lunedì, novembre 28, 2022
Giornata internazionale per la eliminazione della violenza sulle donne
Ho scritto per "Libertà" un articolo in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, parlando, come è pertinenza della rubrica, di musica ma inserendo una serie di considerazioni più ampie.
Consapevole della scarsa efficacia di annunci da social (utili a lavarsi la coscienza) o minaccia di "pene esemplari".
Sono necessari educazione, cultura, conoscenza.
Un processo lento ma progressivo che sconfigga il primitivo concetto di possesso e faccia breccia anche in quelle culture (spesso permeate da pregiudizi a sfondo religioso) tuttora palesemente reazionare e oscurantiste.
La musica ha detto tanto a questo proposito. Ha provato, tra i compiti dell'artista, a svegliare le coscienze, a dare una linea.
Human Rights Watch dice che in Qatar “Il sistema di tutela maschile incoraggia violenza e soprusi e lascia alle donne pochissime occasioni per sfuggire ad una famiglia o ad un marito oppressivi” .
Nel paese che sta accogliendo una manifestazione sportiva molto popolare e seguita (in Italia, in particolare) una donna, per studiare all’estero, sposarsi, lavorare in posizioni pubbliche, viaggiare, necessita dell’approvazione di un uomo. Una donna sposata può essere accusata di “disobbedienza” qualora non ottenga il permesso del marito per attività come viaggi, lavoro o se si rifiuta di avere rapporti sessuali senza una ragione “legittima”.
La lista di proibizioni è lunga e umiliante, inaccettabile, ma, ovviamente, nessuno ci ha pensato quando una certa importante manifestazione sportiva, di grane importanza, è stata assegnata a un paese di questo tipo.
Forse, a pensar male, è solo una questione di soldi, tanti, tantissimi, che passano di tasca in tasca e, ancora una volta, eludono problematiche, diritti sacrosanti, inviolabili, in nome del profitto.
Si chiama Capitalismo, baby.
Curioso e spietato che centinaia di uomini si diano battaglia (sportiva) proprio nella “Giornata internazionale per la eliminazione della violenza sulle donne”, il 25 novembre. Evitiamo le facili ipocrisie.
Gli annunci mediatici non serviranno a ridurre minimamente il problema.
I violenti continueranno nella loro opera di sterminio e sopraffazione e buona parte di chi lancerà questi appelli avrà semplicemente la coscienza a posto, dopo l'ennesimo post sui social.
Le pene esemplari possono ridurre il problema ma non estirparlo (le decine di paesi che applicano pene di morte e comminano ergastoli non hanno mai risolto granché in questo modo.
E' un dato meramente statistico.
Sono necessari educazione, cultura, conoscenza. Un processo lento ma progressivo che sconfigga il primitivo concetto di possesso e faccia breccia anche in quelle culture (spesso permeate da pregiudizi a sfondo religioso) tuttora palesemente reazionare e oscurantiste.
La musica ha detto tanto a questo proposito.
Ha provato, tra i compiti dell'artista, a svegliare le coscienze, a dare una linea.
Nel nostro modesto e infinitamente piccolo, in queste righe, proviamo, attraverso alcuni esempi canzonettari a “educare”, fare pensare, riflettere.
Difficile, improbabile che una canzone possa cambiare il fluire delle cose, soprattutto quando di tratta di violenza, ma se anche un solo atto di sopraffazione fosse risparmiato con una nota musicale, sarebbe un miracolo.
John Lennon ha sempre avuto un rapporto molto intimo con la figura femminile, dopo la prematura e drammatica scomparsa della madre Julia. La relazione con Yoko radicalizzò il suo approccio ideologico dopo aver confessato di aver spesso maltrattato le sue compagne prima di incontrare lei e trovare finalmente un giusto equilibrio. “Woman” uscì nel suo ultimo album, “Double fantasy” del 1980.
"Ho scritto 'Woman' ispirandomi ad un pomeriggio soleggiato trascorso alle Bermuda, improvvisamente mi colpì quello che le donne fanno per noi. Non solo quello che la mia Yoko fa per me, anche se stavo pensando in termini personali... ma ogni verità è universale. Ciò che mi è venuto in mente è stato tutto ciò che stavo dando per scontato. Le donne sono davvero l'altra metà del cielo, come sussurro all'inizio della canzone. Deve essere un "noi", altrimenti non è niente".
Un presupposto che chiuderebbe ogni discussione.
Ma così purtroppo non è.
Come conferma il brano “Polly”, scritto da Kurt Cobain per il capolavoro dei Nirvana, “Nevermind”, che racconta la storia del rapimento di una ragazza di 14 anni avvenuto nel 1987.
Polly venne rapita da un uomo che la portò nel suo camper e la violentò ripetutamente. La ragazza, il cui vero nome non venne mai reso noto, venne anche selvaggiamente torturata.
Riuscì a scappare, l'aguzzino arrestato e chiuso a vita in prigione.
Le Dixie Chicks sono un gruppo femminile piuttosto particolare nel contesto musicale americano.
Sono il gruppo country che ha venduto più dischi, oltre trenta milioni di copie, agendo però in un contesto culturale tradizionalmente conservatore e di destra ma con idee esattamente all'opposto (si sono sempre schierate per la comunità LGBT, diritti umani, movimenti femministi) che ha causato loro non pochi problemi di relazione con il proprio pubblico di riferimento.
Nel 2000 incidono il brano “Goodbye Earl” in cui narrano la storia di Wanda che, una volta sposato Earl, subisce violenze e soprusi dal marito.
In suo soccorso giunge la vecchia amica Mary Ann con la quale confeziona il piatto preferito del marito, riempiendolo di veleno e salutandolo con un saporito “goodbye Earl”, facendolo poi sparire per sempre e vivendo una nuova vita senza subire più alcuna violenza.
Può sembrare anomalo che David Bowie abbia affrontato simili tematiche ma ne ritroviamo invece traccia in “Repetition” in uno dei capolavori della sua “trilogia Berlinese”, “Lodger”, del 1979.
"Non sai nemmeno cucinare? A cosa mi serve lavorare quando tu non sai cucinare?" Johnny è un uomo, ed è più grande di lei. Immagino che i lividi non si vedano. Se indossa maniche lunghe”.
Anche Lady Gaga non ha lesinato impegno in questo contesto, schierandosi sempre per i diritti di donne e comunità LGBT ma, più nello specifico, scrivendo un brano molto intimo e realistico, come “Til it happens to you” che segue la confessione di essere stata vittima di abusi sessuali da giovane. “Finché non accade a te, tu non sai come ci si sente / come ci si sente / finché non accade a te, non lo saprai / non sarà reale / no, non sarà reale / non saprai come ci si sente”. Il brano è corredato da un video molto esplicito e crudo.
Nel 1962 Sergio Endrigo incide “Via Broletto 34”, una canzone apparentemente “innocua” ma dal cui testo traspare la tragica fine di un “amore” non corrisposto. “E' tutta la mia vita. Per me è tutto il mondo. È tutto quel che ho. Se passate da via Broletto al numero 34 potete anche gridare, fare quello che vi pare, l’amore mio non si sveglierà”.
Nel 2014 Max Gazzè vinse il Premio Amnesty International con la canzone “Atto di forza”. 'Un brano - dichiarò il presidente di Amnesty, Antonio Marchesi – che è un contributo importante alla conoscenza e alla sensibilizzazione su un problema gravissimo di violazione dei diritti umani in Italia: la violenza contro le donne. Una follia resa ancora oggi possibile dall'idea, purtroppo molto diffusa, che la propria moglie o compagna sia semplicemente una cosa di cui l'uomo è proprietario, da punire quando si ribella e a maggior ragione quando si allontana”.
Nel suo omonimo album del 1978 Francesco De Gregori scrive una breve ballata, "Babbo in progione", di solo pianoforte e voce, languida e struggente, in cui in sottofondo esplode con discrezione il dramma della violenza domestica. Poche parole, intrise di poesia, dolcezza e malinconia ma che riescono a fare il cuore a brandelli: “Stella è contenta che babbo se n'è andato che babbo è via lontano e mamma lava i piatti e canta piano”.
Non tutti conoscono la genesi de “La canzone di Marinella”, una delle più celebri della tradizione musicale italiana, apparentemente romantica ma, in realtà, descrizione di uno spietato femminicidio, ispirato da un fatto di cronaca. Pare relativo al ritrovamento di un corpo di donna, crivellato di colpi di pistola, presumibilmente una prostituta di nome Maria, nel fiume Olona, alle porte di Milano nel 1953. Emigrata dal sud, dapprima ballerina d'avanspettacolo, finì nel vortice della prostituzione per sopravvivere.
Finirà uccisa e gettata in un fiume.
“Una storia senza tempo che parlava di persone senza storia. Marinella era una prostituta, il cui coprpo era stato trovato massacrato sul greto di un torrente. Sembra storia di oggi ma è purtroppo storia di sempre. Una tragedia anonima, capace di rubare dieci righe a un giornale di provincia, letta alla luce della cronaca. Vista in controluce, invece, diventa un dramma intenso, oltre la storia, a tracciare il percorso della radicata vicinanza tra amore e morte. Di un amore che non conosce scale gerarchiche, di una morte che sublima in dignità estrema del povero”. (Don Ciotti)
La triste e drammatica contabilità dell'anno in corso segnala, in Italia, 104 vittime femminili di cui 88 uccise in ambito familiare o affettivo.
Di loro, 52 sono state uccise dal partner o dall'ex (nel 77% dei casi l’assassino è italiano).
Numeri raggellanti dietro cui si celano tragedie, sofferenze, disastri esistenziali che distruggono vite, anime, cuori.
E purtroppo non basta una canzone.
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