Una rubrica (che nel titolo cita un racconto di Raymond Carver) che cerca di definire ciò di cui parliamo quando parliamo di musica.
Ovvero una visione personale di quello che è la musica oggi in tutte le sue componenti (dischi/album, concerti, registrazione,video, etichette, distribuzione, promozione etc)
Nelle foto: la PFM, gli Afterhours, l'Equipe 84 e , scusate l'autocitazione, i nOt Moving nel 1984 prima di Johnny Thunders.
Includendo il controverso e non ancora maturo primo periodo beat e il pionieristico rock n roll di fine anni 50 il ROCK ITALIANO (nella consueta accezione più larga possibile) ha passato abbondantemente i 50 anni di età.
Una maturità raggiunta da parecchio direi e dalla quale ci saremmo aspettati buoni frutti.
Che non sono mancati: l’elenco di buoni album e ottimi gruppi è lungo ed ognuno avrà sicuramente una lista probante in tal senso.
Rimane il fatto incontrovertibile che il “rock italiano” non vale un due di coppe nel momento in cui usciamo dai patrii confini.
E se nella Penisola i gruppi che vendono un po’ di copie e riempiono i locali si contano sulle dita di una mano all’estero l’Italia rock non esiste.
Per carità, ci sono gruppi che vanno in tour, stampano dischi all’estero, hanno un seguito in qualche paese, ma da 50 anni a questa parte (con sporadiche eccezioni: la PFM dei 70’s, gli attuali Lacuna Coil e Bloody Beetrots o i “casi” dei Jennifer Gentle su Sub Pop, gli Uzeda con la Touch ad Go, gli Ufomammut con la Neurot per fare qualche esempio) non siamo riusciti ad esportare un solo gruppo di livello mondiale (nemmeno europeo), a far conoscere la musica nostrana se non in ambiti di nicchia (vedi la scena hardcore punk dei primi 80’s).
Dove, al contrario, per citare qualche nome, ci sono riusciti i francesi (Mano Negra, Manu Chao, Negresses Vertes), i tedeschi (la scena kraut rock, Kraftwerk o Rammstein), gli scandinavi (dai Motorpsycho alla ricca scena garage e rock svedese), i belgi (Deus), olandesi (Shocking Blue su tutti).
Forse il rock italiano non è morto ma nessuno si è accorto che sia nato.
lunedì, ottobre 15, 2012
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Strano,anche perche'il marchio Made in Italy ha sempre rappresentato stile,eleganza e originalita'se non garanzia assoluta...almeno nel settore tessile,automobilistico e motociclistico,alimentare e sportivo.A livello musicale se chiedi qui in Inghilterra ti rispondono "Pavarotti" o se ti va bene "Boccelli". Paul67
RispondiEliminaChi mi consiglia un libro valido sul GLAM?
RispondiEliminagrazie casula
C
Bellissima foto del principe Vandelli (e di Lilith!)
RispondiEliminaC
Gruppi validissimi ce ne sono e ce ne sono stati.
RispondiEliminaSulle riviste più importanti (da NME a Mojo, da Spin a Pitchfork) finiscono gruppi di tutto il mondo, dall'Africa, all'Asia al Sudamerica...quando , una volta l'anno ci arriva un gruppo italiano (vedi i recenti esempi di Giuda e Calibro 35) si grida al miracolo.
che il "rock italiano" sia quasi del tutto ignorato all'estero è un fatto. siamo un buco nero nel panorama europeo come i polacchi e gli svizzeri. perché? forse perché la nostra cultura, non solo musicale, è sempre stata molto distante da quella anglosassone e, alla fine, restiamo poco credibili quando facciamo cose così lontane dal nostro way of life. e quando dico way of life ci metto dentro anche che da noi i teen-agers hanno circa quarant'anni e vivono con la mammina. non esattamente ispirati al modello johnny thunders...
RispondiEliminam.
Forse è anche mancanza di credibilità (per esemplificare, senza offesa per nessuno, ma se ci parlano di rock turco o rumeno probabilmente ci mettiamo a ridere).
RispondiEliminaPerò dopo 50 anni (mezzo secolo) è probabilmente una condizione irrecuperabile.
Ciao a tutti
RispondiEliminaun pensiero per Gigi Meroni, oggi ne ricorre l'anniversario
GMV
Concordo con "condizione irrecuperabile"
RispondiEliminaGli Young Gods sono svizzeri, come popolarità siamo al livello di Deus e Motorpsycho.
RispondiElimina"la nostra cultura, non solo musicale, è sempre stata molto distante da quella anglosassone e, alla fine, restiamo poco credibili quando facciamo cose così lontane dal nostro way of life": su questo non potrei essere meno d'accordo.
Il post di Tony evidenzia che il rock in italia è arrivato allo stesso tempo che nel resto del mondo.
Un ragazzo italiano nato negli anni '50 magari no, ma tutti quelli nati dagli anni '60 in poi sono cresciuti, dal punto di vista musicale, nè più nè meno che se fossero nati a Londra o a New York.
Anzi, molti appassionati italiani di rock (ad esempio quelli che commentano qui) ne sanno molto di più della maggioranza dei loro coetanei inglesi o americani.
Magari negli anni '70 le cose arrivavano in Italia sei mesi dopo, ma già negli anni '80 i mesi di ritardo erano diventati due, e dagli anni '90 le notizie girano contemporaneamente in tutto il mondo.
Poi certo, la scena italiana è sempre stata più piccola, e ha sempre sofferto di un grandissimo provincialismo.
Qui tocca affrontare un'altra volta la questione cantare in italiano/cantare in inglese: fino agli anni '70 la questione non si poneva proprio.
Eri italiano, cantavi in italiano, al limite traducendo i testi degli originali anglosassoni.
Col punk e la new-wave si è cominciato anche in Italia a cantare in inglese, e dai nomi che ha fatto tony c'è una cosa che salta subito all'occhio: quei pochi che si sono fatti conoscere all'estero, l'hanno fatto cantando in inglese.
Come i gruppi citati dalla Norvegia, Svezia, Belgio, etc. (con l'eccezione della Francia, ma lì sulla lingua sono molto più prevenuti di noi, e di qualcosa di tedesco)
In Italia per i gruppi italiano cantare in italiano o in inglese è sempre stato un dilemma irresolvibile, peggiorato notevolmente da stupidate dettate dal marketing come "la nuova musica italiana cantata in italiano", che si sono ripetute con pochissime differenze negli anni '90 e negli anni 2000.
Purtroppo per aver successo internazionale è necessario (ed evidentemente non è sufficiente) cantare (decentemente) in inglese.
Se però lo fai, ti giochi buona parte del "mercato" nazionale che ciclicamente domanda ai gruppi italiani di farsi capire, usando testi in italiano.
E chi usa testi in italiano, dall'Italia non esce.
Come non esce da nessun'altra nazione, eh: o forse hanno notorietà internazionale gruppi rock svedesi che cantano in svedese o spagnoli che cantano in spagnolo etc.?
Poi son d'accordo che la condizione è probabilmente irrecuperabile...
Il nostro orgoglio nazionale possiamo tirarcelo su pensando che per almeno cinque-sei secoli abbiamo fatto il bello ed il cattivo tempo della musica mondiale (anche Mozart scriveva in italiano).
RispondiEliminaPoi con il pop/rock la cosa è finita e purtroppo penso che ci sia poco da fare ormai.
Unica cosa che salverei, però, a parte le meteore, è il progressive italiano (PFM, Banco, Area, Picchio dal Pozzo...) che anche all'estero è riconosciuto come una corrente originale e a se stante (http://www.progarchives.com/subgenre.asp?style=28).
allellimo,
RispondiEliminasecondo te cccp,litfiba,denovo,statuto,no strange,timoria ed altri che sono noti all'estero più che in italia in che lingua cantano????
Anonimo, di che cosa stai parlando?
RispondiEliminaLitfiba, Denovo e Timoria sono gruppi rock?
CCCP e Statuto sono più conosciuti all'estero che in Italia?
I No Strange (che mi piacciono molto e ascolto dal 1984) hanno una fama paragonabile a Deus e Motorpsycho?
Bah...
Allora se non sono gruppi rock quelli cosa centrano vasco o ligabue sulle pagine di rollingstone??
RispondiEliminami sa che tu dall'84 sei entrato in letargo e non ti sei più svegliato,le vendite dei vinili e non dei downlod illegali sono quelle che fanno testo
ed i concerti dal vivo,soprattutto
Non sono in grado (per manifesta ignoranza) di entrare nel dibattito a livello musicale ma credo che sulla Lingua Ale non abbia proprio tutti tutti i torti.
EliminaLa struttura propria della nostra Lingua poco si sposa con il sound del Rock. Non per nulla siamo la patria del Melodramma e la culla della Melodia è quindi facilmente comprensibile che ad un gruppo che faccia Rock in Italia venga piú facile farlo in Inglese.
Concedetemi un ricordo, senza pretese e sempre da profana. Mi ricordo, da ragazzina quattordicenne, in Francia per studiare, ero sconvolta da quanto fosse idolatrato Johnny Halliday. Eravamo nell'82 , lui, spesso vestito in pelle si atteggiava a grande Rocker e io lo trovavo semplicemente ridicolo: il rock in francese? Mais non, in francese cantano Trenet, Salvador la Piaf...Plastic Bertrand..
Posto che poi, tutto sommato, ho trovato qualcosa di buono anche in Johnny , in Francia continuano a definirlo rocker come da noi succede con VascoRossi.
Anonimo, scusami, non avevo capito.
EliminaVasco e Ligabue sulle pagine di Rolling Stone, come no.
Le vendite dei vinili fanno testo con i concerti e non i download illegali, ma certo.
Torno a dormire.
Purtroppo CCCP, Litfiba etc all'estero sono perfetti sconosciuti.
RispondiEliminaIn ogni caso quando parlo di "conosciuti" intendo gruppi come quelli elencati (Manu Chao, Kraftwerk, Can, Motorspycho) che godono di rispetto e un minimo di popolarità anche in Usa e Uk.
Noi siamo ancora qui a citare David Byrne che indicava "Creuza de ma" di De Andrè tra i suoi preferiti.
Ho sempre paragonato il rock italiano al rugby.
Sono anni che ci proviamo ma quando incontri certe squadre le prendi sempre e comunque, non c'è gara
La lingua certo influisce...un brano "rock" cantato in italiano "suona male" quanto uno in francese, spagnolo o polacco.
RispondiEliminaMa allo stesso modo in tanti hanno provato in inglese senza nessun risultato
Abbiamo evidenti problemi di DNA?
Eliminaappunto,per cui alla fine conta la qualità musicale
RispondiEliminadove sta la differenza ????
"Quando un Paese riesce ad esprimere in chiave moderna una sua musica tipica (come è avvenuto per la bossa nova e il cha cha cha), per un certo periodo di tempo il mondo intero impazzisce.
RispondiEliminaIn Italia, purtroppo, il grosso sbaglio è di guardare al mercato mondiale e imitarlo, quando ci sarebbe da noi un patrimonio musicale vastissimo e pieno di folklore.
Bisognerebbe prendere melodie tipiche italiane e inserirle in un sound moderno, come fanno i Negri con i Rythm and Blues o come hanno fatto i Beatles che hanno dato un suono di oggi alle marcette scozzesi, invece di suonare con la zampogna.
In Italia si è vittime del provincialismo perchè sanno apprezzare solamente quello che viene dall’estero; ed è un provincialismo per di più apprezzato dalla stampa, dalla radio e della televisione. Nessuno fa niente per la nostra musica.
Eppure il patrimonio folkloristico è così vario che ogni cantante e compositore potrebbero attingervi mantenendo la propria personalità."
Luigi Tenco scriveva così nel '67, mica ieri.
Io sono arrivato alla conclusione che, semplicemente, il rock non lo sappiamo fare.
Poco male, neh, che ci sono altre cose che facciamo (facevamo) benissimo.
Becciu
In realtà anche in Italia ci si è provato a fare quello che diceva Tenco (vedi gli Area che mischiavano jazz, avant e pop con melodie mediterranee o la PFM di "celebration" a suon di tarantella).
RispondiEliminaLo ha fatto De Andrè con "Creuza de ma" e tanti altri.
Poi in tanti il rock lo sanno fare e piuttosto bene, secondo me, ma alla fine non si riesce ad uscire dall'Italia con qualcosa che abbia "successo".
Sto parlando di NOTORIETA' , RICONOSCIMENTI CRITICI UNANIMI, DIFFUSI.
Non del tour in 10 club con 30 persone a concerto e 100 copie vendute
D'accordissimo con te Boss
RispondiEliminaC
"Il rock non lo sappiamo fare" e "il patrimonio musicale tradizionale" sono il modo sbagliato di affrontare la questione.
RispondiEliminaIl vero problema con il rock fatto in Italia è che se vuoi provare a farlo "di mestiere" sei costretto a farlo in italiano (Afterhours) ma se lo fai in italiano ti condanni a non uscire dal ghetto italofono, esattamente come i cantautori degli anni '70.
Chi volete che ascolti, per dire, i CCCP o i Massimo Volume fuori dall'Italia?
Il discorso qualità, boh.
Ci siamo sorbiti centinaia di gruppi del cazzo solo perchè venivano dall'inghilterra o dagli usa...
Infatti sulla qualità credo che molto spesso non ci siano particolari differenze tra italiani e stranieri. Ascoltavo in questi giorni Jon Spencer Blues Explosion e Jim Jones Revue, rocj n roll/punk tirato, ben fatto etc ma che , giudizio personale, non mi sembrano troppo diversi qualitativamete dai bolognesi CUT.
RispondiEliminaIl problema di base secondo me è un altro : cioè che dietro il "rock italiano" non c'è mai stata una industria in grado di dargli supporto,non dico allo stesso modo,ma almeno in parte simile ai nostri vicini di casa...nemmeno rispetto a francesi e tedeschi (per non parlare di UK e USA).
RispondiEliminaFatta eccezione per alcuni intelligenti produttori in epoca "remota" (60 e 70,principalmente) le case discografiche non hanno mai preso troppo sul serio certi fenomeni giovanili,per cui passata la sbornia del beat e del prog,ci si è ritirati in ambiti sempre più elitari e divisi in molti sotto-generi che PRIMA non esistevano : in pratica è stato come se da un vasto movimento,che comprendeva stili anche molto variegati,si fossero tranciati i rami più fertili e si fossero lasciate solo le cose rinsecchite.
Dice bene l'anonimo sulla questione del "provincialismo",ma questo non si è più fermato da quando i locali che proponevano solo musica dal vivo hanno chiuso (con l'avvento delle discoteche) e quando sono nate radio e TV esclusivamente commerciali,che per fare audience hanno condizionato le scelte del grande pubblico,con prodotti sempre più usa e getta.
A fronte di questa regressione economica (il rock non fa business,in Italia meno che mai) si è aperta la voragine culturale...per cui seguitare su percorsi autonomi è sempre più complicato.
Sulla questione LINGUA,vi dirò che non mi pongo neppure il problema...se posso esprimermi in musica allo stesso modo in cui penso,parlo e scrivo lo faccio,ma non lo vedo nè come obbligo nè tantomeno come scelta commerciale.
Il "mercato estero" per gli italiani : in UK non c'è MAI stato (rarissime eccezioni e anche quelle perdute nel tempo),in USA qualche sbocco c'è ancora (ma a prescindere dalla lingua,poco importa per loro),mentre è in crescita verso il nord europa,gli ex paesi del blocco sovietico e soprattutto in estremo oriente...su quest'ultimo spero di potervi raccontare grandi cose al ritorno !
A risentirci dopo la traversata degli oceani...BYE BYE :-)
Mi appoggio ad Ursus e mi chiedo: e se il problema NON fosse "in sala d'incisione" ma dopo: nel marketing, nella promozione, nella distribuzione del prodotto anche all'estero e in barba alla lingua? Lo chiedo senza alcuna retorica.
RispondiElimina...o magari il mercato anglosassone è già tanto assueffatto agli psudo-lirici tipo Bocelli (o il Volo) da guardare con troppo pregiudizio ciò che NON è bel canto melodico?
Di nuovo nessuna domanda retorica, solo curiosità.
Se per il rock all'estero non ci cagano proprio, va detto il contrario per il jazz e la dance, dove abbiamo delle eccellenze e dove i nostri artisti sono considerati alla pari dei loro. Se escludiamo il prog, che proprio rock non è, e i CCCP, in piccola parte, fuori dai confini italici siamo considerati per quel che sappiamo fare meglio, vedi anche tutti i musicisti che si sono cimentati con le colonne sonore di film poliziotteschi e mondo movies.
RispondiEliminaProbabilmente è anche una questione di clichè.
RispondiEliminaCosa ti aspetti dalla muscia che arriva dall'India ? Sitar e cose del genere.
E dal Medioriente ? Scale arabe, flauti, suoni "esotici".
Dall'Italia ti aspetti il belcanto, cose liriche, arie verdiane, canzone napoletana non certo garage fuzz psycho rock n roll....
Ho trovato quest'articolo di qualche giorno fa del Chicago Sun Times su Jovanotti (che in questo momento sta vivendo il suo lancio negli USA) che in parte conferma quanto dicono Ursus ed Allelimo e risponde a Evil Monkey:
RispondiEliminahttp://www.suntimes.com/entertainment/music/15684565-421/italys-jovanotti-a-superstar-in-europe-on-a-us-campaign.html
La parte importante è il finale:
in sostanza la giornalista dice che storicamente non si è mai verificato un fenomeno POP negli USA che cantasse in una lingua diversa dall'inglese (a parte forse Shakira) e che comunque dall'Italia gli americani si aspettano l'Opera, la musica classica e la canzone napoletana.
Jovanotti risponde che il problema è che il mercato interno è per il 70% in italiano che difficilmente arriva all'estero per colpa nostra, perchè nessuno ha mai creduto che la musica pop in italiano sia esportabile.
Lui vorrebbe cambiare le cose (anche se non credo che ci riuscirà).
Il suo però, secondo me è un esempio di lancio di un artista italiano negli USA fatto bene, un sacco di giornali online anche importanti importanti ne stanno parlando.
Mah, ci provò anche battisti, ma in inglese (Si, viaggiare/keep on cruisin') con scarsi risultati...magari oggi i tempi sono un po' cambiati, non lo so, ma non credo che Jovanotti spopolerà (anche se una volta ho sentito un suo pezzo nella colonna sonora di un film usa, già anni fa...)...Shakira canta in spagnolo, che comunque è la lingua più parlata negli states...
RispondiEliminaW
viceversa battisti venne tradotto in altre lingue da diversi artisti stranieri,sia in usa,inghilterra che francia,spagna ecc
RispondiEliminala lingua più parlata nel mondo è il cinese
RispondiEliminatra non molto toccherà aggiornarsi pure nel rock
i Subsonica sono in America..vediamo che ci dicono al loro ritorno
RispondiEliminaC
lochenlol!
RispondiElimina