Da un articolo del Guardian:
https://www.theguardian.com/global-development/2023/sep/21/the-love-for-music-is-still-there-saving-afghan-music-heritage-taliban-crackdown-one-cassette-at-a-time gentilemente segnalatomi da Paul Musu, una storia molto particolare.
Mohammed Hasan Zamri fuggì dall'Afghanistan durante l'invasione sovietica e vi ritornò per alcuni anni dopo la fine della guerra. Se ne andò di nuovo nel 1996 e da allora gestisce un laboratorio di riparazione di registratori e televisori.
Ora abita a Peshawar in Pakistan e lavora al recupero di cassette (ne ha archiviate oltre 1000) rare e antiche cassette di musica afghana di vari generi, al fine di preservare una cultura musicale che i talebani stanno progressivamente cancellando, criminalizzando la musica e le arti.
A luglio hanno pubblicizzato un falò di strumenti musicali “illegali” sequestrati, ricordando agli afghani che la vendita di strumenti era un reato punibile.
“I talebani usano la religione solo come scusa per vietare la musica e dire che è haram, proibita, nell’Islam. Questo non è vero e fa parte della nostra cultura da secoli, ma i Talebani lo hanno messo al bando insensatamente” dice Zamri.
La collezione di cassette, disposte ordinatamente su una parete del suo negozio, comprende nastri di grandi musicisti afghani tra cui Munawar, Nashenas, Taj Mohammad e Haikal.
“L’amore per la musica c’è, ma i musicisti, la musica e l’arte sono banditi nell’Afghanistan talebano. Oggi abbiamo molti cantanti ma a causa del divieto non possono esibirsi. Sono fuggiti dall’Afghanistan”.
“Quelli erano i vecchi tempi d’oro e la generazione di oggi purtroppo non sa molto di quei giorni di musica – e le generazioni future non sapranno nulla”.
Purtroppo, dice, i suoi figli, come molti della generazione più giovane, hanno poco interesse per la musica.
“Queste canzoni parlano di quanto sia maligna la guerra e dell’importanza della pace. Naseema, Kashan, Benazir e Zarghona sono state le migliori cantanti che hanno dominato la musica afghana tre o quattro decenni fa. Ora, se non permettono agli uomini di cantare o creare musica, come potranno permetterlo alle donne?”
Quando i media locali hanno riportato i suoi tentativi di salvare cassette musicali afghane ha ricevuto sia minacce che messaggi di apprezzamento.
“Sono stato minacciato su Facebook da persone di interrompere il mio lavoro e di bruciare il mio negozio e che questo è contro l’Islam. Ma ci sono stati anche commenti positivi e di apprezzamento”.
Zamri teme che qualcuno possa bruciare il suo negozio e spesso gli viene chiesto perché ama così tanto le canzoni vecchie di decenni.
“Non capiscono.
O non hanno un'anima o un cervello per apprezzare la musica.
Alcune persone sono dipendenti dal fumo, alcune amano gli animali domestici e altre amano molte altre cose.
Sono dipendente dalla musica afgana. È il mio hobby e la mia passione”.
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giovedì, ottobre 05, 2023
mercoledì, dicembre 09, 2020
Scunthorpe problem
C'è un'innocua cittadina industriale inglese del Lincolnshire, SCUNTHORPE, 70.000 abitanti, che, inconsapevolmente, é entrata da protagonista nell'era di internet.
Il problema è nella parola CUNT all'interno del suo nome che, nel corso degli anni, le ha causato numerose censure da parte dei filtri del web che ravvisavano una parola sconveniente.
La questione si ripetuta spesso, soprattutto agli albori di internet, con nomi come COCKburn, la Communauté Urbaine de Montréal, il cui acronimo é CUM, Callahan, in cui la parola ALLAH avrebbe offeso i musulmani, una lunga serie di termini con all'interno SHIT, la 30° edizione del SuperBowl in cui il numero riportato in numeri romani, XXX, rimandava ai siti porno, addirittura "socialism" che include CIALIS.
Problemi anche per le cittadine Penistone, Lightwater che contiene twat (idiota) e di Clitheroe in cui troviamo clit, clitoride.
Sempre in Inghilterra difficile usare il termine latino magna CUM laude, mentre a Dudley il piatto tipico è il FAGGOT che in Usa indica, in modo dispregiativo, gli omosessuali.
Talvolta vennero bloccati anche l'Arsenal (...arse...) e il velocista Tyson Gay...
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domenica, maggio 10, 2020
Il lockdown degli animali

Il paese in cui vivo ha qualche decina di anime e dista una quindicina di km da Piacenza.
Sono bastati due mesi di lockdown per riempirlo di animali.
Ci sono i caprioli che salgono e scendono dal torrente Gandore, a 50 metri da casa, qualche cinghiale, la volpe, scoiattoli, faine.
E poi un numero incalcolabile di lepri e mini lepri, una marea di volatili, dalle classiche rondini alle anatre selvatiche, rapaci di varia dimensione e un'infinità di uccellini, spesso coloratissimi.
Ogni tanto, da queste parti, passa il lupo.
I canali si sono riempiti di nuovo di rane rompicoglioni e sembrano tornate più numerose degli ultimi anni le api.
La natura selvatica riprende i suoi spazi quando vuole...
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domenica, febbraio 09, 2020
La miniera di lignite di Etzweiler




La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
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ALBERTO GALLETTI ci porta in un luogo surreale e pericoloso alle porte di Colonia.
L’ auto di Hans fila via lungo l’autostrada, le colline della Valle del Reno, deturpate da centinaia di altissime pale eoliche hanno lasciato spazio, una volta superato il ponte a precipizio sulla Mosella nei pressi di Coblenza, ad un panorama più piatto, agricolo ma piatto; forse leggerissimamente ondulato.
Mi pare di scorgere un’ anomalia nell’andamento del terreno, c’è qualcosa che mi cattura l’occhio e lo ipnotizza.
Non riesco a distogliere l’attenzione, gli impercettibili saliscendi del percorso autostradale e le curve ad ampissimo raggio me lo fanno ora scomparire alla vista, ora riapparire.
Adesso però lo vedo bene, non nella sua interezza, ampiezza o profondità, ma di sicuro è una buca, una buca enorme.
Miniera a cielo aperto?
Strano a 20 km da Colonia.
E invece si, è la miniera di lignite di Etzweiler, la più grande della Germania, fiore all’ occhiello di RWE (Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk, l’azienda elettrica della Renania del Nord-Westfalia), 85 kmq (!) di superficie e una profondità media di 400 metri che in alcuni punti raggiunge il mezzo chilometro.
Se fosse piena d’acqua sarebbe il secondo lago più grande della Germania dopo il lago di Costanza.
Fa impressione, ancora di più se si pensa a dove siamo.
RWE stimò che il sito potesse contenere 4.500 milioni di tonnellate di lignite, depositate fino ad una profondità di 500 metri al di sotto del livello del suolo.
La lignite è stata creata da estese foreste e paludi, sviluppatesi nella bacino del Reno tra i 30 e i 5 milioni di anni fa.
La geologia del bacino del Basso Reno è caratterizzata da movimenti di subsidenza di lunga durata che negli ultimi 30 milioni di anni hanno portato al deposito di sedimenti spessi fino a 1300 m.
Dopo un processo autorizzativo che durò quattro anni, i lavori di scavo cominciarono nel 1978 e la produzione cominciò nel 1984.
Curioso, mentre l’Inghilterra aveva cominciato da un po' a chiudere i giacimenti fossili per mancanza di redditività, la Germania ne apriva uno nuovo colossale.
La produzione è attestata a circa 40 milioni di tonnellate annue, nel 2011 RWE ha stimato che il sito avesse ancora 1.772 milioni di tonnellate di lignite disponibili per l’estrazione.
Imponenti scavatori lunghi come due campi da calcio sono in grado di estrarre fino a 240.000 tonnellate di lignite al giorno che vengono poi caricate sui nastri trasportatori, che sviluppano all’ interno della miniera 115km, prima di essere spedite in uno dei tre moloch che stagliano le loro sinistre sagome, vomitanti immense colonne di fumo a ritmo continuo, in lontananza.
Sono le centrali di Weisweiler, Neurath e Neideraussem tre complessi di combustione infernali, insieme producono 75 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, pari alle intere emissioni di CO2 annuali del Bangladesh che conta 160 milioni di abitanti, anche se non è industrializzato come la Germania (che conta circa 90 milioni di abitanti).
Insieme queste tre centrali sono responsabili (pare) di 227 decessi l’anno.
Le emissioni di CO2 dovute all'incenerimento della lignite ancora presenti nel 2019 sarebbero teoricamente sufficienti per un aumento del contenuto di CO2 naturale dell'atmosfera di circa lo 0,7 per mille in tutto il pianeta, o a un raddoppio della CO2 sulla superficie totale della Germania.
Fonti energetiche alternative a basso prezzo sono oggi disponibili in quantità, come le centinaia di pale eoliche incontrate nei 200km precedenti dimostrano, ma il potere di RWE è tale che le decisioni del governo tedesco sulle politiche ambientali .
Il cancelliere Merkel ha già annunciato che la Germania non rispetterà gli obiettivi fissati per il 202 in termini di riduzione delle emissioni di CO2.
Qualcuno ha detto loro qualcosa?
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domenica, gennaio 26, 2020
Curon, Val Venosta - Il campanile nel lago







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Il Campanile di CURON, che svetta in mezzo a un lago, è diventato da tempo il simbolo della Val Venosta e faro di attrazione per molti turisti.
Ma con una storia drammatica di soprusi alle spalle.
Il progetto di un bacino artificiale per la produzione di energia elettrica nasce già durante l'impero austro - ungarico ma viene ripreso nel 1920 dal governo italiano, nonostante l'evidenza che avrebbe messo in pericolo l'esistenza dei paesi Curon e Resia.
Nel 1939 lo Stato concesse al consorzio "Montecatini" la costruzione di una diga con un ristagno d'acqua fino a 22 metri cancellando di fatto i due paesi.
La seconda guerra mondiale sospese il progetto.
Ma nel 1947 la "Montecatini" annunciò la prosecuzione della costruzione del lago artificiale.
Nell’estate del 1950, nonostante le numerose e inascoltate proteste, furono sommersi 677 ettari di terreno, 150 famiglie persero i loro averi, con risarcimenti molto modesti.
Gli abitanti furono sistemati in baracche di fortuna all’inizio di Vallelunga, in molti lasciarono per sempre il luogo.
Dalla vicenda è stato ricavato uno spettacolo teatrale:
https://www.triennale.org/eventi/oht--office-for-a-human-theater/
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domenica, gennaio 19, 2020
Piacenza - Danila Corgnati



















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Oggi il viaggio non si muove dalla mia PIACENZA, città ormai sfregiata da malcostume, degrado, mancanza di cure.
DANILA CORGNATI, già ballerina di danza classica e che ora insegna danza da più di 20 anni, da 5 si dedica soprattutto alla fotografia Street e in bianco e nero.
Le sue immagini restituiscono una Piacenza misteriosa, fascinosa, elegante, immobile e piena di anima.
Così mi piace guardarla (e ricordarla).
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domenica, gennaio 12, 2020
Il pozzo di Oak Island




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Una storia iniziata nel 1795 ad Oak Island, piccola isola canadese in Nova Scotia con il ritrovamento casuale di una depressione nel terreno che un gruppo di ragazzi incominciò a scavare trovando uno strato di ardesia, un materiale non reperibile sull’isola. A tre metri di profondità si presentò una pavimentazione di legno di quercia con segni di ascia.
Da allora si sono succedute, oltre alle teorie più svariate, numerosi tentativi (costati soldi, energie e anche vite umane) anche professionali di scendere sempre più in profondità.
Dove in successione sono emersi materiali spesso alieni all'isola: da uno strato di carbone di legna a uno di mastice, fibra di cocco, fino a ventisette metri una pietra di porfido egizio con la scritta: “Quaranta piedi sotto sono sepolte due milioni di libre”.
Ad un certo punto il pozzo si allagò per quasi tutta la sua lunghezza dopo che si era innescata una difesa idraulico che aveva permesso all’acqua di riempire lo scavo.
Il pozzo, finchè è rimasto sigillato non permetteva all’aria di uscire e all’acqua di penetrare.
Si provò a svuotarlo ma senza successo, il livello dell'acqua rimaneva sempre lo stesso.
Con l'uso di una trivella furono recuperati tre anelli di una catena d’oro.
Una compagnia finanziò la costruzione di una diga che scoprì la presenza di una più antica e di una serie di tunnel, che convergevano verso il pozzo.
Ma venne spazzata via da una tempesta.
Nel corso degli anni le ricerche e i tentativi sono proseguiti, è stato girata anche una serie TV, le spiegazioni si sono accumulate, da un antico manufatto di origine nord africana, a un fenomeno naturale, a un tesoro di pirati, gioielli di Maria Antonietta, massoneria.
Mistero ancora insoluto.
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domenica, gennaio 05, 2020
La strage del Passo Dyatlov 1959

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Come riporta il Corriere di alcuni giorni fa sarebbe stato risolto il mistero dei ragazzi trovati morti nel 1959 sugli Urali, durante una spedizione.
Dopo mesi, i loro corpi vennero ritrovati sotto la neve, sparpagliati in un raggio di centinaia e centinaia di metri.
Morti per ipotermia, con dei traumi inspiegabili e non prodotti da altri esseri umani per la loro potenza: cranio fracassato, cassa toracica compressa fino a spezzare le costole.
E un corpo senza lingua.
Nella zona del "massacro" non furono trovate altre impronte oltre a quelle dei nove studenti.
Nella notte del primo febbraio 1959 furono costretti ad accamparsi a causa di una tempesta di vento e di neve, sotto una cima del Kholatchakhl ("montagna dei morti").
La tenda venne trovata tagliata dall’interno, due dei ragazzi ritrovati a un chilometro di distanza scalzi e con indosso solo la biancheria termica, morti di freddo, come altri tre, più lontani. Gli ultimi quattro in un burrone.
Si sono accavallate le supposizioni più fantasiose ma pare che la nuova, più accrediatta e naturale sia quella di una TEMPESTA PERFETTA.
I venti scontrandosi con la particolare forma a cupola della Montagna dei Morti diedero vita a dei furiosi vortici di aria che crearono dei mini tornado violentissimi nell’accampamento, producendo un rumore assordante, generando anche una gran quantità di infrasuoni non udibili dagli uomini ma in grado di avere effetti sul corpo umano: le vibrazioni prodotte da queste particolari onde sonore causano perdita del sonno, mancanza di respiro e un panico indicibile e incontrollabile.
Un terrore che avrebbe indotto i nove ragazzi alla fuga e alla morte.
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domenica, dicembre 01, 2019
Le mani di Dio / Golden Bridge / Cau Vang - Vietnam





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In VIETNAM sorge un ponte pedonale (ad un’altezza di 1.400 metri, lungo la catena montuosa Annamita che attraversa Laos, Cambogia e Vietnam), sorretto da suggestive mani di pietra, costruite recentemente ma "antichizzate", chiamato Cau Vang o Golden Bridge.
Le mani sono alte circa 24 metri, larghe circa 13 metri e ciascun dito ha un diametro di 2 metri.
Il ponte, che sorge sulle colline Ba Na è lungo 150 metri e ha 8 campate.
È stato progettato dalla TA Landscape, è costato 2 miliardi di dollari e ha lo scopo di aumentare il turismo in Vietnam.
Ci si arriva solo con la funivia dei record, lunga 5777 metri e percorribile con un singolo sistema a cavo.
Il viaggio dura circa 17 minuti.
E' in progetto un ponte d'argento, costruito in modo da sembrare una ciocca di capelli di un dio, che si collegherà alla struttura esistente.
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domenica, novembre 24, 2019
Cava di Prohodna




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Due larghi fori che presenta in cima, soprannominati “Oknata”, ovvero “Occhi di Dio”, sono la caratteristica curiosa e suggestiva della Cava di Prohodna, nel nord della Bulgaria, a 120 km dalla capitale Sofia.
E' una cavità carsica lunga 262 metri con due "occhi" e una sorta di viso circostante.
Anticamente la grotta era abitata e usata come luogo per riti esoterici, oggi viene usata anche per il bungee jumping.
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domenica, novembre 17, 2019
Le sfere di pietra









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Sono diffuse in svariate parti del mondo, suscitano curiosità, ipotesi di varia natura, sicuramente sono fonte di notevole fascinazione.
Le SFERE DI PIETRA si trovano in Costa Rica, Messico, Nuova Zelanda Turchia, Bosnia, Tunisia etc.
La fonte scientifica ci dice che si formano con la discesa di cemento minerale naturale all’interno degli spazi tra i sedimenti, un processo noto come concrezione.
Nonostante ciò si moltiplicano le suggestioni che le attribuiscono ad antiche civiltà o agli extraterrestri.
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