lunedì, maggio 31, 2021
Il meglio del mese. Maggio 2021
A quasi metà dell'anno in corso tante buone cose da segnalare:
Sleaford Mods, Paul Weller, Dewolff, Jon Batiste, The Coral, Sons Of Kemet, Mdou Moctar, Teenage Fanclub,Tom Jones, Adrian Younge, Flyte, Myles Sanko, Billy Nomates, Alan Vega, Django Django, Aaron Frazer, Bamboos, Arlo Parks, Shame.
In Italia: Radio Days, Nicola Conte/Gianluca Petrella, A/lpaca, Gang, SLWJM, Bachi da Pietra, Joe Perrino, Amerigo Verardi, Les Flaneurs, The Smoke Orchestra.
PAUL WELLER - Fat Pop (Volume 1)
Originariamente concepiti come una serie di 45 giri che la situazione attuale ha reso logisticamente poco praticabile, i dodici brani del sedicesimo album solista di PAUL WELLER sono stati rinchiusi in un album (che esce a meno di un anno dal precedent "On Sunset").
Registrati "a distanza" con la band abituale, consueto apporto di ospiti, tra cui non spiccano nomi celebri, caratterizzati da atmosfere abbastanza diverse.
Un album solido, che testimonia quanto il livello creativo e qualitativo dell'opera di Weller si sia consolidato nell'alveo dell'eccellenza, con un sound immediatamente riconoscibile, personale, originale, distintivo.
THE CORAL - Coral Island
Non ha mai avuto grandi onori la band di Scousers in questi 20 anni di attività, vacillando tra alti e bassi ma sempre con episodi dignitosi. Il decimo album sfiora il capolavoro.
Un concept condotto dalla voce del nonno 85enne dei fratelli Skelly (come accadde in "Odgen's.." degli Small Faces) che ci porta lungo 24 tracce di un doppio album ambizioso e riuscitissimo tra psichedelia, 60's, rock 'n' roll, skiffle, eccellenti canzoni.
Bellissimo.
SONS OF KEMET - Black to the future
Il nuovo groove che si respira a Londra.
Che mischia, nella migliore tradizione del guru della scena new jazz britannica, Shabaka Hutchings, anima della band, quello che accade intorno: jazz, funk, tribalismo, afro sound, hip hop, grime, Caraibi.
Il tutto proposto da percussioni, tuba, sax, clarinetto e voci.
Con un forte substrato politico e militante. Che riporta all'Archie Shepp di "Attica Blues" ma anche all'attitudine protest di Last Poets e Gil Scott Heron.
Non é un disco "avanti" ma una fotografia del presente.
PS: titolo stupendo.
MARIANNE FAITHFULL - She walks in beauty
Audace e sperimentale progetto della grande voce britannica, ancora più sofferente, caustica e scabra del solito, alle prese con un album di spoken word, in cui declama testi tratti dal repertorio Romantico inglese. Commento sonoro a cura di Warren Ellis con una mano anche da Nick Cave e Brian Eno, a base di suggestioni ambient e solenni.
Album "pesante" e di non facile digeribilità ma di un fascino unico.
THE BLACK KEYS - Delta kream
Grande omaggio alle radici più blues del loro sound, riprendendo brani di Junior Kimbrough, RL Burnside (utilizzando anche loro ex musicisti), Mississippi Fred McDowell, John Lee Hooker.
C'è tanta passione, attitudine e aderenza allo spirito originale.
Un ottimo album.
MOTORPSYCHO - Kingdom of Oblivion
Prosegue incessante la carriera bulldozer della band norvegese, che spiana tutto ciò che si trova davanti, con l'ormai classico sound che mette insieme prog, hard, doom, Black Sabbath, King Crimson, folk rock psichedelico, Yes e Hawkwind. Il tutto in un'ora abbbondante di musica e brani che vanno da 6 ai 10 minuti. Sempre grandi anche se prevedibili.
DINOSAUR JR. - Sweep It Into Space
J Mascis e Lou Barlow suonano esattamemte come i Dinosaur Jr. Solo un po' più pop e roots. E in effetti sono i Dinosaur Jr e quello che ti aspetteresti é quello che loro ti danno. E che non é niente male, considerando che é il dodicesimo album in 35 anni e che di energia e attitudine ce ne sono ancora in abbondanza.
BAMBOOS - Hard Up
La band australiana fa un perfetto centro al decimo album (registrato prima del Covid e pubblicato ora).
Soul funk super groovy, taglio vintage, sezione fiati da urlo, la grande voce di Kylie Auldis, canzoni di primissima qualità, un album imperdibile per gli amanti del genere.
TONY ALLEN - There is no end
Album postumo del grande maestro ritmico dell'afrobeat. Fino alla fine alla ricerca del nuovo e della sperimentazione. Questa volta a fianco delle nuove generazioni rap a cui concede il suo tipico e geniale supporto ritmico.
Interessante, fresco, avanti.
MDOU MOCTAR - Afrique Victime
IL fantastico musicista del Niger torna con un album crudo e ipnotico. Tipici suoni a cui ci ha abituato la scena Tuareg sahariana, tra rock, psichedelia, afro, scale arabe, virtuosismi chitarristici incredibili e una band pazzesca alle spalle. Lui lo descrive come un incrocio tra Van Halen, Black Flag e Black Uhuru.
C'è anche molto impegno sociale e politico e un'attitudine fresca e potentissima.
C'é un mondo là fuori, tutto da scoprire.
GIZELLE SMITH - Revealing
Figlia d'arte (Joe Smith era compositore per i Four Tops), cresciuta a Manchester, attiva con i Mighty Mocambos, sposta le sue coordinate sonore verso atmosfere sempre affini alle radici soul, funk e rhythm and blues ma con uno sguardo più ampio verso pop e rock. Non male, classe e coolness ma giudizio tiepido.
MATT BERRY - The blue elephant
L'attore inglese regale un ottimo album timbrato Acid jazz tra pop beat, soul, freakbeat, jingle jangle.
Molto gradevole.
ROBERT FINLEY - Sharecropper's son
Prodotto da Dan Auerabch dei Black Keys, che vi suona anche la chitarra, terzo album per l'artista della Louisiana, alle prese con un torrido e crudo mix di rhythm and blues, blues, southern soul. C'è di che divertirsi.
THE REVEREND PEYTON'S BIG DAMN BAND - Dance songs for hard times
Il trio dell'Indiana arriva al decimo album e a chissà quante migliaia di concerti. Blues, gospel, country, oscuro rockabilly, John Lee Hooker, R.L.Burnside, Junior Kimbrough e tanto altro mischiato a un approccio punk. Hot stuff!
GARY NUMAN - Intruder
Continua a macinare album dignitosi uno dei primi artefici della new wave elettronica di fine anni 70. Anche il nuovo lavoro si muove su binari algidi, solenni, decadenti. Non male.
RADIO DAYS - Rave on!
I Radio Days ad esempio si stanno felicemente avviando verso i 20 anni di attività con parecchi album e un'infinità di 45 giri, collaborazioni, partecipazioni alle spalle. Suonano un perfetto power pop, in esaltante equilibrio tra il punk rock arrembante dei Ramones, il pulsante beat del primo Elvis Costello e quella galassia di gruppi che hanno sempre mischiato il beat degli anni 60 con un sound più aggressivo ed elettrico, dai Knack ai Rubinoos, Paul Collins Beat, Weezer, Jam. Nel nuovo lavoro abbracciano al meglio tutto il loro mondo artistico, condensandolo in dieci brani da, rigorosamente, tre minuti al massimo. I brani sono curatissimi, dalle melodie beatlesiane ai suoni vintage ma che sanno essere modernissimi e irresistibili. In un mondo più giusto sarebberro in testa alle classifiche.
MARK AND THE CLOUDS - Waves
Terzo album per la band italo/inglese guidata dall'ex membro degli Avvoltoi Marco Magnani. Uno splendido viaggio nei migliori sapori 60's, tra garage, psichedelia, Beatles, freakbeat. Grandi canzoni, cura minuziosa per i giusti suoni, quindici brani di caratura eccelsa. Un gioiello!
BACHI DA PIETRA - Reset
Al settimo album, la rocciosa band, tra le più originali e rappresentative attualmente in circolazione in Italia, stempera il consueto aggressivo e abrasivo sound. In realtà solo in apparenza. L'approccio e l'attitudine rimangono ostici e i dieci brani concedono raramente scampo, collocandosi tra Jon Spencer Blues Explosion e Queens of the Stone Age e un costante sguardo accigliato verso una realtà cupa e spietata di cui "Reset" può essere un'ideale colonna sonora. Uno dei vertici delle proposte discografiche del nuovo anno.
IOSONOUNCANE - Ira
Album importante e coraggioso quello dell'artista sardo, travolto da un hype unanime che inneggia al capolavoro.
Le due ore di musica ci portano tra tribalismo, elettronica, jazz, sperimentazione, Swans, Motorpsycho, psichedelia, kraut, Robert Wyatt e tanto altro. Inclusa una buona dose di autoindulgenza.
Un lavoro innovativo e avanguardistico, che guarda lontano e fuori dagli angusti e decadenti confini, spartiacque nell'ambito dell'indie nostrano, ormai ripiegato da tempo su se stesso. Sarà vera gloria? Attendiamo.
GIACOMO SFERLAZZO - Marinmenzu
Non é un album facile, anzi...per fortuna! Di musica "leggerissima" ne abbiamo a sufficienza (e anche abbastanza!).
Giacomo Sferlazzo é un militante politico (fieramente comunista), agitatore culturale e artista di Lampedusa. "Marinmenzu" é un album in cui entrano folk, suoni mediterranei (soprattutto quando sentiamo le voci dei migranti prigioniei in Libia in "Give me the oil and take the slaves", anche questi sono purtroppo suoni del Mediterraneo), la tradizione dello spoken word militante e tanto altro.
E' un lavoro intenso, crudo e potente. Un urlo dalla prima linea. Da ascoltare con mille attenzioni.
LINK QUARTET - The Saint-Tropez Heist / Nizza Connection
Una discografia sterminata, spalmata su ormai 30 anni di attività, a cui si aggiunge un nuovo tassello, un prezioso 45 giri in vinile.
Un ritorno alle origini, quelle dell'Hammond sound più potente, con il turbo innestato, che caratterizza la side A, mentre si viaggia in un funk psichedelico dall'incedere quasi dub sul retro.
Non troverete di meglio in circolazione in questo ambito.
THE BACKDOOR SOCIETY feat. Paolo Apollo Negri - On the run / Ballad of a liar
Ruggisce il garage punk della band piacentina, conosciuta per un sound debitore al Dutch dei 60's. Nel nuovo 45 giri si guarda a sonorità più ruvide (tra Sonics, Gravedigger V, Crawdaddys) con il Farfisa di Paolo Apollo Negri a inacidire il tutto.
Un gioiello.
MOONBREW + PAOLO APOLLO NEGRI - LEM Tales Chapter Two
Secondo capitolo per il fortunato viaggio spaziale del duo lodigiano, che torna a viaggiare nello spazio tra lounge, jazz, funk, kraut rock, elettronica, con sei sinuosi e affascinanti brani (tre dei quali riuniti in una mini suite).
Un progetto di grande personalità e unicità, curatissimo e particolarmente intrigante.
GLI ANGELI - Voglio di più
Ristampato il secondo (e conclusivo) album degli Angeli (ex Negazione e Indigesti), uscito nel 1999, poco prima dello scioglimento. Potentissimo mix di hardcore e punk rock, chitarre scorticanti, voce abrasiva, ritmiche devastanti. Un prezioso reperto che ritrova la giusta luce.
ASCOLTATO ANCHE:
VASCO BRONDI (irritante), ALOSTMEN (dal Ghana, sound stradaiolo, ipnotico, profondamente afro. Interessante), JORJA SMITH (nu soul carino), MATT SWEENEY/BONNIE PRINCE BILLY (country psych rock storto e intrigante).
LETTO
FRANCESCO FILIPPI - Ma perché siamo ancora fascisti?
Filippi é l'autore di "Mussolini ha fatto anche cose buone" in cui smonta le leggende relative al ventennio fascista.
Nel nuovo, interessantissimo, capitolo sull'eredità lasciata dal fascismo in Italia, ci conduce attraverso un'analisi accuratissima sulle ragioni per cui il tragico periodo non sia mai stato definitivamente accantonato, condannato, sepolto.
La nostra società ha assunto, fin da subito, un atteggiamento autoassolutorio, consolatorio "nel quale rifugiarsi quando il resto delle certezze viene meno. Italiani, sempre e comunque, brava gente".
In contemporanea l'apparto istituzionale, educativo, amministrativo, militare non è stato epurato e sostituito ma riciclato, mantenendo, in buona parte gli stessi rappresentanti attivi in epoca fascista.
Già alla fine della guerra, la nuova dirigenza italiana si muove in tal senso, da De Gasperi che chiede il mantenimento delle colonie africane e si indigna di fronte al rifiuto degli Alleati, con "gli italiani, a partire dalle cariche istituzionali, che si stupiscono dell'incapacità alleata di cogliere la metamorfosi di un intero popolo, che ora si sente, nella sua maggioranza, ottimamente rappresentato dalla nuova democrazia e dai valoro della Resistenza."
Si inizia a rimuovere il periodo fascista, dimenticando guerre, stragi, torture, campi di concentramento, il genocidio in Libia, gli orrori nelle colonie, gli omicidi, le deportazioni degli ebrei italiani.
Anche perché:
"Chi arriva al potere dopo i fascisti continua a utilizzare per il governo gli uomini e le istituzioni che il fascismo ha creato nel ventennio precedente".
Il "Ventennio" assurge a "dittatura da operetta" (Montanelli), a parentesi sbagliata. "Il fascismo "malattia" diviene quindi una parte essenziale della retorica che accelera l'uscita del paese dal cono d'ombra del passato mussoliniano".
Come in Germania con il nazismo "si preferisce scegliere una giustificazione che passi per una perdita più o meno ampia di capacità di discernimento."
Gli italiani, ignoranti e permissivi, lasciano che qualcuno li governi, incapaci di gestirsi democraticamente.
Rimanendo però brava gente.
Si ribelleranno a Mussolini, proprio per questo.
Troppo "bravi" per sopportare ancora guerra e orrori.
Il cinema, la letteratura, la televisione, i media avvarranno il più delle volte questo elemento, rappresentando il fascismo come un periodo sbagliato ma non così tragico e dipingendo i protagonisti come vittime insenzienti.
"Gli uomini che fanno nascere la Tv in Italia sono funzionari nati e cresciuti sotto il regime e, nel momento di costruire nuove vie di approccio al servizio pubblico, inevitabilmente proiettano questa formazione nella loro concezione dell'intrattenimento."
"Per un cinquantennio il fascismo é stato descritto come un regime inetto, inefficente, violento nelle sue frange estreme ma nel complesso non all'altezza dell'altro grande regime di destra, il nazismo".
Un libro sostanzialmente agghiacciante, che dipinge un quadro sconfortante sul declino del nostro paese, paradossalmente iniziato proprio quando stava (teoricamente) risorgendo.
Un DNA inattaccabile, ingestibile e impossibile da cambiare.
DAVID CACCHIONE - Lacrime e sangue. Il mondo visto con gli occhi di un operaio
Nell'epoca in cui la "sinistra" sublima il suo essere atavicamente radical chic (neanche più radical, solo chic), tra diatribe lessicali e pregni dibattiti su quanto avviene nelle trasmissioni televisive, il libro di David Cacchione ci ricorda che esiste una realtà un po' meno smart, cool, trendy, fashion, imbellettata e liofilizzata.
Quella degli sfruttati e degli sfrattati, degli ultimi e chi é perfino dietro agli ultimi, dei poveri ma poveri per davvero, del capitalismo assassino e guerrafondaio, del disastro sociale e culturale a cui assistiamo e partecipiamo impotenti.
Riflessioni brevi, ma bastano poche righe, ogni volta per dire tanto. E anche tutto.
Perché "questo libro é frutto dei milioni di ore di conversazione, di dialoghi e silenzi, di giorni e notti passate con i miei compagni. Guardando il mondo da una libera prospettiva. Con tutto questo vivere ho cercato di farmi una coscienza, così da potere fare domande e cercare risposte."
FRANCESCO DONADIO - David Bowie. Tutti gli album
Francesco Donadio, uno dei massimi esperti italiani di DAVID BOWIE, ne ripercorre (con l'aiuto di una serie di collaboratori, tra i quali mi pregio di essere incluso) la carriera discografica, scrivendone tra le righe anche una veloce biografia.
"Chi ha iniziato a seguirlo ai tempi della trilogia berlinese ricorderà come ai quei tempi venisse guardato con sospetto dalla critica e dagli "intenditori", considerato poco più di un imitatore di stili altrui, uno che nascondeva, con la costante propensione a travestirsi e intrepretare personaggi, una sostanziale carenza di contenuti...c'é voluto un bel po' di tempo a cambiare questa percezione, c'é voluto un ricambio generazionale e, purtroppo, anche la scomparsa il 10 gennaio 2016 affinché anche chi in passato lo aveva disdegnato si guardasse indietro e battendosi il petto potesse dire "Ebbene si, effettivamente é stato un grandissimo."
Nel libro sono recensiti tutti gli album ma non mancano, in abbondanza, live, "periodi oscuri", dettagli, ristampe, rarità.
Schede brevi ma sempre esaustive, confezione elegantissima e ricca, foto spettacolari.
ALESSANDRO GANDINO - Lomagna Mia. Una storia verosimile
Che una storica orchestra di liscio romagnola si trasformi in un gruppo multietnico é una vicenda più che verosimile ai nostri giorni, soprattutto se gestita da una vecchia volpe dell'organizzazione concertistica, costretto dalle circostanze a occuparsi di un contesto fino a ieri inviso ma allo stesso modo parte inevitabile del proprio DNA.
Ne salterà fuori un'avventura travolgente, divertente, esilarante, più che realistica e con molti aspetti autobiografici.
Gandino la racconta con piglio "gucciniano", tra ironia e taglio giornalistico.
Libro godibilissimo.
MARTINA ESPOSITO - Rock Poster 1940-2010. Il manifesto diventa arte
Dagli inizi scarni del rock 'n'roll con manifesti minimali, simili a quelli utilizzati per gli incontri di pugilato, alle elaborazioni più accurate degli anni Sessanta, fino all'esplosione dell'arte psichedelica.
E poi il punk spariglia di nuovo le carte con la sua diretta essenzialità, in qualche modo ripresa poi dal rap.
Una lettura molto interessante di un aspetto sempre più trascurato e dimenticato dell'arte musicale.
A compendio tante preziose illustrazioni e “Quando la musica rimbalza sul muro”, un saggio breve di Matteo Guarnaccia.
GORDIANO LUPI - Il prete
Un fulminante thriller informatico dalle tonalità splatter, molto coinvolgente e intrigante. Scritto con grande ritmo e acume.
PAOLO MERENDA - Alessandria 2050
SCAGLIE DI RUMORE - Numero 26
Due brevi racconti distopici, con sfondo hardcore punk/grind, si anella collocazione che nei palesi riferimenti.
Molto attuali, crudi e potenti.
PAUL VERHOEVEN - L'uomo Gesù
Sempre gradita la rilettura di questa interessantissima ricerca del regista Paul Verhoeven (quello di "Robocop" e "Basic Instinct") sulla vita di GESU', spogliata dalle paccottiglie di miracoli e avvenimenti inverosimili.
Paul ha frequentato a lungo un'associazione di teologi che dibatte costantemente sulla tematica, ha letto e riletto documenti di ogni tipo e affronta ogni passo della vita del profeta con l'approccio dello studioso che analizza fatti e prove e li rende verosimili e compatibili con le dinamiche di un rivoluzionario ai tempi della rigida e feroce occupazione romana in Palestina.
Verhoven è puntiglioso e preciso e dove avverte che le sue conclusioni possono essere azzardate lo sottolinea con onestà.
Ne risulta un ritratto circostanziato che restituisce storicità al personaggio, depurandolo dal poco credibile corredo successivo e spiegando con la razionalità "miracoli e prodigi".
COSE VARIE
Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà", ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
Ancora disponibili copie (edizione limitata di 200, numerate) della biografia degli SMALL FACES, pubblicata da Cometa Rossa Edizioni.
Qui: hellnation64@gmail.com
e qui:
https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828
IN CANTIERE
A metà settembre (il 16) il terzo volume edito da COMETA ROSSA EDIZIONI (http://tonyface.blogspot.com/2020/12/cometa-rossa-edizioni.html).
In autunno altre due uscite letterarie.
Intanto con i Not Moving LTD si preparano nuovi brani per chissà quando.
Esce il 4 giugno per GoDown Records la ristampa in vinile (trasparente) di "Live in the 80's" (+DVD) dei NOT MOVING con codice per scaricare il DVD originariamente allegato. Dettagli qua: https://www.godownrecords.com/product-page/not-moving-live-in-the-eighties-LPx?fbclid=IwAR1Y9uVhewbtzCk46P9sgBA_0vmiAfmnLlGK33fwLVx0oSp97v4IqwYSbZU
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domenica, maggio 30, 2021
Paul Verhoeven - L'Uomo Gesù
Sempre gradita la rilettura di questa interessantissima ricerca del regista Paul Verhoeven (quello di "Robocop" e "Basic Instinct") sulla vita di GESU', spogliata dalle paccottiglie di miracoli e avvenimenti inverosimili.
Paul ha frequentato a lungo un'associazione di teologi che dibatte costantemente sulla tematica, ha letto e riletto documenti di ogni tipo e affronta ogni passo della vita del profeta con l'approccio dello studioso che analizza fatti e prove e li rende verosimili e compatibili con le dinamiche di un rivoluzionario ai tempi della rigida e feroce occupazione romana in Palestina.
Verhoven è puntiglioso e preciso e dove avverte che le sue conclusioni possono essere azzardate lo sottolinea con onestà.
Ne risulta un ritratto circostanziato che restituisce storicità al personaggio, depurandolo dal poco credibile corredo successivo e spiegando con la razionalità "miracoli e prodigi".
Sull'argomento "GESU'" segnalo anche queste altre interessanti pubblicazioni in ottiche diverse:
Emmanuel Carrere - Il regno:
http://tonyface.blogspot.it/2015/09/settembre-2015-il-meglio.html
Josif Ratzinger - L'infanzia di Gesù:
http://tonyface.blogspot.it/2016/03/benedetto-xvi-joseph-ratzinger-l.html
Corrado Augias/Mauro Pesce - Inchiesta su Gesù:
http://tonyface.blogspot.com/2016/04/corrado-augias-mauro-pesce-inchiesta-su.html
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sabato, maggio 29, 2021
Classic Rock
Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK intervisto i Wolf Alice, di cui recensisco anche il nuovo album. Parlo anche dei Garbage, di Night Beats e del libro di Joyello Triolo "Cover and over again".
Inoltre nell'articolo dedicato ai 50 album "minori" degli anni 80, recensisco "The songs the Lord tought us" dei Cramps, "Miami" dei Gun Club, "Coup de grace" dei Mink DeVille, "JuJu" di Siouxsie and the Banshees, "Emergency third rail power trip" dei Rain Parade, "Puta's fever" dei Mano Negra.
Si parla inoltre di Shane McGowan e i Pogues, Talking Heads, Black Sabbath, Royal Blood, Otis Redding, Stevie Nicks.
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venerdì, maggio 28, 2021
Get Back. Dischi da (ri)scoprire
Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back
SPECIALE STIFF LITTLE FINGERS.
La band di Belfast é stata tra le principali realtà punk britanniche con i primi tre album (e il contemporaneo album live) a rappresentare al meglio il loro sound.
Dopo scioglimenti, reunion e cambi di formazione, sono ancora in attività, anche discografica, proseguendo dignitosamente, seppure a livelli non particolarmente significativi.
INFLAMMABLE MATERIAL - 1979
Uno degli esordi più fulminanti di sempre e uno dei migliori album punk in assoluto. Abrasivo, cattivo, aggressivo, crudo.
Melodie struggenti tematiche dirette sulla situazione della loro città, Belfast, devastata dai "troubles" e dall'occupazione inglese.
"Alternative Ulster", "Suspect device", "Wasted life", la cover acidissima di "Johnny Was" di Bob Marley. Capolavoro.
NOBODY'S HEROES - 1980
La band affina le composizioni e le tecniche di registrazione.
Un altro eccellente album, pur se meno immediato e più ricercato.
Ma brani come la title track, "Fly the flag", la drammatica conclusiva "Tin soldiers", la cover di "Doesn't Make It All Right" degli Specials tiene il livello altissimo.
GO FOR IT - 1981
Il gruppo matura e smussa progressivamente le precedenti asperità.
La qualità rimane comunque ottima, nonostante qualche concessione pop, soul e rockabilly, il consueto spazio al reggae e un percorso abbastanza prevedibile.
Siamo sempre comunque in un contesto fresco, diretto, energico.
E regge ancora più che bene a distanza di 40 anni.
HANX! - 1980
Live previsto solo per il mercato americano, in vista di un tour oltreoceano, venne stampato anche in UK, a furor di popolo e a prezzo "politico".
Cattura benissimo la loro carica sul palco con quell'irresistibile mix di Clash, punk rock, melodie 60's.
Indispensabile compendio.
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giovedì, maggio 27, 2021
Topper Headon
Riprendo l'articolo che ho firmato sabato scorso per IL MANIFESTO.
E' stato un mese particolare quel maggio 1982 per Topper Headon, funambolico, stupendo batterista dei Clash.
Il 30 maggio compì 27 anni, il 14 maggio uscì “Combat Rock” l'album che decretò il successo commerciale della band, grazie soprattutto all'irresistibile groove di “Rock the Casbah” che scalò le classifiche e che era, alivello compositivo, in gran parte farina del sacco di Topper.
Il 10 maggio fu buttato fuori dal gruppo.
«Ero in uno stato pietoso. Quando ti fai di eroina non hai nessun rispetto per te stesso e per gli altri. Avevo perso ogni contatto con la band, la realtà, il mondo intero. Joe mi ha detto: "Sei licenziato". Ho saputo solo dire: "Stai scherzando!". Non ho saputo dire altro”.
Topper Headon è stato il batterista dei Clash, l'”unica band che conta”.
E già sarebbe sufficiente per consegnarlo alla storia.
Era chiamato “The human drum machine” ovvero ”La batteria elettronica umana” per la sua incredibile precisione.
Incominciò a suonare la batteria a 13 anni dopo che la rottura di una gamba spezzò le sue ambizioni di calciatore e fu consigliato da un dottore di suonare uno strumento per sedare la frustrazione per l'interruzione dell'ambita carriera su un campo d'erba.
“Non ho mai preso lezioni. Ho iniziato a suonare e mi sono accorto che lo sapevo fare.”
Dopo sei mesi era già batterista di un gruppo jazz.
Incontrò a Londra il chitarrista Mick Jones che cercava un batterista per un nuovo gruppo che stava compiendo i primi incerti passi nella scena punk.
Non esitò ad accettare il posto nei Clash per 25 sterline a settimana.
Fu rivestito a puntino in stile punk e iniziò con la domanda ricorrente:
“Starò facendo la cosa giusta? Ero nel gruppo da una settimana, dovevo negare di essere sposato, ero molto intimidito, dovevo lasciare perdere il mio giro ed entrare nella gang”.
Si ritrovò in un gruppo punk, lui che ha sempre ammirato i migliori batteristi jazz e non ha mai nutrito particolare stima per i colleghi del nuovo giro.
La sua vita diventò un circolo ininterrotto di prove, concerti, studio di registrazione, i Clash arrivarono in pochissimo tempo ad essere uno dei gruppi più amati e seguiti in tutto il mondo, un simbolo, con un ruolo identitario, in cui riconoscersi per migliaia di giovani.
“Ero al massimo della forma, non facevo mai un errore, tutto quello che facevo era suonare, suonare, suonare. Poi in tour scoprii l’alcool e allora tutto quello che incominciai a fare fu bere, bere, bere. Poi Mick mi introdusse alla cocaina e tutto diventò coca, coca, coca”.
Topper amava i Clash, il mondo che li circondava, andare in tour, registrare ma mentre gli altri erano in grado di prendersi una pausa, lui non riusciva a fermarsi, iperattivo oltre ogni limite, anche quello dell'autodistruzione.
“Arrivai a prenderla di continuo anche durante i concerti, ogni tre canzoni. Quando si spegnevano le luci il mio roadie era pronto con uno specchio e qualche linea di coca”.
Non che i suoi compagni di palco fossero particolarmente morigerati, tanto meno i roadies e la crew ma sapevano in qualche modo autogestirsi.
“Il problema era che una sera mi ubriacavo con Joe, l’altra con Paul, l’altra ancora con Mick, ci si divertiva in continuazione. Ma non mi accorgevo che ero il solo che lo faceva costantemente”.
L’eroina arrivò conseguentemente e Topper, con la consueta costanza, le si dedicò totalmente, diventando talmente incontrollabile e autodistruttivo, che gli altri della band chiedevano negli hotel una camera in piani differenti da quello del batterista.
Joe Strummer, esasperato da una situazione sempre più incontrollabile e nonostante lo avesse protetto e difeso in ogni modo, decise di concedergli un’ultima chance.
“Non sapevo di essere controllato. Nei camerini ad Amsterdam strappai uno specchio dalla parete e ci tirai una lunga striscia di coca”.
Gli altri tre si guardarono silenziosamente e poco dopo Joe disse ad un giornalista che Topper era licenziato.
“Joe non mi avrebbe mai buttato fuori dal gruppo se non fossi stato un tossico all’ultimo stadio, che devastava gli alberghi ed era sempre in ritardo alle prove.”
Qualche mese dopo essere stato in una delle più grandi rock band del mondo, Topper si ritrovò in una gelida casa occupata senza finestre a Fulham, mentre i Clash giravano gli Stati Uniti sull’onda del successo di “Rock the Casbah”, lo stesso che Topper aveva concepito, suonato praticamente interamente e registrato da solo.
Pete Townshend gli offrì l’opportunità di suonare con gli Who che avevano scelto proprio i Clash come gruppo di apertura del loro tour. Una rivincita epocale per chi era appena stato licenziato.
Ma Topper decise che, poco prima delle prove, fatto e strafatto, fosse più divertente saltare da un tetto all'altro.
Da dove cadde e si ruppe una gamba, facendo sfumare l'incredibile opportunità.
Appena guarito formò una band con Pete Fardon, anche lui appena licenziato dai Pretenders per dipendenza da eroina, prodotto da Rob Stoner (altro tossico) della band di Bob Dylan e Pete Townshend.
Facile intuire come potesse andare a finire. Fardon morì poco dopo eil gruppo si sfasciò.
Qualche tempo dopo anche Mick Jones fu licenziato da Joe Strummer e andò così a cercare Topper per farlo entrare nel suo nuovo progetto Big Audio Dynamite portandogli anche la buona notizia che avrebbe avuto 200.000 sterline (l’equivalente odierno di 750.000) di buona uscita.
“Chi vuole ripulirsi con 200.000 sterline in banca? Salutai Mick, ci vediamo!”
In 18 mesi i soldi finirono e non gli rimase più neanche un mobile in casa. Fece uscire il pur ottimo, ma ignorato da critica e pubblico, album solista ”Waking up”, nel 1986, venne arrestato (15 mesi di prigione), finì in un ricovero per persone senza casa. Tornò nella natìa Dover dove finì per girare i pub e uscire barcollante urlando alle auto per strada, contrarre l’epatite C, tornare all’eroina. S iridusse a suonare i bongo nella metropolitana di Londra:
“Ogni cento persone che passavano una mi chiedeva: “Ma tu sei Topper dei Clash?” Rispondevo: “si questo é ciò che faccio adesso”. Davvero umiliante.”
Lavorò a fasi alterne come taxista, senza più alcun interesse per la musica, tentò la disintossicazione per 13 volte.
La quattordicesima funzionò.
“Non so perchè, qualcosa è successo, mi sentii di nuovo parte della vita. Da allora sono rimasto pulito”.
Fondò l’Anonima Narcotici di Dover, si occupò della prevenzione dell’epatite C, ogni tanto suona qualcosa ospite di qualche gruppo nei pub della città, è apparso anche con Mick Jones nei Carbon/Silicon per un paio di brani dei Clash.
Ricorda che Strummer non era contento di come erano finiti i Clash, a suonare nei grandi stadi, l’antitesi di quello che avrebbero dovuto essere. “Finì con licenziare tutti, invece di andarsene lui. Con me non aveva scelta. Ma eravamo ragazzi”.
Joe Strummer ammise: “Non abbiamo più suonato un buon concerto dopo l’uscita di Topper”.
Topper:
“E’ stata la cosa migliore che poteva succedere, abbiamo fatto musica fantastica, meglio finire al top. Anche se le rockstar sono come i cattolici. Possono anche smettere ma rimarranno sempre rockstar”.
Ora Topper vive più o meno serenamente, segue una dieta salutista, non suona più se non occasionalmente per divertimento, non ascolta musica, ha vari problemi fisici, dice di aver comunque perso la forma e buona parte della tecnica.
“Sono un uomo di mezza età che vive vicino al mare”.
Il suo impegno principale é tenere lontano i fantasmi.
“Ho perdonato Joe. Dovevo essere io a morire, non lui”.
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mercoledì, maggio 26, 2021
Roberto Colombari - Tempi selvaggi. Storie di punk e anarchia
La Bologna del primissimo giro punk e skinhead, a cavallo tra 70 e 80.
Sullo sfondo una società che cambia, la bomba, le bombe, la repressione.
In mezzo chi non accetta tutto ciò, si ribella, cerca strade nuove e, quando trova porte chiuse, le sfonda.
Il romanzo di Roberto Colombari, arricchito dalla bellissima grafica e dai disegni di Cesare Ferioli (entrambi protagonisti diretti di quei tempi selvaggi), ci porta, attraverso Nove, giovane skinhead, violento, duro, aggressivo, senza regole né futuro, in mezzo a fatti veramente accaduti: il concerto dei Clash in Piazza Maggiore, i Ramones a Reggio, il sanguinoso raduno Oi! di Certaldo, la mattanza poliziesca al concerto degli Exploited, i Nabat e i Raf Punk, vari giorni londinesi con vicende più o meno note.
Scorrono fatti e persone (niente nomi, solo soprannomi - chi c'era sa chi sono), risse, amori, occupazioni e una vita violenta.
Linguaggio diretto e spesso ironico.
Si soffre e ci si diverte.
Come in quei Tempi Selvaggi.
https://tempiselvaggi.altervista.org/
Roberto Colombari
Tempi selvaggi. Storie di punk e anarchia
Edizioni Clueb
euro 19
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Libri
martedì, maggio 25, 2021
Campionato Serie A 2020/2021
SERIE A 2020/21 UNA RAPIDA OCCHIATA.
A cura di ALBERTO GALLETTI.
Va in archivio il campionato di Serie A 2020/21, il primo nella storia giocato senza pubblico, come tutti gli altri in giro per il mondo.
Un campionato di allenamento che non conta niente, se i campionati giocati fino al 2018/19 hanno contato qualcosa.
Ha vinto l’Inter, che ha beneficiato appieno delle sciagurate scelte estive della Juventus.
Hanno comunque meritato, il cammino da gennaio in avanti è stato quasi impeccabile.
La chiave, a gioco lungo è stata Lukaku.
Un bravo a Conte che ha fatto fare pazzie al suo presidente per farselo comprare.
Un bravo pirla al cinese che oggi si è fatto prestare 275 milioni di euro da un fondo d’investimento per pagare ingaggi già corrisposti e promettere altre insensatezze a Conte per cercare di trattenerlo.
Il Milan che finisce secondo al fotofinish.
Primo in classifica fino al Festival di Sanremo, e vera sorpresa stagionale, ha poi patito l’assenza del talismano svedese senza il quale Pioli si è perso dimostrando il suo valore.
Decisivi in negativo anche alcuni infortuni pesanti, tutti nello stesso momento.
Terza l'Atalanta, non più una sorpresa ma una conferma, per il terzo anno consecutivo chiude al terzo posto.
La Juventus è stata una pena.
Chiunque avesse letto la tesi del Master di Coverciano di Pirlo, com’è purtroppo capitato a me, avrebbe pronosticato che sarebbe andata esattamente così.
Strano non l’abbia fatto il suo principale, oppure, più grave, l’abbia letta e assunto comunque. La squadra ce l’avevano ma l’approccio è stato completamente sbagliato.
Centrocampo comunque da risistemare e difesa da rifare. Unica nota positiva: Chiesa, che deve smettere di simulare.
Il Napoli ha fatto quel che doveva fare con una rosa indebolita rispetto a due/tre campionati fa e chiude quinto.
Bravo comunque Ringhio per aver fatto una bella stagione dovendo sopportare uno come De Laurentiis.
Roma e Lazio sono arrivate dove dovevano arrivare, il Sassuolo anche.
Dietro tutto più o meno come da pronostico.
Disastroso il Torino che si salva al pelo grazie ad un recupero rinviato provvidenzialmente a prima dell’ultima giornata.
La squadra sembrava un po migliore, mi pare che in società ci sia parecchia incompetenza.
L’ altra sorpresa vera del campionato è senz’altro la salvezza dello Spezia che era all’esordio assoluto nella massima serie, nonostante millantino uno scudetto improbabile, e candidato ad una retrocessione a piombo.
Ha giocato parecchie buone partite e colto un paio di risultati di prestigio.
Scontate ahimè le retrocessioni di Benevento e Crotone.
Ha vinto anche il VAR ormai protagonista a sproposito delle partite come e più dei calciatori e, come ampiamente dimostrato dal grottesco primo tempo dell’ultima Juventus – Inter, che ho avuto il dispiacere di guardare, sbaglia come sbagliava l’arbitro unico di prima. Solo che adesso sono in sei per arbitrare una partita con un numero incalcolabile di moviole.
Una merda, al pari di chi l’ha concepita, di chi l’ha adottata e di chi la sostiene.
Questo inoltre ha fatto, per chi ancora non lo avesse realizzato, della Serie A un gioco diverso dal calcio che si gioca dalla Serie B compresa in giù, dove il VAR (per fortuna) non c’è. Non è calcio, non lo sarà più.
Velo pietoso sull’atteggiamento dei calciatori ormai impegnati principalmente a sceneggiare ad ogni minimo contatto o sfioro, a volte neppure quello, per trarre in inganno gli arbitri e attirare l’attenzione del VAR che concede sanzione ridicole e sorvola sulla disonestà dei simulatori ormai dilagante. E questa si che falsa il campionato.
Pagliacci. Velo pietoso anche su Lazio e FIGC per il caso tamponi.
Infine il Genoa che finisce undicesimo, un caso.
In sé un buon piazzamento.
Purtroppo però si tratta solo di una salvezza alla penultima giornata, figlia di una gestione societaria vergognosa mirata esclusivamente alla plusvalenza economica e senza la minima ombra di una qualche intenzione sportiva.
Una situazione che mortifica una tifoseria, e un club, da anni in ostaggio di un proprietario vendicativo e in malafede.
La classifica non inganni e soprattutto i meriti hanno nome e cognome: Davide Ballardini che ha raccolto una squadra inesistente e ultima in classifica portandola in salvo ed eventualmente all’undicesimo posto.
Come ringraziamento, l’ignobile ha già fatto intendere che non lo confermerà.
Aggiunta (Tony):
salvezza rocambolesca (quasi) all'ultimo respiro del Cagliari con un recupero a cui nessun rossoblu ormai credeva più.
Grazie a Semplici e a qualcuno che ha ricominicato a correre.
Con una rosa più che dignitosa (con piccole eccellenze come Joao Pedro, Nandez, lo stesso Cragno, l'esperienza di Naingollan, uno bravo come Marin), una squadra da potenziale 10°/12° posto in tranquillità. Mah.
Pillole:
L’Inter ha fatto 91 punti, non ha il miglior attacco ma è la squadra che ha vinto più partite: 28, e quella che ne ha perse di meno:3.
All’altro capo della classifica il Crotone ha perso 27 partite, il Parma ne ha vinte solo 3.
Meno male che han giocato senza pubblico. Gol fatti; talanta 90; gol subiti Inter 35.
Marcatori:
capocannoniere Cristiano Ronaldo, 29 centri in un annata da dimenticare per la squadra e parzialmente anche per lui, addirittura in panchina all’ultima giornata.
Dietro, staccato di cinque lunghezze Lukaku che ha vinto il campionato.
Incredibili i 20 gol di Simy, un brocco di dimensioni colossali, solamente uno in meno del viola Vlahovic invece proprio un bel giocatore.
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Calcio
lunedì, maggio 24, 2021
Franco Battiato
Riprendo quanto ho scritto ieri per il quotidiano "Libertà" sulla scomparsa di FRANCO BATTIATO.
Il nostro mondo fatato di musiche strane piano piano si svuota.
Biologicamente e fisiologicamente i nostri maestri, idoli, compagni, ispiratori, muse, modelli, se ne vanno per raggiunti limiti di età.
Il pop rock come lo abbiamo conosciuto si sta progressivamente spegnendo, la luce diventa sempre più fioca, gli antichi guerrieri depongono le armi e cala il sipario su un'epoca irripetibile che conserva qualche epigono irrilevante in confronto ai padri fondatori.
Perché ogni essenza artistica, come ogni componente della vita ha un inizio e una fine.
E noi abbiamo il privilegio di essere spettatori del commiato di ciò che é nato una settantina di anni fa con un clamoroso big bang, si é evoluto con una fiammata, arricchito da mille componenti che hanno attinto da ogni frangia della musica (dalla tradizione popolare fino alla classica), sperimentando il possibile e inimmaginabile. E di cui ora rimane cenere.
Questa volta salutiamo uno dei massimi maestri della musica italiana.
Malato da tempo, ci ha lasciati, a 76 anni, Franco Battiato, uno dei rari artisti che in Italia ha saputo percorrere le principali strade della musica, andando con costante curiosità (l'elemento fondante ed essenziale per chi si cimenta con l'arte) alla ricerca di nuovi sentieri, pur se fossero arditi e pericolosi.
Anche quando ha deciso di abbracciare percorsi più facili e fruibili lo ha fatto con una personalità unica, sempre fuori dagli schemi, sempre imprevedibile, mai allineato alla consuetudine.
Ha sperimentato anche in ambito letterario, cinematografico, teatrale, pittorico.
Distinguersi per non confondersi.
La sua storia é complessa e gli esordi molto curiosi e suggestivi.
Arrivato a Milano dalla Sicilia, ventenne, a metà degli anni Sessanta, frequenta i circoli più underground, dove si esibisce in canzoni, come lui stesso definiva, “finto etniche” di sapore folk siciliano. Viene notato, scoperto e poi lanciato da Giorgio Gaber, già piuttosto famoso, che gli procura un contratto discografico e nel 1967 lo porta alla trasmissione che conduce in Rai, “Diamoci del tu”.
Nella stessa puntata un altro giovane cantautore, tale Francesco Guccini.
Proprio per distinguerlo dall'altro Francesco, Gaber gli propone di cambiare il suo vero nome in Franco.
“Da allora tutti mi chiamarono per sempre Franco, perfino mia madre”.
Prosegue per qualche anno nell'ambito della musica leggera, ottendendo anche un buon successo con il brano “E' l'amore”.
Ma la sua strada é un'altra e nei primi anni 70 abbraccia la musica sperimentale, si ispira al kraut rock tedesco, all'avanguardia, utilizza i primi strumenti elettronici, fa amicizia con Karl Heinz Stockhausen.
I suoi concerti sono spesso veri e propri happening in cui musica, sperimentazione e provocazione si mischiano in un connubio originalissimo e unico. Gli album che appartengono a questa fase, come “Fetus”, “Pollution”, “Le corde di Aries” e “Clic”, sono ostici e poco fruibili ma rimangono una testimonianza della creatività e del coraggio artistico di Battiato.
I primi anni Settanta sono probabilmente il periodo più interessante mai espresso dalla musica pop rock italiana, in grado di creare opere geniali, personali, coraggiose, avanguardistiche.
La musica va a braccetto con l'arte, la letteratura, il cinema.
Il connubio é spesso stretto, i musicisti sono anche intellettuali attenti alla composizione ma anche al sociale, ai diritti ancora mancanti in Italia (i referendum e le leggi sull'aborto e il divorzio, ad esempio, sono ancora da venire), all'arte nel suo complesso.
C'è impegno e uno sguardo al futuro.
In questo contesto si inserisce un curioso episodio che vede protagonista Battiato.
Il geniale produttore, grafico, pubblicitario e autore, Gianni Sassi (che collaborò con Area, Finardi, Skiantos e tanti altri) lo fotografa seduto un divano e riempie Milano di cartelloni che pubblicizzano il mobile, con la scritta “Che c'è da guardare? Non avete mai visto un divano?”.
Non fosse che Battiato porta un paio di pantaloni ricavati dalla bandiera americana, ha il viso pesantemente truccato, una criniera di capelli riccioli e un paio di occhiali femminili trasparenti.
“Io non sapevo che la foto fosse per una pubblicità di divani, quando la vidi ci rimasi malissimo”.
Prosegue la sua attività sempre nell'ambito dell'avanguardia, si avvicina al teatro, torna a collaborare con l'amico Giorgio Gaber, é sempre molto attivo ma lontano da ogni forma di successo e riscontro commerciale.
Quando alla fine degli anni Settanta svolta verso sonorità più pop e “commestibili” arrivano i primi segnali di una nuova vita artistica.
L'album “L'era del cinghiale bianco”, pur non entrando in classifica, diventerà nel tempo, soprattutto grazie all'omonima canzone, un piccolo classico della canzone italiana.
E' la premessa che lo porta a “Patriots”, altro album che lo conduce a un profilo più definito in ambito pop e che cristallizza anche il suo modo di scrivere i testi, particolarissimi, in cui non racconta una storia ma utilizza frasi musicali, apparentemente senza un nesso con le altre ma che alla fine producono un effetto perfettamente consono e di grande efficacia. “Non voglio dire niente oppure tutto. Per capire bisogna ascoltare, serve animo sgombro: abbandonarsi, immergersi.
E chi pretende di sapere già rimane sordo.”
“La voce del padrone” del 1981 lo consacra.
Un album raffinato e di pregevole fattura ma allo stesso tempo con un marchio di irresistibile gusto pop.
Brani come “Bandiera bianca” e “Centro di gravità permanente” spingono il disco fino a oltre un milione di copie vendute, prima volta per un titolo italiano e lo fanno diventare un classico della musica popolare nostrana.
La nuova dimensione più facile, avvallata anche dalla stretta collaborazione con la cantautrice Alice con cui porta “I treni di Tozeur” addirittura all'Eurovision Festival, non gli impedisce di continuare a sperimentare e a provare nuove strade sonore, approdando anche alla musica sacra, classica e colta.
Nell'abituale carriera discografica invece si affida di volta in volta a nuove soluzioni, spingendo sull'elettronica, altre su apporti orchestrali o a soluzioni ardite e inedite.
Nel 1989 suona per Giovanni Paolo Secondo, diventando il primo esponente di musica leggera a esibirsi a Città del Vaticano.
Nel 1992 é a Baghdad con l'orchestra nazionale iraqena. Inizia una lunga e proficua collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro, si dedica a una parentesi più rock che lo porta al festival di Sanremo, prosegue un'attività frenetica senza però mai concedersi alla banalità o al superfluo. Nel 2003 riceve dal presdiente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la Medaglia ai benemeriti alla cultura e all'arte.
Nel 2016 torna in un fortunato tour a fianco di Alice.
Il 17 settembre 2017 suona per l'ultima volta al Teatro Romano di Catania.
Altre quattro date previste vengono annullate per motivi di salute.
La stessa che peggiora progressivamente ma sulla quale verrà mantenuta sempre, in piena coerenza con la sua proverbiale ritrosia, il più stretto riserbo.
Uomo spiritualmente libero, al di sopra delle parti, immerso nell'arte e nella bellezza, venne spesso conteso politicamente, attribuendogli addirittura simpatie di destra che smentì sempre categoricamente, avvicinandosi invece alla sinistra, per la quale si é spesso speso pubblicamente.
Fece però scalpore un suo intervento al Parlamento Europeo quando, senza peli sulla lingua dichiarò: “Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino”, scatenando un putiferio da ogni sponda politica.
Abbiamo perso un'anima gentile, un artista superbo, un intellettuale, una persona colta, uno degli ultimi rari esempi di chi continua a cercare, fino al giorno della morte.
Cercare se stessi, arricchendo la propria anima e restituendo la conoscenza acquisita alla gente, attraverso la propria arte e la capacità di comunicare in tante lingue espressive.
Il Novecento (secolo buio? secolo luminoso? ai posteri...) chiude un altro dei suoi battenti.
Rimangono gli insegnamenti di cui il nuovo millennio sembra voler fare carta straccia.
“A certe cose ci sono arrivato dopo tanti anni di studi e ricerche, ho avuto delle esperienze. Dopo, reintrodurmi non è stato semplice, facevo fatica a riconoscere gli esseri umani, mentre ero in strada, o sul tram; era strano: non capivo se ero pazzo o un mistico.
Ma ho capito che il viaggio su questo pianeta è determinante.
Bisogna evadere le regole dell'universo."
Il nostro mondo fatato di musiche strane piano piano si svuota.
Biologicamente e fisiologicamente i nostri maestri, idoli, compagni, ispiratori, muse, modelli, se ne vanno per raggiunti limiti di età.
Il pop rock come lo abbiamo conosciuto si sta progressivamente spegnendo, la luce diventa sempre più fioca, gli antichi guerrieri depongono le armi e cala il sipario su un'epoca irripetibile che conserva qualche epigono irrilevante in confronto ai padri fondatori.
Perché ogni essenza artistica, come ogni componente della vita ha un inizio e una fine.
E noi abbiamo il privilegio di essere spettatori del commiato di ciò che é nato una settantina di anni fa con un clamoroso big bang, si é evoluto con una fiammata, arricchito da mille componenti che hanno attinto da ogni frangia della musica (dalla tradizione popolare fino alla classica), sperimentando il possibile e inimmaginabile. E di cui ora rimane cenere.
Questa volta salutiamo uno dei massimi maestri della musica italiana.
Malato da tempo, ci ha lasciati, a 76 anni, Franco Battiato, uno dei rari artisti che in Italia ha saputo percorrere le principali strade della musica, andando con costante curiosità (l'elemento fondante ed essenziale per chi si cimenta con l'arte) alla ricerca di nuovi sentieri, pur se fossero arditi e pericolosi.
Anche quando ha deciso di abbracciare percorsi più facili e fruibili lo ha fatto con una personalità unica, sempre fuori dagli schemi, sempre imprevedibile, mai allineato alla consuetudine.
Ha sperimentato anche in ambito letterario, cinematografico, teatrale, pittorico.
Distinguersi per non confondersi.
La sua storia é complessa e gli esordi molto curiosi e suggestivi.
Arrivato a Milano dalla Sicilia, ventenne, a metà degli anni Sessanta, frequenta i circoli più underground, dove si esibisce in canzoni, come lui stesso definiva, “finto etniche” di sapore folk siciliano. Viene notato, scoperto e poi lanciato da Giorgio Gaber, già piuttosto famoso, che gli procura un contratto discografico e nel 1967 lo porta alla trasmissione che conduce in Rai, “Diamoci del tu”.
Nella stessa puntata un altro giovane cantautore, tale Francesco Guccini.
Proprio per distinguerlo dall'altro Francesco, Gaber gli propone di cambiare il suo vero nome in Franco.
“Da allora tutti mi chiamarono per sempre Franco, perfino mia madre”.
Prosegue per qualche anno nell'ambito della musica leggera, ottendendo anche un buon successo con il brano “E' l'amore”.
Ma la sua strada é un'altra e nei primi anni 70 abbraccia la musica sperimentale, si ispira al kraut rock tedesco, all'avanguardia, utilizza i primi strumenti elettronici, fa amicizia con Karl Heinz Stockhausen.
I suoi concerti sono spesso veri e propri happening in cui musica, sperimentazione e provocazione si mischiano in un connubio originalissimo e unico. Gli album che appartengono a questa fase, come “Fetus”, “Pollution”, “Le corde di Aries” e “Clic”, sono ostici e poco fruibili ma rimangono una testimonianza della creatività e del coraggio artistico di Battiato.
I primi anni Settanta sono probabilmente il periodo più interessante mai espresso dalla musica pop rock italiana, in grado di creare opere geniali, personali, coraggiose, avanguardistiche.
La musica va a braccetto con l'arte, la letteratura, il cinema.
Il connubio é spesso stretto, i musicisti sono anche intellettuali attenti alla composizione ma anche al sociale, ai diritti ancora mancanti in Italia (i referendum e le leggi sull'aborto e il divorzio, ad esempio, sono ancora da venire), all'arte nel suo complesso.
C'è impegno e uno sguardo al futuro.
In questo contesto si inserisce un curioso episodio che vede protagonista Battiato.
Il geniale produttore, grafico, pubblicitario e autore, Gianni Sassi (che collaborò con Area, Finardi, Skiantos e tanti altri) lo fotografa seduto un divano e riempie Milano di cartelloni che pubblicizzano il mobile, con la scritta “Che c'è da guardare? Non avete mai visto un divano?”.
Non fosse che Battiato porta un paio di pantaloni ricavati dalla bandiera americana, ha il viso pesantemente truccato, una criniera di capelli riccioli e un paio di occhiali femminili trasparenti.
“Io non sapevo che la foto fosse per una pubblicità di divani, quando la vidi ci rimasi malissimo”.
Prosegue la sua attività sempre nell'ambito dell'avanguardia, si avvicina al teatro, torna a collaborare con l'amico Giorgio Gaber, é sempre molto attivo ma lontano da ogni forma di successo e riscontro commerciale.
Quando alla fine degli anni Settanta svolta verso sonorità più pop e “commestibili” arrivano i primi segnali di una nuova vita artistica.
L'album “L'era del cinghiale bianco”, pur non entrando in classifica, diventerà nel tempo, soprattutto grazie all'omonima canzone, un piccolo classico della canzone italiana.
E' la premessa che lo porta a “Patriots”, altro album che lo conduce a un profilo più definito in ambito pop e che cristallizza anche il suo modo di scrivere i testi, particolarissimi, in cui non racconta una storia ma utilizza frasi musicali, apparentemente senza un nesso con le altre ma che alla fine producono un effetto perfettamente consono e di grande efficacia. “Non voglio dire niente oppure tutto. Per capire bisogna ascoltare, serve animo sgombro: abbandonarsi, immergersi.
E chi pretende di sapere già rimane sordo.”
“La voce del padrone” del 1981 lo consacra.
Un album raffinato e di pregevole fattura ma allo stesso tempo con un marchio di irresistibile gusto pop.
Brani come “Bandiera bianca” e “Centro di gravità permanente” spingono il disco fino a oltre un milione di copie vendute, prima volta per un titolo italiano e lo fanno diventare un classico della musica popolare nostrana.
La nuova dimensione più facile, avvallata anche dalla stretta collaborazione con la cantautrice Alice con cui porta “I treni di Tozeur” addirittura all'Eurovision Festival, non gli impedisce di continuare a sperimentare e a provare nuove strade sonore, approdando anche alla musica sacra, classica e colta.
Nell'abituale carriera discografica invece si affida di volta in volta a nuove soluzioni, spingendo sull'elettronica, altre su apporti orchestrali o a soluzioni ardite e inedite.
Nel 1989 suona per Giovanni Paolo Secondo, diventando il primo esponente di musica leggera a esibirsi a Città del Vaticano.
Nel 1992 é a Baghdad con l'orchestra nazionale iraqena. Inizia una lunga e proficua collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro, si dedica a una parentesi più rock che lo porta al festival di Sanremo, prosegue un'attività frenetica senza però mai concedersi alla banalità o al superfluo. Nel 2003 riceve dal presdiente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la Medaglia ai benemeriti alla cultura e all'arte.
Nel 2016 torna in un fortunato tour a fianco di Alice.
Il 17 settembre 2017 suona per l'ultima volta al Teatro Romano di Catania.
Altre quattro date previste vengono annullate per motivi di salute.
La stessa che peggiora progressivamente ma sulla quale verrà mantenuta sempre, in piena coerenza con la sua proverbiale ritrosia, il più stretto riserbo.
Uomo spiritualmente libero, al di sopra delle parti, immerso nell'arte e nella bellezza, venne spesso conteso politicamente, attribuendogli addirittura simpatie di destra che smentì sempre categoricamente, avvicinandosi invece alla sinistra, per la quale si é spesso speso pubblicamente.
Fece però scalpore un suo intervento al Parlamento Europeo quando, senza peli sulla lingua dichiarò: “Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino”, scatenando un putiferio da ogni sponda politica.
Abbiamo perso un'anima gentile, un artista superbo, un intellettuale, una persona colta, uno degli ultimi rari esempi di chi continua a cercare, fino al giorno della morte.
Cercare se stessi, arricchendo la propria anima e restituendo la conoscenza acquisita alla gente, attraverso la propria arte e la capacità di comunicare in tante lingue espressive.
Il Novecento (secolo buio? secolo luminoso? ai posteri...) chiude un altro dei suoi battenti.
Rimangono gli insegnamenti di cui il nuovo millennio sembra voler fare carta straccia.
“A certe cose ci sono arrivato dopo tanti anni di studi e ricerche, ho avuto delle esperienze. Dopo, reintrodurmi non è stato semplice, facevo fatica a riconoscere gli esseri umani, mentre ero in strada, o sul tram; era strano: non capivo se ero pazzo o un mistico.
Ma ho capito che il viaggio su questo pianeta è determinante.
Bisogna evadere le regole dell'universo."
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domenica, maggio 23, 2021
Wellerism
° Fat Pop Volume 1 Box Deluxe
° Live at Barbican Centre 15 maggio 2021
° Mojo
WELLERISM é un aforisma per vivere momenti sereni in tempi difficili
FAT POP è al primo posto delle charts inglesi.
Per la prima volta Weller arriva al numero uno con due album in un anno.
“To have people like an album and want to buy it is never taken for granted by me, so to have it go to number 1 makes it even more special.”
Live at Barbican Centre 15 maggio 2021
Il 15 maggio 2021 PAUL WELLER, accompagnato da Steve Cradock alla chitarra acustica e dalla BBC Orchestra diretta da Jules Buckley, ha tenuto un emozionante concerto on line (che si spera e presume sarà presto riprodotto su DVD e/o CD).
Diciotto brani riarrangiati splendidamente, solenni, austeri e allo stesso stupendamente pop.
Un lavoro eccellente che riprende Jam ("English Rose" - da brividi - "Carnation"), Style Council ("My ever changing moods", "It's a very deep sea") e perle dal repertorio solista, dalle recenti "On sunset" e "Gravity" ai classici "Wild wood" e "Broken stones").
Ospiti Celeste, James Morrison e Boy George.
Non tragga in inganno il concetto orchestrale.
Non c'è nulla di pomposo o esagerato.
Ogni brano trae nuova linfa vitale e freschezza dalla nuova veste e spesso suscita vera e propria commozione.
Fat Pop Volume 1 Box Deluxe
Segnalo il box con triplo CD che oltre a contenere l'album e alcune belle cartoline, include un disco con sei inediti e il Live From Mid-Sömmer Musik.
Gli inediti sono di ottimo livello con l'eccellente e ritmata "Round the floor" ad aprire, "Serafina", "Crowboy", "Into the sea" e "Pure sound" più votate all'acustico intimista, senza lode né infamia e il finale di 16 minuti di "Fat Mix" tra sperimentazione, dub, jazz, collage sonori.
Solo apparentemente un esperimento folle e autoindulgente.
In realtà curato, studiato, pensato e composto con la consapevolezza di volere creare un brano complesso, d'avanguardia, di musica contemporanea.
Da ascoltare con attenzione.
Formidabile il CD live in studio (trasmesso su youtube in estate, a pagamento) con versioni stupende di "On sunset" e soprattutto delle allora inedite "Moving canvas" e "Testify", ancora più incisive dal vivo.
Gli altri brani attingono dagli ultimi tre album, sempre eseguiti con grande verve, nuovi arrangiamenti e tanto groove.
Il nuovo video di "Fat Pop"
https://www.youtube.com/watch?v=Iu9A4zRdnZg
Nel nuovo numero di MOJO grande spazio a Weller che diventa editore per un numero di una delle sue riviste preferite e sceglie una serie di articoli su Paul McCartney, The Coral, CSNY, My Bloody Valentine e Funkadelic, oltre a parlare del suo nuovo album.
Sempre Paul cura una compilation allegata, "Into tomorrow", con nuovi nomi come Black Pumas, Stone Foundation, P.P. Arnold, Durand Jones, Third Ear Band e la sua poco conosciuta "In another room".
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venerdì, maggio 21, 2021
Marvin Gaye - What’s Going On
Esattamente 50 anni fa, il 21 maggio del 1971, usciva "What’s Going On" capolavoro di Marvin Gaye, una delle vette assolute della black music ma non solo.
Un album che, inaspettatamente per un personaggio diventato famoso per canzoni leggere e allegre, affronta i problemi impellenti dell'America dell'epoca, dalla guerra in Vietnam, alla disoccupazione, ai ghetti neri, diritti civili, fino a un quasi inedito, per i tempi, sguardo all'ambientalismo.
"Con il mondo che sta esplodendo intorno a me, come posso pretendere di andare avanti cantando canzoni d'amore?".
E' inoltre autoprodotto dallo stesso Gaye, scelta ardita e sorprendente per gli schemi della Motown.
Non a caso il boss Berry Gordy fu a lungo riluttante alla realizzazione del disco, ritenuto anti commerciale e troppo militante.
Vendette oltre due milioni di copie in un anno, divenne ben presto un classico ed é abitualmente inserito nei migliori dischi pop di sempre.
Musicalmente é un raffinatissimo connubio di soul, funk, blues, jazz, gospel, pop, arrangiamenti superlativi di archi con i Funk Brothers alla sezione ritmica e fiati.
“War is not the answer, for only love can conquer hate”
What's goin' on - Live 1972
https://www.youtube.com/watch?v=fPkM8F0sjSw
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giovedì, maggio 20, 2021
David Cacchione - Lacrime e sangue. Il mondo visto con gli occhi di un operaio
Nell'epoca in cui la "sinistra" sublima il suo essere atavicamente radical chic (neanche più radical, solo chic), tra diatribe lessicali e pregni dibattiti su quanto avviene nelle trasmissioni televisive, il libro di David Cacchione ci ricorda che esiste una realtà un po' meno smart, cool, trendy, fashion, imbellettata e liofilizzata.
Quella degli sfruttati e degli sfrattati, degli ultimi e chi é perfino dietro agli ultimi, dei poveri ma poveri per davvero, del capitalismo assassino e guerrafondaio, del disastro sociale e culturale a cui assistiamo e partecipiamo impotenti.
Riflessioni brevi, ma bastano poche righe, ogni volta per dire tanto.
E anche tutto.
Perché "questo libro é frutto dei milioni di ore di conversazione, di dialoghi e silenzi, di giorni e notti passate con i miei compagni.
Guardando il mondo da una libera prospettiva.
Con tutto questo vivere ho cercato di farmi una coscienza, così da potere fare domande e cercare risposte."
Ci hanno immersi in un medioevo tecnologico, dove piano piano ci stanno riportando ai tempi dei servi della gleba...come moderni dolciniani lottiamo contro un potere immenso.
Siamo una generazione che sta vivendo a cavallo tra i libero arbitrio e il governo psichico degli algoritmi.
Da anni la tecnologia può ricostruire una parte del corpo rovinata da un incidente oppure modellare la bellezza tramite la chirurgia plastica.
Nei paesi a capitalismo avanzato la sanità pubblica ha subito tagli enormi, contraltare dei soldi investiti nelle industrie farmaceutiche e di ricerca.
Perché più tagli ci sono alla sanità pubblica più medicine ci venderanno.
David Cacchione
Lacrime e sangue. Il mondo visto con gli occhi di un operaio
Red Star Press
16 euro
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mercoledì, maggio 19, 2021
The Sound of the 80's
The Sound of the 80's é un marchio per il quale nei primi anni 80 la WEA italiana pubblicò VENTISETTE 45 giri di vari gruppi più o meno ascrivibili al giro punk/new wave/new rock.
Una serie piuttosto confusa e senza una particolare linea artistica ma che regalò alcune piccole gemme, fece scoprire nomi molto interessanti, accomunò perfetti sconosciuti a soggetti destinati a grande fortuna.
A fianco di Elvis Costello, Gary Numan, Echo and the Bunnymen, Hitmen, Angelic Upstarts, Lurkers, Visage, nomi come Merton Parkas, Inmates, Shoes, Peral Harbor and the Explosions e personaggi oscuri come Sue Saad and the Next, Bears, The Tigers, i tedeschi Lucifer's Friend.
La lista completa:
Lucifer's Friend-Stardancer
Gary Numan-Cars
Angelic Upstarts-We Gotta Get Out Of This Place
The Inmates-The Walk
Visage-Tar
The Lurkers-New Guitar In Town
The Merton Parkas-Give It To Me Now
Elvis Costello And The Attractions-I Can't Stand Up For Falling Down
The Carpettes-Johnny Won't Hurt You
The Tigers-Ska Trekkin'
Gary Numan-We Are Glass
Pete Stride/John Plain-Laugh At Me
Merton Parkas-Put Me In The Picture
Bearz-She's My Girl
The Carpettes-Nothing Ever Changes
The Inmates-Stop In Baby / Sweet Rain
Modern Romance-Tonight
The Spiderz I Wanna Be Used For Love
Echo And The Bunnymen-Rescue
Shoes-Too Late
Sue Saad And The Next-Gimme Love / Gimme Pain
Zaine Griff-Tonight
Pearl Harbor And The Explosions-You Got It (Release It)
Rodney Crowell-Here Come The 80's
Robin Lane & The Chartbusters-When Things Go Wrong
The Cretones-Thin Red Line
Hitmen-I Want You
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martedì, maggio 18, 2021
Alessandro Gandino - Lomagna Mia. Una storia verosimile
Che una storica orchestra di liscio romagnola si trasformi in un gruppo multietnico é una vicenda più che verosimile ai nostri giorni, soprattutto se gestita da una vecchia volpe dell'organizzazione concertistica, costretto dalle circostanze a occuparsi di un contesto fino a ieri inviso ma allo stesso modo parte inevitabile del proprio DNA.
Ne salterà fuori un'avventura travolgente, divertente, esilarante, più che realistica e con molti aspetti autobiografici.
Gandino la racconta con piglio "gucciniano", tra ironia e taglio giornalistico.
Libro godibilissimo.
Della precedente uscita letteraria di Gandino ho parlato qui:
http://tonyface.blogspot.com/2020/01/alessandro-gandino-non-ci-vorra-molto.html
Alessandro Gandino
Lomagna Mia. Una storia verosimile
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10 euro
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lunedì, maggio 17, 2021
Niccolò Paganini
Riprendo l'articolo che ho pubblicato su "Libertà" ieri.
Se pensiamo a Niccolò Paganini la prima cosa che ci viene in mente é il suo rinomato e leggendario virtuosismo da eccellente e superlativo violinista (abitualmente considerato il migliore di sempre) o, nella vulgata comune, la famosa frase “Paganini non ripete” (pronunciata niente meno che al cospetto di Re Carlo Felice, a Torino, nel 1.818, dopo una richiesta di bis dello stesso re), diventata un vero e proprio modo di dire.
Che gli costò però l'espulsione per due anni dal Regno di Savoia. Non se ne curò e pronunciò un'altra delle sue massime, destinata a diventare una modalità della sua esistenza:
“I grandi non temo, gli umili non sdegno”.
Difficilmente accosteremmo una figura legata alla musica classica al concetto di rockstar.
Eppure, pur con duecento anni circa di anticipo, é stato una sorta di archetipo della star musicale adorata, innalzata a simbolo, simulacro, rincorsa e desiderata (in particolare anche da un largo numero di donne, a dispetto di un aspetto esetico non propriamente affascinante), a cui rispondeva con un carattere e un atteggiamento spesso bizzoso e supponente.
Fu ricco, famoso, vizioso, misterioso, addirittura accostato a pratiche demoniache e “accusato” di avere stretto un patto con il diavolo (curiosamente, ma forse non troppo, anche il più grande bluesman della storia, Robert Johnson, a causa della sua incredibile maestria tecnica venne sospettato di avere concesso l'anima a Satana in cambio di tanta capacità).
Ma anche generoso con musicisti meno fortunati e in difficoltà e con poveri e ammalati delle città in cui si esibiva, a cui elargiva sempre aiuti economici.
Non é insomma difficile accostarlo a tante star del rock e del pop (a cui non era lontano nemmeno nella scelta dell'abbigliamento, sempre rigorosamente in nero, con lunghi capelli ribelli e accessori originali).
Probabilmente lo spirito rivoltoso gli arriva dal un padre autoritario e oppressivo che fin da piccolo (Niccolò nasce a Genova nel 1.782) lo costringe fino a dodici ore di esercizi al giorno, prima al mandolino, poi al violino.
Un'infanzia devastante, minata anche da uno stato di salute sempre precario, che si ripercuoterà sul suo carattere tutta la vita.
Già a nove anni riesce a dare il primo concerto e a diciotto é talmente bravo che può tranquillamente evitare il Conservatorio e insegnare alla corte di Lucca, dove, giusto per non farsi mancare niente, diventa virtuoso anche di chitarra.
Si divide tra le corti di Lucca e Firenze ma nel frattempo fa su e giù per la Penisola, incantando platee, sovrani, personaggi altolocati, nobili, stracciando famosi musicisti in sfide virtuosistiche e in poco tempo viene unanimemente definito il “miglior violinista al mondo”.
Tutti se lo contendono ma la salute sempre più precaria lo rallenta e lo costringe a soste più o meno lunghe.
Si cura in malo modo affidandosi spesso a ritrovati discutibili e a medici improbabili che si susseguono al suo capezzale, cercando di alleviarne le sofferenze.
Purtroppo i rimedi sono peggio del male, tra mercurio, salassi, oppio e ogni sorta di esperimento.
In realtà soffre di quella che a posteriori verrà riconosciuta come una malattia rara, la Sindrome di Marfan (di cui furono vittime anche Charles De Gaulle e Abramo Lincoln) che colpisce i tessuti connettivi, provocando una magrezza eccessiva, dita allungate, un pallore esagerato e creando problemi di deambulazione.
L'aspetto “diabolico” che caratterizzava Paganini fu, volutamente, alimentato con esibizioni in cui si servì della malattia che lo costringeva ad assumere posizioni inusuali, muovendosi come una marionetta, a scatti ma anche battendo furiosamente il tacco sui palchi in legno per mantenere il tempo.
A volte é tale l'impeto che rompe le corde ma continua imperterrito a suonare con quelle che rimangono, perfino una sola, altre volte le dita sanguinano ma non si preoccupa di smettere.
Pare che la rottura delle corde fosse programmata con un taglio del coltello in modo che cedessero verso la fine del concerto, creando un effetto imprevisto ed esaltando la sua capacità improvvisativa. Un effetto speciale da palco ante litteram. La malattia é la concausa della conformazione allungata delle dita ma un esame medico testimonia di una capacità inusuale di piegarle in modo normalmente impossibile.
Frutto di anni spesi ad allenarsi per ore al violino.
Nonostante smentisse sprezzantemente la circostanza ha continuato ad esercitarsi costantemente ogni giorno.
“Se non studio per un giorno me ne accorgo solo io, se non studio per due giorni se ne accorgono tutti”.
La sua bravura e velocità lasciavano stupiti gli spettatori che talvolta avevano l'impressione che a suonare fossero più strumenti.
Paganini pare usasse anche un' accordatura particolare e personale che rendevano il suo suono unico e che era inutilizzabile dagli altri strumentisti.
Ai problemi fisici unì una vita del tutto dissoluta, frequentando le peggiori bettole delle città in cui si esibiva, accompagnandosi a prostitute, giocatori d'azzardo (lui stesso amava sperperare i suoi ingenti guadagni a carte), fumando oppio, finendo spesso e volentieri in risse, tra debiti di gioco non pagati e scontri fisici (che talvolta gli faranno passare anche qualche giorno in galera).
In mezzo oscure e tragiche storie con donne, anche minorenni e l'accusa di aver addirittura strangolato una fidanzata.
Si narra di una sua predilezione per i cimiteri e di strani concerti in ospedali per i degenti in agonia, per carpire e tradurre in musica l'effetto della sofferenza estrema.
Paganini é in realtà un abile gestore di se stesso e della sua immagine e ama lasciare trapelare le notizie più ad effetto (anche se solo presunte o semplicemente false ed esagerate) che ne alimentino la fama.
Il successo aumenta smisuratamente e si crea addirittura un mercato di gadget che si richiamano a lui, dai ritratti, alle caricature, alle scarpe e sciarpe “alla Paganini”.
L'aura talentuosa pubblica che lo circondava riusciva a nascondere l'abisso di eccessi a cui era dedito in privato.
E faceva sopportare a organizzatori e critici musicali un carattere impossibile, esose richieste economiche, il rifiuto di lasciare agli orchestrali che lo accompagnavano le sue parti scritte e un atteggiamento spesso spocchioso e altero.
A Londra si esibisce in una lunga serie di concerti, guadagnando in poco tempo 6.000 sterline, quantificato al cambio odierno in qualcosa come 700.000 euro.
Giusto per renderci conto di quanto il paragone alle star nostrane non sia così improprio.
L'unico a rendegli la vita più serena é il figlio Achille, al quale é affezionatissimo e che porta spesso con sé.
E da cui sarà accudito negli ultimi anni di vita, ormai malato e impossibilitato sia a suonare che perfino a parlare.
Tanto che poco prima della morte ormai prossima, avvenuta a Nizza, cercando di confessarsi ma non riuscendo più a parlare, provò a scrivere i suoi peccati su una lavagnetta.
Il prete chiamato al capezzale interpreta il gesto come uno sgarbo alla Chiesa e se ne va infuriato. Paganini muore pochi minuti dopo.
Il vescovo di Nizza si rifiuta di dargli sepoltura, il corpo viene imbalsamato e lasciato nella stanza del decesso per mesi.
In Italia viene proibito qualsiasi necrologio e riferimento al grande musicista e vietata la tumulazione La salma vagherà per anni in Francia e tornerà in Italia solo nel 1844, non trovando, ancora per molto la giusta pace, fino a quando, sempre grazie alla perseveranza del figlio Achille, non potrà definitivamente riposare nella tomba di famiglia a Parma.
La sua opera é complessa e più che vasta:
ventiquattro capricci per violino, dodici sonate per violino e chitarra, quindici quartetti per chitarra, violino, viola e violoncello, tre per archi, sei concerti, venti sonate per violino e orchestra.
Il suo violino, che lo accompagnò in tutti i suoi successi, il “Guarneri del Gesù”, che Paganini soprannominò “il mio cannone” é stato donato, per disposizione testamentaria, alla città di Genova ed é esposto a Palazzo Tursi, dove ha sede il Municipio. Il capolouogo ligure ha istituito dagli anni 50 il Concorso Internazionale Paganini, di estrema difficoltà, tanto che talvolta non é stato assegnato.
Al vincitore viene concessa la possibilità di suonare il violino del Maestro.
Poco prima della sua morte Paganini scrisse al figlio una lettera in cui diceva:
"Voglio che la mia musica sia suonata nelle generazioni future così da vivere per sempre".
E' stato, per nostra fortuna, accontentato.
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica,
Heroes
domenica, maggio 16, 2021
° AA.VV. - Modernity
° AA.VV. - Soul Of A Nation
° AA.VV. - Impulse Records
° AA.VV. - What Goes On – The Songs Of Lou Reed
AA.VV. - Modernity
Una bellissima compilation, non per niente targata Kent Records e Ace Records, compilata da Ady Croasdell e Dean Rudland, che raccoglie 14 brani perfetti per un dancefloor mod dei 60's.
Che i mod dei 60's non hanno mai potuto ballare.
Cosa che paradossalmente possaimo fare noi solo ora, trattandosi di brani inediti o super oscuri e pubblicati in pochissime copie, scomparsi poi nel nulla.
Prevale il groove rhythm and blues, con ritmi talvolta quasi swing, uno strumentale con Hammond sparato da paura, un inedito di Ike and Tina Turner e gioielli di estrema efficacia.
AA.VV. - Soul Of A Nation – Afro-Centric Visions In The Age Of Black Power – Underground Jazz, Street Funk, & The Roots Of Rap 1968 to 1979
Il jazz che si mischia al soul, le influenze sempre più afro, i prodromi del rap, il funk, l'impegno politico, a cavallo tra 60 e 70.
Gil Scott Heron, Roy Ayers, Joe Henderson, Doug Carn e tanti altri.
Blackness grooves all'ennesima potenza.
AA.VV. - Impulse Records – Music, Message, & The Moment
Una fulminante selezione dall'immenso catalogo della Impulse Records.
Cool jazz, swing, spiritual, sperimentazione, dai 60 e 70.
E' sufficiente leggere alcuni dei nomi inclusi per trovarsi al cospetto del gotha della storia del jazz: John Coltrane, Charlie Mingus, Quincy Jones, Archie Sheep, Yussuf Lateef.
Con una componente fortemente politica con titoli come "Africa" e "Alabama" di John Coltrane, "Malcom Malcom- Semper Malcom" (Archie Sheep), Freedom Dance" (Shirley Scott Trio), "The rights of all" (Oliver Nelson), "Reverend King" di John e Alice Coltrane, "We shall overcome" (Charlie Haden).
SUPER!
AA.VV. - What Goes On – The Songs Of Lou Reed
Formula consolidata e risaputa l'assemblare una serie di cover sparse di un artista. E come consuetudine si viaggia tra alti e bassi ma l'ascolto é sempre molto piacevole e interessante, trattandosi di canzoni di livello eccelso. Spiccano Beck, Tracey Thorn, Susanna Hoffs, Iggy Pop, Nico e una curiosa "Walk On The Wild Side" in chiave reggae dei Dynamics.
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Dischi
sabato, maggio 15, 2021
° Gordiano Lupi - Il prete
° Paolo Merenda - Alessandria 2050
° Scaglie di Rumore - Numero 26
Tre brevi pubblicazioni da Inchiostro Sprecato nella collana Xylella. Da una idea di "Scaglie di Rumore", "E' un brutto posto" e "Timbrificio Milano" nasce "Xylella".
Gordiano Lupi - Il prete
Un fulminante thriller informatico dalle tonalità splatter, molto coinvolgente e intrigante. Scritto con grande ritmo e acume.
Paolo Merenda- Alessandria 2050
Scaglie di Rumore - Numero 26
Due brevi racconti distopici, con sfondo hardcore punk/grind, si anella collocazione che nei palesi riferimenti.
Molto attuali, crudi e potenti.
https://www.facebook.com/inchiostrosprecato
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Libri
venerdì, maggio 14, 2021
Paul Weller - Fat Pop (volume 1)
Originariamente concepiti come una serie di 45 giri che la situazione attuale ha reso logisticamente poco praticabile, i dodici brani del sedicesimo album solista di PAUL WELLER sono stati rinchiusi in un album (che esce a meno di un anno dal precedent "On Sunset").
Registrati "a distanza" con la band abituale, consueto apporto di ospiti, tra cui non spiccano nomi celebri, caratterizzati da atmosfere abbastanza diverse.
Un album solido, che testimonia quanto il livello creativo e qualitativo dell'opera di Weller si sia consolidato nell'alveo dell'eccellenza, con un sound immediatamente riconoscibile, personale, originale, distintivo.
Lo stesso Weller accompagna con qualche frase i vari brani.
Si parte con "Cosmic fringes", tiro punk (il demo era ancora più duro ed essenziale), aggiunte elettroniche, poco più di due minuti immediati e diretti.
"...it’s got a bit of motoric feel to it and a little bit glam rock too, i think.
"True" prosegue su ritmi elevati e sonorità aspre, con la voce di Lia Metcalfe dei Mysterines.
...she’s got a really powerful voice and i wanted to write something for us to sing together, so i did.
"Fat Pop" é la preferita di Weller, un funk pop sintetico, molto arrangiato, ricco di sonorità elettroniche e venature quasi hip hop nelle ritmiche.
...I was actually thinking about Cypress Hill, doing something that sounds like a dj Muggs production.
"Shades of blue" ha il classico incedere Kinks/vaudeville che abbiamo spesso ritrovato nei suoi album.
Un discreto brano riempitivo, con uso di orchestrazione, pianoforte in evidenza e la figlia Leah ai cori e controcanti (autrice anche del'epico ritornello).
...reminds me of a suburban drama, a play.
"Glad times" é una classica ballata Welleriana, infarcita di orchestrazioni trattate in chiave elettronica. Buona ma trascurabile.
I wrote this with tom (doyle) and ant (brown). I really liked it, though, so i’m really glad it made it on to this album instead.
Una dolce ballata acustica con archi vari caratterizza "Cobweb Connections".
Niente di superlativo ma un ottima pausa riflessiva.
...save yourself and save everyone around you too.’ it’s from observation but i suppose it’s about me too.
"Testify" é una delle vette dell'album, un torrido 70 funk con Andy Fairweather Low ai cori e Jacko Peak ai fiati, registrato dal vivo in studio con tutta la band. Superlativo!
We had actually done it live two or three years ago
Anche "The pleasure" viaggia su un groove funk di ispirazione 70, arricchito da arrangiamenti orchestrali e da un testo che parla esplicitamente del Black Lives Matter e George Floyd.
Brano di notevole caratura.
...I suppose it’s my reaction to the whole black lives matter movement. You should be appalled and disgusted and shocked by those images of george floyd being killed in the street. it has to stop. it’s a question for everyone.
Riuscitissimo il ritmo boogie che caratterizza la spedita e a tratti aspra "Failed", canzone in cui riflette su un suo fallimento: "All the things i never get/and all the things i never meant/and all the things that make no fucking sense…i’ve failed.".
Molto bello ed energico.
It’s an angry song because i wrote it right after a massive row with my wife. but i like it. it’s honest
"Moving Canvas" é un sorprendente omaggio a Iggy Pop ("I wrote it about iggy pop. i hope he likes it if he ever gets to hear it. it’s my tribute to him").
Brano ritmato, percussivo, duro, semplice e diretto, sarà perfetto dal vivo.
"In better time" é un mid tempo melodico di discreta fattura ma non particolarmente significativo.
“It’s me talking to a young person who is going through something, addiction or mental health pressure, or whatever, and just saying it’ll be alright.
"Still glides the stream", scritta con Steve Cradock "a distanza", scambiandosi testi e musiche, chiude l'album.
Ballata dolente, solenne e malinconica.
I had the chords and possibly the melody, which i sent to Cradock. and he sent me back a poem and i edited that, then we sent it back and forth by phone. lockdown songwriting. Steve’s a very soulful fella.”
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