E' iniziato il tour inglese dell'adattamento di "Quadrophenia" a uno spettacolo di BALLETTO: Quadrophenia Mod Ballett.
Alcune delle prime recensioni sono lusinghiere e pare che quello che potremmo definire un azzardo, stia superando le aspettative, nonostante le opinioni siano talvolta antitetiche.
I fan presenti a Plymouth non hanno potuto fare a meno di cantare i testi di alcuni dei loro brani preferiti sopra queste nuovissime versioni.
Gli amanti del rock che desiderano un po' della crudezza dei classici degli Who non rimarranno delusi, dato che le versioni originali e strumentali di "My Generation" e "Can't Explain" animano un paio di scene.
Tanto di cappello al coreografo Paul Roberts e al regista Rob Ashford per questa fenomenale interpretazione di cosa può significare uno spettacolo di balletto nel XXI secolo. Quadrophenia: A Mod Ballet è un evento imperdibile.
(Cornwalllive.com)
Negativo il commento di Peter Lathan (https://www.britishtheatreguide.info/reviews/quadrophenia-rev ) su British Theatre Guide.
La mia prima reazione è stata che se uno spettacolo musicale dà grande importanza alle parole – e questo certamente lo fa – allora la dizione deve essere impeccabile e i cantanti devono essere ascoltati, non sovrastati dalla band.
Purtroppo, troppo spesso non è successo: dubito di aver colto più del 20% di ciò che veniva cantato. Ed è un pezzo cantato ininterrottamente: non ci sono dialoghi.
Se entraste senza sapere di cosa tratta Quadrophenia, ne uscireste ben poco più consapevoli.
Musicalmente, a parte il pessimo bilanciamento del suono, non c'è nulla di cui lamentarsi: la band è eccellente e gli artisti sanno certamente cantare.
I costumi sono buoni e la scenografia interessante, sebbene per lo più non rappresentativa, sembra essere lì per dare l'opportunità al cast di salire in alto e, sulla rotazione centrale, camminare rimanendo fermi.
La coreografia è eclettica, spaziando dagli stili di danza dell'epoca ad alcuni movimenti ispirati alla danza e al teatro fisico.
Gli Who hanno fatto parte della mia giovinezza e della mia prima maturità.
Ero un fan, ma temo che Quadrophenia, lo spettacolo teatrale, non sia Tommy.
Devo mettermi tra coloro che - come era chiaro uscendo dal teatro - sono rimasti delusi.
Pete Townshend ha dichiarato alla BBC South East di ritenere che la storia di ribellione e cultura giovanile avrebbe dato vita a un "balletto potentemente ritmico ed emotivamente coinvolgente.
I temi dei giovani che crescono in tempi difficili sono ancora così attuali.
Sarà tenero, toccante, poetico ed epico.
Quando ho scritto opere rock, ho sempre pensato che fossero lì per essere sfruttate e trasformate.
Questo balletto è stato sottoposto a un workshop con Sadler's Wells e ha avuto un ottimo successo.
Ne sono rimasto profondamente toccato.
Stiamo portando l'etica della musica rock nel mondo del balletto".
Paul Weller espresse un'opinione assai dura sul rock e il balletto (a proposito di Freddie Mercury)...chissà cosa ne pensa di questo evento.
"Diceva di voler portare il balletto alle classi operaie, che stronzo”.
Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=So17h9Q633o
Breve estratto
https://www.youtube.com/shorts/-uueodmaaiQ
Tre minuti con intervista a Pete Townshend su Sky News
https://news.sky.com/video/iconic-mod-story-quadrophenia-reimagined-as-ballet-in-stunning-new-production-13342179
lunedì, giugno 09, 2025
Quadrophenia Mod Ballett
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica,
Mod
venerdì, giugno 06, 2025
Secret Affair + The Mads + Statuto live a Torino 1 giugno 2025
Oscar Giammarinaro ci regala un resoconto del concerto di Secret Affair + The Mads + Statuto che si è tenuto il 1° giugno a Torino in occasione del 45° anniversario di Piazza Statuto.
Avevamo festeggiato i 30 anni di Piazza Statuto Mod nel 2010, con i Secret Affair.
La pandemia ci impedì di festeggiare i 40, ma noi abbiamo spostato ai 45 e sempre con loro: i più grandi, l'anima musicale di chi ha conosciuto la vita mod dal 1979 a oggi.
E raccontiamo subito del concerto della strepitosa band di Ian Page e Dave Cairns.
Un locale perfetto per i concerti e per ballare, un pubblico arrivato da varie parti d'Italia, un'atmosfera frizzante e un'attesa spasmodica per i nostri beniamini.
Premetto che i Secret Affair hanno voluto fortemente tornare suonare a Torino e hanno dato una disponibilità eccezionale abbinata alla loro risaputa professionalità.
Li avevo appena visti al Mayday di Londra e mi sarebbe "bastato" rivivere un concerto simile.
Ma al Q77 abbiamo vissuto più del solito rito mod che è il concerto dei S.A., abbiamo vissuto un'esperienza catartica in cui, da pubblico, abbiamo realmente suonato e cantato tutti insieme i loro brani da inizio a fine con un pathos che influiva addirittura sulla tecnica sublime dei musicisti e sulla voce di Ian che sul finale "rimbombava" brillante ancor più dell'inizio.
Sono sicuro che non ci sono parole adatte a descrivere questo concerto, sono sicuro che chi legge ricondurrà la mia euforia al mio solito fanatismo mod, ma sono altresì sicuro che chi c'era, invece, capirà benissimo ciò che intendo e non potrà far altro che darmi ragione, ringraziando il destino per averci dato modo di vivere un'esperienza simile.
I musicisti della band sono sopraffini, precisi e coinvolti.
Ian e Dave vanno oltre alla prestazione tecnica e artistica, Ian e Dave celebrano il concerto e ci ravvicinano e coinvolgono in ogni brano e in ogni nota.
Un'ora e venti minuti di musica, ritmo, cori e passione.
19 brani scelti sapientemente, dando maggior spazio all'album celebrato per i suoi 45 anni, praticamente quasi tutte le canzoni di "Glory Boys", ma anche la meravigliosa "One day in your life", "Lost in The Night","Do you know", "Walk away", "Sound of Confusion", l'inno "My World" e le cover "No Doctor" e "Do I love you".
Il pubblico canta, batte le mani, salta e balla, un'energia travolgente unica e inarrivabile, d'altronde se sono 45 anni che suonano i Glori Boys e sono 45 anni che ci troviamo in piazza, ci sarà per entrambi una forza divina che ci rende invincibili ed eterni.
Dave dialoga con la folla attraverso la sua chitarra e Ian canta e incanta.
I bis ci sono, senza stare a uscire e rientrare, e sono "Dancemaster" e "I'm not free", un finale che non dovrebbe finire mai.
Siamo stati fortunati a vivere un concerto così e proprio per i nostri 45 anni di vita di piazza.
Grande plauso ai milanesi The Mads, ai quali abbiamo chiesto di suonare per noi e hanno confermato la loro attitudine mod genetica, brani molto power e molto pop nello stesso tempo, qualità che si riscontra ai loro inizi come nel loro disco appena uscito, disco ovviamente più maturo, meglio arrangiato e ben curato, ma il talento in queste sonorità o c'è o non c'è e i "ragazzi" milanesi ci hanno davvero dato un saggio di conoscenza beat/soul '79 di livello europeo.
Di livello meno europeo le canzoni che abbiamo eseguito come Statuto, in quanto cover in italiano di brani storici del mod'79, ma è stato bellissimo avere sul palco ex componenti della band come Skeggia, Ometto, Naska e Alex Bumba che hanno suonato e cantato bene e con lo spirito della fierezza e dell'appartenenza alla storia della nostra band e quindi alla nostra piazza e quindi al Modernismo.
I djs ospiti sono dei fuoriclasse: Daniel, Henry e Renato ci hanno fatto ballare la sera del sabato era domenica dopo i concerti con le solite perle che illuminano i dancefloor di tutta Europa.
Fantastici ovviamente i djs torinesi cioè Cumiana e poi Ciro, Gallins, Davide,Naska e Bosco, ma non mi dilungo nell'elogio artistico perché voglio ringraziare di cuore tutti i Mods della piazza che hanno reso possibile questa due giorni con un impegno, una dedizione e una disponibilità straordinari , mettendo sempre prima il "noi" davanti all'"io", la piazza davanti a tutto.
E voglio essere preciso e chiaro partendo dai ringraziamenti a Carlo Bosco che ha reso la mostra un capolavoro! L'ha progettata, realizzata e costruita (con la preziosa collaborazione fisica di tutti noi, ovviamente).
Presto troveremo alla mostra un' esposizione stabile.
E poi grazie ad Andrea Napoli, mod di piazza Statuto esule a Londra da anni ma che è venuto apposta per l'evento e per seguire passo-passo i Secret Affair, provvedendo a ogni loro necessità ed esigenza, per due giorni, dall'atterraggio fino al decollo.
Grazie a Cumiana che ha curato la parte dei djs ,smontato e rimontato impianti, giradischi e la mostra; Ciro Silver Red che montato e smontato la mostra, trasportato la band all'aeroporto e molto altro; Zorro che è andato fino a Volvera a prendere e portare la tastiera per la band, Gallins che ha montato e smontato la mostra, trasportato la band, così come Ottavio.
Poi il giovane Giancry che ha montato e smontato la mostra; poi Lele e Panzarino che hanno organizzato lo Scooter Run delle Frecce Cromate (grazie personale a Panzarino che mi ha salvato la vita cambiandomi il filo della frizione) e grazie a Jacopo che ci ha prestato il basso per i S.A..
Solo mettendo tutti un po' del nostro, si possono ottenere risultati simili, un evento clamorosamente ben riuscito e di totale identità MOD al 100% (partecipato anche da pubblico d'ogni tipo).
Grazie allo staff del Q77 per la disponibilità e la professionalità.
Grazie ai tante/i intervenuti da Torino e da fuori Torino.
Ci vediamo al Raduno Mod Italiano del 26 e 27 settembre a CATTOLICA, passando da Milano il 7 giugno, da Viareggio il 14 giugno e da Genova il 5 settembre.
Il Modernismo è davvero possibile.
oSKAr Mods Piazza Statuto
Avevamo festeggiato i 30 anni di Piazza Statuto Mod nel 2010, con i Secret Affair.
La pandemia ci impedì di festeggiare i 40, ma noi abbiamo spostato ai 45 e sempre con loro: i più grandi, l'anima musicale di chi ha conosciuto la vita mod dal 1979 a oggi.
E raccontiamo subito del concerto della strepitosa band di Ian Page e Dave Cairns.
Un locale perfetto per i concerti e per ballare, un pubblico arrivato da varie parti d'Italia, un'atmosfera frizzante e un'attesa spasmodica per i nostri beniamini.
Premetto che i Secret Affair hanno voluto fortemente tornare suonare a Torino e hanno dato una disponibilità eccezionale abbinata alla loro risaputa professionalità.
Li avevo appena visti al Mayday di Londra e mi sarebbe "bastato" rivivere un concerto simile.
Ma al Q77 abbiamo vissuto più del solito rito mod che è il concerto dei S.A., abbiamo vissuto un'esperienza catartica in cui, da pubblico, abbiamo realmente suonato e cantato tutti insieme i loro brani da inizio a fine con un pathos che influiva addirittura sulla tecnica sublime dei musicisti e sulla voce di Ian che sul finale "rimbombava" brillante ancor più dell'inizio.
Sono sicuro che non ci sono parole adatte a descrivere questo concerto, sono sicuro che chi legge ricondurrà la mia euforia al mio solito fanatismo mod, ma sono altresì sicuro che chi c'era, invece, capirà benissimo ciò che intendo e non potrà far altro che darmi ragione, ringraziando il destino per averci dato modo di vivere un'esperienza simile.
I musicisti della band sono sopraffini, precisi e coinvolti.
Ian e Dave vanno oltre alla prestazione tecnica e artistica, Ian e Dave celebrano il concerto e ci ravvicinano e coinvolgono in ogni brano e in ogni nota.
Un'ora e venti minuti di musica, ritmo, cori e passione.
19 brani scelti sapientemente, dando maggior spazio all'album celebrato per i suoi 45 anni, praticamente quasi tutte le canzoni di "Glory Boys", ma anche la meravigliosa "One day in your life", "Lost in The Night","Do you know", "Walk away", "Sound of Confusion", l'inno "My World" e le cover "No Doctor" e "Do I love you".
Il pubblico canta, batte le mani, salta e balla, un'energia travolgente unica e inarrivabile, d'altronde se sono 45 anni che suonano i Glori Boys e sono 45 anni che ci troviamo in piazza, ci sarà per entrambi una forza divina che ci rende invincibili ed eterni.
Dave dialoga con la folla attraverso la sua chitarra e Ian canta e incanta.
I bis ci sono, senza stare a uscire e rientrare, e sono "Dancemaster" e "I'm not free", un finale che non dovrebbe finire mai.
Siamo stati fortunati a vivere un concerto così e proprio per i nostri 45 anni di vita di piazza.
Grande plauso ai milanesi The Mads, ai quali abbiamo chiesto di suonare per noi e hanno confermato la loro attitudine mod genetica, brani molto power e molto pop nello stesso tempo, qualità che si riscontra ai loro inizi come nel loro disco appena uscito, disco ovviamente più maturo, meglio arrangiato e ben curato, ma il talento in queste sonorità o c'è o non c'è e i "ragazzi" milanesi ci hanno davvero dato un saggio di conoscenza beat/soul '79 di livello europeo.
Di livello meno europeo le canzoni che abbiamo eseguito come Statuto, in quanto cover in italiano di brani storici del mod'79, ma è stato bellissimo avere sul palco ex componenti della band come Skeggia, Ometto, Naska e Alex Bumba che hanno suonato e cantato bene e con lo spirito della fierezza e dell'appartenenza alla storia della nostra band e quindi alla nostra piazza e quindi al Modernismo.
I djs ospiti sono dei fuoriclasse: Daniel, Henry e Renato ci hanno fatto ballare la sera del sabato era domenica dopo i concerti con le solite perle che illuminano i dancefloor di tutta Europa.
Fantastici ovviamente i djs torinesi cioè Cumiana e poi Ciro, Gallins, Davide,Naska e Bosco, ma non mi dilungo nell'elogio artistico perché voglio ringraziare di cuore tutti i Mods della piazza che hanno reso possibile questa due giorni con un impegno, una dedizione e una disponibilità straordinari , mettendo sempre prima il "noi" davanti all'"io", la piazza davanti a tutto.
E voglio essere preciso e chiaro partendo dai ringraziamenti a Carlo Bosco che ha reso la mostra un capolavoro! L'ha progettata, realizzata e costruita (con la preziosa collaborazione fisica di tutti noi, ovviamente).
Presto troveremo alla mostra un' esposizione stabile.
E poi grazie ad Andrea Napoli, mod di piazza Statuto esule a Londra da anni ma che è venuto apposta per l'evento e per seguire passo-passo i Secret Affair, provvedendo a ogni loro necessità ed esigenza, per due giorni, dall'atterraggio fino al decollo.
Grazie a Cumiana che ha curato la parte dei djs ,smontato e rimontato impianti, giradischi e la mostra; Ciro Silver Red che montato e smontato la mostra, trasportato la band all'aeroporto e molto altro; Zorro che è andato fino a Volvera a prendere e portare la tastiera per la band, Gallins che ha montato e smontato la mostra, trasportato la band, così come Ottavio.
Poi il giovane Giancry che ha montato e smontato la mostra; poi Lele e Panzarino che hanno organizzato lo Scooter Run delle Frecce Cromate (grazie personale a Panzarino che mi ha salvato la vita cambiandomi il filo della frizione) e grazie a Jacopo che ci ha prestato il basso per i S.A..
Solo mettendo tutti un po' del nostro, si possono ottenere risultati simili, un evento clamorosamente ben riuscito e di totale identità MOD al 100% (partecipato anche da pubblico d'ogni tipo).
Grazie allo staff del Q77 per la disponibilità e la professionalità.
Grazie ai tante/i intervenuti da Torino e da fuori Torino.
Ci vediamo al Raduno Mod Italiano del 26 e 27 settembre a CATTOLICA, passando da Milano il 7 giugno, da Viareggio il 14 giugno e da Genova il 5 settembre.
Il Modernismo è davvero possibile.
oSKAr Mods Piazza Statuto
giovedì, giugno 05, 2025
Alberto Radius - Gente di Dublino
Alberto Radius è sempre stato, notoriamente, un cane sciolto all'interno della musica italiana, addirittura accusato di essere di "destra", in quanto mai esplicitamente schierato "a sinistra".
D'altronde era stato esplicito nel suo brano più famoso, "Nel ghetto" nel 1997: "Io non ho un partito, non mi basta il sindacato, un lavoro non me l'hanno mai trovato".
Ha lasciato piccoli gioielli come l'esordio omonimo del 1972, "Carta straccia" (1977) e "America goodbye" (1979).
Meno conosciuto e considerato "Gente di Dublino" del 1982.
Formidabile session man (Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Alice, Milva, produttore di Giuni Russo), grande chitarrista con Formula 3 e Il Volo, cantante dalla voce personalissima, nei primi anni 80 collabora e suona con Franco Battiato per "La voce del padrone".
Ne approfitta per incidere un suo album con lo stesso (spettacolare) gruppo di musicisti: Sante Palumbo – pianoforte Paolo Donnarumma – basso, Alfredo Golino – batteria, Filippo Destrieri – tastiera, Stefano Pulga – pianoforte, Pietro Pellegrini – programmazione.
L'album è di altissima qualità.
Mezzora di musica che spazia dal pop, al rock, a costanti venature funk ("Centro Campo"), qualche cenno all'amato reggae.
Ci sono almeno due brani che avrebbero meritato il profilo di classico, il rock bluesy di "Lombardia" in cui si sente tutta la sua caratteristica anima compositiva, da subito riconoscibile e il pesante rock di "Olè".
C'è anche una sorpresa, rivelata successivamente.
Ovvero il diretto coinvolgimento compositivo di Franco Battiato nel disco (non mancano in effetti rimandi vicini alla penna del grande artista), sicuramente nei testi di un paio di brani "Centrocampo" (Sugli effetti dell’agopuntura sono quasi sicuro di me/Collegarmi alla mitologia dovrei) e "Gente di Dublino" (Le vacanze di settembre nella casa di Crimea/Forse tu pensi ancora che io ho letto troppo Marco Polo), decisamente vicini alla scrittura di Battiato.
Un lavoro di grande pregio, ovviamente contestualizzato al periodo di incisione ma che continua ad avere, oltre 40 anni dopo, grande fascino ed espressività.
In Lombardia
https://www.youtube.com/watch?v=wXYMFYEvm7E
Centro Campo
https://www.youtube.com/watch?v=c2KJYHnnEss
D'altronde era stato esplicito nel suo brano più famoso, "Nel ghetto" nel 1997: "Io non ho un partito, non mi basta il sindacato, un lavoro non me l'hanno mai trovato".
Ha lasciato piccoli gioielli come l'esordio omonimo del 1972, "Carta straccia" (1977) e "America goodbye" (1979).
Meno conosciuto e considerato "Gente di Dublino" del 1982.
Formidabile session man (Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Alice, Milva, produttore di Giuni Russo), grande chitarrista con Formula 3 e Il Volo, cantante dalla voce personalissima, nei primi anni 80 collabora e suona con Franco Battiato per "La voce del padrone".
Ne approfitta per incidere un suo album con lo stesso (spettacolare) gruppo di musicisti: Sante Palumbo – pianoforte Paolo Donnarumma – basso, Alfredo Golino – batteria, Filippo Destrieri – tastiera, Stefano Pulga – pianoforte, Pietro Pellegrini – programmazione.
L'album è di altissima qualità.
Mezzora di musica che spazia dal pop, al rock, a costanti venature funk ("Centro Campo"), qualche cenno all'amato reggae.
Ci sono almeno due brani che avrebbero meritato il profilo di classico, il rock bluesy di "Lombardia" in cui si sente tutta la sua caratteristica anima compositiva, da subito riconoscibile e il pesante rock di "Olè".
C'è anche una sorpresa, rivelata successivamente.
Ovvero il diretto coinvolgimento compositivo di Franco Battiato nel disco (non mancano in effetti rimandi vicini alla penna del grande artista), sicuramente nei testi di un paio di brani "Centrocampo" (Sugli effetti dell’agopuntura sono quasi sicuro di me/Collegarmi alla mitologia dovrei) e "Gente di Dublino" (Le vacanze di settembre nella casa di Crimea/Forse tu pensi ancora che io ho letto troppo Marco Polo), decisamente vicini alla scrittura di Battiato.
Un lavoro di grande pregio, ovviamente contestualizzato al periodo di incisione ma che continua ad avere, oltre 40 anni dopo, grande fascino ed espressività.
In Lombardia
https://www.youtube.com/watch?v=wXYMFYEvm7E
Centro Campo
https://www.youtube.com/watch?v=c2KJYHnnEss
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Cultura 80's
mercoledì, giugno 04, 2025
Campionati di calcio 2024 / 2025
Uno sguardo a cosa è successo nei vari campionati di calcio in giro per l'Europa e non solo.
Sappiamo come sono andate le cose: campionato di livello sempre più basso. Contento per la conferma del Bologna al top e del "mio" Cagliari pur se deve aspettare di nuovo fino all'ultimo per salvarsi.
Sarebbe bello se per la prossima stagione l'obiettivo si alzasse almeno un po'.
Sull'operato dell'Inter una riflessione "romantica": mi è piaciuta l'attitudine punk "pretty vacant and we don't care" /"born to lose" nel provare a vincere tutto e non portare a casa niente.
Così si fa, senza calcoli e menate, ti butti senza ritegno e perdi tutto. Va bene così. Fossi un tifoso interista sarei contento.
Preoccupa lo stato di crisi di grandi società, alle prese con buchi finanziari spaventosi (prima coperti da presidenti appassionati e munifici) e in mano a fondi ai quali del risultato, del blasone etc importa nulla...
Come ogni anno è sempre più evidente che 20 squadre sono troppe in serie A e che la riduzione andrebbe stesa anche a B e Lega Pro.
In Spagna solito duello tra Real Madrid e Barcellona, la spuntano i primi, terzo l'Atletico madrid, Bilbao e Villareal.
Senza storia in Francia con il PSG avanti di 19 punti sul Marsiglia, poi Monaco e Nizza. E finalmente dopo un miliardo e 200 milioni spesi portano a casa la Champions, con una squadra giovane e fortissima.
Anche in Germania è sempre il Bayern a dominare, dodicesimo scudetto negli ultim itredici campionati (dopo lo stop dello scorso anno con il Leverkusen). In Inghilterra stravince il Liverpool sull'Arsenal a 10 punti, poi City e Chelsea.
Scende il Leicester.
Il Tottenham, quart'ultimo si prende la Europe battendo lo United, arrivato 15°...
In Scozia spadroneggia il Celtic davanti ai Rangers ma viene sconfitto nella Coppa di Scozia dall'Aberdeen.
Shamrock Rovers scudettati in Irlanda, il solito Linfield vince in Irlanda del Nord, sempre i New Saints primi nella Cimru League gallese,il Klaksvíkar Ítróttarfelag trionfa nelle Far Oer.
Lo Sporting conquista il campionato portoghese con due punti sul Benfica, al Basilea quello svizzero, Sturm in Austria, al Vaduz per la 51° volta su 64, la Coppa del Lichtenstein.
Sliema Wanderers campione di Malta, a sorpresa il Pafos a Cipro, la Virtus Acquaviva a San Marino, l'Inter Escaldes vince la Primera Divisiò di Andorra, il Differdange per la seconda volta consecutiva in Lussemburgo.
L'Union Saint Gillois vince in Belgio, il PSV di un punto sull'Ajax (che aveva nove punti di vantaggio) in Olanda, il Copenhagen di misura sul Midtjylland in Danimarca, ancora in corso i campionati in Norvegia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici, Bielorussia.
Andando nei Balcani, l'Olimpia Lubiana vince in Slovenia sul Maribor, lo Zrinjski Mostar in Bosnia, il Buducnost in Montenegro, lo Škendija in Macedonia del Nord.
In Croazia il Rijeka ha vinto (per la seconda volta) pur finendo a pari punti con la Dinamo Zagabaria e con la stessa diefferenza reti!!!
Ma sono valsi gli scontri diretti.
Terzo l'Hajduk di Gattuso.
La Stella Rossa fa 100 punti e stacca il Partizan, rimasto a 73, in Serbia.
Secondo scudetto (consecutivo) per l'Egnatia in Albania.
Olympiacos primo in Grecia, Galatasaray in Turchia (per la 25° volta, il più titolato in assoluto).
Lo Slavia Sofia vince di poco in Bulgaria, il Ferencvaros in Ungheria, il Lech Poznan di un punto sul Rakow in Polonia, lo Slavia Praga in Repubblica Ceca, lo Slovan Bratislava in Slovacchia, la Dinamo Kiev in Ucraina.
In Russia ha vinto per la prima volta il Krasnodar, come il Noah in Armenia.
In Azerbaigian per la quarta volta consecutiva il Qarabaq, il Milsami Orhei in Moldavia.
Tutti seguono sicuramente l'interessantissimo campionato Arabo Saudita che ha visto vincere l'Al Ittihad, davanti al Al-Hilal e l'Al Nassr di Ronaldo.
In India ha vinto la squadra di Calcutta, Mohun Bagan Super Giant, in Cina lo scorso anno lo Shangai Haigang, in Corea del Nord il Ryomyong, il Persib in Indonesia, il Melbourne City in Australia, l'RSB Berkane in Marocco, l'Esperance in Tunisia, il Mamelodi in SudAfrica.
La Platense campione d'Argentina per la prima volta nella storia.
Sappiamo come sono andate le cose: campionato di livello sempre più basso. Contento per la conferma del Bologna al top e del "mio" Cagliari pur se deve aspettare di nuovo fino all'ultimo per salvarsi.
Sarebbe bello se per la prossima stagione l'obiettivo si alzasse almeno un po'.
Sull'operato dell'Inter una riflessione "romantica": mi è piaciuta l'attitudine punk "pretty vacant and we don't care" /"born to lose" nel provare a vincere tutto e non portare a casa niente.
Così si fa, senza calcoli e menate, ti butti senza ritegno e perdi tutto. Va bene così. Fossi un tifoso interista sarei contento.
Preoccupa lo stato di crisi di grandi società, alle prese con buchi finanziari spaventosi (prima coperti da presidenti appassionati e munifici) e in mano a fondi ai quali del risultato, del blasone etc importa nulla...
Come ogni anno è sempre più evidente che 20 squadre sono troppe in serie A e che la riduzione andrebbe stesa anche a B e Lega Pro.
In Spagna solito duello tra Real Madrid e Barcellona, la spuntano i primi, terzo l'Atletico madrid, Bilbao e Villareal.
Senza storia in Francia con il PSG avanti di 19 punti sul Marsiglia, poi Monaco e Nizza. E finalmente dopo un miliardo e 200 milioni spesi portano a casa la Champions, con una squadra giovane e fortissima.
Anche in Germania è sempre il Bayern a dominare, dodicesimo scudetto negli ultim itredici campionati (dopo lo stop dello scorso anno con il Leverkusen). In Inghilterra stravince il Liverpool sull'Arsenal a 10 punti, poi City e Chelsea.
Scende il Leicester.
Il Tottenham, quart'ultimo si prende la Europe battendo lo United, arrivato 15°...
In Scozia spadroneggia il Celtic davanti ai Rangers ma viene sconfitto nella Coppa di Scozia dall'Aberdeen.
Shamrock Rovers scudettati in Irlanda, il solito Linfield vince in Irlanda del Nord, sempre i New Saints primi nella Cimru League gallese,il Klaksvíkar Ítróttarfelag trionfa nelle Far Oer.
Lo Sporting conquista il campionato portoghese con due punti sul Benfica, al Basilea quello svizzero, Sturm in Austria, al Vaduz per la 51° volta su 64, la Coppa del Lichtenstein.
Sliema Wanderers campione di Malta, a sorpresa il Pafos a Cipro, la Virtus Acquaviva a San Marino, l'Inter Escaldes vince la Primera Divisiò di Andorra, il Differdange per la seconda volta consecutiva in Lussemburgo.
L'Union Saint Gillois vince in Belgio, il PSV di un punto sull'Ajax (che aveva nove punti di vantaggio) in Olanda, il Copenhagen di misura sul Midtjylland in Danimarca, ancora in corso i campionati in Norvegia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici, Bielorussia.
Andando nei Balcani, l'Olimpia Lubiana vince in Slovenia sul Maribor, lo Zrinjski Mostar in Bosnia, il Buducnost in Montenegro, lo Škendija in Macedonia del Nord.
In Croazia il Rijeka ha vinto (per la seconda volta) pur finendo a pari punti con la Dinamo Zagabaria e con la stessa diefferenza reti!!!
Ma sono valsi gli scontri diretti.
Terzo l'Hajduk di Gattuso.
La Stella Rossa fa 100 punti e stacca il Partizan, rimasto a 73, in Serbia.
Secondo scudetto (consecutivo) per l'Egnatia in Albania.
Olympiacos primo in Grecia, Galatasaray in Turchia (per la 25° volta, il più titolato in assoluto).
Lo Slavia Sofia vince di poco in Bulgaria, il Ferencvaros in Ungheria, il Lech Poznan di un punto sul Rakow in Polonia, lo Slavia Praga in Repubblica Ceca, lo Slovan Bratislava in Slovacchia, la Dinamo Kiev in Ucraina.
In Russia ha vinto per la prima volta il Krasnodar, come il Noah in Armenia.
In Azerbaigian per la quarta volta consecutiva il Qarabaq, il Milsami Orhei in Moldavia.
Tutti seguono sicuramente l'interessantissimo campionato Arabo Saudita che ha visto vincere l'Al Ittihad, davanti al Al-Hilal e l'Al Nassr di Ronaldo.
In India ha vinto la squadra di Calcutta, Mohun Bagan Super Giant, in Cina lo scorso anno lo Shangai Haigang, in Corea del Nord il Ryomyong, il Persib in Indonesia, il Melbourne City in Australia, l'RSB Berkane in Marocco, l'Esperance in Tunisia, il Mamelodi in SudAfrica.
La Platense campione d'Argentina per la prima volta nella storia.
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martedì, giugno 03, 2025
Mick Talbot
Riprendo l'articolo che ho dedicato a MICK TALBOT nell'inserto "Alias" de "Il manifesto" di sabato scorso.
Grazie a Cpt Stax per il prezioso contatto con Mick.
E' immenso il panorama di artisti che hanno calcato le scene e frequentato assiduamente gli studi di registrazione a fianco di grandi star, partecipato a dischi e concerti eccellenti ma restati sempre e comunque rigorosamente dietro le quinte.
Mick Talbot è un nome familiare solo ai cultori di un certo ambito sonoro, coloro che ne ricordano le gesta con Paul Weller negli Style Council, una delle band più significative degli anni Ottanta, perfetta nel creare un nuovo e unico sound che attingeva da soul, pop, jazz, elettronica, hip hop e tanto altro, in cui le tastiere del nostro erano protagoniste o perfetto compendio.
La sua discografia è sterminata e pure lui fatica a ricordare tutte le partecipazioni e collaborazioni.
Non è un funambolo virtuoso ma un musicista con un gusto sopraffino, in grado di intervenire con discrezione e puntualità là dove serve, con il suono adatto alla composizione, senza mai esagerare.
Curiosamente c'è solo un brano inciso esclusivamente a suo nome, lo strumentale That Guy Called Pumpkin in una compilation del 1990, poco dopo la fine degli Style Council.
In una lunga chiacchierata ha chiarito e ricordato alcuni di questi aspetti: “Io mi vedo prevalentemente come un collaboratore e un giocatore all'interno di una squadra ma potrei fare qualcosa a mio nome in futuro.
Al momento ho appena finito di incidere un nuovo album con Chris Bangs (l'inventore del termine “acid jazz” con cui ha già realizzato un ottimo lavoro nel 2022, Back To Business).
E' entrato a far parte degli Stone Foundation, storica band inglese che ha appena pubblicato il pregevole decimo album della carriera a base di un solido soul jazz venato di ritmi disco dance.
“E' il quinto album in cui suono con loro. Sono più coinvolto in questo che negli altri ed è un vero piacere far parte della formazione dal vivo”.
Sarà in concerto con loro il 19 settembre a Milano e il 20 a Bologna.
La sua storia parte da lontano quando da piccolo sua nonna lo intratteneva suonando il piano e incominciò a insegnarglielo. Poi arriva la passione per i Beatles, Who, Kinks e tanto soul della Motwon Records e improvvisamente esplode il punk. “Ho visto i Damned e i Clash agli inizi della loro carriera, così come molti altri. Quel movimento ha davvero iniettato molta energia ed entusiasmo nella scena musicale.”
Forma gli Sneekers, cover band di rhythm and blues, che, quando esplode il cosiddetto Mod Revival, si trasforma in Merton Parkas, uno dei primi riferimenti musicali per i nuovi giovani in parka e scooter.
Incideranno una manciata di singoli e un apprezzabile album, Face In The Crowd, ancora oggi fresco e pulsante.
Un'avventura che però dura poco e ha un modesto successo: “Non credo che i Merton Parkas fossero destinati a durare a lungo, ma mi sono messo in contatto con molte persone che avrebbero avuto un ruolo importante nel mio futuro. "Face In The Crowd" purtroppo non è riuscito a catturare il nostro sound sul palco, che era molto più potente.”
Contemporaneamente viene accolto alla corte dei Jam.
Paul Weller gli telefona (per la prima volta) per suonare il piano in una versione di Heatwave di Martha and the Vandellas nell'album Setting Sons.
Sciolti i Merton Parkas, Mick Talbot approda per poco tempo nella splendida avventura di Kevin Rowland, i Dexy's Midnight Runners.
“La band era già ai ferri corti e stava per sciogliersi e così ci restai per soli quattro mesi ma con Rowland ho lavorato spesso successivamente.”
Dura poco anche l'avventura con i pur ottimi Bureau, a base di un potente soul rock e un album di ottima qualità.
E' allora (fine 1982) che arriva la seconda telefonata di Paul Weller.
Sta sciogliendo i Jam, ha in mente quello che diventeranno di lì a poco gli Style Council e Mick è un perfetto compagno per spostarsi verso soul, jazz e suoni affini.
“La telefonata di Paul fu una vera sorpresa e ha portato a una lunga serie di progetti davvero interessanti. Abbiamo sempre cercato di essere aperti a influenze di ogni tipo che ci potessero influenzare.”
La band diventa un collettivo aperto a collaborazioni e sperimentazioni di ogni tipo. Tra grandi successi e rovinose cadute resta una delle esperienze più influenti degli anni Ottanta.
Basti pensare al sottovalutatissimo Confessions Of a Pop Group, del 1988, intriso di jazz, musica da camera, fusion, funk, dance, elettronica.
“Penso che l'album precedente, “Cost of loving” ci abbia fatto perdere molto supporto e di conseguenza questo nuovo episodio credo sia stato trascurato da alcuni dei nostri fan originali”.
Sicuramente fu stroncato e sbeffeggiato dalla critica.
Addirittura il previsto ultimo album “Modernism: A New Decade”, che utilizzava i nuovi suoni della house music di Detroit (che Weller considerava, non a torto, la nuova espressione della soul music) venne rifiutato dalla casa discografica e sancì la fine del gruppo.
“Forse siamo stati sottovalutati ai tempi ma ultimamente rivalutati, grazie anche a molte raccolte, ristampe e al documentario sulla band. La fine è arrivata al momento giusto perché credo che avessimo già raggiunto l'apice creativo e perso il nostro pubblico.”
Inizia dagli anni Novanta in poi una rutilante carriera in decine (forse centinaia) di album, singoli, in tour con una lunga serie di gruppi, sempre caratterizzati da uno stretto legame con il suo background culturale e artistico, basti pensare al lavoro con alcuni dei migliori esponenti della scena Acid Jazz, come Galliano o Young Disciples, con la cantante soul Candi Staton o la Britpop band dei Gene.
“Qualche volta riascolto qualcosa del mio passato discografico ma alla fine sono sempre impegnato a pensare prevalentemente al progetto successivo.”
Torna spesso in studio a collaborare nella sempre più travolgente carriera solista dell'ex sodale Paul Weller.
Sempre con estrema discrezione e in punta di piedi.
Mantiene uno stretto legame con Steve White, ex batterista degli Style Council, con cui incide un paio di ottimi album e condivide l'esperienza con i Players (in cui militavano anche Steve Cradock e Damon Minchella, degli Ocean Colour Scene, poi entrati nella band di Weller, che non disdegna occasionali collaborazioni a questi progetti).
Nel 2014 tocca il cielo con un dito quando Roger Daltrey degli Who lo vuole al piano per il mitico album condiviso con Wilko Johnson dei Dr.Feelgood, Going Back Home, a base di ruvido e basico rhythm and blues.
“Ovviamente suonare con uno degli Who è stato incredibile ma ancora di più è stato davvero emozionante lavorare con Wilko Johnson, poiché avevo seguito la sua band originale Dr Feelgood dal 1975.”
Qualche mese dopo entra in studio proprio con gli Who per il singolo Be Lucky.
Niente di memorabile ma una medaglia di questo tipo, da appuntare al petto per uno nato nel giro mod, è qualcosa di particolarmente prezioso.
Il suo approccio alla musica si riassume in poche sue stesse parole: “Non so se sono un tipo ambizioso. Dipende da quello che mi viene in mente. Mi piace suonare, e a volte può essere con due amici in una stanza sopra un pub con una tastiera presa in prestito. Una settimana, vent'anni fa, ho suonato tre brani in un pub con miei amici, uno all'ukulele, uno alla chitarra acustica e io al piano elettrico. Quella stessa settimana, ero sul palco della Royal Albert Hall a un gala di beneficenza di Hal David e Burt Bacharach con Dionne Warwick, Petula Clark, Sacha Distel e un sacco di altri nomi. Poi, circa cinque giorni dopo al Glastonbury Festival con gli Ocean Colour Scene. Non è proprio una settimana tipica ma potrebbe esserlo.”
Grazie a Cpt Stax per il prezioso contatto con Mick.
E' immenso il panorama di artisti che hanno calcato le scene e frequentato assiduamente gli studi di registrazione a fianco di grandi star, partecipato a dischi e concerti eccellenti ma restati sempre e comunque rigorosamente dietro le quinte.
Mick Talbot è un nome familiare solo ai cultori di un certo ambito sonoro, coloro che ne ricordano le gesta con Paul Weller negli Style Council, una delle band più significative degli anni Ottanta, perfetta nel creare un nuovo e unico sound che attingeva da soul, pop, jazz, elettronica, hip hop e tanto altro, in cui le tastiere del nostro erano protagoniste o perfetto compendio.
La sua discografia è sterminata e pure lui fatica a ricordare tutte le partecipazioni e collaborazioni.
Non è un funambolo virtuoso ma un musicista con un gusto sopraffino, in grado di intervenire con discrezione e puntualità là dove serve, con il suono adatto alla composizione, senza mai esagerare.
Curiosamente c'è solo un brano inciso esclusivamente a suo nome, lo strumentale That Guy Called Pumpkin in una compilation del 1990, poco dopo la fine degli Style Council.
In una lunga chiacchierata ha chiarito e ricordato alcuni di questi aspetti: “Io mi vedo prevalentemente come un collaboratore e un giocatore all'interno di una squadra ma potrei fare qualcosa a mio nome in futuro.
Al momento ho appena finito di incidere un nuovo album con Chris Bangs (l'inventore del termine “acid jazz” con cui ha già realizzato un ottimo lavoro nel 2022, Back To Business).
E' entrato a far parte degli Stone Foundation, storica band inglese che ha appena pubblicato il pregevole decimo album della carriera a base di un solido soul jazz venato di ritmi disco dance.
“E' il quinto album in cui suono con loro. Sono più coinvolto in questo che negli altri ed è un vero piacere far parte della formazione dal vivo”.
Sarà in concerto con loro il 19 settembre a Milano e il 20 a Bologna.
La sua storia parte da lontano quando da piccolo sua nonna lo intratteneva suonando il piano e incominciò a insegnarglielo. Poi arriva la passione per i Beatles, Who, Kinks e tanto soul della Motwon Records e improvvisamente esplode il punk. “Ho visto i Damned e i Clash agli inizi della loro carriera, così come molti altri. Quel movimento ha davvero iniettato molta energia ed entusiasmo nella scena musicale.”
Forma gli Sneekers, cover band di rhythm and blues, che, quando esplode il cosiddetto Mod Revival, si trasforma in Merton Parkas, uno dei primi riferimenti musicali per i nuovi giovani in parka e scooter.
Incideranno una manciata di singoli e un apprezzabile album, Face In The Crowd, ancora oggi fresco e pulsante.
Un'avventura che però dura poco e ha un modesto successo: “Non credo che i Merton Parkas fossero destinati a durare a lungo, ma mi sono messo in contatto con molte persone che avrebbero avuto un ruolo importante nel mio futuro. "Face In The Crowd" purtroppo non è riuscito a catturare il nostro sound sul palco, che era molto più potente.”
Contemporaneamente viene accolto alla corte dei Jam.
Paul Weller gli telefona (per la prima volta) per suonare il piano in una versione di Heatwave di Martha and the Vandellas nell'album Setting Sons.
Sciolti i Merton Parkas, Mick Talbot approda per poco tempo nella splendida avventura di Kevin Rowland, i Dexy's Midnight Runners.
“La band era già ai ferri corti e stava per sciogliersi e così ci restai per soli quattro mesi ma con Rowland ho lavorato spesso successivamente.”
Dura poco anche l'avventura con i pur ottimi Bureau, a base di un potente soul rock e un album di ottima qualità.
E' allora (fine 1982) che arriva la seconda telefonata di Paul Weller.
Sta sciogliendo i Jam, ha in mente quello che diventeranno di lì a poco gli Style Council e Mick è un perfetto compagno per spostarsi verso soul, jazz e suoni affini.
“La telefonata di Paul fu una vera sorpresa e ha portato a una lunga serie di progetti davvero interessanti. Abbiamo sempre cercato di essere aperti a influenze di ogni tipo che ci potessero influenzare.”
La band diventa un collettivo aperto a collaborazioni e sperimentazioni di ogni tipo. Tra grandi successi e rovinose cadute resta una delle esperienze più influenti degli anni Ottanta.
Basti pensare al sottovalutatissimo Confessions Of a Pop Group, del 1988, intriso di jazz, musica da camera, fusion, funk, dance, elettronica.
“Penso che l'album precedente, “Cost of loving” ci abbia fatto perdere molto supporto e di conseguenza questo nuovo episodio credo sia stato trascurato da alcuni dei nostri fan originali”.
Sicuramente fu stroncato e sbeffeggiato dalla critica.
Addirittura il previsto ultimo album “Modernism: A New Decade”, che utilizzava i nuovi suoni della house music di Detroit (che Weller considerava, non a torto, la nuova espressione della soul music) venne rifiutato dalla casa discografica e sancì la fine del gruppo.
“Forse siamo stati sottovalutati ai tempi ma ultimamente rivalutati, grazie anche a molte raccolte, ristampe e al documentario sulla band. La fine è arrivata al momento giusto perché credo che avessimo già raggiunto l'apice creativo e perso il nostro pubblico.”
Inizia dagli anni Novanta in poi una rutilante carriera in decine (forse centinaia) di album, singoli, in tour con una lunga serie di gruppi, sempre caratterizzati da uno stretto legame con il suo background culturale e artistico, basti pensare al lavoro con alcuni dei migliori esponenti della scena Acid Jazz, come Galliano o Young Disciples, con la cantante soul Candi Staton o la Britpop band dei Gene.
“Qualche volta riascolto qualcosa del mio passato discografico ma alla fine sono sempre impegnato a pensare prevalentemente al progetto successivo.”
Torna spesso in studio a collaborare nella sempre più travolgente carriera solista dell'ex sodale Paul Weller.
Sempre con estrema discrezione e in punta di piedi.
Mantiene uno stretto legame con Steve White, ex batterista degli Style Council, con cui incide un paio di ottimi album e condivide l'esperienza con i Players (in cui militavano anche Steve Cradock e Damon Minchella, degli Ocean Colour Scene, poi entrati nella band di Weller, che non disdegna occasionali collaborazioni a questi progetti).
Nel 2014 tocca il cielo con un dito quando Roger Daltrey degli Who lo vuole al piano per il mitico album condiviso con Wilko Johnson dei Dr.Feelgood, Going Back Home, a base di ruvido e basico rhythm and blues.
“Ovviamente suonare con uno degli Who è stato incredibile ma ancora di più è stato davvero emozionante lavorare con Wilko Johnson, poiché avevo seguito la sua band originale Dr Feelgood dal 1975.”
Qualche mese dopo entra in studio proprio con gli Who per il singolo Be Lucky.
Niente di memorabile ma una medaglia di questo tipo, da appuntare al petto per uno nato nel giro mod, è qualcosa di particolarmente prezioso.
Il suo approccio alla musica si riassume in poche sue stesse parole: “Non so se sono un tipo ambizioso. Dipende da quello che mi viene in mente. Mi piace suonare, e a volte può essere con due amici in una stanza sopra un pub con una tastiera presa in prestito. Una settimana, vent'anni fa, ho suonato tre brani in un pub con miei amici, uno all'ukulele, uno alla chitarra acustica e io al piano elettrico. Quella stessa settimana, ero sul palco della Royal Albert Hall a un gala di beneficenza di Hal David e Burt Bacharach con Dionne Warwick, Petula Clark, Sacha Distel e un sacco di altri nomi. Poi, circa cinque giorni dopo al Glastonbury Festival con gli Ocean Colour Scene. Non è proprio una settimana tipica ma potrebbe esserlo.”
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Mod Heroes
domenica, giugno 01, 2025
"Ringo Starr, batterista" in tour
Ieri intervista alla trasmissione "Stay Human" di Radio Popolare, condotta da Claudio Agostoni.
Qui il podcast: https://www.radiopopolare.it/trasmissione/stay-human/
Prossime presentazioni di "Ringo Starr, batterista", edito da Low Edizioni.
Giovedì 5 giugno
San Nicolò' (Piacenza), Biblioteca Comunale, via Dante Alighieri, ore 20.45 con Giovanni Battista Menzani con il suo "A Liverpool con i Beatles". Venerdì 27 giugno
PASSAGGI FESTIVAL a Fano
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
Qui il podcast: https://www.radiopopolare.it/trasmissione/stay-human/
Prossime presentazioni di "Ringo Starr, batterista", edito da Low Edizioni.
Giovedì 5 giugno
San Nicolò' (Piacenza), Biblioteca Comunale, via Dante Alighieri, ore 20.45 con Giovanni Battista Menzani con il suo "A Liverpool con i Beatles". Venerdì 27 giugno
PASSAGGI FESTIVAL a Fano
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
sabato, maggio 31, 2025
Secret Affair a Torino 1 giugno
Per festeggiare i 45 anni di Piazza Statuto arrivano a Torino i Secret Affair, supportati dagli Statuto e dai Mads oltre a una serie di altre iniziative.
venerdì, maggio 30, 2025
Maggio 2025. Il meglio
Siamo ormai a metà del 2025: tra i migliori album quelli di Bob Mould, Sam Akpro, Freedom Affair, Southern Avenue, Little Barrie & Malcolm Catto, Suzanne Vega, The Loft, Sunny War, The War and Treaty, Ringo Starr, Iggy Pop, Cymande, Lambrini Girls, De Wolff, PP Arnold, Altons, Delines, Gyasi, M Ross perkins..
Ottime cose dall'Italia con Neoprimitivi, Casino Royale, Calibro 35, Cesare Basile, The Lings, Putan Club, Cristiano Godano, I Cani, Billy Boy e la sua Band, Megain Is Missing, Laura Agnusdei, Elisa Zoot, Roberta Gulisano, Angela Baraldi, Flavia Ferretti.
FRANK POPP ENSEMBLE - Waves
Frank Popp non delude mai. Soul, Northern soul, psichedelia, lounge, perfino kraut rock e ospiti particolarissimi come Nicke Andersson già con Entombed e Hellacopters alle prese con un tiratissimo soul in "Caught in Your Web" o Gerry Love dei Teenage Fanclub. E ancora l'attrice e modella Emma Noble e il cantante australiano J Mahon. Come sempre divertente, godibile, colorato, fresco, pieno di sorprese.
M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.
FREEDOM AFFAIR - Freedom Affair
Spettacolare secondo album per la band americana, registrato in analogico e fedelissimo al sacro groove del più classico Southern Soul anni Sessanta/Settanta. Le stupende voci di Paula Saunders, Seyko Groves e Shon Ruffin vanno a nozze su una base caldissima che ci riporta ai fasti di un tempo. Non rivoluzionerà il mondo della musica ma rimarrà uno dei migliori album "black" del 2025.
SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.
EMMA JANE THACKRAY - Weirdo
La polistrumentista inglese al secondo album va oltre l'ora di musica, lungo 19 brani in cui esplora i più svariati sentieri, dall'acid jazz, al soul, al funk, allo swing, hip hop, drum and bass, fusion, jazz rock. Un lavoro monumentale, sempre di altissimo spessore, suonato alla perfezione e particolarmente ispirato.
PETE DOHERTY - Felt Better Alive
A 11 anni dal precedente album, il "sopravissuto a stento" ritorna in veste solista e festeggia di essere ancora vivo, dopo le note drammatiche vicissitudini. Lo scorso anno aveva scritto un mezzo capolavoro con i Libertines, oggi esce con un buon disco, malinconico, dalle frequenti tinte country, con qualche episodio più swingante, "Poca Mahoney" con Lisa O'Neill dal gusto punkeggiante. Merita un ascolto e la consueta vecchia domanda quanto i bad habits che lo hanno accompagnato per tanto tempo hanno aiutato o dissipato la sua creatività.
LOUIS PHILIPPE & THE NIGHT MAIL - The Road To The Sea
Piccolo genio della canzone meno scontata Louis Philippe ha sempre navigato in acque nascoste al grande pubblico, dall'esordio circa 40 anni fa con la "sua" El Records. In mezzo una nutrita discografia, sempre caratterizzata da un timbro ben riconoscibile che ritroviamo intatto anche in questo nuovo lavoro, prodotto da Andy Lewis. Difficile (e altrettanto facile) trovare riferimenti ma la sua musica unisce tasselli di Burt Bacharach, canzone francese, Style Council (in particolare quelli di "Café Bleu" e i classicismi di "Confessions Of A Pop Group"), Beach Boys, il primo Paul MccCrtney solista (con o senza Wings), Prefab Sprout, XTC. Delizioso.
SOUTHERN AVENUE - Family
Arrivano da Memphis, Tennessee e nel quarto album "Family" sfoderano una miscela entusiasmante di gospel, southern soul, country, blues.
Voci stupende, retaggi Staple Singers (non a caso hanno inciso per la Stax Records) e un approccio moderno e freschissimo.
TANIKA CHARLES - Reason To Stay
La soul woman canadese firma il quarto album in cui, ancora una volta, si muove, con grazia ed eleganza, nel soul più classico, con una predilezione per i tempi medi, le ballate intense e avvolgenti, melodie accattivanti, temperature calde, colori interpretativi intensi in pieno stile vintage anni Sessanta ma in una chiave moderna. Un lavoro godibile, divertente, solare, perfetto per ogni amante della soul music più pura.
THE AFRO-AMERICAN ENSEMBLE - Free The Black Man's Chains
Preziosa (prima) ristampa di un oscuro album del 1971 tra soul, funk e gospel, pubblicato dopo l'uscita di tre singoli dei Broad Street Gang. Tra i musicisti coinvolti Mitchell Rowe, Bobby Eli, Len Pakula, Daryl Hall, Ron Baker, Norman Harris, The Raelettes e gli archi arrangiati da Richie Rome. Una specie di concept propedeutico per un film o un musical (a cui l'impostazione compositiva si accosta spesso) ma che finì presto nel dimenticatoio. Un lavoro eccellente, da riscoprire e apprezzare.
SAULT - Acts Of Faith
Dopo aver bulimicamente riempito la sua discografia di album in pochi anni (l'ultima volta due anni fa con ben 5 lavori in contempranea) il collettivo inglese torna a farsi sentire, guidato dall'eccellente voce di Cleo Sol, con una suite divisa in 9 distinti brani a base di un soul funk molto melodico e soffice, moderno e avvolgente, di estrema gradevolezza, tra umori 70, Curtis Mayfield, gospel, jazz.
JAMES TAYLOR QUARTET - Only Messin'
Ormai la discografia di James Taylor (con o senza il Quartet o altre denominazioni) è inestricabile e le pubblicazioni non si contano più. Questo nuovo ep esce solo in vinile si avvale del contributo chitarristico del compare nei Prisoners, Graham Day, e di una sezione fiati che conferisce al ruvido funk soul dei quattro brani un groove pazzesco.
AA.VV. - The Countdown Records Story 1985-88
Poco prima di fondare la fortunata Acid Jazz Records, Eddie Piller ci provò con la Countdwon records per la quale incisero eccellenze come Makin' Time e Prisoners e nel 1985 pubblicò la seminale compilation "Countdown Compilation" con il meglio della nuova scena mod, successiva a quella del 1979, Prisoners, Makin Time, Times, The Moment, Gents, Scene, Fast Eddie tra i tanti.
A 40 anni dalla prima uscita esce questa nuova raccolta in vinile (per l'Acid Jazz) con alcune di quelle band e altre aggiunte, in una sorta di "meglio" dell'etichetta.
La tracklist è invitante e l'ascolto ci conforta per la freschezza che mantiene quel sound e ci fa rammaricare di come molti di questi nomi, pur con così tanto talento, non abbiano fatto strada.
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
EUGENIO FINARDI – Tutto
Uno dei cantautori italiani più rappresentativi in assoluto di sempre, chiude la carriera discografica con l’ultimo anno di inediti, a celebrare i 50 anni di attività. Lo fa con la consueta eleganza mista a rabbia, disillusione, speranza. Testi sempre incisivi, lucidi, spiazzanti che sanno guardare con uguale profondità passato, presente e futuro. Musicalmente si pone sempre in perfetto equilibrio tra canzone d’autore, rock, suoni ricercati, umori mediterranei. Se sarà veramente un addio, lo avrà fatto nel migliore dei modi.
THE PROPER – Meant To Say Something
La band guidata da Ivano Bonfanti firma il secondo album della carriera, iniziata nel 2015 in quel di Londra. Gli undici episodi sono solidi brani che mischiano power pop, mod rock alla Jam, melodie anni Sessanta e un sound chitarristico aspro e nervoso. La produzione (di Brett Buddy Ascott, ex Chords) è attenta ed efficace, le canzoni sono stilisticamente eclettiche, sempre ben composte e curate, l’attitudine quella giusta. Album maturo, di respiro internazionale e alto livello qualitativo.
LIQUID GERMS - Return to Earth
Inaspettato ritorno della band piacentina, nata nel 1997 ma dalla carriera altalenante, con vari cambi di formazione e una discografia limitata a un album e a uno split. Il previsto nuovo lavoro nel 2001 rimase confinato a un demo Cd che viene ora riproposto, completamente risuonato e con l'aggiunta di altre canzoni realizzate all'epoca. Il sound rimane quello degli esordi, un surf strumentale potente e amfetaminico, fortemente influenzato dalla lezione di Man Or Astroman e Devo, sposati al suggestivo immaginario dei film di fantascienza anni 60/70 da Star Trek alla serie UFO (con tanto di spezzoni audio ricavati dai film originali). Divertente, originale, suonato benissimo.
ARPIONI - Buona Mista Social Ska
La band "internazionale" pubblica il secondo volume (a 25 anni dal precedente), dedicato alla rivisitazione "in levare" di brani della canzone d'autore italiana. L'aspetto rilevante è innanzitutto la scelta del materiale, mai banale, che rovista nei meandri più oscuri, da I Ribelli a un brano "minore" di Lucio Dalla ma non disdegna classici come "Azzurro" o "Lugano addio". Ma c'è anche la capacità di riprendere il tutto attraverso le varie declinazioni dello ska, da quello più tradizionale, al rocksteady, alle origini con il Mento (folk giamaicano), fino a umori più classicamente original reggae. Irresistibile la "Tanto pe' cantà" con la voce di Valerio Mastrandrea, uno degli ospiti con Tonino Carotone, AWA FALL aka Sista Awa e Diego Bianchi. Un album divertente, solare, riuscitissimo.
A/LPACA - Laughter
Torna il dissonante quartetto mantovano con un nuovo album che parla, come ci hanno abituati, un linguaggio originale perché attinge da riferimenti insolitamente miscelati, che finiscono per produrre un insieme che non è semplice definire. Un pregio sempre meno comune. Nel nostro caso la matrice più genericamente ovvia è quella dei Sonic Youth, che sapevano abbinare un'attitudine punk alla voglia di sperimentare e rendere abrasivo tutto ciò che toccavano. Non dimenticano però certi sguardi alla psichedelia meno ovvia (e a quella Barrettiana), alla no wave, all'incedere ritmico ipnoticamente kraut. Ancora una volta hanno fatto centro.
NANA BANG! - How To Come Invisible
Nuovo album (prodotto e supervisionato da Giovanni Ferrario) per Andrea Fusari e Beppe Mondini ovvero i Nana Bang! side-project di GuruBanana. Undici brani in cui proseguono nel loro classico solco sonoro, figlio di Velvet Underground, Modern Lovers, Violent Femmes, tra folk punk, folate psichedeliche di sapore Paisley Underground, minimalismo rock (Pavement in particolare). Come sempre un progetto di alto spessore artistico, caratterizzato da composizioni eccellenti e una collocazione sonora perfettamente mirata.
EVA KUNT - Plastic Era
Dietro il suggestivo marchio di fabbrica si cela un personaggio di lunga esperienza nella musica nostrana, su lidi spesso molto distanti l'uno dall'altro. Dieci brani strumentali in cui confluiscono atmosfere lounge e chill out, una vena jazz di gusto anni Settanta, quando gradì molto mischiarsi al funk, un groove hip hop. Il tutto perfettamente gestito in chiave elettronica con campionamenti usati con discrezione e sapienza nel sapere creare un mood caldo, avvolgente e sinuoso.
SALMO – Ranch
Il rapper/autore sardo firma il settimo album di una carriera sempre più solida a livello di personalità, ben distinta e distintiva nel panorama musicale italiano. Salmo riesce ad affiancare perfettamente l’anima più hardcore a quella cantautorale, con il suo classico hip hop aggressivo ma che può aprirsi ad atmosfere riflessive e malinconiche. Un album ricco di idee e di testi maturi, pur nelle frequenti provocazioni verbali, sua peculiare caratteristica. Sa il fatto suo, riesce a soddisfare la base di estimatori abituali ma è sempre in grado di guardare più lontano, ogni volta aggiungendo un nuovo tassello artistico alla sua opera. Ottimo.
MUITO KABALLA - Loving You
Il collettivo tedesco regala un pulsante e solare ep in cui soul, funk, hip hop, jazz, afrofunk, ritmi caraibici si mischiano in un calderone sonoro stimolante e travolgente. Notevoli.
THE VIOLET MINDFIELD - Distorted Portrait
Terzo album per la band di Los Angeles e dintorni. Niente di nuovo sotto il cielo del garage punk. Accordi, ritmi e melodie sono sempre gli stessi. Ma va bene così perché non è certa richiesta l'innovazione o chissà quali contaminazioni. Funziona così e non dispiace affatto ascoltare di queste cose nel 2025.
ASCOLTATO ANCHE:
CHARIF MEGARBANE (dal Libano un gusto particolare per le colonne sonore anni 60/70, interesssante), BACAO & RHYTHM STEEL BAND (il misterioso collettivo tedesco alle prese con il suo consueto stile funk caraibico di grande classe), CUCO (da L.A. un buon slow soul in gusto Chicano con qualche folata psych), SHAKTI SOUNDSYSTEM (psichedelia, kraut rock, fusion, sperimentazione), TAJ MAHAL e KEB Mo (country blues, molto The Band, piacevole).
SINGOLI
THE KEVIN FINGIER COLLECTIVE - The Boogaloo Ep
Una raccolta di singoli in un ep in vinile
BANDA MAJE - Mo.../ (Roda de) Samba Maje
Stupendo singolo in cui la band napoletana recupera "Mo..." di Peppino di Capri trasformadola in un funk soul perfettamente Style Council. Sul lato B una samba irresistibile.
MIGHTY MOCAMBOS - Spinning
La band di amburgo con un vero e proprio killer, tra soul e funk, con la voce calidssima di Nichola Richards. A breve l'album, le premesse sono eccellenti.
FEED LA - Feed La
Dalla Germania un buon funk strumentale che non brilla per originalità ma ha un buon tiro.
SABABA 5 - VU
Ammaliante singolo per la band parigina che mischia funk psichedelico strumentale a melodie medio orientali ipnotiche e accattivanti umori ethiojazz.
BRENDA - Where Did I Go Wrong? / Family
Mellow soul dalle tinte estive, da bordo piscina, in chiave vintage 60's, molto gradevole, caldo e avvolgente.
LETTO
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful.
Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
GIMME DANGER
Personalmente partecipo con una retrospettiva su Mitch Ryder & the Detroit Wheelers, un'intervista agli Sharp Class e un po' di recensioni.
E anche nel singolo allegato con i Not Moving, alle prese con una versione semi acustica di "Gimme Danger" di Iggy and the Stooges.
Richiedetelo a: gimmedanger2022@gmail.com
VISTO
Belfast di Kenneth Branagh
Arriva su Netflix l'ottimo film del 2021 del grande regista nord irlandese che ci riporta alla sua infanzia, nel 1969, ai tempi dei "troubles" a Belfast, tra violenza religiosa, una vita agral la decisione di lasciare tutto per orizzonti migliori. Fotografia stupenda in bianco e nera, ottima sceneggiatura, ambientazione d'epoca suggestiva con colonna sonora di Van Morrision da brividi.
La stranezza di Roberto Andò
Storia leggera e bizzarra della (presunta e immaginata) genesi di "Sei personaggi in cerca d'autore". Molto bravi Ficarra e Picone, ottimo, comne sempre, Toni Servillo nei panni di Luigi Pirandello.
L'abbaglio di Roberto Andò
Garibaldi sbarca in Sicilia con i mille mentre due sbandati e imbroglioni (Ficarra e Picone, brillanti e a perfetto agio) cercano di districarsi nel caos circostante. Divertente, curioso, ben fatto, con finale a sorpresa (o quasi).
Mods Mayday 2025
Il resoconto del Festival Mods Mayday 2025 tenutosi a Londra il 4 maggio scorso dalle parole di Oscar Giammarinaro, anche sul palco con gli STATUTO.
Iniziamo dalla fine, cioè dal nostro concerto.
Essere "headliner" della sala 2 era pericoloso, sia perché c'era il rischio che tanto pubblico andasse via dopo i Secret Affair (band più attesa) e per la contemporaneità dell'esibizione con gli Style Councillors, la tribute band ufficiale degli Style Council, sicuramente molto piacevole da ascoltare.
Effettivamente a inizio concerto, la sala non era gremita e il gruppo di italiani (devo dire molto folto per questa edizione) dominava davanti al nostro palco. Il colpo d'occhio era comunque buono e noi eravamo molto carichi e motivati, pronti a divertirci e a condividere l'emozione di suonare in un contesto che è sempre stato per me "Il Paese dei Balocchi" fin da quando mi sono scoperto mod da ragazzino.
Nella scaletta (vedi foto di Dave Edwards) non abbiamo inserito brani del "Football Club" ma brani che più sembravano adatti a un Mods Mayday e la scelta ha decisamente pagato.
Infatti, pian piano arrivavano mods dall'altra sala e si fermavano ad ascoltare, sempre di più e sempre più coinvolti e partecipi.
E' risaputo che io sono quasi cieco, ma era veramente spassoso vedere da sotto i miei occhiali i volti degli inglesi che ci ascoltavano col sorriso stampato in volto. La stessa espressione che aveva il pubblico ai nostri inizi, quando non ci conosceva proprio nessuno e ci esibivamo per le prime volte.
Gli applausi a fine di ogni brano erano veramente calorosi e le mie presentazioni in un inglese più che maccheronico venivano accolte con simpatia da chi mi capiva e chi no.
Sono sicuro che molti amici inglesi hanno capito la mia dedica del brano BELLA STORIA a Geraldine, amica mod storica appena scomparsa.
Dopo metà concerto la sala si era riempita e il pubblico ci ha veramente fatti sentire importanti e gratificati in una trasferta sicuramente faticosa e avventurosa ma perfettamente riuscita.
In tanti ballavano, addirittura l'attore Trevor Laird, colui che interpreta Ferdi in "Quadrophenia", si univa alle danze nel nostro gran finale.
I nostri brani storici li abbiamo suonati tutti e abbiamo proposto tutti i nostri generi, cioè ska, powerpop, soul e rocksteady.
L'amico Dave Edwards, per l'occasione presentatore dell'evento, nella recensione del nostro concerto (molto positiva e ringraziamo) paragona il nostro ska a quello dei Bad Manners e, onestamente ma non volutamente, ho sempre affermato che tra i gruppi della 2Tone, era proprio quello di Fatty ad assomigliarci di più.
Torniamo però sul palco e agli ultimi brani, cioè SOLO TU (inserita nella compilation del Mayday della Heavy Soul rec.), ABBIAMO VINTO IL FESTIVAL PIAZZA STATUTO che per noi sono stati veramente un momento di sublimazione assoluta, un premio per il nostro impegno e dedizione al modernismo da 42 anni a questa parte,con indiscutibile coerenza e capacità di perseveranza evolutiva.
Certo, il supporto sottopalco di nostri amici storici di piazza Statuto ma anche di piazza della Scala e provenienti da altre parti d'Italia, ci ha dato la forza dell'identificazione che ci ha resi ancor più brillanti, insomma, suonavamo e cantavamo per conto di tutti.
A fine concerto, un sacco di persone presenti che non ci avevano ovviamente mai sentiti ci hanno fatto i complimenti, sinceri e non dovuti, così come tanti i complimenti anche dai componenti di altre band che si sono esibite.
Ero fiducioso sulla nostra accoglienza, ma la reazione è andata aldilà delle più ottimistiche aspettative.
Merito dei musicisti della band che hanno acquisito l'attitudine perfetta per i nostri generi musicali, con vero entusiasmo.
Il ringraziamento particolare al nostro manager Francesco Venuto che ha organizzato la trasferta ottimizzando al meglio e super mega ringraziamento al mio storico amico mod Andrea Napoli e a suo fratello Marco che ci hanno ospitati, sfamati, accompagnati e hanno collaborato sul palco e in tutta la logistica: senza di loro, credetemi assolutamente, non saremmo potuti andare a suonare al Mods Mayday 2025.
Grazie di cuore ai Napoli Brothers.
Sono riuscito a sentire almeno un po' brani di quasi tutte le altre band.
E vado in ordine sparso nel commentare tutte esibizioni di altissimo livello, a partire da Mark McGounden che mi ha "colpito" con una versione eccellente di "The girl that touch my soul" dei Makin'Time, fino alla bellissima "Step in back" suonata dai Threads.
Piacevolissima sorpresa live i Block33 e conferma di trend di valore assoluto per i fratelli Meynell cioè gli Squire e per gli Small World, che hanno nella voce di Chris Philipott un vero fiore all'occhiello.
I Big Boss Man sono sempre stati molto originali nei ritmi e negli arrangiamenti e dal vivo sono una vera bomba.
I Chords Uk hanno una carica e precisione degna del loro primo lavoro su disco di 45 anni fa', giusta la scelta di far iniziare loro, cioè inizio col botto.
E "col botto" erano anche i due artisti che ha non proseguito il concerto in sala 1.
Prima Rhoda Dakar, che non è più la ragazzina delle spumeggianti Body Snatchers,ma una cantante dalla voce pazzesca, carisma totale e una band superlativa.
Dopo di lei i più giovani cioè gli Sharp Class, che sono ulteriormente migliorati dallo scorso anno.
Un suono compatto, preciso e travolgente, una voce intonata da sembrare su disco, una professionalità e una tecnica che farà sicuramente di loro una delle migliori nuove band britanniche, anche al di fuori della scena mod.
Non ho sentito i New Street Adventure perché sono andato in sala 3 a sentire il dibattito condotto da Eddie Piller con Ian Page e dave Cairns, con tutti i posti esauriti e molto interesse e domande da parte del pubblico.
Ammetto che ho capito molto poco, purtroppo l'inglese non l'ho imparato (mia grossa lacuna), ma mi piaceva l'atmosfera e l'abilità e la competenza di Piller nel stimolare e raccontare di musica emerge comunque così l'evidente valore della storia e del significato di Ian & Dave e dei Secret Affair.
Tornavo in sala ad ascoltare i Purple Hearts, sempre più spumeggianti e carichi col passare degli anni, i loro brani sono dei veri gioielli del power pop ed è sempre un vero piacere ascoltarli.
Poi il concerto dei Secret Affair, che per me non è un concerto ma un vero e proprio rito e atto di fede musicale e ideologica della mia vita mod.
Non deludono mai.
Questa volta una scaletta fulminante con i brani dell'album "Glory Boys" suonati e cantati alla grande con quella maestria e credibilità che fa di loro la quintessenza dei musicisti mod, sia in senso storico che artistico.
Oltre ai brani del primo disco anche il capolavoro "One day in your life" e naturalmente una commovente "My world", brano talmente bello e importante che noi usiamo come sigla dei nostri concerti quando saliamo sul palco (ovviamente non lo abbiamo fatto al Mayday..).
Mentre risuonavano le ultime note della loro performance, noi ci spostavamo nell'altra sala per montare il nostro palco e in attesa della chitarra, del basso e della tastiera che la band ci ha gentilmente prestato e poi... si torna all'inizio di questo reportage.
Voglio ringraziare Adrian Gibson AGMP per averci invitati e averci dato questa grande opportunità e soddisfazione, Dave Cairns, Andrew Gilbert, Gary Walsh, Edwin Pearson dei Secret Affair per la disponibilità, Adam Cooper della Heavy Soul per la compilation e l'amico David Edwards per l'accoglienza, la presentazione e il supporto (ci rivediamo al raduno Mod Italiano a Cattolica il 26 e 27 settembre).
E adesso andiamo avanti nella solita e unica giusta direzione, cioè quella del Modernismo.
Come diceva il grande Demetrio dei Four By Art ?...
"E' bello essere mod".
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Ogni lunedì la mia rubrica "La musica che gira intorno" nelle pagine di www.piacenzasera.it
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
E' uscito il mio libro dedicato a Ringo Starr, "Ringo Starr. Batterista" per Low Edizioni.
Alla scoperta del batterista RINGO STARR attraverso l'analisi tecnica ed espressiva di tutti i brani in cui ha suonato (dai Beatles, ai live, alla carriera solista alle infinite collaborazioni).
Un pretesto per raccontare la sua vita artistica (anche attraverso un dettagliato percorso nella sua attività solista e cinematografica).
Franco Zanetti cura la prefazione, Giovanni Naska Deidda ci elenca tutte le batterie che ha suonato.
Per acquisto diretto: https://www.edizionilow.it/ringo-starr-batterista/
Prossime presentazioni:
Giovedì 5 giugno:
San Nicolò (Piacenza)
Biblioteca Comunale ore 21
Venerdì 27 giugno:
Fano
Passaggi Festival
Ottime cose dall'Italia con Neoprimitivi, Casino Royale, Calibro 35, Cesare Basile, The Lings, Putan Club, Cristiano Godano, I Cani, Billy Boy e la sua Band, Megain Is Missing, Laura Agnusdei, Elisa Zoot, Roberta Gulisano, Angela Baraldi, Flavia Ferretti.
FRANK POPP ENSEMBLE - Waves
Frank Popp non delude mai. Soul, Northern soul, psichedelia, lounge, perfino kraut rock e ospiti particolarissimi come Nicke Andersson già con Entombed e Hellacopters alle prese con un tiratissimo soul in "Caught in Your Web" o Gerry Love dei Teenage Fanclub. E ancora l'attrice e modella Emma Noble e il cantante australiano J Mahon. Come sempre divertente, godibile, colorato, fresco, pieno di sorprese.
M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.
FREEDOM AFFAIR - Freedom Affair
Spettacolare secondo album per la band americana, registrato in analogico e fedelissimo al sacro groove del più classico Southern Soul anni Sessanta/Settanta. Le stupende voci di Paula Saunders, Seyko Groves e Shon Ruffin vanno a nozze su una base caldissima che ci riporta ai fasti di un tempo. Non rivoluzionerà il mondo della musica ma rimarrà uno dei migliori album "black" del 2025.
SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.
EMMA JANE THACKRAY - Weirdo
La polistrumentista inglese al secondo album va oltre l'ora di musica, lungo 19 brani in cui esplora i più svariati sentieri, dall'acid jazz, al soul, al funk, allo swing, hip hop, drum and bass, fusion, jazz rock. Un lavoro monumentale, sempre di altissimo spessore, suonato alla perfezione e particolarmente ispirato.
PETE DOHERTY - Felt Better Alive
A 11 anni dal precedente album, il "sopravissuto a stento" ritorna in veste solista e festeggia di essere ancora vivo, dopo le note drammatiche vicissitudini. Lo scorso anno aveva scritto un mezzo capolavoro con i Libertines, oggi esce con un buon disco, malinconico, dalle frequenti tinte country, con qualche episodio più swingante, "Poca Mahoney" con Lisa O'Neill dal gusto punkeggiante. Merita un ascolto e la consueta vecchia domanda quanto i bad habits che lo hanno accompagnato per tanto tempo hanno aiutato o dissipato la sua creatività.
LOUIS PHILIPPE & THE NIGHT MAIL - The Road To The Sea
Piccolo genio della canzone meno scontata Louis Philippe ha sempre navigato in acque nascoste al grande pubblico, dall'esordio circa 40 anni fa con la "sua" El Records. In mezzo una nutrita discografia, sempre caratterizzata da un timbro ben riconoscibile che ritroviamo intatto anche in questo nuovo lavoro, prodotto da Andy Lewis. Difficile (e altrettanto facile) trovare riferimenti ma la sua musica unisce tasselli di Burt Bacharach, canzone francese, Style Council (in particolare quelli di "Café Bleu" e i classicismi di "Confessions Of A Pop Group"), Beach Boys, il primo Paul MccCrtney solista (con o senza Wings), Prefab Sprout, XTC. Delizioso.
SOUTHERN AVENUE - Family
Arrivano da Memphis, Tennessee e nel quarto album "Family" sfoderano una miscela entusiasmante di gospel, southern soul, country, blues.
Voci stupende, retaggi Staple Singers (non a caso hanno inciso per la Stax Records) e un approccio moderno e freschissimo.
TANIKA CHARLES - Reason To Stay
La soul woman canadese firma il quarto album in cui, ancora una volta, si muove, con grazia ed eleganza, nel soul più classico, con una predilezione per i tempi medi, le ballate intense e avvolgenti, melodie accattivanti, temperature calde, colori interpretativi intensi in pieno stile vintage anni Sessanta ma in una chiave moderna. Un lavoro godibile, divertente, solare, perfetto per ogni amante della soul music più pura.
THE AFRO-AMERICAN ENSEMBLE - Free The Black Man's Chains
Preziosa (prima) ristampa di un oscuro album del 1971 tra soul, funk e gospel, pubblicato dopo l'uscita di tre singoli dei Broad Street Gang. Tra i musicisti coinvolti Mitchell Rowe, Bobby Eli, Len Pakula, Daryl Hall, Ron Baker, Norman Harris, The Raelettes e gli archi arrangiati da Richie Rome. Una specie di concept propedeutico per un film o un musical (a cui l'impostazione compositiva si accosta spesso) ma che finì presto nel dimenticatoio. Un lavoro eccellente, da riscoprire e apprezzare.
SAULT - Acts Of Faith
Dopo aver bulimicamente riempito la sua discografia di album in pochi anni (l'ultima volta due anni fa con ben 5 lavori in contempranea) il collettivo inglese torna a farsi sentire, guidato dall'eccellente voce di Cleo Sol, con una suite divisa in 9 distinti brani a base di un soul funk molto melodico e soffice, moderno e avvolgente, di estrema gradevolezza, tra umori 70, Curtis Mayfield, gospel, jazz.
JAMES TAYLOR QUARTET - Only Messin'
Ormai la discografia di James Taylor (con o senza il Quartet o altre denominazioni) è inestricabile e le pubblicazioni non si contano più. Questo nuovo ep esce solo in vinile si avvale del contributo chitarristico del compare nei Prisoners, Graham Day, e di una sezione fiati che conferisce al ruvido funk soul dei quattro brani un groove pazzesco.
AA.VV. - The Countdown Records Story 1985-88
Poco prima di fondare la fortunata Acid Jazz Records, Eddie Piller ci provò con la Countdwon records per la quale incisero eccellenze come Makin' Time e Prisoners e nel 1985 pubblicò la seminale compilation "Countdown Compilation" con il meglio della nuova scena mod, successiva a quella del 1979, Prisoners, Makin Time, Times, The Moment, Gents, Scene, Fast Eddie tra i tanti.
A 40 anni dalla prima uscita esce questa nuova raccolta in vinile (per l'Acid Jazz) con alcune di quelle band e altre aggiunte, in una sorta di "meglio" dell'etichetta.
La tracklist è invitante e l'ascolto ci conforta per la freschezza che mantiene quel sound e ci fa rammaricare di come molti di questi nomi, pur con così tanto talento, non abbiano fatto strada.
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
EUGENIO FINARDI – Tutto
Uno dei cantautori italiani più rappresentativi in assoluto di sempre, chiude la carriera discografica con l’ultimo anno di inediti, a celebrare i 50 anni di attività. Lo fa con la consueta eleganza mista a rabbia, disillusione, speranza. Testi sempre incisivi, lucidi, spiazzanti che sanno guardare con uguale profondità passato, presente e futuro. Musicalmente si pone sempre in perfetto equilibrio tra canzone d’autore, rock, suoni ricercati, umori mediterranei. Se sarà veramente un addio, lo avrà fatto nel migliore dei modi.
THE PROPER – Meant To Say Something
La band guidata da Ivano Bonfanti firma il secondo album della carriera, iniziata nel 2015 in quel di Londra. Gli undici episodi sono solidi brani che mischiano power pop, mod rock alla Jam, melodie anni Sessanta e un sound chitarristico aspro e nervoso. La produzione (di Brett Buddy Ascott, ex Chords) è attenta ed efficace, le canzoni sono stilisticamente eclettiche, sempre ben composte e curate, l’attitudine quella giusta. Album maturo, di respiro internazionale e alto livello qualitativo.
LIQUID GERMS - Return to Earth
Inaspettato ritorno della band piacentina, nata nel 1997 ma dalla carriera altalenante, con vari cambi di formazione e una discografia limitata a un album e a uno split. Il previsto nuovo lavoro nel 2001 rimase confinato a un demo Cd che viene ora riproposto, completamente risuonato e con l'aggiunta di altre canzoni realizzate all'epoca. Il sound rimane quello degli esordi, un surf strumentale potente e amfetaminico, fortemente influenzato dalla lezione di Man Or Astroman e Devo, sposati al suggestivo immaginario dei film di fantascienza anni 60/70 da Star Trek alla serie UFO (con tanto di spezzoni audio ricavati dai film originali). Divertente, originale, suonato benissimo.
ARPIONI - Buona Mista Social Ska
La band "internazionale" pubblica il secondo volume (a 25 anni dal precedente), dedicato alla rivisitazione "in levare" di brani della canzone d'autore italiana. L'aspetto rilevante è innanzitutto la scelta del materiale, mai banale, che rovista nei meandri più oscuri, da I Ribelli a un brano "minore" di Lucio Dalla ma non disdegna classici come "Azzurro" o "Lugano addio". Ma c'è anche la capacità di riprendere il tutto attraverso le varie declinazioni dello ska, da quello più tradizionale, al rocksteady, alle origini con il Mento (folk giamaicano), fino a umori più classicamente original reggae. Irresistibile la "Tanto pe' cantà" con la voce di Valerio Mastrandrea, uno degli ospiti con Tonino Carotone, AWA FALL aka Sista Awa e Diego Bianchi. Un album divertente, solare, riuscitissimo.
A/LPACA - Laughter
Torna il dissonante quartetto mantovano con un nuovo album che parla, come ci hanno abituati, un linguaggio originale perché attinge da riferimenti insolitamente miscelati, che finiscono per produrre un insieme che non è semplice definire. Un pregio sempre meno comune. Nel nostro caso la matrice più genericamente ovvia è quella dei Sonic Youth, che sapevano abbinare un'attitudine punk alla voglia di sperimentare e rendere abrasivo tutto ciò che toccavano. Non dimenticano però certi sguardi alla psichedelia meno ovvia (e a quella Barrettiana), alla no wave, all'incedere ritmico ipnoticamente kraut. Ancora una volta hanno fatto centro.
NANA BANG! - How To Come Invisible
Nuovo album (prodotto e supervisionato da Giovanni Ferrario) per Andrea Fusari e Beppe Mondini ovvero i Nana Bang! side-project di GuruBanana. Undici brani in cui proseguono nel loro classico solco sonoro, figlio di Velvet Underground, Modern Lovers, Violent Femmes, tra folk punk, folate psichedeliche di sapore Paisley Underground, minimalismo rock (Pavement in particolare). Come sempre un progetto di alto spessore artistico, caratterizzato da composizioni eccellenti e una collocazione sonora perfettamente mirata.
EVA KUNT - Plastic Era
Dietro il suggestivo marchio di fabbrica si cela un personaggio di lunga esperienza nella musica nostrana, su lidi spesso molto distanti l'uno dall'altro. Dieci brani strumentali in cui confluiscono atmosfere lounge e chill out, una vena jazz di gusto anni Settanta, quando gradì molto mischiarsi al funk, un groove hip hop. Il tutto perfettamente gestito in chiave elettronica con campionamenti usati con discrezione e sapienza nel sapere creare un mood caldo, avvolgente e sinuoso.
SALMO – Ranch
Il rapper/autore sardo firma il settimo album di una carriera sempre più solida a livello di personalità, ben distinta e distintiva nel panorama musicale italiano. Salmo riesce ad affiancare perfettamente l’anima più hardcore a quella cantautorale, con il suo classico hip hop aggressivo ma che può aprirsi ad atmosfere riflessive e malinconiche. Un album ricco di idee e di testi maturi, pur nelle frequenti provocazioni verbali, sua peculiare caratteristica. Sa il fatto suo, riesce a soddisfare la base di estimatori abituali ma è sempre in grado di guardare più lontano, ogni volta aggiungendo un nuovo tassello artistico alla sua opera. Ottimo.
MUITO KABALLA - Loving You
Il collettivo tedesco regala un pulsante e solare ep in cui soul, funk, hip hop, jazz, afrofunk, ritmi caraibici si mischiano in un calderone sonoro stimolante e travolgente. Notevoli.
THE VIOLET MINDFIELD - Distorted Portrait
Terzo album per la band di Los Angeles e dintorni. Niente di nuovo sotto il cielo del garage punk. Accordi, ritmi e melodie sono sempre gli stessi. Ma va bene così perché non è certa richiesta l'innovazione o chissà quali contaminazioni. Funziona così e non dispiace affatto ascoltare di queste cose nel 2025.
ASCOLTATO ANCHE:
CHARIF MEGARBANE (dal Libano un gusto particolare per le colonne sonore anni 60/70, interesssante), BACAO & RHYTHM STEEL BAND (il misterioso collettivo tedesco alle prese con il suo consueto stile funk caraibico di grande classe), CUCO (da L.A. un buon slow soul in gusto Chicano con qualche folata psych), SHAKTI SOUNDSYSTEM (psichedelia, kraut rock, fusion, sperimentazione), TAJ MAHAL e KEB Mo (country blues, molto The Band, piacevole).
SINGOLI
THE KEVIN FINGIER COLLECTIVE - The Boogaloo Ep
Una raccolta di singoli in un ep in vinile
BANDA MAJE - Mo.../ (Roda de) Samba Maje
Stupendo singolo in cui la band napoletana recupera "Mo..." di Peppino di Capri trasformadola in un funk soul perfettamente Style Council. Sul lato B una samba irresistibile.
MIGHTY MOCAMBOS - Spinning
La band di amburgo con un vero e proprio killer, tra soul e funk, con la voce calidssima di Nichola Richards. A breve l'album, le premesse sono eccellenti.
FEED LA - Feed La
Dalla Germania un buon funk strumentale che non brilla per originalità ma ha un buon tiro.
SABABA 5 - VU
Ammaliante singolo per la band parigina che mischia funk psichedelico strumentale a melodie medio orientali ipnotiche e accattivanti umori ethiojazz.
BRENDA - Where Did I Go Wrong? / Family
Mellow soul dalle tinte estive, da bordo piscina, in chiave vintage 60's, molto gradevole, caldo e avvolgente.
LETTO
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful.
Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
GIMME DANGER
Personalmente partecipo con una retrospettiva su Mitch Ryder & the Detroit Wheelers, un'intervista agli Sharp Class e un po' di recensioni.
E anche nel singolo allegato con i Not Moving, alle prese con una versione semi acustica di "Gimme Danger" di Iggy and the Stooges.
Richiedetelo a: gimmedanger2022@gmail.com
VISTO
Belfast di Kenneth Branagh
Arriva su Netflix l'ottimo film del 2021 del grande regista nord irlandese che ci riporta alla sua infanzia, nel 1969, ai tempi dei "troubles" a Belfast, tra violenza religiosa, una vita agral la decisione di lasciare tutto per orizzonti migliori. Fotografia stupenda in bianco e nera, ottima sceneggiatura, ambientazione d'epoca suggestiva con colonna sonora di Van Morrision da brividi.
La stranezza di Roberto Andò
Storia leggera e bizzarra della (presunta e immaginata) genesi di "Sei personaggi in cerca d'autore". Molto bravi Ficarra e Picone, ottimo, comne sempre, Toni Servillo nei panni di Luigi Pirandello.
L'abbaglio di Roberto Andò
Garibaldi sbarca in Sicilia con i mille mentre due sbandati e imbroglioni (Ficarra e Picone, brillanti e a perfetto agio) cercano di districarsi nel caos circostante. Divertente, curioso, ben fatto, con finale a sorpresa (o quasi).
Mods Mayday 2025
Il resoconto del Festival Mods Mayday 2025 tenutosi a Londra il 4 maggio scorso dalle parole di Oscar Giammarinaro, anche sul palco con gli STATUTO.
Iniziamo dalla fine, cioè dal nostro concerto.
Essere "headliner" della sala 2 era pericoloso, sia perché c'era il rischio che tanto pubblico andasse via dopo i Secret Affair (band più attesa) e per la contemporaneità dell'esibizione con gli Style Councillors, la tribute band ufficiale degli Style Council, sicuramente molto piacevole da ascoltare.
Effettivamente a inizio concerto, la sala non era gremita e il gruppo di italiani (devo dire molto folto per questa edizione) dominava davanti al nostro palco. Il colpo d'occhio era comunque buono e noi eravamo molto carichi e motivati, pronti a divertirci e a condividere l'emozione di suonare in un contesto che è sempre stato per me "Il Paese dei Balocchi" fin da quando mi sono scoperto mod da ragazzino.
Nella scaletta (vedi foto di Dave Edwards) non abbiamo inserito brani del "Football Club" ma brani che più sembravano adatti a un Mods Mayday e la scelta ha decisamente pagato.
Infatti, pian piano arrivavano mods dall'altra sala e si fermavano ad ascoltare, sempre di più e sempre più coinvolti e partecipi.
E' risaputo che io sono quasi cieco, ma era veramente spassoso vedere da sotto i miei occhiali i volti degli inglesi che ci ascoltavano col sorriso stampato in volto. La stessa espressione che aveva il pubblico ai nostri inizi, quando non ci conosceva proprio nessuno e ci esibivamo per le prime volte.
Gli applausi a fine di ogni brano erano veramente calorosi e le mie presentazioni in un inglese più che maccheronico venivano accolte con simpatia da chi mi capiva e chi no.
Sono sicuro che molti amici inglesi hanno capito la mia dedica del brano BELLA STORIA a Geraldine, amica mod storica appena scomparsa.
Dopo metà concerto la sala si era riempita e il pubblico ci ha veramente fatti sentire importanti e gratificati in una trasferta sicuramente faticosa e avventurosa ma perfettamente riuscita.
In tanti ballavano, addirittura l'attore Trevor Laird, colui che interpreta Ferdi in "Quadrophenia", si univa alle danze nel nostro gran finale.
I nostri brani storici li abbiamo suonati tutti e abbiamo proposto tutti i nostri generi, cioè ska, powerpop, soul e rocksteady.
L'amico Dave Edwards, per l'occasione presentatore dell'evento, nella recensione del nostro concerto (molto positiva e ringraziamo) paragona il nostro ska a quello dei Bad Manners e, onestamente ma non volutamente, ho sempre affermato che tra i gruppi della 2Tone, era proprio quello di Fatty ad assomigliarci di più.
Torniamo però sul palco e agli ultimi brani, cioè SOLO TU (inserita nella compilation del Mayday della Heavy Soul rec.), ABBIAMO VINTO IL FESTIVAL PIAZZA STATUTO che per noi sono stati veramente un momento di sublimazione assoluta, un premio per il nostro impegno e dedizione al modernismo da 42 anni a questa parte,con indiscutibile coerenza e capacità di perseveranza evolutiva.
Certo, il supporto sottopalco di nostri amici storici di piazza Statuto ma anche di piazza della Scala e provenienti da altre parti d'Italia, ci ha dato la forza dell'identificazione che ci ha resi ancor più brillanti, insomma, suonavamo e cantavamo per conto di tutti.
A fine concerto, un sacco di persone presenti che non ci avevano ovviamente mai sentiti ci hanno fatto i complimenti, sinceri e non dovuti, così come tanti i complimenti anche dai componenti di altre band che si sono esibite.
Ero fiducioso sulla nostra accoglienza, ma la reazione è andata aldilà delle più ottimistiche aspettative.
Merito dei musicisti della band che hanno acquisito l'attitudine perfetta per i nostri generi musicali, con vero entusiasmo.
Il ringraziamento particolare al nostro manager Francesco Venuto che ha organizzato la trasferta ottimizzando al meglio e super mega ringraziamento al mio storico amico mod Andrea Napoli e a suo fratello Marco che ci hanno ospitati, sfamati, accompagnati e hanno collaborato sul palco e in tutta la logistica: senza di loro, credetemi assolutamente, non saremmo potuti andare a suonare al Mods Mayday 2025.
Grazie di cuore ai Napoli Brothers.
Sono riuscito a sentire almeno un po' brani di quasi tutte le altre band.
E vado in ordine sparso nel commentare tutte esibizioni di altissimo livello, a partire da Mark McGounden che mi ha "colpito" con una versione eccellente di "The girl that touch my soul" dei Makin'Time, fino alla bellissima "Step in back" suonata dai Threads.
Piacevolissima sorpresa live i Block33 e conferma di trend di valore assoluto per i fratelli Meynell cioè gli Squire e per gli Small World, che hanno nella voce di Chris Philipott un vero fiore all'occhiello.
I Big Boss Man sono sempre stati molto originali nei ritmi e negli arrangiamenti e dal vivo sono una vera bomba.
I Chords Uk hanno una carica e precisione degna del loro primo lavoro su disco di 45 anni fa', giusta la scelta di far iniziare loro, cioè inizio col botto.
E "col botto" erano anche i due artisti che ha non proseguito il concerto in sala 1.
Prima Rhoda Dakar, che non è più la ragazzina delle spumeggianti Body Snatchers,ma una cantante dalla voce pazzesca, carisma totale e una band superlativa.
Dopo di lei i più giovani cioè gli Sharp Class, che sono ulteriormente migliorati dallo scorso anno.
Un suono compatto, preciso e travolgente, una voce intonata da sembrare su disco, una professionalità e una tecnica che farà sicuramente di loro una delle migliori nuove band britanniche, anche al di fuori della scena mod.
Non ho sentito i New Street Adventure perché sono andato in sala 3 a sentire il dibattito condotto da Eddie Piller con Ian Page e dave Cairns, con tutti i posti esauriti e molto interesse e domande da parte del pubblico.
Ammetto che ho capito molto poco, purtroppo l'inglese non l'ho imparato (mia grossa lacuna), ma mi piaceva l'atmosfera e l'abilità e la competenza di Piller nel stimolare e raccontare di musica emerge comunque così l'evidente valore della storia e del significato di Ian & Dave e dei Secret Affair.
Tornavo in sala ad ascoltare i Purple Hearts, sempre più spumeggianti e carichi col passare degli anni, i loro brani sono dei veri gioielli del power pop ed è sempre un vero piacere ascoltarli.
Poi il concerto dei Secret Affair, che per me non è un concerto ma un vero e proprio rito e atto di fede musicale e ideologica della mia vita mod.
Non deludono mai.
Questa volta una scaletta fulminante con i brani dell'album "Glory Boys" suonati e cantati alla grande con quella maestria e credibilità che fa di loro la quintessenza dei musicisti mod, sia in senso storico che artistico.
Oltre ai brani del primo disco anche il capolavoro "One day in your life" e naturalmente una commovente "My world", brano talmente bello e importante che noi usiamo come sigla dei nostri concerti quando saliamo sul palco (ovviamente non lo abbiamo fatto al Mayday..).
Mentre risuonavano le ultime note della loro performance, noi ci spostavamo nell'altra sala per montare il nostro palco e in attesa della chitarra, del basso e della tastiera che la band ci ha gentilmente prestato e poi... si torna all'inizio di questo reportage.
Voglio ringraziare Adrian Gibson AGMP per averci invitati e averci dato questa grande opportunità e soddisfazione, Dave Cairns, Andrew Gilbert, Gary Walsh, Edwin Pearson dei Secret Affair per la disponibilità, Adam Cooper della Heavy Soul per la compilation e l'amico David Edwards per l'accoglienza, la presentazione e il supporto (ci rivediamo al raduno Mod Italiano a Cattolica il 26 e 27 settembre).
E adesso andiamo avanti nella solita e unica giusta direzione, cioè quella del Modernismo.
Come diceva il grande Demetrio dei Four By Art ?...
"E' bello essere mod".
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Ogni lunedì la mia rubrica "La musica che gira intorno" nelle pagine di www.piacenzasera.it
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
E' uscito il mio libro dedicato a Ringo Starr, "Ringo Starr. Batterista" per Low Edizioni.
Alla scoperta del batterista RINGO STARR attraverso l'analisi tecnica ed espressiva di tutti i brani in cui ha suonato (dai Beatles, ai live, alla carriera solista alle infinite collaborazioni).
Un pretesto per raccontare la sua vita artistica (anche attraverso un dettagliato percorso nella sua attività solista e cinematografica).
Franco Zanetti cura la prefazione, Giovanni Naska Deidda ci elenca tutte le batterie che ha suonato.
Per acquisto diretto: https://www.edizionilow.it/ringo-starr-batterista/
Prossime presentazioni:
Giovedì 5 giugno:
San Nicolò (Piacenza)
Biblioteca Comunale ore 21
Venerdì 27 giugno:
Fano
Passaggi Festival
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Il meglio del mese
giovedì, maggio 29, 2025
Dave Davies - A Hole in the Sock of Dave Davies / The Album That Never Was
DAVE DAVIES è, volenti o nolenti, sempre vissuto all'ombra artistica del fratello Ray.
Con una sorta di azzardato paragone un po' come il LennonMcCartney/Ray e il George Harrison/Dave.
Nel 1967 fu pianificato un suo album solista, idea a cui aderì senza troppo entusiasmo (a sua disposizione una manciata di brani, qualche cover blues e poco altro).
Fu pubblicato il primo singolo "Death Of A Clown" (suonato insieme ai Kinks, composto con l'aiuto di Ray) e inaspettatamente arrivò al terzo posto delle charts.
Ci riprovò allora con altri tre brani "Susannah's Still Alive", "Lincoln County" e "Hold My Hand" ma con scarsi risultati di classifica.
L'album non andò mai in porto e molti brani finirono nei dischi (o nelle B sides) dei Kinks.
L'album perduto fu pubblicato nel 1987, con il titolo "The Album That Never Was" o "A Hole in the Sock of (Dave Davies)", assemblando i brani che avrebbero potuto farne parte.
Ne risulta un lavoro di ottimo livello compositivo e qualitativo.
Dal 1980 in poi Dave Davies ha pubblicato una dozzina di album, tra prove soliste, collaborazioni, una colonna sonora.
Materiale sempre sopra la sufficienza, prevalentemente in chiave hard rock, mai di particolare valore.
In "I Will Be Me" troviamo ad aiutarlo Anti Flag, Jayhawks, Ty Segall, Chris Spedding ma con poco successo creativo.
Forse il meglio lo concede in "Rippin' Up Time" del 2014.
Da segnalare anche una sua, buona, versione di "My Generation" in un album tributo agli Who, "Who are You", del 2023 con Knox dei Vibrators e Rat Scabies dei Damned.
https://www.youtube.com/watch?v=E2RKl6nUImM&t=21s
Con una sorta di azzardato paragone un po' come il LennonMcCartney/Ray e il George Harrison/Dave.
Nel 1967 fu pianificato un suo album solista, idea a cui aderì senza troppo entusiasmo (a sua disposizione una manciata di brani, qualche cover blues e poco altro).
Fu pubblicato il primo singolo "Death Of A Clown" (suonato insieme ai Kinks, composto con l'aiuto di Ray) e inaspettatamente arrivò al terzo posto delle charts.
Ci riprovò allora con altri tre brani "Susannah's Still Alive", "Lincoln County" e "Hold My Hand" ma con scarsi risultati di classifica.
L'album non andò mai in porto e molti brani finirono nei dischi (o nelle B sides) dei Kinks.
L'album perduto fu pubblicato nel 1987, con il titolo "The Album That Never Was" o "A Hole in the Sock of (Dave Davies)", assemblando i brani che avrebbero potuto farne parte.
Ne risulta un lavoro di ottimo livello compositivo e qualitativo.
Dal 1980 in poi Dave Davies ha pubblicato una dozzina di album, tra prove soliste, collaborazioni, una colonna sonora.
Materiale sempre sopra la sufficienza, prevalentemente in chiave hard rock, mai di particolare valore.
In "I Will Be Me" troviamo ad aiutarlo Anti Flag, Jayhawks, Ty Segall, Chris Spedding ma con poco successo creativo.
Forse il meglio lo concede in "Rippin' Up Time" del 2014.
Da segnalare anche una sua, buona, versione di "My Generation" in un album tributo agli Who, "Who are You", del 2023 con Knox dei Vibrators e Rat Scabies dei Damned.
https://www.youtube.com/watch?v=E2RKl6nUImM&t=21s
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mercoledì, maggio 28, 2025
Identità sul dancefloor Northern Soul di Nicola Watchman Smith
Il recente video che accompagna il ritorno dei Pulp "Got To Have Love" (https://www.youtube.com/watch?v=c_xnLmRz6XM), incentrato su immagini dalle serate Northern Soul degli anni 70, mi ha indotto a riprendere un capitolo del mio libro "Northern Soul" pubblicato nel 2022 da Agenzia X.
Estratti dalla 14° conferenza del giugno 2007 a Città del Messico dell'Associazione Internazionale per lo studio della musica popolare.
Identità sul dancefloor Northern Soul
di Nicola Watchman Smith
Preside presso il Newcastle College University Centre, docente senior di sociologia presso la John Moores University di Liverpool e direttore del programma Humanities e docente senior in sociologia e media contemporanei presso la Cardiff Metropolitan University.
Attualmente divide la sua attività di ricerca tra lo studio delle culture musicali e l'impegno nell'istruzione superiore.
La danza è spesso considerata una pratica femminile.
Di conseguenza sostengo che la pista da ballo è spesso posizionata come una zona femminile.
Tuttavia, all'interno della scena Northern Soul, la danza è eseguita da maschi britannici bianchi, della classe operaia ed eterosessuali. Tale danza non è simile agli stili rock/punk di pogo o mosh né all'uso in coppia della danza come corteggiamento.
Il Northern Soul offre un esempio di come il maschile può essere rappresentato all'interno di uno stile di danza popolare controllato, autodidatta ed espressivo (se non spontaneo).
Il dancefloor del Northern Soul è uno spazio in cui esibirsi attraverso la rappresentazione, l'abbellimento e, probabilmente, la sfida delle modalità di associazione di genere.
In questo articolo si sostiene che i ballerini del Northern Soul, maschi eterosessuali, tentano di alterare lo spazio femminile della pista da ballo esagerando le qualità maschili stereotipate nella danza, situando così la pista da ballo del Northern Soul come un accettabile spazio maschile.
La sfida alla femminilità tradizionale di questo spazio e il presunto raggiungimento del dominio maschile di questa pista da ballo consente la creazione, la performance e il mantenimento dell'identità maschile.
Le domande su come la danzatrice risponde a questo presunto dominio maschile sono discusse anche in relazione all'identità femminile Northern Soul e alla sua presenza fisica e performance sulla pista da ballo.
Questo articolo esamina il potenziale e i metodi per risolvere le richieste contraddittorie della pista da ballo come spazio per esibirsi, abbracciare il genere e dimostrare impegno per la scena Northern Soul attraverso la danza.
Il Northern Soul è prevalentemente una cultura del ballo.
Lo stile unico del ballo acrobatico è considerato una, se non la, caratteristica più identificabile della scena, soprattutto perché la musica è in gran parte sconosciuta a coloro che ne sono al di fuori e perché lo stile generale della musica è molto simile alla Motown e più genericamente al soul degli anni Sessanta. Il Northern Soul è una variante veloce di tale musica soul.
L'up-tempo detta una distinzione della modalità musicale, ma ha anche portato alla formazione di uno stile di danza abbastanza diverso dal modo in cui la generica musica soul sarebbe (è) ballata.
Si prega di notare che gli standard come lo shuffle, simile al ballo dei mod e alla danza R&B, che sono evidenti nel Northern Soul qui si verificano insieme ai tratti estremi della danza come backflop, rotazioni e varianti sul lavoro a terra che sembrano simili alla break-dance per esempio ruotando sul posto in posizione accovacciata. Due cose dovrebbero essere chiarite sugli stili acrobatici estremi del ballo Northern Soul. Innanzitutto, sebbene tali acrobazie siano considerate stereotipi del Northern Soul, non sono l'unico metodo di danza e non vengono utilizzati continuamente durante una singola sessione di ballo.
Intendo per sessione di ballo la lunghezza di un brano. Questo perché i fan del Northern Soul (i soulies ) scelgono di rimanere in pista quando hanno ascoltato le prime note di una canzone e non rimangono continuamente sulla pista da ballo ma selezionano le canzoni su cui ballare. In secondo luogo, poiché gli attuali partecipanti sono invecchiati, la loro capacità di danze più acrobatiche e sostenute è diminuita (ma non si è in alcun modo estinta). Detto questo, bisogna rendersi conto che mentre spiego che gli stili di danza sono cambiati nel tempo, è anche il caso che l'arrivo di nuove varianti di danza dalla rinascita della scena degli anni '90 sia stato limitato (inesistente, forse).
I giovani esordienti eseguono quindi una versione retrò della danza Northern Soul, di solito del periodo di massimo splendore degli anni '70; i fan esistenti si attengono alla variante di danza con cui hanno più familiarità, sia come metodo per mostrare l'esperienza (il modo di ballare indica il periodo in cui ti sei unito alla scena), sia per esibirti in modo competitivo, che significa proporti al meglio affinché i partecipanti si attengano a ciò che sanno, anche se non possono esibirsi come una volta.
Il ballo è tradizionalmente un passatempo femminile.
La pista da ballo di cui parlo è quindi concepita come una zona femminile, un luogo in cui le donne si sentono a loro agio, competenti e familiari: sono felici, preparate e, in molti modi, attese per la loro esibizione.
Considerando i club working class degli anni '70, uno spazio non dissimile dalla scena Northern Soul del nord inglese, operaia, bianca, eterosessuale: gli uomini occupano il bar, le donne la pista da ballo.
Quando gli uomini ballano, lo fanno dopo aver bevuto un drink e per attirare le donne su cui hanno puntato gli occhi. Un argomento simile arriva dalla scena rave: uomini bianchi ed eterosessuali ballano dopo aver preso l'ecstasy. Presumibilmente il rave è stato il primo esempio di uomini bianchi ed etero della classe operaia che sono entrati nella pista da ballo senza l'obiettivo del corteggiamento, ma il Northern Soul lo faceva più di un decennio prima.
Allora cosa faceva ballare gli uomini del Northern Soul?
Certo, prendevano un sacco di anfetamine, ma probabilmente l'uso di droghe ha funzionato per mantenere gli uomini sulla pista da ballo per non iniziarli alla danza come è successo con il connubio di rave ed ecstasy.
Io paragono il desiderio di ballare con il desiderio di autenticità nel Northern Soul. Proprio come i membri della scena volevano avere dischi che mostrassero la conoscenza dell'America nera degli anni '60, così facevano con il ballo. Ma questo non era il caso dei fan del Northern Soul che semplicemente copiavano gli stili di ballo del black soul (i dischi Northern erano troppo veloci per questo, un tale tempo indicava il desiderio di essere distinti dagli standard precedenti). Detto questo, l'autenticità del Northern Soul è conoscere la storia del patrimonio musicale che la scena, attraverso rituali unici di appartenenza, ha distorto. I soulies dovevano ballare perché è quello che hai fatto con il soul (R&B, musica mod).
Ma volevano la loro scena, quindi la danza doveva essere unica, da qui le acrobazie. Ok, quindi i soulies stavano ballando. Ma come affrontano l'occupazione del dancefloor femminile?
Ritengo che i ballerini maschi abbiano mascolinizzato la danza nel Northern Soul, mostrando così allo stesso tempo autenticità (ballando) mentre superano il problema dello spazio di genere (rendendo maschile il dancefloor attraverso lo stile della danza).
Il Northern Soul è uno stile di danza solista.
È quindi, a causa dell'assenza di contatto fisico con qualsiasi altra persona sulla pista da ballo, abbastanza lontano dall'idea che la danza sia corteggiamento.
Detto questo, lo status raggiunto ballando bene, un concetto fondamentale nel Northern Soul, è potenzialmente una forma di acquisizione di interesse da potenziali partner sessuali.
Il ballo da solista rimuove il corteggiamento sulla pista, ma consente una postura da pavone tramite la danza. Il fatto che i ballerini abbiano il loro spazio in cui esibirsi nella loro unicità consente a tali balli di avere come spettatori altri soulies. Nel rave la danza è mascherata all'interno di un fiorente corpo di unità, tutti i ballerini si muovono come un corpo unico al ritmo del DJ. Nel Northern Soul la scelta di ballare, la perfezione degli stili di danza, la considerazione e il controllo di ogni passo di danza, la consapevolezza di essere in mostra ai tuoi coetanei (non nascosto tra i tanti) e il fatto che il tuo status sulla scena sarà giudicato, alterato e potenzialmente creato o perso a causa della risposta che la tua esibizione ottiene dai tuoi coetanei spettatori significa che il ballo Northern Soul è competitivo.
Il ballo Northern Soul è autodidatta, praticato, specifico per scena ed epoca, espressivo ma solo spontaneo entro i confini delle regole della scena.
Il fatto che la partecipazione al ballo dichiari un serio coinvolgimento, erode ogni ipotesi che i maschi portano in pista sia una spensierata espressione di frivolezza. Questa serietà nel mostarsi complica ulteriormente l'uso maschile dello spazio femminile. Il ballo Northern Soul è ritmico, emotivo, appassionato, colto e soprattutto serio: non si tratta semplicemente di saltare con la musica come mosh e pogo come fanno i maschi punk e rock sulle loro piste da ballo. Quindi quali metodi usano i ballerini del Northern Soul per mascolinizzare lo spazio della pista da ballo?
In parole povere, quelli che possiedono attributi maschili stereotipati.
Va sottolineato che tali attributi non sono vuoti per le donne o essenziali per gli uomini, ma sono coinvolti nei discorsi su cosa sia la scena del Northern Soul.
Uno: la competizione: come sottolineato sopra la competizione è centrale. L'atto di essere i migliori è dimostrato attraverso “lo spettacolo di danza del pavone” proprio come i negozianti mostrano i loro dischi in modo competitivo, gli intenditori raccontano le loro competenze in modo competitivo, i DJ mostrano collezioni e propongono la loro musica in modo competitivo sul dancefloor agli altri DJ. Non si tratta solo di essere i migliori, ma di recitare l'appartenenza alla scena con convinzione e nel rispetto dell'autenticità della scena (per le regole dell'appartenenza).
Due: i passi di danza e la durata del tempo trascorso a ballare tutta la notte e tutto il giorno (alcuni uno dietro l'altro) sono immensi.
In quanto tale, la forza e la resistenza impiegate nella danza Northern Soul appartengono alla mascolinità. Tre: relativo alla forza e alla resistenza, è l'esibizione della fisicità.
Le acrobazie del Northern Soul richiedono competenza, abilità, forza e inducono sudorazione. Il cambio di vestiti e l'uso del deodorante per tutta la notte era un aspetto essenziale del rituale della scena, indicativo della fisicità della danza. Tale fisicità porta a uno spettacolo di danza un po' crudo (ma non animalesco in quanto lontano dall'abbandono edonistico, sempre controllato). Il quarto elemento della mascolinizzazione era l'assorbimento delle arti marziali negli stili di danza. Probabilmente un altro metodo per definire il Northern Soul come distinto dagli stili di ballo soul, mod e R&B che lo hanno preceduto, è che lo stile ispirato alle arti marziali produce il Northern Soul come unico e in linea con le tendenze del Regno Unito degli anni Settanta, una forma di danza mascolinizzata. Il film Enter the Dragon (I tre dell'operazione drago di Robert Clouse con Bruce Lee) nel 1973 entra nei cinema e introduce un pubblico occidentale alle arti marziali e all'esibizione controllata e maschile dell'individualità – non macho, ma incarnando una virilità solista (il piccolo uomo reso potente).
Che dire delle ballerine di Northern Soul?
Teorici del rave posizionano la club culture come un metodo per le donne per scappare di casa, per liberarsi dal mercato del bestiame ipersessualizzato del pun e del club e quindi consentire alle donne di sentirsi sicure, a proprio agio e quindi sperimentare la libertà di essere se stesse al di là dello sguardio del maschio. Questi sono gli anni Novanta.
Tuttavia, il Northern Soul si è sviluppato due decenni prima del rave, quindi questa analisi del rave è rilevante per il Northern Soul? Se è così, implica che le donne durante le serate Northern Soul fossero limitate dallo stereotipo di genere e dallo sguardo maschile. È vero? Ed è questo che volevano le donne? Quello è un campo minato. Il Northern Soul è orgoglioso di essere una scena unica, separata dalle varianti statiche e mainstream di disco, pub e club nell'Inghilterra degli anni Settanta.
Tuttavia, il Northern Soul è prevalentemente una scena maschile, in termini di presenza maschile sulla pista da ballo, il tutto ampiamente documentato tramite TV, radio, DJ, siti Web, fanzine, riviste, tutte prodotte prevalentemente da uomini. Inoltre il collezionismo di dischi è un'attività maschile. Se il Northern Soul non è altro che una scena dance è anche una scena da collezione di dischi. Ma le donne celebrano la scena, hanno perseverato insieme e all'interno di essa come le loro controparti maschili e hanno continuato a ballare. Ciò su cui sto indagando è il ruolo della danza come ricerca di genere. In che misura la pista da ballo è uno spazio femminile, perché allora gli uomini ballano il Northern Soul, come hanno superato la femminilizzazione dello spazio della pista da ballo per raggiungere il predominio maschile enella scena e, in definitiva, sono le donne a ballare per un motivo diverso? La danza femminile è diversa nel Northern Soul? Ballare è un passatempo femminile, una fantasia di cambiamento, fuga e successo per ragazze e giovani donne che altrimenti sarebbero circondate da opportunità di svago molto più banali e limitanti.
Cultura privata della femminilità che si svolge fuori dallo sguardo preoccupato dei guardiani morali e dentro lo spazio protetto della casa. Poiché i ragazzi nelle sottoculture giovanili sono stati più vicini alla musica in senso tecnico, così sono stati anche più vicini alla danza.
Il problema è che si pone un modello statico e sessualmente diviso che di fatto non riflette il coinvolgimento attivo di ragazze e ragazzi nella danza e nelle diverse culture dei club.
Storicamente la routine era dominata dagli uomini che sceglievano le ragazze (le più belle) con cui ballare.
Se un maschio non sceglieva una femmina, lei non ballava.
Le ragazze sono riuscite progressivamente a evitare questi rituali facendo nella discoteca la loro attività da sole, non si sentivano a disagio nel ballare, né avevano bisogno di adottare le loro strategie difensive più usuali.
In effetti questa è stata l'unica occasione in cui tutte le barriere sono state abbattute. Le ragazze erano immerse in quella che era un'attività assolutamente piacevole.
Il Northern Soul per le donne tende ad essere più femminile: vortici, giri (che, con le gonne lunghe e larghe mostrano le mutande) alcuni calci ma una notevole assenza di backflop, lavori a terra e altre acrobazie.
Nel Northern Soul ballare è l'obiettivo primario, come mi hanno più volte detto gli intervistati – uomini e donne – lo scopo di partecipare agli eventi è ballare. Per trovare un appuntamento si va in altri tipi di club e discoteche, agli All Nighters non hai altre distrazioni se non nei dischi.
Sto sostenendo che la pista da ballo è sempre stata uno spazio per le donne. Quindi le donne nel Northern Soul sono sotto lo sguardo maschile? E se sì, perché si sentono a loro agio?
A questa complicata domanda propongo che le ballerine siano consapevoli che l'attenzione sessuale non è lo scopo di partecipare agli eventi proprio come le ravers hanno realizzato decenni dopo. Inoltre il Northern Soul ha il discorso dello spettatore. Essere guardati è attraente; è un percorso verso l'appartenenza e, successivamente, verso lo stato di rilevanza paritaria. Se balli bene sei un eletto ma questo succede solo se le persone possono assistere alla tua esibizione.
Ma, come mi ha spiegato una delle mie intervistate, Susan, le donne, sebbene in grado di eguagliare le acrobazie degli uomini, non desiderano ballare in quel modo.
Le donne hanno la capacità, ma sono disinteressate alle esibizioni competitive.
Sono ugualmente in primo piano ma meno rispetto alle modalità maschili.
Le donne ballano per piacere.
È una conclusione debole? No, le donne si sentono a loro agio con lo spazio, sono sicure nella consapevolezza che ballano bene e, quando la fantasia le prende, si esibiscono nel ballo in modo competitivo (vincendo gare di ballo per esempio) e non hanno nulla da dimostrare sul fatto di essere sulla pista da ballo - gli uomini pensano di sì.
Le donne non collezionano dischi né ballano costantemente in modo competitivo, le donne non sono competitive?
La mia risposta è che nel caso del Northern Soul non è necessario che lo siano. Le donne hanno espressione di sé e piacere di sé: una sensazione autoerotica sulla pista da ballo. Un piacere sessuale incentrato su se stesse.
La sensualità della danza non è così evidente nel Northern Soul come forse nel rave, forse a causa della mancanza di spontaneità e della rigorosa esibizione solista. Detto questo però il potenziale narcisistico della danza è evidente nell'essere bravi a ballare e nell'essere “in mostra”. Sebbene essere un oggetto negli occhi di qualcun altro è problematico, una tale esibizione per gli altri è attraente per molte ballerine. Se le donne si sentono al sicuro sulla pista da ballo e hanno un'idea di chi le sta guardando, allora essere guardate è piacevole.
Il discorso non sessualizzato nel Northern Soul lo permette.
Essere guardati non ha nulla a che fare con l'essere presi in braccio, o dove questo potrebbe portare, ma un'opportunità per essere un sé più sessualizzato o la possibilità di interpretare un modo più affascinante di femminilità.
Per le raver la danza era “mettersi in scena per se stessa” e il “piacere di potersi esibire”. Il ballo nel rave, e sostengo anche nel Northern Soul, è per le donne essere viste e quindi sperimentare se stesse sotto una luce diversa.
A questo aggiungo che non si tratta solo di mostrarsi, ma di avere fiducia in quello spettacolo, quindi sentirsi competenti sulla pista da ballo è una ricerca tanto femminile quanto maschile.
Ma nel Northern Soul il maschio è competitivo, la femmina a suo agio come conseguenza dell'associazione con lo spazio della pista da ballo.
Identità sul dancefloor Northern Soul
di Nicola Watchman Smith
Preside presso il Newcastle College University Centre, docente senior di sociologia presso la John Moores University di Liverpool e direttore del programma Humanities e docente senior in sociologia e media contemporanei presso la Cardiff Metropolitan University.
Attualmente divide la sua attività di ricerca tra lo studio delle culture musicali e l'impegno nell'istruzione superiore.
La danza è spesso considerata una pratica femminile.
Di conseguenza sostengo che la pista da ballo è spesso posizionata come una zona femminile.
Tuttavia, all'interno della scena Northern Soul, la danza è eseguita da maschi britannici bianchi, della classe operaia ed eterosessuali. Tale danza non è simile agli stili rock/punk di pogo o mosh né all'uso in coppia della danza come corteggiamento.
Il Northern Soul offre un esempio di come il maschile può essere rappresentato all'interno di uno stile di danza popolare controllato, autodidatta ed espressivo (se non spontaneo).
Il dancefloor del Northern Soul è uno spazio in cui esibirsi attraverso la rappresentazione, l'abbellimento e, probabilmente, la sfida delle modalità di associazione di genere.
In questo articolo si sostiene che i ballerini del Northern Soul, maschi eterosessuali, tentano di alterare lo spazio femminile della pista da ballo esagerando le qualità maschili stereotipate nella danza, situando così la pista da ballo del Northern Soul come un accettabile spazio maschile.
La sfida alla femminilità tradizionale di questo spazio e il presunto raggiungimento del dominio maschile di questa pista da ballo consente la creazione, la performance e il mantenimento dell'identità maschile.
Le domande su come la danzatrice risponde a questo presunto dominio maschile sono discusse anche in relazione all'identità femminile Northern Soul e alla sua presenza fisica e performance sulla pista da ballo.
Questo articolo esamina il potenziale e i metodi per risolvere le richieste contraddittorie della pista da ballo come spazio per esibirsi, abbracciare il genere e dimostrare impegno per la scena Northern Soul attraverso la danza.
Il Northern Soul è prevalentemente una cultura del ballo.
Lo stile unico del ballo acrobatico è considerato una, se non la, caratteristica più identificabile della scena, soprattutto perché la musica è in gran parte sconosciuta a coloro che ne sono al di fuori e perché lo stile generale della musica è molto simile alla Motown e più genericamente al soul degli anni Sessanta. Il Northern Soul è una variante veloce di tale musica soul.
L'up-tempo detta una distinzione della modalità musicale, ma ha anche portato alla formazione di uno stile di danza abbastanza diverso dal modo in cui la generica musica soul sarebbe (è) ballata.
Si prega di notare che gli standard come lo shuffle, simile al ballo dei mod e alla danza R&B, che sono evidenti nel Northern Soul qui si verificano insieme ai tratti estremi della danza come backflop, rotazioni e varianti sul lavoro a terra che sembrano simili alla break-dance per esempio ruotando sul posto in posizione accovacciata. Due cose dovrebbero essere chiarite sugli stili acrobatici estremi del ballo Northern Soul. Innanzitutto, sebbene tali acrobazie siano considerate stereotipi del Northern Soul, non sono l'unico metodo di danza e non vengono utilizzati continuamente durante una singola sessione di ballo.
Intendo per sessione di ballo la lunghezza di un brano. Questo perché i fan del Northern Soul (i soulies ) scelgono di rimanere in pista quando hanno ascoltato le prime note di una canzone e non rimangono continuamente sulla pista da ballo ma selezionano le canzoni su cui ballare. In secondo luogo, poiché gli attuali partecipanti sono invecchiati, la loro capacità di danze più acrobatiche e sostenute è diminuita (ma non si è in alcun modo estinta). Detto questo, bisogna rendersi conto che mentre spiego che gli stili di danza sono cambiati nel tempo, è anche il caso che l'arrivo di nuove varianti di danza dalla rinascita della scena degli anni '90 sia stato limitato (inesistente, forse).
I giovani esordienti eseguono quindi una versione retrò della danza Northern Soul, di solito del periodo di massimo splendore degli anni '70; i fan esistenti si attengono alla variante di danza con cui hanno più familiarità, sia come metodo per mostrare l'esperienza (il modo di ballare indica il periodo in cui ti sei unito alla scena), sia per esibirti in modo competitivo, che significa proporti al meglio affinché i partecipanti si attengano a ciò che sanno, anche se non possono esibirsi come una volta.
Il ballo è tradizionalmente un passatempo femminile.
La pista da ballo di cui parlo è quindi concepita come una zona femminile, un luogo in cui le donne si sentono a loro agio, competenti e familiari: sono felici, preparate e, in molti modi, attese per la loro esibizione.
Considerando i club working class degli anni '70, uno spazio non dissimile dalla scena Northern Soul del nord inglese, operaia, bianca, eterosessuale: gli uomini occupano il bar, le donne la pista da ballo.
Quando gli uomini ballano, lo fanno dopo aver bevuto un drink e per attirare le donne su cui hanno puntato gli occhi. Un argomento simile arriva dalla scena rave: uomini bianchi ed eterosessuali ballano dopo aver preso l'ecstasy. Presumibilmente il rave è stato il primo esempio di uomini bianchi ed etero della classe operaia che sono entrati nella pista da ballo senza l'obiettivo del corteggiamento, ma il Northern Soul lo faceva più di un decennio prima.
Allora cosa faceva ballare gli uomini del Northern Soul?
Certo, prendevano un sacco di anfetamine, ma probabilmente l'uso di droghe ha funzionato per mantenere gli uomini sulla pista da ballo per non iniziarli alla danza come è successo con il connubio di rave ed ecstasy.
Io paragono il desiderio di ballare con il desiderio di autenticità nel Northern Soul. Proprio come i membri della scena volevano avere dischi che mostrassero la conoscenza dell'America nera degli anni '60, così facevano con il ballo. Ma questo non era il caso dei fan del Northern Soul che semplicemente copiavano gli stili di ballo del black soul (i dischi Northern erano troppo veloci per questo, un tale tempo indicava il desiderio di essere distinti dagli standard precedenti). Detto questo, l'autenticità del Northern Soul è conoscere la storia del patrimonio musicale che la scena, attraverso rituali unici di appartenenza, ha distorto. I soulies dovevano ballare perché è quello che hai fatto con il soul (R&B, musica mod).
Ma volevano la loro scena, quindi la danza doveva essere unica, da qui le acrobazie. Ok, quindi i soulies stavano ballando. Ma come affrontano l'occupazione del dancefloor femminile?
Ritengo che i ballerini maschi abbiano mascolinizzato la danza nel Northern Soul, mostrando così allo stesso tempo autenticità (ballando) mentre superano il problema dello spazio di genere (rendendo maschile il dancefloor attraverso lo stile della danza).
Il Northern Soul è uno stile di danza solista.
È quindi, a causa dell'assenza di contatto fisico con qualsiasi altra persona sulla pista da ballo, abbastanza lontano dall'idea che la danza sia corteggiamento.
Detto questo, lo status raggiunto ballando bene, un concetto fondamentale nel Northern Soul, è potenzialmente una forma di acquisizione di interesse da potenziali partner sessuali.
Il ballo da solista rimuove il corteggiamento sulla pista, ma consente una postura da pavone tramite la danza. Il fatto che i ballerini abbiano il loro spazio in cui esibirsi nella loro unicità consente a tali balli di avere come spettatori altri soulies. Nel rave la danza è mascherata all'interno di un fiorente corpo di unità, tutti i ballerini si muovono come un corpo unico al ritmo del DJ. Nel Northern Soul la scelta di ballare, la perfezione degli stili di danza, la considerazione e il controllo di ogni passo di danza, la consapevolezza di essere in mostra ai tuoi coetanei (non nascosto tra i tanti) e il fatto che il tuo status sulla scena sarà giudicato, alterato e potenzialmente creato o perso a causa della risposta che la tua esibizione ottiene dai tuoi coetanei spettatori significa che il ballo Northern Soul è competitivo.
Il ballo Northern Soul è autodidatta, praticato, specifico per scena ed epoca, espressivo ma solo spontaneo entro i confini delle regole della scena.
Il fatto che la partecipazione al ballo dichiari un serio coinvolgimento, erode ogni ipotesi che i maschi portano in pista sia una spensierata espressione di frivolezza. Questa serietà nel mostarsi complica ulteriormente l'uso maschile dello spazio femminile. Il ballo Northern Soul è ritmico, emotivo, appassionato, colto e soprattutto serio: non si tratta semplicemente di saltare con la musica come mosh e pogo come fanno i maschi punk e rock sulle loro piste da ballo. Quindi quali metodi usano i ballerini del Northern Soul per mascolinizzare lo spazio della pista da ballo?
In parole povere, quelli che possiedono attributi maschili stereotipati.
Va sottolineato che tali attributi non sono vuoti per le donne o essenziali per gli uomini, ma sono coinvolti nei discorsi su cosa sia la scena del Northern Soul.
Uno: la competizione: come sottolineato sopra la competizione è centrale. L'atto di essere i migliori è dimostrato attraverso “lo spettacolo di danza del pavone” proprio come i negozianti mostrano i loro dischi in modo competitivo, gli intenditori raccontano le loro competenze in modo competitivo, i DJ mostrano collezioni e propongono la loro musica in modo competitivo sul dancefloor agli altri DJ. Non si tratta solo di essere i migliori, ma di recitare l'appartenenza alla scena con convinzione e nel rispetto dell'autenticità della scena (per le regole dell'appartenenza).
Due: i passi di danza e la durata del tempo trascorso a ballare tutta la notte e tutto il giorno (alcuni uno dietro l'altro) sono immensi.
In quanto tale, la forza e la resistenza impiegate nella danza Northern Soul appartengono alla mascolinità. Tre: relativo alla forza e alla resistenza, è l'esibizione della fisicità.
Le acrobazie del Northern Soul richiedono competenza, abilità, forza e inducono sudorazione. Il cambio di vestiti e l'uso del deodorante per tutta la notte era un aspetto essenziale del rituale della scena, indicativo della fisicità della danza. Tale fisicità porta a uno spettacolo di danza un po' crudo (ma non animalesco in quanto lontano dall'abbandono edonistico, sempre controllato). Il quarto elemento della mascolinizzazione era l'assorbimento delle arti marziali negli stili di danza. Probabilmente un altro metodo per definire il Northern Soul come distinto dagli stili di ballo soul, mod e R&B che lo hanno preceduto, è che lo stile ispirato alle arti marziali produce il Northern Soul come unico e in linea con le tendenze del Regno Unito degli anni Settanta, una forma di danza mascolinizzata. Il film Enter the Dragon (I tre dell'operazione drago di Robert Clouse con Bruce Lee) nel 1973 entra nei cinema e introduce un pubblico occidentale alle arti marziali e all'esibizione controllata e maschile dell'individualità – non macho, ma incarnando una virilità solista (il piccolo uomo reso potente).
Che dire delle ballerine di Northern Soul?
Teorici del rave posizionano la club culture come un metodo per le donne per scappare di casa, per liberarsi dal mercato del bestiame ipersessualizzato del pun e del club e quindi consentire alle donne di sentirsi sicure, a proprio agio e quindi sperimentare la libertà di essere se stesse al di là dello sguardio del maschio. Questi sono gli anni Novanta.
Tuttavia, il Northern Soul si è sviluppato due decenni prima del rave, quindi questa analisi del rave è rilevante per il Northern Soul? Se è così, implica che le donne durante le serate Northern Soul fossero limitate dallo stereotipo di genere e dallo sguardo maschile. È vero? Ed è questo che volevano le donne? Quello è un campo minato. Il Northern Soul è orgoglioso di essere una scena unica, separata dalle varianti statiche e mainstream di disco, pub e club nell'Inghilterra degli anni Settanta.
Tuttavia, il Northern Soul è prevalentemente una scena maschile, in termini di presenza maschile sulla pista da ballo, il tutto ampiamente documentato tramite TV, radio, DJ, siti Web, fanzine, riviste, tutte prodotte prevalentemente da uomini. Inoltre il collezionismo di dischi è un'attività maschile. Se il Northern Soul non è altro che una scena dance è anche una scena da collezione di dischi. Ma le donne celebrano la scena, hanno perseverato insieme e all'interno di essa come le loro controparti maschili e hanno continuato a ballare. Ciò su cui sto indagando è il ruolo della danza come ricerca di genere. In che misura la pista da ballo è uno spazio femminile, perché allora gli uomini ballano il Northern Soul, come hanno superato la femminilizzazione dello spazio della pista da ballo per raggiungere il predominio maschile enella scena e, in definitiva, sono le donne a ballare per un motivo diverso? La danza femminile è diversa nel Northern Soul? Ballare è un passatempo femminile, una fantasia di cambiamento, fuga e successo per ragazze e giovani donne che altrimenti sarebbero circondate da opportunità di svago molto più banali e limitanti.
Cultura privata della femminilità che si svolge fuori dallo sguardo preoccupato dei guardiani morali e dentro lo spazio protetto della casa. Poiché i ragazzi nelle sottoculture giovanili sono stati più vicini alla musica in senso tecnico, così sono stati anche più vicini alla danza.
Il problema è che si pone un modello statico e sessualmente diviso che di fatto non riflette il coinvolgimento attivo di ragazze e ragazzi nella danza e nelle diverse culture dei club.
Storicamente la routine era dominata dagli uomini che sceglievano le ragazze (le più belle) con cui ballare.
Se un maschio non sceglieva una femmina, lei non ballava.
Le ragazze sono riuscite progressivamente a evitare questi rituali facendo nella discoteca la loro attività da sole, non si sentivano a disagio nel ballare, né avevano bisogno di adottare le loro strategie difensive più usuali.
In effetti questa è stata l'unica occasione in cui tutte le barriere sono state abbattute. Le ragazze erano immerse in quella che era un'attività assolutamente piacevole.
Il Northern Soul per le donne tende ad essere più femminile: vortici, giri (che, con le gonne lunghe e larghe mostrano le mutande) alcuni calci ma una notevole assenza di backflop, lavori a terra e altre acrobazie.
Nel Northern Soul ballare è l'obiettivo primario, come mi hanno più volte detto gli intervistati – uomini e donne – lo scopo di partecipare agli eventi è ballare. Per trovare un appuntamento si va in altri tipi di club e discoteche, agli All Nighters non hai altre distrazioni se non nei dischi.
Sto sostenendo che la pista da ballo è sempre stata uno spazio per le donne. Quindi le donne nel Northern Soul sono sotto lo sguardo maschile? E se sì, perché si sentono a loro agio?
A questa complicata domanda propongo che le ballerine siano consapevoli che l'attenzione sessuale non è lo scopo di partecipare agli eventi proprio come le ravers hanno realizzato decenni dopo. Inoltre il Northern Soul ha il discorso dello spettatore. Essere guardati è attraente; è un percorso verso l'appartenenza e, successivamente, verso lo stato di rilevanza paritaria. Se balli bene sei un eletto ma questo succede solo se le persone possono assistere alla tua esibizione.
Ma, come mi ha spiegato una delle mie intervistate, Susan, le donne, sebbene in grado di eguagliare le acrobazie degli uomini, non desiderano ballare in quel modo.
Le donne hanno la capacità, ma sono disinteressate alle esibizioni competitive.
Sono ugualmente in primo piano ma meno rispetto alle modalità maschili.
Le donne ballano per piacere.
È una conclusione debole? No, le donne si sentono a loro agio con lo spazio, sono sicure nella consapevolezza che ballano bene e, quando la fantasia le prende, si esibiscono nel ballo in modo competitivo (vincendo gare di ballo per esempio) e non hanno nulla da dimostrare sul fatto di essere sulla pista da ballo - gli uomini pensano di sì.
Le donne non collezionano dischi né ballano costantemente in modo competitivo, le donne non sono competitive?
La mia risposta è che nel caso del Northern Soul non è necessario che lo siano. Le donne hanno espressione di sé e piacere di sé: una sensazione autoerotica sulla pista da ballo. Un piacere sessuale incentrato su se stesse.
La sensualità della danza non è così evidente nel Northern Soul come forse nel rave, forse a causa della mancanza di spontaneità e della rigorosa esibizione solista. Detto questo però il potenziale narcisistico della danza è evidente nell'essere bravi a ballare e nell'essere “in mostra”. Sebbene essere un oggetto negli occhi di qualcun altro è problematico, una tale esibizione per gli altri è attraente per molte ballerine. Se le donne si sentono al sicuro sulla pista da ballo e hanno un'idea di chi le sta guardando, allora essere guardate è piacevole.
Il discorso non sessualizzato nel Northern Soul lo permette.
Essere guardati non ha nulla a che fare con l'essere presi in braccio, o dove questo potrebbe portare, ma un'opportunità per essere un sé più sessualizzato o la possibilità di interpretare un modo più affascinante di femminilità.
Per le raver la danza era “mettersi in scena per se stessa” e il “piacere di potersi esibire”. Il ballo nel rave, e sostengo anche nel Northern Soul, è per le donne essere viste e quindi sperimentare se stesse sotto una luce diversa.
A questo aggiungo che non si tratta solo di mostrarsi, ma di avere fiducia in quello spettacolo, quindi sentirsi competenti sulla pista da ballo è una ricerca tanto femminile quanto maschile.
Ma nel Northern Soul il maschio è competitivo, la femmina a suo agio come conseguenza dell'associazione con lo spazio della pista da ballo.
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