giovedì, ottobre 22, 2015
Intervista a Iacampo
Dopo FEDERICO FIUMANI dei DIAFRAMMA, al giornalista FEDERICO GUGLIELMI, ad OSKAR GIAMMARINARO, cantante e anima degli STATUTO, al presidente dell'Associazione Audiocoop GIORDANO SANGIORGI, a JOE STRUMMER, a MARINO SEVERINI dei GANG, a UMBERTO PALAZZO dei SANTO NIENTE, LUCA RE dei SICK ROSE, LUCA GIOVANARDI e NICOLA CALEFFI dei JULIE'S HAIRCUT, GIANCARLO ONORATO, LILITH di LILITH AND THE SINNERSAINTS, a Lorenzo Moretti, chitarrista e compositore dei GIUDA, il giornalista MASSIMO COTTO, a FAY HALLAM, SALVATORE URSUS D'URSO dei NO STRANGE, CESARE BASILE, MORENO SPIROGI degli AVVOLTOI, FERRUCCIO QUERCETTI dei CUT, RAPHAEL GUALAZZI, NADA, PAOLO APOLLO NEGRI, DOME LA MUERTE, STEVE WHITE, batterista eccelso già con Style Council, Paul Weller, Oasis, Who, Jon Lord, Trio Valore, il bassista DAMON MINCHELLA, già con Paul Weller e Ocean Colour Scene, di nuovo alla corte di Paul Weller con STEVE CRADOCK, fedele chitarrista di Paul, STEFANO GIACCONE, i VALLANZASKA, MAURIZIO CURADI degli STEEPLEJACK e la traduzione di quella a GRAHAM DAY, CARMELO LA BIONDA ai MADS, CRISTINA DONA', TIM BURGESS dei Charlatans, JOYELLO TRIOLO, SIMONA NORATO e la traduzione di un'intervista a RICK BUCKLER, MICK JONES, MONICA FRANCESCHI, SALVO RUOLO, MAURIZIO MOLGORA, PAUL WELLER, I RUDI e Michele MEZZALA Bitossi oggi è la volta di IACAMPO autore di uno dei migliori album del 2015, "Flores".
Le precedenti interviste sono qua:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Le%20interviste
IACAMPO - Flores
Un affascinante incontro di suoni, umori, colori che arrivano da ogni angolo del Mediterraneo, dell'Africa, del Brasile, è la colonna vertebrale che sostiene il nuovo lavoro (il terzo) del cantautore veneziano.
Iacampo può vantare una lunga attività discografica e concertistica anche con le precedenti esperienze di Elle e Goodmorningboy ma è con la nuova incarnazione che è riuscito a rendere al meglio le capacità compositive ed espressive che lo caratterizzano e FLORES ne è un fulgido esempio, sospeso tra atmosfere acustiche e contemplative e una malinconìa lirica avvolgente.
La miscela di canzone d'autore, pennellate jazzy, un approccio indie folk e un mai invasivo ma perfettamente equilibrato contributo di suoni etno, rende l'album personale, riconoscibile e immediatamente fruibile, grazie a brani freschi, immediati, diretti, mai banali.
FLORES si candida tranquillamente ai vertici delle migliori produzioni indie italiane dell'anno.
Recensione apparsa su Classic Rock di settembre 2015.
https://www.youtube.com/watch?v=oFXDW-rfTS4
La tua carriera è lunga e ricca di cambiamenti, dagli Elle a Goodmorning Boy all’esperienza solista, tra gli altri.
Quanto è stato difficile in qualche modo “ricominciare di nuovo da capo” ?
Il processo non è passato tramite veri e propri cambiamenti.
E' stato piuttosto un progressivo svelamento.
Se “cambiavo”sapevo che dovevo dare un nome a un ulteriore strato di pelle che se ne andava.
Sapevo che dovevo arrivare da qualche parte, che era soprattutto dentro. Poi avrei fatto i conti con il fuori.
Ora da due dischi, penso di essere in relazione INSIDE/OUTSIDE.
Non mi sono mai accontentato e seduto sui successi se questi poteva no fermare lo svelamento.
Il processo è stato lungo. A volte estenuante. Non ho suonato dal vivo per anni e volevo anche smettere. Poi semplicemente sono arrivate altre canzoni, diverse.
Che tipo di pubblico trovi ai tuoi concerti ?
Di tutti i tipi. Le canzoni piacciono ai ragazzi, alle ragazze, ai bambini molto.
Agli ascoltatori maturi. La selezione non è sull'età sul genere, ma sul tipo di sensibilità alla musica, al canto.
“Flores” ha un’impronta fortemente mediterranea che ha un sapore che spesso richiama sonorità “sudiste”, addirittura africane. Può sembrare insolito per un veneto di nascita.
Nato in veneto da madre veneta, ma padre molisano.
L'appartenenza ad una terra precisa non è il mio forte. Poi vivo Venezia da sempre, con tutto il suo passato storico, la città di porto, la città museo.
Ci passa il mondo e molte volte ci resta o si smarrisce dentro essa.
Anche il Molise è una terra che conosco molto bene e amo da sempre. Il sud è terra di appartenenza da cui sono distante e che sempre cerco di avvicinare.
Sento in maniera importante la questione Italiana: lo scambio culturale tra nord e sud.
In generale tutti i miei studi e interessi musicali sono volti all'interculturalità dei linguaggi. Nel periodo di scrittura di Flores ho ascoltato tanto Pharoah Sanders, Baden Powell, Rap, Paolo Conte, roba buona africana.
La mescolanza fa parte di ogni storia che sia il caso di raccontare.
Scontro e mescolanza.
Mi parli di “Ogni giorno ad ogni ora”, per mio conto la canzone semplicemente più bella del 2015 ?
Grazie.
L'ho scritta in modo disimpegnato, forse rilassato. Un mese prima di entrare in registrazione. E' autobiografica.
C'è mio nonno, c'è mio padre, c'è quella volta che un bambino mi ha fatto cadere con uno sgambetto, c'è l'astrolabio che hanno dato in omaggio sulla rivista Airone negli anni 80.
E c'è il canto e la voce.
Un insieme di cose che mi hanno insegnato e una cosa che ho imparato a fare da solo, cantare.
Ho preso spunto da un tradizionale canto brasiliano di pescatori “Peixinos do mar” per la frase “chi mi insegno..” e poi sono andato avanti per conto mio.
Dal vivo con che formazione ti presenti ?
Inizierò con un percussionista.
Voglio provare questa cosa. Penso che nel disco si sentano molto le pulsazioni.
Il produttore Leziero Rescigno ha fatto un bel lavoro su questa cosa.
Avevamo concordato questo leit motiv strutturale delle percussioni e del ritmo. Penso ci siamo riusciti. Il percussionista con cui sto lavorando è molto giovane e ha vissuto i primi 8 anni della sua vita in Africa.
E' un veneto doc, ma con un piede nel sud del mondo.
Un po' negro come me. Poi sto già lavorando con fisarmonica, violocello e sax. Ma sarà un livello successivo del tour.
Quanto è difficile vivere di musica in Italia (se “vivere” si riesce)
Difficile.
Rischi di fossilizzare la tua vita su questo mestiere anche se non da frutti.
Perchè prima di essere un lavoro è un mestiere. E come ogni mestiere si porta dietro passione, fede, cocciutaggine, errori, sensazioni che non si raccontano.
Si incappa nel lamentarsi, nel combattere contro i mulini a vento.
La stagione dei frutti arriva per quelli che riescono a stare in piedi in mezzo a questo delirio.
Importante è non fermare la verve creativa se la musica si ferma.
Tutto può essere creatività. La pittura, l'organizzazione di eventi collettivi sono i miei altri sfoghi creativi che possono dare un guadagno monetario. Non bisogna fermarsi mai e non bisogna lamentarsi troppo. Anche se è dura l'importante è stare dinamici.
Rust never sleeps.
In un momento di forte crisi della discografia come vedi la situazione in Italia ?
Ha ancora un ruolo l’etichetta discografica o è una dimensione obsoleta?
L'artista ha bisogno di essere aiutato in ciò che non riesce a fare da solo e che sia una crew o una casa discografica c'è bisogno di una struttura di supporto.
Manager, ufficio stampa, musicisti, consulenti, fans formano una famiglia attorno al musicista.
La casa discografica serve a gestire quella parte li della vendita dei supporti. Ma in realtà le figure utili sono molte altre e sono tanto solide quanto c'è unione di obbiettivi e passione comune.
Credi che ci sia ancora spazio per il supporto fisico in tempi di musica “liquida”, digital, mp3 etc.
La musica si fa per strada, il resto delle cose sono sovrastrutture.
E' bello ascoltare la musica in casa in un bello stereo e ognuno fa dei suoi dischi quello che vuole, se li può portare anche a letto. Ma se tutto ciò non serve a creare momenti di condivisione tutto ciò non serve a nulla.
Ho sempre comprato i dischi che mi interessavano e sono quelli che ascolto di solito. In auto.
Si ora non c'è tutta quella smania di una volta, ora c'è Amazon. Tutto più rilassato.
Qualsiasi altro supporto di qualità minore è buono se serve a far uscire la gente dalle case, non a farcele restare dentro.
Infine la domanda che faccio a tutti ovvero i famosi dischi che ti porteresti sulla solita isola deserta.
3 dischi: thembi di pharoah sanders, canto on guitar di Baden Powell e Amygdala di Dj Koze.
Ma solo perchè mi hai detto “isola deserta”.
Se fosse “una baita in montagna” porterei altro.
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Bella intervista, come sempre
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