog, un tiro punk.
Una pioggia di creatività, tecnica esecutiva sopraffina, tante idee e voglia, intatta, di osare. Abitualmente solo strumentali fanno un'eccezione con il funk punk di "Prohibido", cantato da Gabro Da Silva e alcuni inserti vocali tra cui uno emozionante di Pier Paolo Pasolini in "Ostia Lido".
MANUEL AGNELLI - Ama il prossimo tuo come te stesso
Manuel Agnelli lascia la sua rinomata e glorificata comfort zone degli Afterhours per un esordio solista in cui si sfida stilisticamente e compositivamente. E' naturale che la matrice rimanga legata al lavoro con la band ma il taglio dell'album si muove in altre direzioni, più intimiste e liriche, spesso arricchite da sapienti orchestrazioni pur non mancando rimandi a grunge, post punk, momenti quasi noise. Eccellente lavoro sui testi, disco molto curato in fase di arrangiamento, una nuova ottima testimonianza di un artista in salute.
THE BLOKES - Same old stories
La band romana si esprime con un linguaggio semplice e diretto. Street punk tra Exploited, Cockney Rejects,Cocksparrer, Infa Riot, sound arrembante, ritmiche serrate, chitarre potenti, voce roboante, testi stradaioli. Una summa perfetta che non fa progionieri. Un album fresco e devastante. Finalmente!
BACKDOOR SOCIETY - This is nowhere
Secondo album per la band piacentina e furioso, sparatissimo e ruvidissimo attacco garage punk/rhythm and blues. Ci sono grandi riferimenti, oltre all'amato 60's beat olandese, dai Pretty Things e Downliners Sect, ai primi Stones fino al garage punk americano di Sonics e Monks e al quel sottobosco di nomi oscuri che troviamo nelle compilation "Peebles" e "Back From The Grave". Un album "cattivo" e abrasivo, entro i limiti dell'eccellenza per chi ama il genere.
ACID JACK FLASHED - The devil's charm
Non c'era da dubitarne ma il nuovo album del duo lombardo è un vero e proprio gioiello di sapiente unione di ispirazione psichedelica tardo 60's, prog folk, un costante gusto beatlesiano (con sguardi generosi a Kinks, Who e Small Faces) ma capace di flirtare con un approccio moderno e di deviare a piacimento in un brano punk rock o in uno country. Ben fatto, suoni perfetti, arrangiamenti sempre efficaci.
THE MANGES - Book Of Hate For Good People
Alle soglie del trentennale di carriera la band spezzina firma il sesto album (oltre a vari 45, ep, raccolte e un live), confermandosi una delle migliori punk rock band in circolazione. Compatti, i Ramones (da sempre) nell'anima, potenti, grandi brani e melodie, totale padronanza della materia. Un nuovo grande lavoro.
STINKING POLECATS - s/t
Mancavano su album da 17 anni! Festeggiano il ritorno con un grande lavoro, dieci nuovi brani fiammanti, puro punk rock dalle tinte 90’s con sprazzi 77 in odore di Stiff Little Fingers (“Go get ready”), energia e freschezza intatte. L’album fila via arrembante, preciso, potente, al limite dell’eccellenza.
NERO KANE - Of knowledge and revelation
Il terzo album dell'artista milanese ci porta in un viaggio psichedelico fatto di atmosfere sospese, oscure, solenni, malinconiche, drammatiche, in cui abbraccia folk apocalittico, post wave e una sorta di canzone d'autore goth/dark dall'attitudine ambient, screziata dalle molteplici anime dei Velvet Underground.
Spiccano originalità e personalità, che sublimano una maturità artistica di primo livello.
OSSI - s/t
Simone Tilli e Vittorio Nistri (anime degli sperimentali e avanguardisti Deadburger) alle prese con una nuova creatura artistica e 12 brani autografi, registrati con Andrea Appino, Dome La Muerte e Bruno Dorella. Un album che esplora psichedelia, garage beat ma anche e soprattutto quell'anima dissacrante che porta da Zappa e Captain Beefheart ai nostri Skiantos (erroneamente sempre derubricati a "demenziali"), inserendo riferimenti ben precisi al concetto, troppo dimenticato, di controcultura. Splendida la confezione vinilitica gatefold, con all'interno, posizionato in una speciale tasca fustellata, un booklet fumettistico di 28 pagine a colori, stampato nel formato originale degli albi dei Freak Brothers, e colmo di invenzioni, In copertina un disegno di Andrea Pazienza. Album importante e originalissimo.
UMBERTO PALAZZO - Belvedere Orientale
Umberto Palazzo ha alle spalle una lunga carriera artistica con nomi di primo piano della scena “indie” italiana (dai Massimo Volume ai Santo Niente). L’ultima incarnazione lo vede vestire i panni cantautorali (spaziando da Lucio Battisti ad Alan Sorrenti) ma con una vena soul/funk/disco che riporta alla scena inglese degli anni 80 (Style Council, Orange Juice e paraggi). Come sempre, siamo dalle parti dell’eccellenza.
KICCA - Call me sugar
Brillante ritorno della cantante veneta/parigina con un album ultra groovy di funk, soul, disco, bluesy, perfino un salto nel reggae e nello ska, con la consueta stupenda voce che spazia tra inglese, francese e italiano. Arrangiamenti sontuosi, brani (tutti autografi) sempre frizzanti e pulsanti, disco delizioso.
SOUL BASEMENT - Do no wrong
Nuovo elegantissimo, raffinato, super groovy ep per la band di Fabio Puglisi, aiutato dalle stupende voci di Alvin Le-Bass e Lana Gordon. Soul funk con un retrogusto disco, quattro brani di altissima qualità compositiva e artistica, splendidi arrangiamenti, sonorità calde e avvolgenti, un piccolo gioiello nu soul.
PELUQUERIA HERNANDEZ - Volume 4
Torna, con il quarto album (titolo e copertina citano volutamente i famosi volumi del sassofonista Fausto Papetti), la band veronese ed è di nuovo festa. Il loro mix di suoni latini, lounge, reggae, funk, soul, ritmi caraibici, richiami alle colonne sonore morriconiane e/o polizieschi anni 60 e70, prevalentemente strumentale, è come sempre divertente, coinvolgente, gustosissimo. Composizione e arrangiamenti, come è loro abitudine, molto curati ma ciò che spicca è l'originalità (unicità è forse più appropriato) dell'interessantissima proposta.
ALMAMEGRETTA - Senghe
La band partenopea si conferma come tra le realtà più interessanti e al passo con il suono del nostro tempo. La loro miscela di influenze mediterranee, elettronica, nu funk, dub, reggae, world music, tematiche sociali è come sempre coinvolgente, d’avanguardia, fresco, attuale, moderno, pulsante. Un altro eccellente capitolo di una grande storia artistica.
C'AMMAFUNK - Bouncing
La band salernitana rinnova la tradizione campana dell'amore per il funk e la fusion (da Napoli Centrale e James Senese in poi) con un album di altissimo livello qualitativo, soprattutto nei termini di un'impeccabile esecuzione e un gusto sopraffino per suoni e arrangiamenti. Brani ispiratissimi, groove. SAVANA FUNK – Ghibli
Ancora una prova di grande forza e potenza. Il loro afro funk contaminato e che guarda in diverse direzioni (vedi “Ghanaba” che potremmo trovare tranquillamente in un album del primo Carlos Santana), abbraccia sempre di più il sound che soffia dai deserti del nord Africa, tra Tinariwen e Mdou Moctar. La padronanza della materia, la raffinatezza esecutiva, l’eleganza e la veemenza compositiva ci offrono un lavoro di alto livello, originale, personale, pieno di groove e sentimento.
ZONA POPOLARE - Un passo dopo l'altro
Secondo album per la band bolognese e nuova bordata di street punk Oi! serrato, duro, compatto (dai Nabat agli Ultimi passando per i Dalton ma con riferimenti ai classici Cockney Rejects, Uk Subs, Cocksparrer). Grandi testi, pieni di contenuti working class, di vita di strada, antifascismo, militanza.
FANFARA STATION - Boussidia
Il polistrumentista tunisino Marzouk Mejri, il trombettista canadese Charles Ferris e il DJ e producer di musica elettronica torinese Marco Dalmasso aka Ghiaccioli e Branzini, insieme per un travolgente assalto a base di sonorità afro/mediterranee dalle trame dance e funk (a tratti appaiono perfino echi lontani dei primi Mano Negra). E’ il primo capitolo di una trilogia concepita come un percorso di esplorazione nelle culture e nei mondi sonori di ciascun membro del gruppo. Si parte dalla Tunisia con un album ricchissimo di suggestioni, riferimenti, influenze che crea un mix originale, personale, dai tratti personalissimi.
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Il meglio dell'anno
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