mercoledì, aprile 30, 2014
Aprile 2014. Il meglio.
Ad un terzo del 2014 un po’ di nomi che potrebbero già finire nella top 10 di fine anno: Damon Albarn, Sharon Jones and the Dap Kings, The ghost of a saber tooth tiger, Sleaford Mods, Lisa and the Lips, St, Paul & the Broken Bones, Hypnotic Eye, Quilt, Nick Pride and the Pimptones, Temples, Real Estate, Kelis.
Tra gli italiani guidano decisi Eugenio Finardi, Bologna Violenta, Gi Illuminati e Bastard Sons of Dioniso, poi No Strange, Jane J’s Clan, Link Quartet, Nada, Monkey Weather, Plastic man, Guignol
ASCOLTATO
DAMON ALBARN - Everyday robots
Un album a livelli di assoluta eccellenza, che poco concede alla commercialità, lavoro plumbeo e malinconico, autunnale (a dispetto dell'uscita primaverile), (apparentemente) scarno e minimale, fatto di ballate semi elettroniche dal forte sapore SOUL e indiscutibilmente LONDINESE.
Scordatevi il soul nella sua accezione tradizionale e considerate l'idea di una nuova forma che coniuga melodie e approccio "black" con una modalità assolutamente attuale.
SLEAFORD MODS - Divide and exit
Il duo hip hop punk con un nuovo violentissimo album dove su basi ossessive, dure, ipnotiche, quanto minimali, spesso vicine al mood dei P.I.L. snocciolano testi durissimi, scazzati, molesti, volgari e aggressivi. Una potenza! E tra le cose più nuove in circolazione.
THE GHOST OF A SABER TOOTH TIGER - Midnight sun
Poderoso album di neo psichedelia tardo beatlesiana con anche accenni Kinks e tanti rimandi a Flaming Lips, Temples, Tame Impala. Sound vintage, tanta fantasia, soluzione armoniche stranissime e ricercate, piglio sovente lennoniano. Grande lavoro.
Loro sono un duo: la modella Charlotte Kemp Muhul e il musicista Sean Ono Lennon.
LISA and the LIPS - s/t
L’esordio del side project di Lisa Kekaula e Bob Venuum dei Bellrays a base di robustissimo soul e funk con brillanti dosi di psych alla Sly and the Family Stone, Funkadelic, sferzate hendrixiane e alla Living Colour, lo Stevie Wonder dei 70’s, Betty Davis, blaxplotation. Solita grande voce, energia da vendere, grooves incredibili, fiati perfetti.
KELIS - Food
Grande album di new soul.
Radici ben piantate in soul, funk, 60’s e 70’s ma approccio assolutamente moderno con arrangiamenti sofisticati che attingono dal gusto caro a Macy Gray, Erykah Badu, Angie Stone, Alicia Keys.
I puristi storceranno il naso ma l’album merita.
JANE J’s CLAN - Enough is enough
Da Milano, guidati dalla voce nerissima di Jane Jeresa, l’album d’esordio di una fantastica soul funk band (ex B.E.S.T.) tra classici dignitosamente rivistati come “Can I get a witness”, “If I could only be sure”, “Rocksteady” e l’immortale “I just wanna make love to you” e una manciata di brani autografi di grande levatura.
La voce di Jane troneggia su una base di batteria, piano e basso che non lascia tregua.
CHUCK E. WEISS - Red beans and Weiss
Uno che ha suonato con Lighning Hopkins, Muddy Waters, Dr.John, omaggiato con una canzone da Rickie Lee Jones, amico stretto di Tom Waits e Johnny Depp (entrambi produttori del nuovo album).
E di Tom Waits, Dr.John, blues, southern rock blues, ritmi e atmosfere di sapore New Orleans, zydeco etc ne troviamo parecchio ovunque.
Album divertente e oscuro, ruvido e avvolgente.
Notevole.
JOHNNY CASH - Out among stars
Nei primi 80’s Johnny Cash non era al massimo della forma e della popolarità, tanto che la casa discografica rifiutò la pubblicazione di questo album, ritrovato casualmente 30 anni dopo e che ci consegna invece una serie di ottime canzoni tra country classico e cadenze più “metropolitane”, inflessioni blues, stupende ballate, grandi arrangiamenti e una voce ancora forte e chiara.
NICOLA CONTE - Free souls
Un grandissimo ritorno a base di un avvolgente mix di cool e modern jazz, ritmiche latine, eleganza, raffinatezza, grandi canzoni per le quali si alternano sempre voci di gustosa eccellenza.
Notevole.
CROWD COMPANY - Now or never
Esordio brillante per la funk soul band londinese.
Si viaggia tra Meters, James Taylor Quartet, grooves sincopati e sezione fiati nerissima.
COOKIN ON 3 BURNERS - Mind made up / Losin streak
Ottimo nuovo singolo per la soul funk band australiana.
Due brani di grande classe e raffinatezza, splendidi arrangiamenti di fiati, voce superba, grande singolo.
I MITOMANI BEAT - Fuori dal tempo
Delizioso salto indietro nei profondi 60’s, più precisamente quelli italiani tra shake, yè yè e puro beat nostrano con la band romana che pubblica per Area Pirata dodici brani in pieno stile beat italiano, suonati con estrema cura al particolare ma con un piglio moderno e energia da vendere.
Cover di ”Arriva la bomba” di Johnny Dorelli, una stupenda “Shake in the morning” di Patrizia e i Six Lions e bellissimi brani autografi.
OFF! - Wasted years
Torna Keith Morris (ex Black Flag e Circle Jerks) con il suo hardcore di sapore primi 80’s (testimoniati anche dai 17 brani per meno di mezzora di album). Niente di nuovo ma un sano e genuino ritorno ad un sound crudo, diretto, minimale che male non fa.
AUNT NELLY - A slice of nice
Con due ex membri dei Clique il quartetto inglese si propone con un ottimo sound che spazia tra beat di sapore Kinks mid 60’s, un pizzico di Small Faces, occhiate al Thames Beat dei primi 80’s (Times, Direct Hits, Jetset) e una spolverata di Prisoners in particolare nei brani strumentali dove domina l’Hammond.
Band interessante e da seguire.
THE KIK - 2
Gli olandesi replicano nel secondo album la PERFETTA immersione nel mondo sonoro dei BEATLES 1964/65 con qualche occasionale salto nel '66 e dalle parti dei Kinks e degl intonse più vaudeville (quelli di "Between the buttons").
Difficile essere così filologici.
KARTOONS - World gone down
Da Cosenza un’ennesima ottima prova della band guidata da Francesco Ficco ex anima dei Lager, tra le prime mod bands in Italia negli 80’s.
I 14 brani (tra cui una cover di “I was dreaming” dei Blind Alley e una, sorprendente di “Needles in the camel’s eye” di Brian Eno da “Here come the warm jets” del 1974) spaziano tra garage, influenze psichedeliche, un energico sound che attinge dal primo punk, ancora contaminato dal pub rock e da tutta la tradizione 60’s, pur non risultando mai datato o fuori tempo.
I brani sono urgenti e immediati, senza fronzoli, diretti e crudi.
SUNSPOTS - Sound of the steps
Il quartetto lodigiano scava nel profondo del 60’s garage con 9 brani dove fuzz, riff talvolta debitori al surf, Yardbirds, Standelles, Fuzztones, arpeggi jingle jangle alla Byrds, omaggi alla tradizione “Nuggets” e al rock n roll più primitivo di fine anni 50, si mischiano e alternano alla perfezione.
Le atmosfere sono elettriche, la ritmica serrata, la voce roca e aggressiva, i brani perfettamemte consoni al genere.
Ottimo album.
GUIGNOL - Ore piccole
Al quinto album i milanesi Guignol compiono l’ennesimo passo avanti verso una sempre maggior personalizzazione del proprio sound, realizzando il migliore episodio della lunga carriera che dura ormai da 15 anni.
I 10 brani sono registrati, prodotti e registrati benissimo ed esaltano l’originale mistura di atmosfere care a Nick Cave, rock n roll, canzone d’autore italiana (da Endrigo, Tenco, De Andrè, vedi “Un pezzo alla volta” o la conclusiva “Le consegne”, alle atmosfere meno furiose del Teatro degli Orrori), sonorità che sarebbero care a Tarantino (“Certe cose”) o alle recenti esperienze di Mark Lanegan (“Tappezzeria” che “ruba” il riff agli Stones o “Staremo bene” che invece cita i primi Roxy Music).
Una nota particolare ai curatissimi ed efficaci testi, dall’aura metropolitana, spesso duri e aspri, romanticamente malinconici.
FLOR - Flor
I FLOR (de mal) furono tra i nomi più fulgidi esplosi negli anni 90 italiani. Collaborazioni illustri con REM, Robyn Hitchcock e Natalie Merchant dei 10.000 Maniacs, tre ottimi album di alternative rock di stampo americano, poi il totale silenzio per quasi 20 anni.
Tornano ora con un album in cui riprendono le fila del discorso con la consueta classe e capacità compositiva di Marcello Cunsolo.
Sonorità in perfetto bilico tra asprezza elettrica e lirismo acustico, un omaggio alla loro Sicilia e prevedibile maturità sonora.
RADIO BABYLON - Babyloneria
I marchigiani Radio Babylon, 12 anni di attività e due album alle spalle, proseguono a suon di ritmi in levare tra ska, reggae, ragamuffin, rocksteady, patchanka, calypso con una splendida e riuscita cover di “Storia d’amore” di Celentano e altri 10 brani di sicura presa.
ASCOLTATO ANCHE
AFGHAN WIGS (mai tanto piaciuti e il nuovo album, molto epico e intenso, non m ismuove dal giudizio), PARADISE (da Portland sulle tracce di Fuzztones e Sonics ma un tantino fuori tempo massimo), JAMAICA (discreto power pop anni 80, nulla più, anonimi) BARBARA CAVALIERI (Lavoro maturo, personalissimo, tra PJ Harvey e Anna Calvi ma assorbendo anche ampie dosi di pop ), BEN WATT (ex Everything But the girl che fa il verso ad Al Stewart e Dire Straits..mah), ALCOVA (da Milano potente alt rock e canzoni politiche, finalmente), JONATHAN RICHMAN (bizzarro omaggio al pubblico latino con canzoni in lingua, rifacimenti vari, “Old world” dei Modern Lovers etc. Trascurabile), BRODY DALLE (nostalgia di Courtney Love? Ecco l’esordio solo dell’ex Distillers che aggiunge un po’ di Garbage alla noiosissima zuppa...), N SAMBO (da Livorno un concept molto particolare tra kraut, prog, momenti acustici, alt rock e tanto altro), IPERCUSSONICI (world music, hip hop militante, Asian Db Foundation meet 99 Posse/Meg. Interessanti), MANGES (puro Ramones style, come sempre !), MELAMPUS (oscuro dark sound in stile 4AD), CARA (ep d’esordio tra Prozac+ e Garbage, molto interessante), NUMERO 6 (pop immediato, fresco e spontaneo in chiave semi acustica che si avvale di testi pungenti, obliqui, ironici), SKY OF BIRDS (primo Lou Reed, atmosfere che richiamano talvolta Lloyd and the Commotions e tradizione root alt rock americana), ROBERT ELLIS (ottimo cantautorato folk tra James Taylor, Dylan, Bon Iver, Paul Simon).
LETTO
CLAUDIO PESCETELLI - Lo stivale è marcio
Formidabile ricostruzione in quasi 300 pagine (corredate da foto, decine di testimonianze dirette, discografie, dati di tutti i tipi) dei primissimi pionieristici approcci del punk in Italia, dal 1977 al 1980. Con certosina cura e una scrittura eccellente, precisa, limpida, con una perfetta e colta inquadratura nel clima dell’epoca Pescetelli si addentra nella caotica “scena” dei tempi tra tentativi maldestri ma sinceri e pieni di “attitudine” dei primi punks nostrani. Ne parleremo più diffusamente. Allegato un Cd con rarissime testimonianze sonore.
www.raveuprecords.com/
CIRO CACCIOLA - L’internazionale juke box del caffè
Libretto breve e carino in cui si raccolgono con humor e gradevolezza cinquanta canzoni che hanno a che fare con il caffè.
Lettura velocissima e dal forte gusto arabico.
VISTO
“Quando c’era Berlinguer” di Walter Veltroni
Un film/doc rigoroso, timido, sobrio, mai auto indulgente, mai retorico.
Proprio come Berlinguer.
La vita del leader del più grande partito comunista d’occidente viene ripercorsa attraverso filmati d’epoca, testimonianze e un racconto efficace, mai verboso o eccessivo ma preciso e ordinato.
“Io non sono qui” di Todd Haynes
La vita di Bob Dylan attraverso 6 diversi personaggi che fanno riferimento alla sua carriera e alle sue ispirazioni (il ragazzino nero hobo alla Woody Guthrie ad esempio) con una straordinaria Cate Blanchett che interpreta Bob nei 60’s.
Film psichedelico e visionario, difficile da comprendere per chi non conosca la storia di Dylan ma interessante, bello e appassionante.
“Hugo Cabret” di Martin Scorsese
Film molto carino e gradevole, pieno di citazioni, omaggio al cinema pionieristico degli albori, attraverso una favola avvincente.
“Andy Warhol’s factory people” di C.O’Sullivan Shorr
Si parla di Warhol e la sua Factory con una serie di testimoni d’eccezione (da Gerard Malanga a Ultraviolet). Tutto molto scontato, qualche rara immagine, apologie varie e, mancanza più grave, la totale assenza della musica dei Velvet Undergound (immagino per problemi di diritti), scimmiottati da una colonna sonora in “stile”.
COSE & SUONI
Lilith and the Sinnersaints in studio di registrazione
Nuove date in giro per la penisola qui:
Sabato 10 maggio : Vignola (MO) “Circolo Ribalta”
Sabato 17 maggio : Varese “Sur le Sofà”
Venerdì 06 giugno: Genova “Lilit hFestival” con Lene Lovich
www.lilithandthesinnersaints.com
https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints
Mie recensioni su www.radiocoop.it
IN CANTIERE
Finalmente vedrà la luce anche quello su Paul Weller, in autunno, per VoloLibero scritto SOLO dal sottoscritto.
In occasione dei Mondiali in Brasile sarà disponibile un’appendice gratuita a “Rock n Goal” del sottoscritto e Alberto Galletti, dedicata a musica e Mondiali.
In preparazione un libro sul Festival Tendenze che giunge quest’anno alla 20° edizione.
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Il meglio del mese
martedì, aprile 29, 2014
Get back. Dischi da (ri)scoprire
Come ogni fine mese tre album da (RI)scoprire alla ricerca di piccoli gioielli dimenticati.
JACKIE LOMAX - Is this what you want ?
Giovane autore che firmò per la Apple dei Beatles si trovò quasi inaspettatamente ad incidere l’esordio solista con uno stuolo di musicisti da sogno alle spalle.
Nell’album suonano Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr, Eric Clapton, Billy Preston, Leon Russell, Klaus Voorman, Tony Newman (che suonerà poi con Bowie, Donovan, Jeff beck e nella colonna sonora di “Tommy”).
Il tutto nel periodo in cui i Beatles erano impegnati tra il White Album e Abbey Road.
Come ammise lo stesso Jackie l’interesse fu sempre per chi suonava nell’album più che per le canzoni da lui composte e cantate. E non ha tutti i torti: c’è poco che emerge se non la bellissima outtake del White Album firmata da George “Sour milk sea”, l’incredibile plagio, pur se interessante, di “I’m the walrus” che dà il titolo all’album e la ballata “Fall inside your eyes” che si avvicina spesso alla “Jelaous guy” che Lennon inciderà successivamente ma che era già stata composta e provinata. “Little yellow pills” e “Eagle laughs at you” sono due ottimi soul rock, il resto si muove tra ballate e pop songs abbastanza anonime.
FELT - Forever breathes the lonely
Strano personaggio Lawrence, leader dei Felt, che si mise come obiettivo artistico l’incisione di dieci album e dieci singolo in dieci anni prima di sciogliere il gruppo.
Così fece e mantenne fede al suo proposito, lasciand oalcuni ottimi lavori e un piccolo capolavoro come questo “Forever breathes the lonely” del 1986, sesto album della band che si affianca al lavoro stilistico che all’epoca già facevano gruppi come Lloyd Cole and the Commotions o Monochrome Set ma con un’anima sixties più pronunciata, molto Byrdsiana con una splendida tastiera Farfisa e una voce Loureediana che rnede i ltutto spesso affine alle atmosfere dei Velvet Underground più gioiosi.
Notevole !
BIG MAMA THORNTON with the MUDDY WATERS BAND
Il 25 aprile del 1966 a San Francisco la ancora poco conosicuta Big Mama Thornton (nonostante il successo di ”Hound dog” ripresa da Elvis tra gli altri) entro in studio con Muddy Waters e la sua band James Cotton (armonica), Otis Spann (piano), Sammy Lawhorn (chitarra), Luther "Guitar Junior" Johnson (basso) e Francis Clay (batteria), incidendo 17 brani pazzeschi tra blues e rhythm and blues di livello spaziale.
Un documento di assoluta eccellenza in cui la voce di Big Mama è assoluta protagonista.
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Get Back
lunedì, aprile 28, 2014
Omaggio a Vujadin Boskov
Un sentito omaggio a VUJADIN BOSKOV di ALBERTO GALLETTI.
E’ morto Vujadin Boskov, aveva 82 anni ed era malato da tempo.
Non lo sapevo, mi addolora molto la sua scomparsa e anche il sapere che ha trascorso gli ultimi tempi gravemente malato.
Ricorderò per sempre ciò che ha dato al calcio italiano, in termini di doti umane, intelligenza fine, spesso acuta, mascherata dietro al suo personalissimo italiano e a quel suo sorriso beffardo e sincero.
La sua carriera nel calcio è stata splendida, calciatore di Serie A in Jugoslavia, 57 partite in Nazionale, una stagione in Serie A alla Sampdoria e due in Svizzera allo Young Boys dove chiude col calcio giocato e da cui riparte come allenatore.
Vincerà lo storico scudetto jugoslavo del 1966 al timone della sua Vojvodina prima di iniziare il suo girovagare per l’Europa, con il Den Haag vince la Coppa d’Olanda del 1976 poi il Feyenoord, quindi in Spagna con Real Saragozza e Sporting Gijon, ma soprattutto Real Madrid dove vince il Campionato del 1980, due Coppe del Rey e una finale di Coppa dei Campioni persa nel 1981.
Sbarca in Italia ingaggiato nel 1985 dal vulcanico Costantino Rozzi e guida l’Ascoli alla promozione in serie A.
Nell’estate viene ingaggiato dall’ambiziosa Sampdoria.
A Genova compie il suo capolavoro tecnico ed umano prendendo per mano una squadra giovane e dotatissima conducendola ad una striscia di successi senza precedenti culminata con lo storico successo del 1991, più due Coppa Italia, la Coppa delle Coppe del 1990 e la finale di Coppa dei Campioni (fortunatamente) persa a Londra nel 92.
Lascia una scia interminabile di frasi celebri per la quale fu fatto passare quasi per una macchietta da trasmissioni televisive prive di quasiasivoglia intelligenza, tantomeno contenuti calcistici.
Troppo grande per importarmi che fosse sampdoriano, addio nonno Vujadin, grande uomo e sportivo vero.
GRANDE GIOCATORE E’ QUELLO CHE VEDE AUTOSTRADE DOVE ALTRI SOLO SENTIERI.
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Calcio e sport
Le rockstar di sinistra e la ricchezza
Da una recente discussione all'interno di un altro post nasce la considerazione sulla COERENZA "morale" delle cosiddette rockstar che professano idee di "sinistra" o "rivoluzionarie" mentre intascano vagonate di soldi da dischi e concerti.
Un JOHN LENNON, tra i più ricchi musicisti del mondo, che negli anni 70 che canta "Power to the people" e si batte per i più disparati diritti degli oppressi, i CLASH ultra radicali (chic?) di "Sandinista", che pure vendono a prezzo "politico" ma che sono ormai gruppo da stadio e da Top Ten, il PAUL WELLER con alle spalle milioni di dischi venduti (di cui è l'unico autore) che, affiancato da membri di altrettanti best selling come Spandau Ballet, Sade o Communards, tra i tanti, si batte, negli 80's, con il RED WEDGE, a sostegno del Partito Laburista, gli incendiari ed estremisti RAGE AGAINST THE MACHINE che hanno raggiunto i 16 milioni di copie vendute.
DUNQUE ?
I musicisti ricchi non devono fare politica di "sinistra" in quanto incoerenti ?
Esiste quindi una soglia di vendite/ricchezza che deve indurre a smettere di battersi per certe cause ?
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica
sabato, aprile 26, 2014
Damon Albarn - Everyday robots
A lungo anticipato da una sapiente opera promozionale fatta di ascolti in anteprima, dichiarazioni ad effetto (sulla "bontà" della droga come fonte di ispirazione ad esempio), interviste etc etc, "Everyday robots" è un ennesimo progetto dell'infaticabile DAMON ALBARN e ufficialmente l'esordio solista (se si escludono le colonne sonore e le infinite collaborazioni a destra e a manca).
Un album a livelli di assoluta eccellenza, che poco concede alla commercialità, lavoro plumbeo e malinconico, autunnale (a dispetto dell'uscita primaverile), (apparentemente) scarno e minimale, fatto di ballate semi elettroniche dal forte sapore SOUL e indiscutibilmente LONDINESE.
Scordatevi il soul nella sua accezione tradizionale e considerate l'idea di una nuova forma che coniuga melodie, mood e approccio "black" con una modalità assolutamente attuale.
Gli esempi migliori in tal senso sono probabilmente il brano d'apertura "Everyday robots" e la conclusiva "Heavy seals of love" (dove, come in "You and me", compare BRIAN ENO alla voce) che ha un andamento figlio o nipote di "Tender" dei Blur (da cui non è lontana nemmeno "Lonely press play").
Anima gospel con afflati afro e calypso in "Mr.Tembo", sembra una "Stand by me" futurista rivisitata jazz il trip hop blues "The selfish giant".
C'è tanta carne al fuoco, "Everyday robots" è un album da ascoltare attentamente e a lungo.
Ben fatto Mr. Albarn !
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Dischi
venerdì, aprile 25, 2014
25 aprile
Grazie, come ogni anno, a tutte quelle ragazze e ragazzi, donne e uomini, che ci hanno permesso con i loro sforzi, coraggio, sacrificio, di godere di questa, imperfetta finchè si vuole, LIBERTA'.
Oggi per me è giorno di FESTA !
giovedì, aprile 24, 2014
Curiosità sui Mondiali di Calcio
Prosegue la rubrica ASPETTANDO IL MONDIALE che ogni settimana proporrà un racconto o una storia relativa all'appuntamento quadriennale che si svolgerà quest'anno in Brasile.
ALBERTO GALLETTI ci porta in mezo a qualche interessante CURIOSITA'.
Qui le altre puntate:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Aspettando%20il%20Mondiale
Nel 1930 tutte le partite del mondiale si giocarono nella stessa città, Montevideo, in origine erano tutte programmate nel nuovo Estadio del Centenario ma i ritardi nell’ultimazione dei lavori fecero si che le prime otto partite fossero dirottate all’Estadio Pocitos, l’impianto del Penarol (2) e al Parque Central (6), l’impianto del Nacional CF. Il primo gol della storia dei mondiali fu segnato al Estadio Pocitos dal francese Laurent al 19’ dell’incontro inaugurale Francia 4-1 Messico gli spettatori per la prima partita di sempre ad un mondiale furono 4444, un numero direi insolito.
Non esistevano qualificazioni, fu un torneo ad inviti, le rinunce a partecipare furono moltissime, specialmente europee dovute ai problemi legati alla distanza.
La Romania partecipò in virtù dell’intervento diretto del sovrano, Re Carol II che selezionò personalmente la squadra e trattò direttamente con loro i compensi e con i loro datori di lavoro condizioni e garanzie sul posto di lavoro da salvaguardare al rientro dalla spedizione sudamericana.
Il Mondiale di calcio del 1930 è stato anche caratterizzato da episodi divertenti, dovuti soprattutto all’inevitabile inesperienza della nazione organizzatrice.
Ad esempio, nella partita di qualificazione tra Argentina e Francia fu fischiato il termine dell’incontro all’84′ minuto.
Ci furono proteste e un’invasione di campo che costrinse l’arbitro a far giocare i sei minuti restanti. In Argentina – Messico invece, il dischetto del calcio di rigore fu piazzato a oltre 14 metri dalla porta, invece che i regolamentari 11 metri: dei tre rigori calciati durante la gara, solo uno fu trasformato in gol.
Gli arbitri dirigevano le gare in giacca e cravatta, con i calzoni alla zuava.
L’argentino Luis (Luisito) Monti perse la finale con l’Argentina, ma la vinse quattro anni dopo schierato nelle file dell’Italia.
Nel 1938 Antibes fu sede di partite mondiale, lo stadio Fort Carrè è ancora in uso, non sorprenda più di tanto il fatto, la località era assai in voga prima dell’ultima guerra e la squadra era in Serie A.
A questa edizione partecipò la squadra delle Indie Orientali Olandesi, oggi Indonesia, in virtù della rinuncia degli USA all’ultimo momento, i costi della spedizione vennero coperti dalla Compagnia delle Indie Olandesi che sborsò la ragguardevole cifra per i tempi di 350000 franchi francesi.
Ottorino Barassi presidente della FIGC custodì la Coppa Rimet nel 1943 in una scatola di scarpe infilata sotto il letto, evitando così di farsela requisire dalle truppe tedesche inviate appositamente alla sua abitazione di Piazza Adriana a Roma per confiscarla e fonderne il contenuto.
La coppa fu invece rubata a Londra nel 1966 durante una mostra alla vigilia dei mondiali e dopo l’arresto del maldestro ladro ritrovata casualmente dal cagnolino Pickles avvolta in un giornale sotto una siepe di un giardino in un sobborgo meridionale di Londra.
La Rimet subì un secondo furto in Brasile nel 1983 e fusa dai malviventi in lingotti d’oro.
I record di spettatori a partite del mondiale son tutti stati stabiliti nell’edizione del 1950 in Brasile, tutti al Maracanà:
Brasile 1-2 Uruguay Spett: 199.854
Brasile 6-1 Spagna Spett: 153.000
Brasile 4-2 Yugoslavia Spett: 142.000
Brasile 7-1 Svezia Spett: 139.000
I giocatori dell’India, invitata a partecipare al torneo del 1950 non si presentarono a causa del loro rifiuto categorico di infilarsi le scarpe che portò alla loro conseguente squalifica (erano stati sorteggiati nel gruppo dell’Italia).
Anche se testimonianze successive riportano che la decisione fu soprattutto economica (il trasferimento era troppo oneroso) e derivante dallo scarso peso che giocatori e federazione indiana davano alla manifestazione, preferendo concentrarsi sulle Olimpiadi.
“We had no idea about the World Cup then,” says Manna(giocatore indiano dell'epoca) “had we been better informed, we would have taken the initiative ourselves. For us, the Olympics was everything. There was nothing bigger.”
In effetti due anni prima erano stati battuti solo 2-1 dalla Francia alle Olimpiadi. Due anni dopo persero 10-1 dalla Yugoslavia…
Nella foto la nazionale indiana a piedi nudi.
Il 14 luglio 1950, tutti i 22 membri della comitiva messicana vengono squalificati da parte della federazione del Messico in seguito a segnalazioni di cattiva condotta e di intemperanze compiute dai giocatori in Brasile, la punizione vuole colpire la brutta figura rimediata dai giocatori messicani sul "terreno morale".
La semifinale del 1962 Cecoslovacchia-Yugoslavia giocata allo stadio registrò appena 5890 paganti, il dato più basso per una partita del genere. Romania-Perù giocata allo stadio Pocitos il 14 luglio 1930 è la partita che ha fatto registrare l’affluenza più bassa per una partita mondiale: appena 300 spettatori.
La più alta affluenza media a partite mondiali fu registrata nel ’94 nell’edizione giocata negli USA(!) con 68891 spettatori a partita, che superò il precedente record di 50273 stabilito nell’edizione inglese del 1966.
L’arbitro inglese Aston, protagonista negativo della gara Cile-Italia, memore del pandemonio di quella partita e di quello legato all’espulsione di Rattin in Argentina-Inghilterra del ’66, ideò l’introduzione dei cartellini Gialli e Rossi mentre era fermo al semaforo rosso in una strada di Londra.
La novità fu introdotta a partire dal mondiale successivo, quello del 1970, il primo giocatore al quale venne comminato un cartellino giallo fu il georgiano Asatiani in URSS-Messico, bisognerà aspettare il mondiale del 74 per il primo cartellino rosso ad un mondiale, se lo beccò il cileno Caszley per fallo di reazione su Berti Vogts che lo aveva appena falciato, in Germania Ovest-Cile.
ALBERTO GALLETTI ci porta in mezo a qualche interessante CURIOSITA'.
Qui le altre puntate:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Aspettando%20il%20Mondiale
Nel 1930 tutte le partite del mondiale si giocarono nella stessa città, Montevideo, in origine erano tutte programmate nel nuovo Estadio del Centenario ma i ritardi nell’ultimazione dei lavori fecero si che le prime otto partite fossero dirottate all’Estadio Pocitos, l’impianto del Penarol (2) e al Parque Central (6), l’impianto del Nacional CF. Il primo gol della storia dei mondiali fu segnato al Estadio Pocitos dal francese Laurent al 19’ dell’incontro inaugurale Francia 4-1 Messico gli spettatori per la prima partita di sempre ad un mondiale furono 4444, un numero direi insolito.
Non esistevano qualificazioni, fu un torneo ad inviti, le rinunce a partecipare furono moltissime, specialmente europee dovute ai problemi legati alla distanza.
La Romania partecipò in virtù dell’intervento diretto del sovrano, Re Carol II che selezionò personalmente la squadra e trattò direttamente con loro i compensi e con i loro datori di lavoro condizioni e garanzie sul posto di lavoro da salvaguardare al rientro dalla spedizione sudamericana.
Il Mondiale di calcio del 1930 è stato anche caratterizzato da episodi divertenti, dovuti soprattutto all’inevitabile inesperienza della nazione organizzatrice.
Ad esempio, nella partita di qualificazione tra Argentina e Francia fu fischiato il termine dell’incontro all’84′ minuto.
Ci furono proteste e un’invasione di campo che costrinse l’arbitro a far giocare i sei minuti restanti. In Argentina – Messico invece, il dischetto del calcio di rigore fu piazzato a oltre 14 metri dalla porta, invece che i regolamentari 11 metri: dei tre rigori calciati durante la gara, solo uno fu trasformato in gol.
Gli arbitri dirigevano le gare in giacca e cravatta, con i calzoni alla zuava.
L’argentino Luis (Luisito) Monti perse la finale con l’Argentina, ma la vinse quattro anni dopo schierato nelle file dell’Italia.
Nel 1938 Antibes fu sede di partite mondiale, lo stadio Fort Carrè è ancora in uso, non sorprenda più di tanto il fatto, la località era assai in voga prima dell’ultima guerra e la squadra era in Serie A.
A questa edizione partecipò la squadra delle Indie Orientali Olandesi, oggi Indonesia, in virtù della rinuncia degli USA all’ultimo momento, i costi della spedizione vennero coperti dalla Compagnia delle Indie Olandesi che sborsò la ragguardevole cifra per i tempi di 350000 franchi francesi.
Ottorino Barassi presidente della FIGC custodì la Coppa Rimet nel 1943 in una scatola di scarpe infilata sotto il letto, evitando così di farsela requisire dalle truppe tedesche inviate appositamente alla sua abitazione di Piazza Adriana a Roma per confiscarla e fonderne il contenuto.
La coppa fu invece rubata a Londra nel 1966 durante una mostra alla vigilia dei mondiali e dopo l’arresto del maldestro ladro ritrovata casualmente dal cagnolino Pickles avvolta in un giornale sotto una siepe di un giardino in un sobborgo meridionale di Londra.
La Rimet subì un secondo furto in Brasile nel 1983 e fusa dai malviventi in lingotti d’oro.
I record di spettatori a partite del mondiale son tutti stati stabiliti nell’edizione del 1950 in Brasile, tutti al Maracanà:
Brasile 1-2 Uruguay Spett: 199.854
Brasile 6-1 Spagna Spett: 153.000
Brasile 4-2 Yugoslavia Spett: 142.000
Brasile 7-1 Svezia Spett: 139.000
I giocatori dell’India, invitata a partecipare al torneo del 1950 non si presentarono a causa del loro rifiuto categorico di infilarsi le scarpe che portò alla loro conseguente squalifica (erano stati sorteggiati nel gruppo dell’Italia).
Anche se testimonianze successive riportano che la decisione fu soprattutto economica (il trasferimento era troppo oneroso) e derivante dallo scarso peso che giocatori e federazione indiana davano alla manifestazione, preferendo concentrarsi sulle Olimpiadi.
“We had no idea about the World Cup then,” says Manna(giocatore indiano dell'epoca) “had we been better informed, we would have taken the initiative ourselves. For us, the Olympics was everything. There was nothing bigger.”
In effetti due anni prima erano stati battuti solo 2-1 dalla Francia alle Olimpiadi. Due anni dopo persero 10-1 dalla Yugoslavia…
Nella foto la nazionale indiana a piedi nudi.
Il 14 luglio 1950, tutti i 22 membri della comitiva messicana vengono squalificati da parte della federazione del Messico in seguito a segnalazioni di cattiva condotta e di intemperanze compiute dai giocatori in Brasile, la punizione vuole colpire la brutta figura rimediata dai giocatori messicani sul "terreno morale".
La semifinale del 1962 Cecoslovacchia-Yugoslavia giocata allo stadio registrò appena 5890 paganti, il dato più basso per una partita del genere. Romania-Perù giocata allo stadio Pocitos il 14 luglio 1930 è la partita che ha fatto registrare l’affluenza più bassa per una partita mondiale: appena 300 spettatori.
La più alta affluenza media a partite mondiali fu registrata nel ’94 nell’edizione giocata negli USA(!) con 68891 spettatori a partita, che superò il precedente record di 50273 stabilito nell’edizione inglese del 1966.
L’arbitro inglese Aston, protagonista negativo della gara Cile-Italia, memore del pandemonio di quella partita e di quello legato all’espulsione di Rattin in Argentina-Inghilterra del ’66, ideò l’introduzione dei cartellini Gialli e Rossi mentre era fermo al semaforo rosso in una strada di Londra.
La novità fu introdotta a partire dal mondiale successivo, quello del 1970, il primo giocatore al quale venne comminato un cartellino giallo fu il georgiano Asatiani in URSS-Messico, bisognerà aspettare il mondiale del 74 per il primo cartellino rosso ad un mondiale, se lo beccò il cileno Caszley per fallo di reazione su Berti Vogts che lo aveva appena falciato, in Germania Ovest-Cile.
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Aspettando il Mondiale
mercoledì, aprile 23, 2014
Insulti tra musicisti
Ieri si è parlato di turpiloquio e linguaggio volgare.
Approfondiamo con un post leggero e di nostra pertinenza.
Non è un novità che tra musicisti volino spesso parole grosse, anche pubblicamente.
Una breve lista di alcuni dei più "riusciti".
In molti casi sono seguite, scuse, chiarimenti, rappacificazioni…in altri no...
Wayne Coyne (Flaming Lips) sugli Arcade Fire
Sono davvero stanco della loro pomposità.
Abbiamo suonato qualche volta con loro e trattano le persone come merde mentre c’è gente che li considera come la più grande band di sempre...hanno qualche buon pezzo ma sono delle teste di cazzo...così se ne vadano affanculo.
Christina Aguilera su Lady Gaga
Non so bene chi sia ad essere sinceri.
Non so se sia un uomo o una donna
Joni Mitchell su Bob Dylan
E' un plagiarista e il suo nome e la sua voce sono falsi.
David Lee Roth su Elvis Costello
Ai giornalisti musicali piace Elvis Costello perchè i giornalisti musicali sembrano Elvis Costello
Mark E Smith sui Mumford & Sons
C’era questo altro gruppo che faceva il check...terribili!
Così ho detto ‘Shut them cunts up!’ ma hanno continuato, così gli ho tirato una bottiglia. Pensavo fosse un gruppo di cantanti irlandesi ritardati.
Courtney Love su Dave Grohl
E’ un tipo conflittuale con me che continua ascrivere canzoni su di me per dire che mi odia più di ogni altro. Kurt lo detestava più di ogni altro (eccetto un giornalista).
E’ solo un tipo mediocre che fa la parte del bravo ragazzo.
Dave Grohl su Courtney Love
She’s an ugly fucking bitch.
Paul Weller su Freddie Mercury
Diceva di voler portare il balletto alla working class. What a cunt.
Kurt Cobain sui Guns N’ Roses
Gente senza talento che scrive musica di merda e sono la band più famosa al mondo.
Non ci posso credere.
Nick Cave sui Red Hot Chili Peppers
Posso mettermi vicino a uno stereo e dire “Che razza di porcheria è questa?” e la risposta sarà sempre: i Red Hot Chili Peppers
Noel Gallagher sui Kaiser Chiefs
Non hanno nessun senso se non per le loro brutte ragazze di merda
Elvis Costello su Morrissey
Morrisey scrive stupendi titoli di canzoni ma sfortunatamente si dimentica spesso di scrivere la canzone .
Mark “E” Everett (Eels) su John Lennon
John Lennon cantava sulla pace nel mondo perchè gli piaceva picchiare le donne.
Gli hippies sono così pieni di merda.
Richey Edwards sugli Slowdive
Odiamo gli Slowdive più di Hitler
Robert Smith su Morrissey
Se Morrisey dice di non mangiare carne allora la mangerò...questo è quanto odio Morrisey
Morrissey su Bob Geldof
Gedolf è nauseante. Il Band Aid è stato l’evento più auto riferito della storia della musica pop
Boy George su Madonna
Un vile, orribile essere umano senza possibilità di redenzione
Boy George su Elton John
Tutti quei soldi e ha ancora i capelli come una casalinga
Elton John su Keith Richards
E’ come una scimmia con l’artrite che cerca di andare sul palco e sembrare giovane.
Morrissey su Brett Anderson degli Suede
Non perdonerà mai Dio di non averlo fatto Angie Bowie
Anton Newcombe dei Brian Jonestown Massacre su Eric Clapton
La gente parla di Eric Clapton.
Che cosa ha mai fatto salvo lanciare il suo bambino fuori una sporgenza di merda e scriverci su una canzone?
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Rock Tales
martedì, aprile 22, 2014
Volgarità, scurrilità e incrudimento del lessico italiano
La deriva del linguaggio in Italia ha subìto una forte accelerazione negli ultimi anni.
La volgarità è di uso quotidiano e ricorrente ovunque, dal lessico usato da giovani e meno giovani ai media che abbondano di terminologie scurrili (dai giornali a TV e radio), fianco politici e istituzioni che non lesinano una terminologia "portuale".
In relazione ad un processo per offese attraverso parole volgari, perfino la Cassazione ha preso atto della «progressiva decadenza del lessico adoperato nei rapporti interpersonali» tanto che le ingiurie non possono essere condannate penalmente.
«È innegabile - scrive la Quinta sezione penale - che l’evoluzione del costume e la progressiva decadenza del lessico adoperato dai consociati nei rapporti interpersonali, unitamente ad una sempre maggiore valorizzazione delle espressioni scurrili come forme di realismo nelle arti contemporanee (si pensi soprattutto al cinema) e tradizionali (quali ad esempio la letteratura o il teatro) ha reso alcune parolacce di uso sempre più frequente, soprattutto negli strati sociali a più bassa scolarizzazione, attenuandone fortemente la portata offensiva, con riferimento alla sensibilità dell’uomo medio».
"Sintomo evidente di un incrudelimento vieppiù scoraggiante per i puristi della lingua, rappresenta ormai un inevitabile ed inarrestabile dato culturale, in ambienti in cui troneggia a mo’ di moderno totem lo strumento televisivo, purtroppo mezzo di diffusione dilagante di pratiche linguistiche sconvenienti».
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Fenomenologie
domenica, aprile 20, 2014
Canzoni di Pasqua
Un po' di canzoni pasquali giusto per una veloce colonna sonora adeguata alla giornata.
Immancabile EASTER di PATTI SMITH dall'omonimo album del 1978.
I JEFFERSON AIRPLANE nel 1972 inserirono nell'album "Long John silver" la drammatica EASTER ?
OSCAR PETERSON, uno dei più grandi pianisti jazz della storia con la velluata EASTER PARADE
"Easter eveywhere"è il secondo album dei 13Th FLOOR ELEVATORS del 1967.
Con lo stesso titolo EASTER PARADE da ricordare anche i BLUE NILE.
Un strumentale per FRANK ZAPPA , WATERMELON IN ESTER HAY da "Joe's garage" del 1978.
I SIMPLE MINDS con EAST AT EASTER dall'album "Sparkle in the rain" del 1984
E infine TRACY CHAPMAN con BEFORE EASTER da "Where you live" del 2005.
E poi una serie di nomi minori ma ugualmente in odore di PASQUA:
The Prize Fighter Inferno - Easter
Warren Zevon - Jesus Was A Cross Maker
Yonder Mountain Stringband - East Nashville Easter
Kittens - Easter Egg Hunt
Love Battery - Easter
The Homophones - Easter
Daniel Johnston & Jad Fair - Easter Bunny
The Real Tuesday Weld - Easter Parade
Bloodkin - Easter Eggs
Bill Hicks - Easter
sabato, aprile 19, 2014
Record Store Day
Nato ufficialmente nel 2007 il Record Store Day è una giornata celebrata, a livello internazionale, ogni terzo sabato del mese di aprile e il cui scopo, così come fu concepita da Chris Brown (un impiegato di un negozio indipendente di dischi statunitense), è quello di celebrare i negozi musicali indipendenti in tutto il globo.
All'evento partecipano abitualmente migliaia e migliaia di artisti più o men sconosciuti con dischi ed eventi ad hoc.
Per quanto lo spirito originario sia ormai perso in un evento omologato, assorbito e liofilizzato per bene dall'industria discografica, da queste pagine l'invito rimane quello di SOSTENERE i PICCOLI NEGOZI INDIPENDENTI, le realtà più UNDERGROUND, chi CI CREDE.
Magari con il semplice gesto di recarvi in un negozio di dischi veramente indipendente, "artigianale" e acquistare un disco (on una produzione) di un gruppo che cerca di cavarsela come può….
Governments crack and systems fall
'cause Unity is powerful
Lights go out - walls come tumbling down!
venerdì, aprile 18, 2014
Rolling Stones - Black and blue
GLI INSOSPETTABILI è una rubrica che scova quei dischi che non avremmo mai pensato che... Dopo Masini, Ringo Starr, il secondo dei Jam, "Sweetheart of the rodeo" dei Byrds, Arcana e Power Station, "Mc Vicar" di Roger Daltrey, "Parsifal" dei Pooh, "Solo" di Claudio Baglioni, "Bella e strega" di Drupi, l'esordio dei Matia Bazar e quello di Renato Zero del 1973, i due album swing di Johnny Dorelli, l'unico dei Luna Pop," I mali del secolo" di Celentano, "Incognito" di Amanda Lear, "Masters" di Rita Pavone, Julian Lennon, Mimmo Cavallo con "Siamo meridionali"e i primi due album dei La Bionda di inizio 70's, il nuovo album dei Bastard Son of Dioniso, oggi un semi insospettabile come "Black and blue" dei ROLLING STONES
Le altre puntate de GLI INSOSPETTABILI qui: http://tonyface.blogspot.it/search/label/Gli%20Insospettabili
Un gruppo dalla carriera infinita, due dozzine di album (quasi incalcolabili le compilation, live etc) e che ha inevitabilmente lastricato la propria carriera di capolavori ed episodi meno riusciti.
E se occorre indicare il “miglior album degli Stones” difficile trovare molte persone d’accordo sullo stesso titolo. Tra chi “dopo Brian Jones più nulla” , quelli che “il meglio è stato con Mick Taylor”, quegli altri che “non dimentichiamo “Some girls”, in genere ci si accorda su “Exile on main street”, effettivamente il più completo e rappresentativo del sound Rolling Stones.
Puntualmente invece “Black and blue” rimane nelle retrovie, raramente citato, spesso denigrato e disprezzato come l’album dei “provini dei chitarristi” (come lo definì sprezzantemente Keith Richards).
E’ infatti il momento di scegliere il sostituto di Mick Taylor e la lista è prevedibilmente lunga.
La scelta cade su Jeff Beck (che in realtà pare non avesse alcuna intenzione di entrare nel gruppo), Peter Frampton, Steve Marriott (voluto da Keith ma respinto da Mick che ne conosceva bene le capacità vocali, in grado di sovrastare le sue...) sugli anonimi Harvey Mandel, Wayne Perkins ma, alla fine, sarà Ron Wood a spuntarla soprattutto per le affinità umane con Keith (per quanto nell’album appaia solo in tre brani alla chitarra oltre che in qualche coro) .
“Black and blue” è unico nella discografia della band.
La black music (soprattutto il torrido funk dei mid 60’s, ma anche reggae e jazz blues) è preponderante, la mano di Billy Preston a piano e tastiere pesante e costantemente presente (relegando il “solito” Nicky Hopkins a brevi comparsate), la ritmica a perfetto agio (aiutata spesso da abbondanti dosi di, seppur discrete, percussioni).
Stupisce la capacità di abbracciare un genere fino ad allora solo sfiorato e impradronirsene con tanta maestria (“Hot stuff” e “Hey negrita” sono piccoli classici funk), allo stesso modo in cui si destreggiano con disinvoltura del reggae in “Cherry oh baby” di Eric Donaldson, senza dimenticare il classico Stones sound in “Hand of fate” e “Crazy mama”.
E se “Fool to cry” è una ballata che mal si sopporta, “Memory Motel” è invece un capolavoro slow rock blues con l’inconsueta doppia alternanza alla voce di Mick e Keef (che non suona la chitarra nel brano) e “Melody” un jazz blues (accreditato a Jagger/Richards pur attribuendo a Billy Preston l’ “inspiration”) in cui il tastierista (già con Beatles, Ray Charles, Little Richard, Sly and the Family Stone, Sam Cooke tra i tanti !!!) mette a segno una delle sue migliori prestazioni di sempre, Mick si supera in una sensuale interpretazione, una sezione fiati perfettamente calibrata colora il tutto di soul.
L’album arriverà al top in Inghilterra e Usa, riceverà recensioni discordanti e solleverà alcune controversie con i movimenti femministi a causa di un provocatorio manifesto promozionale.
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Gli Insospettabili
giovedì, aprile 17, 2014
Giocatori di club ai Mondiali
Prosegue la rubrica ASPETTANDO IL MONDIALE che ogni settimana proporrà un racconto o una storia relativa all'appuntamento quadriennale che si svolgerà quest'anno in Brasile.
Qui le altre puntate:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Aspettando%20il%20Mondiale
I campionati mondiali di calcio rappresentano il contraltare alle competizioni per club, la (datata) cadenza quadriennale dei tornei per squadre nazionali si contrappone alla frenetica attività stagionale dei club che mal digeriscono questi impegni in quanto pagano fior di milioni i loro campioni che vengono allenati, preparati ed assistiti tutto l’anno, salvo poi vederseli precettare dalle rispettive federazioni, arbitrariamente senza nessun tipo di compensazione e magari talvolta vederseli ritornare gravemente infortunati.
Tralasciando questo aspetto che potrebbe essere ripreso per una discussione specifica, volevo soffermare l’attenzione su alcuni dati che coinvolgono i club calcistici e i mondiali di calcio.
Di seguito alcune statistiche che coinvolgono i club.
Maggior numero di calciatori di uno stesso club convocati alla fase finale di un campionato mondiale:
In assoluto:
Seoul Army Club (Corea del Sud), con 16 giocatori convocati per il campionato mondiale Svizzera 1954.
Di una stessa nazionalità:
Maggior numero di giocatori che hanno vinto il campionato mondiale durante il periodo di militanza in uno stesso club:
In assoluto:
Juventus, con 24. Di una stessa nazionalità:
Juventus, con 22
Maggior numero di calciatori di uno stesso club che hanno partecipato a un singolo incontro:
In assoluto (in ordine cronologico): Seoul Army Club, con 10 giocatori schierati nella nazionale sudcoreana (Corea del Sud-Ungheria 0-9, incontro della prima fase del campionato mondiale Svizzera 1954).
Dinamo Kiev, con 10 giocatori schierati nella nazionale sovietica (URSS-Belgio 2-2; 3-4 dts, incontro degli ottavi di finale del campionato mondiale Messico 1986).
In una finale (in ordine cronologico):
Slavia Praga, con 8 giocatori in finale nel campionato mondiale Italia 1934 (tutti schierati in nazionale cecoslovacca)
Juventus, con 8 giocatori in finale nel campionato mondiale Germania 2006 (cinque schierati nella Nazionale italiana e tre nella nazionale francese).
In qualità di titolari:
Seoul Army Club, con 10 giocatori schierati tra i titolari della nazionale sudcoreana (Corea del Sud-Ungheria 0-9, incontro della prima fase del campionato mondiale Svizzera 1954).
Maggior numero di calciatori di uno stesso club convocati in una nazionale finalista del campionato mondiale:
In assoluto (in ordine cronologico):
Slavia Praga, con 12 giocatori convocati nella nazionale cecoslovacca finalista del campionato mondiale Italia 1934 (54,55% del totale di convocati nella citata nazionale).
In qualità di titolari in finale:
Slavia Praga, con 8 giocatori tra i titolari della nazionale cecoslovacca in finale del campionato mondiale Italia 1934.
Maggior numero di calciatori di uno stesso club convocati in una nazionale vincitrice del campionato mondiale:
In assoluto (in ordine cronologico):
Juventus, con 9 giocatori convocati nella Nazionale italiana vincitrice del campionato mondiale Italia 1934
Peñarol, con 9 giocatori convocati nella nazionale uruguaiana vincitrice del campionato mondiale Brasile 1950 (40,91% del totale di convocati nella citata nazionale).
In qualità di titolari in finale (in ordine cronologico):
Bayern Monaco, con 6 calciatori tra i titolari della nazionale tedesca in finale del campionato mondiale Germania 1974.
Juventus, con 6 calciatori tra i titolari della Nazionale italiana in finale del campionato mondiale Spagna 1982.
Barcellona, con 6 calciatori tra i titolari della nazionale spagnola in finale del campionato mondiale Sudafrica 2010.
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Aspettando il Mondiale
mercoledì, aprile 16, 2014
Intervista a DAMON MINCHELLA
Dopo FEDERICO FIUMANI dei DIAFRAMMA, al giornalista FEDERICO GUGLIELMI, ad OSKAR GIAMMARINARO, cantante e anima degli STATUTO, al presidente dell'Associazione Audiocoop GIORDANO SANGIORGI, a JOE STRUMMER, a MARINO SEVERINI dei GANG, a UMBERTO PALAZZO dei SANTO NIENTE, LUCA RE dei SICK ROSE, LUCA GIOVANARDI e NICOLA CALEFFI dei JULIE'S HAIRCUT, GIANCARLO ONORATO, LILITH di LILITH AND THE SINNERSAINTS, a Lorenzo Moretti, chitarrista e compositore dei GIUDA, il giornalista MASSIMO COTTO, a FAY HALLAM, SALVATORE URSUS D'URSO dei NO STRANGE, CESARE BASILE, MORENO SPIROGI degli AVVOLTOI e FERRUCCIO QUERCETTI dei CUT, RAPHAEL GUALAZZI, NADA, PAOLO APOLLO NEGRI, DOME LA MUERTE, STEVE WHITE, batterista eccelso già con Style Council, Paul Weller, Oasis, Who, Jon Lord, Trio Valore, è di nuovo TRIO VALORE con il bassista DAMON MINCHELLA, già alla corte di Paul Weller, con gli Ocean Colour Scene e a fianco di Who, Paul McCartney, Noel Gallagher, Players e prossimamente con Richard Ashcroft.
Grazie a Nick RecordKicks per l'opportunità.
Le precedenti interviste sono qua:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Le%20interviste
Il Trio Valore suona una musica che prende ispirazione dalle radici del jazz, dal modern jazz, dal soul.
Pensi che tra le nuove generazioni ci sia ancora interesse per questo tipo di musica "datata" ?
DAMON
Non credo che la musica abbia bisogno di essere definita vecchia o nuova.
Buona o cattiva è, se intrinsecamente soggettiva, una definizione migliore.
La gente ama più un cuoco brillante che cucina in stile classico di tutte le rielaborazioni di un Heston Blumenthal (un famoso personaggio tv e cuoco inglese di gastronomia molecolare).
C’è una natura senza tempo per ogni artista sia esso Buddy Rich o The RZA (rapper del Wu Tang Clan).
Nel primo periodo del Mod revival, alla fine dei 70's, mi ricordo che le cover di band come Jam, Secret Affair, Chords e molti altri (e film come "Blues Brothers" o "Quadrophenia") mi aiutarono a scoprire un nuovo universo sconosciuto: soul, rhythm and blues, ska, original reggae etc.
Credi che il Trio Valore possa fare lo stesso con le giovani generazioni ?
DAMON
Assolutamente.
La musica e i musicisti seguono sempre un effetto domino a catena che ha influenzato gli artisti che hanno appena scoperto.
I Public Enemy mi portarono a James Brown che mi portò ad Aretha Franklin che a sua volta mi fece conoscere Duke Ellington, per esempio.
So che avete pianificato un nuovo album del Trio Valore.
Seguirà lo stesso filone del singolo o ci dobbiamo o attendere qualche sorpresa ?
DAMON
Oh non sarà tutto come sul nuovo singolo.
Con il Trio Valore stiamo facendo esattamente la musica che abbiamo voglia di fare senza limiti o confini stabiliti.
Muovendoci come musicisti e ascoltatori di musica perseguiamo un’idea della quale siamo alla fine contenti.
Così, si, ci saranno molte sorprese e tutte buone, ovviamente !
E ci saranno anche molti ospiti interessanti.
In Italia vivere con la musica è veramente difficile. Cosa raccomanderesti ad un giovane musicista per iniziare la carriera ?
DAMON
Non avere fretta.
Il tempo è così importante.
Prima di internet l’industria musicale agiva come un filtro, dovevi essere ad un certo livello qualitativo per registrare, fare un disco, andare in tour etc.
Pertanto gli artisti facevano del loro meglio per provare ad avere un contratto, spesso dopo aver trascorso anni a comporre e a suonare in giro.
Ora, visto che chiunque può “realizzare” un album attraverso i social con gruppi che sono insieme da qualche mese e pubblicano il loro primo EP con le loro prime quattro canzoni e si stupiscono come mai solo poche persone se le scarica.
Tornando al cibo un grande chef e un grande ristorante costruiscono la loro reputazione con il tempo, affinando le proprie competenze e acquisendo esperienza.
Così il mio consiglio è: smettete di correre ! non c’è nessun treno da prendere, dovete crescere per conto vostro.
Qual’è il tuo album preferito di Paul Weller e quali sono le sue canzoni alle quali hai contribuito di più ?
DAMON
Probabilmente il suo primo album e Stanley Road.
Studio 150 è stato quelo più divertente e piacevole da registrare.
Ognuna delle quasi 100 canzoni che ho registrato con Paul Weller hanno un mio contributo così è un po’ dura rispondere.
Ho ascoltato “The bottle” (la cover del classico di Gil Scott Heron da “Studio 150”) e il modo in cui ho suonato il basso in quel pezzo è davvero cool.
Ho sentito “Floorboards up” alla radio un po’ prima e il basso nel coro porta la progressione degli accordi in un’area meno evidente.
Essendo un po’ immodesto direi un po’ i tutti i brani! (scherzo..)
Come valuti Paul Weller come musicista e artista ?
DAMON
Paul Weller è un artista davvero favoloso e completo.
Ha fatto così tanta grande musica per un così lungo arco di tempo che si merita tutto il suo status.
Al suo meglio è un’ispirazione al suo peggio una traspirazione...sto scherzando con l’ultimo commento...Paul è un vero talento un fantastico compositore e un grande musicista nella sua completezza.
Ci dici qualcosa della tua esperienza con gli Ocean Colour Scene ?
Tu ti sei fermato con loro nel 2003.
DAMON
Bene, ho passato 15 anni con Steve (Cradock) e Oscar (Harrison) e 17 con Simon Fowler.
Più che sufficiente per i miei gusti.
Fondamentalmente sei sposato con gli stessi tre ragazzi per 15 anni e alla fine quel che è troppo è troppo. Inoltre avevo visto tutto l’entusiasmo, la spinta e le motivazioni che ci avevano portato a fare musica dal 1983 al 1997 incominciare a cambiare.
Guardandomi indietro avrei dovuto lasciare il gruppo già nel 1999, visto che le loro priorità stavano marcatamente cambiando rispetto alle mie.
Le motivazioni per fare musica, la musica che stavamo facendo, le persone che venivano impiegate e le decisioni prese erano ormai piuttosto lontane dall’attitudine che tutti e quattro avevamo e che ci ha portato come collettivo fino a “Mosheley Shoals” (1996) e alla fine del tour mondiale di “Marchin already” (97/98).
Buona fortuna a loro, ovviamente, senza dubbio.
Qualcosa sul concerto con gli Who al Live 8 e anche sull’esperienza con gli Smokin Mojo Filters con McACrtney, Weller e Noel Gallagher
DAMON
Suonare con gli Who era chiaramente un onore e qualcosa da assaporare..abbiamo provato solo un’ora il giorno prima che mostra davvero la stima che avevano per me e Steve White.
Hanno suonato ancora meglio dalla line up originale.
E come tocco finale abbiamo provato Behind blue eyes che è la canzone preferita in assoluto di mio padre, che ai tempi era molto malato e che ha fatto diventare la cosa di grande importanza per me. La storia con i Mojo è stata molto divertente anche se ad essere onesti c’erano un po’ troppi tirapiedi in studio, ma è una cosa grandissima suonare con McCartney che casualmente conosceva mia mamma ai tempi della scuola.
Ho suonato il basso con Paul McCartney che ad un certo punto si è messo alla batteria, era tutto fantastico.
Qualche stupida domanda finale
Chi vorresti nella tua immaginaria band preferita ?
Facile... Hendrix, Buddy Rich, Chuck D, Zach Dela Rocha, io al Bass, Red Garland (pianista del Miles Davis Quintet) e Mix Master Mike.
Qualche disco da suggerire
The Stop and Go di Hamilton Bohannon, People...Hold On di Eddie Kendricks, This Is For The White In Your Eyes The Choir of Young Believers e in ultimo Through The Window Pane dei Guillemots.
Qualche disco per l’isola deserta
Hound of Love - Kate Bush
Nation of Millions - Public Enemy
Mingus Ah Um - Charles Mingus
People...Hold On - Eddie Kendricks
This Is For The White In Your Eyes - Choir Of Young Believers
Tutti Morimmo A Stento - Fabrizio De Andre
Porcupine - Echo And The Bunnymen
Hail To The Thief - Radiohead
Enter the Wu Tang - Wu Tang Clan
Sounds of Science - Beastie Boys
New Day Rising - Husker Du
I tuoi batteristi preferiti ? (qui è un errore mio...volevo chiedergli dei bassisti...)
Steve White, Geoff Dugmore, Chad Smith, Pete DeFreitas, Buddy Rich, Art Blakey, Philly Joe Jones
So che sei un appassionato di calcio e in un’intervista hai dichiarato di preferire i Toffees (l’Everton..) al tuo basso.
E’ vero ? Comunque non male il campionato dell’Everton quest’anno.
Un pronostico sul prossimo Mondiale ?
Tutto vero (in italiano )...
Everton prima di tutto ! Poi il mio basso, poi il Napoli..l’Everton sta facendo un campionato meraviglioso, giocando un bel calcio ben oltre oltre oltre le nostre risorse finanziarie.
Questo Mondiale ?
Che l’Inghilterra fallisca completamente e l’Italia vinca il quinto titolo.
Ancora i campioni del MONNNNDDDDDOOOOOO.......(in italiano)
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Le interviste
martedì, aprile 15, 2014
HILLSBOROUGH (15 aprile 1989)
A cura di ALBERTO GALLETTI
Ricorre oggi il 25° anniversario del disastro di Hillsborough, lo stadio di Sheffield dove negli attimi precedenti lo svolgimento della semifinale di FA Cup della stagione 1988/89, persero la vita 96 supporters del Liverpool schiacciati dalla calca nel tragico paddock della Lepping Lane Stand.
L’inchiesta, archiviata sulla base della ‘colpevolezza non perseguibile’ dei tifosi del Liverpool è stata riaperta dalla battaglia legale senza fine del Hillsborough Familiy Support Group che ha portato alla luce la colpevolezza della polizia incapace di fronteggiare la situazione e responsabile di aver insabbiato le prove e incolpato i tifosi stessi.
Non mi inoltro nella diatriba, la documentazione disponibile a chi può leggere in inglese (ma anche un po in italiano, sebbene mal tradotta e spesso pilotata), è amplissima, ma come quarantennale frequentatore di stadi, anche in Inghilterra, anche a Hillsborough, offro il mio omaggio alle famiglie delle vittime riportando di sotto il comunicato dell’ Everton F.C. i rivali cittadini comparso sul loro sito il 4 aprile (il giorno in cui scrivo).
 L’Everton FC aprirà le porte di Goodison Park (il loro campo), per proiettare la messa in suffragio delle vittime in occasione del 25° anniversario della strage.
La Park End Stand verrà aperta nel pomeriggio del 15 aprile in modo da permettere al Club e ai tifosi dell’Everton di ricordare la memoria e portare il loro omaggio ai 96 tifosi del Liverpool che perirono tragicamente 25 anni fa.
A dimostrazione del continuo sostegno alla Hillsborough Family Support Group, il Presidente Bill Kenwright (un autentico gentiluomo vecchio stampo!), e la prima squadra saranno presenti al suffragio da Goodison Park, Roberto Martinez (l’allenatore dell’Everton) sarà tra quelli che parleranno da Anfield Road.
Mr Kenwright ha detto: "La nostra città è la casa per circa mezzo milione di persone ed è famosa nel mondo per i suoi sentimenti di solidarietà, sense of humor e amore per il grande gioco.
Ci accomunano due grandi squadre che sono state fianco a fianco da quella inimmaginabile tragedia ad Hillsborough di 25 anni fa.
L’ Everton continuerà, ogni volta che saremo in grado di farlo, a sostentere la rimarchevole opera del Hillsborough Familiy Support Group.
Siamo fieri di loro, per loro e del loro operato.
Sappiamo anche che la solidarietà e la fratellanza che accomuna la nostra città ci sarebbe stata, vera ed incondizionata se il sorteggio delle semifinali fosse stato invertito per le partite di quel tragico giorno’.
Dopo la proiezione del suffragio, l’Everton terrà una breve cerimonia propria dopo la quale un gruppo di bambini delle scuole elementari locali terranno una processione da Goodison Park ad Anfield Road tenendo 96 sciarpe annodate tra loro una del Liverpool e una del Liverpool alternate, per rappresentare l’unità tra Liverpool ed Everton dal giorno della tragedia.
La F.A. a commemorazione della tragedia ha disposto che tutte le partite del week-end inizino con 7’ di ritardo sull’orario prestabilito, tanti quanti ne era durata quella partita prima di venire sospesa.
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Calcio e sport
lunedì, aprile 14, 2014
Ribellione e industria dello spettacolo
Da un'intervista a PAUL WELLER al Mucchio Extra n° 20 Inverno 2006 di Carlo Bordone una frase relativa al suo impegno nel Red Wedge (organizzazione di musicisti e artisti che attraverso una serie di concerti provò a contrastare la rielezione della tatcher a metà degl inani '80 alla guida de governo inglese. Persero).
Ovvero: sulla possibilità e/o capacità della MUSICA di INCIDERE nella POLITICA e nel SOCIALE
"Gente come Billy Bragg e i Madness era sincera, credevano davvero di aiutare i minatori in sciopero e che si potesse dare un contributo all'abbattimento della Tatcher con qualche concerto gratuito e degli adesivi sulle copertine dei dischi.
Abbiamo visto come è andata.
In quei giorni non potevi non schierarti, o stavi con i Tories e la loro politica ultraliberalista o li odiavi a morte e avresti fatto qualsiasi cosa per mandarli via.
Il problema è che gli artisti hanno l'illusione di poter incidere sulla realtà, ma l'industria dello spettacolo è in grado di svuotare di senso e di strumentalizzare qualsiasi iniziativa" .
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica
domenica, aprile 13, 2014
I Jam nel 1977 e Jon Savage
Il 18 dicembre 1977 (le foto sono d quel concerto) i JAM suonarono all'Hammersmith Odeon di Londra (preceduti dai New Hearts di Ian Page e Dave Cairns, futuri Secret Affair). Un paio di settimane dopo JON SAVAGE (autore poi di biografie su Kinks, Sex Pistols, saggi sul punk e dell'ottimo "L'invenzione dei giovani") su SOUNDS li maltrattò così:
La discoteca suona Bad Company , Queen etc. Rassicurante.
I Jam sono un prodotto cross-over prodotto ben confezionato - energico , "moderno" , punkoide a sufficienza per venderlo a migliaia...
Hanno dimostrato chiaramente che esiste un mercato per un melodico e veloce “divertimento” destinato a crescere nel 1978. Lo riempiono con brio e stile....
I Jam sono diventati star e ce lo hanno fatto vedere.
Un'ora di lunga attesa per un set di 45 minuti.
Ripercorrono gran parte dei loro due album : 'I’ve changed my adress’ , 'London Traffic ' , ' Carnaby Street' , ecc - veloci, professionali, competenti. E così freddi e sterili. Gran parte del materiale finisce in un imbuto: la line- up a tre ( chitarra / basso / batteria ) è usta in unmodo limitato - il ritmo è sempre frenetico , il suono sempre acuto , la voce sempre urlata... il tutto finisce per essere molto bidimensionale.
Tanto fumo e nessuna arrosto.
Tutto superficiale..
Il pubblico risponde, ovviamente, per reazione pavloviana (vale a dire " Ho pagato i miei soldi e io maledizione me la voglio spassare") e in maniera sincera ma per l'atmosfera che gira nel teatro, i Jam potrebbero anche dei burattini.
Di sicuro fanno molto bene quello che hanno scelto di fare: saltare , tenere in piedi lo spettacolo....
In nessun momento escono dalla prevedibilità - corrono rischi - o si mettono in gioco.
Sono sul palco, irraggiungibili, star, quasi infastiditi di comunicare davvero con il pubblico, noi. Almeno i Clash , per esempio , in una situazione analoga ( grande concerto) hanno la grazia e l'umanità per cercare di uscire dalla loro immagine , per colmare il divario tra il pubblico e l’artista performer , cercando di coinvolgere il pubblico ...
Ma ci sono altri elementi più disturbanti.
Guardando duro a quello che proiettano dal palco e che sono sul palco, il modo in cui viene presentato, diventa chiaro (non importa quello che potrebbero dire nelle interviste), che sono profondamente conservatori, se non reazionari.
Vestiti, ovviamente , in un vago cliché " moderno" per stupire i ragazzi.
OK , forse è troppo per pensare che siamo finiti in un trip da star, ma c'è di più .
La loro immagine è di stretta e diretta uniformità.
Camicie bianche / cravatte nere / vestiti.
Tutti uguali. Freddi, regolari. L'illuminazione è bianca. Gli unici colori sono il rosso della Rickenbacker di Weller - ne ha tre , esattamente le stesse - e le Union Jack (una su un amplificatore, due sulla batteria di Buckler).
Quest'ultima cosa è ambigua: andava bene come pop-art nel 1965, comprensibile alla luce della loro revivalismo senza vergogna degli Who, ma sono così inconsapevoli delle sue più sinistre connotazioni nell'anno del blitz nei media del Fronte nazionale ?
Naturalmente.
In questi tempi, però, ogni tipo di tale sciovinismo a livello di massa, mostrato così autorevolmente e ostentatamente, può essere solo pericoloso nel lungo periodo e sono sicuro che non lo ignorano....
Abbastanza.
Forse sono solo stanco e ingenuo.
Sono pienamente consapevole che non ho sottovalutato alcun dubbio, ma non ho disprezzato un concerto così da molto tempo, per motivi provenienti da fuori di me che sono difficili da definire. Ci ho provato, può essere che mi sbaglio.
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