lunedì, gennaio 30, 2012

Gennaio 2012. Il meglio.



L’anno incomincia bene con una serie di album destinati al top 2012.
A partire da Leonard Cohen.
In attesa di Mark Lanegan e Paul McCartney in uscita a giorni.


ASCOLTATO

LEONARD COHEN - Old Ideas
Primo capolavoro dell’anno.Essenziale, minimale, crudo, drammatico, blues fino al midollo con spruzzate gospel, intensissimo.
Leonard Cohen a 77 anni mette in riga tutti.

HOWLER - America Give Up
Americani incrociano certo guitar rock sporco e minimale (Modern Lovers, i Ramones più pop, gli Strokes) con ottime melodie di gusto 60’s.
Ci sono anche evidenti riferimenti a Jesus and the Mary Chain e Velvet Underground.
Niente di sensazionale ma energici, piacevoli e convincenti.

BETTY WRIGHT - The Movie
Torna dopo un lungo silenzio la voce soul di Betty Wright con un album di old school funk.
Ottimi arrangiamenti, groove assicurato dagli onnipresenti The Roots, solita carrellata di ospiti (Joss Stone, Snoop Dogg, Lil Wayne tra gli altri).
Molto piacevole e tanta classe.

B MOVIE ORCHESTRA - The ultimate in thrilling, erotic and raunchy filmusic
Dall’Olanda con la passione per le colonne sonore dei polizieschi italiani a base di Hammond.
Scontato ma divertente e suonato in maniera pazzesca.

BOLOGNA VIOLENTA - Utopie e piccole soddisfazioni
Uno dei progetti più estremi in circolazione.
Grind core, rumori, brani di un minuto, violenza sonora all’ennesima potenza ma non fine a sè stessa. Coerente, sensata, rappresentativa di un’era. Grande!

ASCOLTATO ANCHE:
DAN SARTAIN (punk rock 77. Ben fatto ma punk rock 77), NADA SURF (suonano sempre lo stesso shoegaze pop ma si ascoltano con piacere),ANI DI FRANCO (un incrocio tra Joni Mitchell e Paul Simon in un album sempre ad ottimi livelli. La versione del tradizionale “Which side are you on” che dà il titolo all’album è eccellente !), FINE BEFORE YOU CAME (prosegue il cammino “sonico” in odore Fugazi ma con una vena più “pop”. Ottimo), OPERAJA CRIMINALE (tra CSI/CCCP, Giorgi Canali e De Gregori. Seri e seriosi)GUIDED BY VOICES (incensati da molti come geni del lo fi pop, tornano dopo anni con un album con tante idee buttate alla rinfusa ma senza scintille), JOHN CALE (un Ep per l’ex Velvet dalle movenze Bowie primi 80’s, qualche riminiscenza dei tempi che furono, qualche scheggia pop), IMPERIAL TIGER ORCHESTRA (sono svizzeri ma suonano classico Ethio Jazz come se fossero nati ad Addis Abeba. Notevole), BAXTER DURY (lui è il figlio di Ian Dury quello di “Sex drugs and rock n roll”. Il suo terzo album è un noioso ipnotico pop con vaghe riminiscenze elettroniche un po’ alla Moby...bah), KING MASTINO (grintosissimo mix tra Mc5 e QOTSA. Ben fatto), MARIA ANTONIETTA (nuova voce per indie italici tra Nada e CarmenConsolamenti. Non da buttare comunque), FRANCOIS AND THE ATLAS MOUNTAINS (pop un po’ elettro con influenze africane...maaaahhh....), MACCABEES (album di rara noia). TRIBES (inglesi con influenze grunge e un tocco di Libertines. Se ne può fare a meno), CRAIG FINN (bluesy and rootsy and boring), DUST (da Milano con un convincente REM sound), HEIKE HAS THE GIGGLES (guitar pop punk appena appena frizzante)

LETTO

Marco Bagozzi - Con lo spirito Chollima
Un imprevedibile e curioso, quanto esaustivo, excursus sulla storia del calcio Nord Coreano attraverso le partite della nazionale, i numerosi trionfi giovanili e in ambito femminile, gli storici Mondiali del 1966 e quelli piuttosto negativi più recenti.

Jack London - John Barleycorn - Ricordi di un bevitore
Sempre splendido leggere Jack London.
Ironico, cattivo, disincantato. Stupendo questo viaggio nel suo alcolismo.

VISTO
“Lezioni di volo” di Francesca Archibugi.
Lieve e impalpabile come tanto del nuovo cinema italiano. Piacevole.
"L'era glaciale 1 e 2"
Stupendi

COSE & SUONI
Finito l’album di Lilith and the Sinnersaints: “A kind of blues” con 11 brani
E pure un nuovo bassista. A breve in tour.
www.tonyface.it
www.lilithandthesinnersaints.com
News sui Beatles su www.pepperland.it by me

CALCIO e SPORT
Il campionato vede le solite ai vertici, le solite altre dietro.
In attesa degli Europei.
Solito campionato a metà del Cagliari, in fondo alla C1 il Piacenza (ma battere la Cremonese in trasferta ripaga da tutte le delusioni. Nel volley si sta riprendendo il Piacenza che fatica invece nel basket in A2.
In attesa del 6 Nazioni di rugby !

IN CANTIERE
29 febbraio: Piacenza “Baciccia”: presentazione libri di Neville Staple e su Gil Scott Heron. Modera Luca Frazzi.
Uscito “Neville Staple: The original Rude boy”, tradotto da moi, per la Shake.
Il 23 febbraio per Volo Libero edizioni “The Bluesologist” , la bio di Gil Scott Heron.
A fine marzo invece “This is modern world” su Paul Weller, con Luca Frazzi, per Arcana.
Il nuovo album di Lilith and the Sinnersaints “A kind of blues” per Alphasouth e da marzo di nuovo dal vivo.
Iniziato il libro sugli Statuto.

domenica, gennaio 29, 2012

Soul Kitchen – The Time of Wine and Roses



Rubrica settimanale di rose e vini a cura della phụ nữ Lilith

Bobbie James Blues
E’ del ‘61 ed è tra le più gigantesche in assoluto, capace di ricoprire una superficie molto ampia e di arrampicarsi su alberi molto alti.
Fiore bianco semplice o leggermente semidoppio. Spine taglienti.
Considerata una rambler multiflora .Robustissima, forte ,titanica……..dotata di un piacevole profumo invitante…….rosa da giardini dimenticati………spesso va contenuta la sua esuberanza a colpi di forbice.
Vi ringraziera’ e continuerà a salire anche superando i 10 metri…………creando intricati labirinti spinosi….come uno sfondo di quadro…….. un Klimt vegetale.


Vino bianco dall'Alto Adige uno dei vini più aromatici che esistano, il Gewürztraminer.Probabilmente le sue origini arrivano da un piccolo paese dell’Alto Adige: Termeno, Tramin in lingua tedesca. "Gewürz" significa speziato, aromatico.
Per motivi simili anche in terra di Francia si rivendica l’origine del vitigno, gia’ diffuso intorno all’anno 1000.E’una pianta che cresce bene al freddo.Colore giallo paglia ,brillante con un tocco un po’ grigiastro ed un profumo inconfondibile,forte dove ogni nota è esaltata al massimo;le spezie,la frutta, anche esageratamente matura, il muschio….Bevibile,superbo,unico.
Molto alcolico, sui 13 gradi, ma così piacevole e profumato che conquista immediatamente …………………..

sabato, gennaio 28, 2012

Get back. Album da (ri)scoprire





Consueta rubrica mensile alla riscoperta di qualche album dimenticato e che vale la pena di riascoltare.

KEITH MOON - Two sides of the moon
L’unico album solista del batterista degli Who (ne incise un secondo, rimasto inedito, anche se alcuni brani sono finiti sulla ristampa successiva) realizzato nel 1975.
Keith Moon suona la batteria solo in tre brani per il resto si diletta nel canto di una serie di minor hits tra surf e rock n roll, inclusa “Kids are alright” degli Who.
Scarsa consistenza, poco più di un divertimento, coadiuvato da una marea di ospiti, da Ringo Starr a Harry Nilsson, David Bowie, Joe Walsh, Jim Keltner, Bobby Keys, Klaus Voorman, John Sebastian, Flo & Eddie Spencer Davis, Dick Dale.
Un lavoro comunque curioso e unico.

O JAYS - Ship Ahoy
Superbo album del 1973 per i grandi O Jays (già famosi per “Love train”, classico dei dancefloors) dai connotati politici e impegnati (alternati a superbe love songs) e che ruota intorno al concept dello schiavismo .
Lo splendido rythm and blues (che fu anche singolo di successo) di “Put your hands together” introduce al lento e lungo (quasi 10 minuti) procedere funk della title track che fa il paio con il nerissimo bluesfunk di “For the love of money”.
Più solari brani come “People keep tellin me”.
Album completo e perfetto specchio della black music dei primi 70’s

PREMIATA FORNERIA MARCONI - Live in USA
La testimonianza di una delle più alte vette raggiunte dalla musica “rock” italiana.
Nel 1973 la PFM sbarca in USA suonando decine di concerti con Poco, Santana, Beach Boys, Allmann Brothers Band, Aerosmith, ZZ Top e Peter Frampton, arrivando spesso a strappare il successo ai suddetti ben più rinomati nomi.
Dal tour fu tratto questo splendido live che mette insieme la tecnica mostruosa della band, un prog molto solare e mediterraneo, energia, idee, classe.

venerdì, gennaio 27, 2012

Gordon Ramsay




Nell’ormai insopportabile marasma di trasmissioni a sfondo culinario che ogni canale non si lascia ormai mancare un solo nome si erge sopra gli altri:
GORDON RAMSAY.

I suoi “Cucine da incubo” e relativi programmi “cugini” ne hanno elevato lo status ad icona.
Gordon è un famosissimo cuoco scozzese che abitualmente interviene a salvare (o cercare di farlo) ristoranti in fallimento o che gira il mondo alla ricerca di nuovi gusti e piatti.
E lo fa a suon di vaffanculo e con modi energici e sguaiati.

Maleducato, minaccioso, privo di tatto ma ricco di talento e di smisurata passione per il suo lavoro riesce a calamitare l’attenzione e a creare programmi interessanti e divertenti.
Gordon abbraccia la fortunata carriera di cuoco e gestore (ha aperto 21 ristoranti in tutto il mondo e ottenuto dodici stelle Michelin) nel 1981 dopo essere stato costretto per infortunio ad abbandonare la carriera calcistica dopo aver militato nelle giovanili dei Rangers di Glasgow.

Da lì la fortunata storia in cucina costellata di libri, conduzioni televisive e unanimi riconoscimenti.
Meno fortunata la vita famigliare visto che è in causa con moglie e suocero (ex direttore del suo impero culinario) per aver subito il furto, pare, di un milione e mezzo di sterline .
Contestata anche la sua posizione (ultimamente stemperata) fortemente anti vegetariana.

I me mine




Oggi alle 16.20 nella trasmissione "Caffè Scorretto" sulle frequenze di RADIO POPOLARE ROMA Lorenzo Cesarini mi intervisterà sulla traduzione del libro di NEVILLE STAPLE "The Original Rude Boy".

Nel frattempo siamo lieti di comunicare un cambiamento all'interno di LILITH AND THE SINNERSAINTS.
Al basso arriva Christian José Cobos a.k.a. Cj HellectricBass già bassista di Black Bones,Viscera, Embryo, Under Static Movement e altri.
Italo messicano, suona ed è autore, assieme a Daniela Resconi, nei the Loud Vice (duo ElectroRock) e fa anche parte dei cremonesi Punk-Rock Jojo In The Sfars.

www.lilithandthesinnersaints.com

giovedì, gennaio 26, 2012

Pork pie hat







Il pork pie hat è un cappello di forma circolare prevalentemente usato all’interno della scena rude boy ska, talvolta dai jazzisti dei 50’s e 60’s, meno frequentemente da mods e skinheads.
Nacque alla metà dell‘800 come copricapo femminile per poi diventare nelle prime decadi del 900 ad appannaggio maschile.
Ne portava uno particolare il comico Buster Keaton e ne era appassionato Dean Martin.

Al jazzista Lester Young che lo indossava spesso Charlie Mingus dedicò il brano “Goodbye Pork Pie Hat” (ripreso anche da Joni Mitchell).

Con l’immigrazione caraibica in Inghilterra alla fine dei 50’s i rude boys giamaicani lo introdussero nelle sottoculture giovanili, prima ai mods poi agli skinheads.
Nel 1979 divenne un segno distintivo dello ska revival anche se un personaggio come Tom Waits ne ha fatto un suo marchio di fabbrica (e lo ritroviamo proprio in questi giorni sulla copertina del nuovo album di Leonard Cohen)

martedì, gennaio 24, 2012

Neil Young e la qualità della musica d'oggi



Dice Neil Young (non un sapientone ma un oche comunque è nel giro della musica ai livelli più alti da una cinquantina d’anni o quasi) che :
“Gli standard audio di oggi non mi piacciono
Parlo della resa delle sonorità: siamo nel ventunesimo secolo e abbiamo una qualità audio inferiore a quella dei vecchi 78 giri. Dove sono i nostri geni dell'elettronica? Cosa è successo?".

"Non credo che la colpa sia degli artisti: immagino che la causa di tutto questo sia stato il cambiamento nel modo di ascoltare musica.
Adesso la si ascolta ovunque, e credo che per questa ragione - a parte le parti ritmiche, messe sempre in evidenza - tutto il resto, ascoltando una qualsiasi canzone, sia a malapena percettibile.
Il calore e la profondità del suono ormai ce li siamo persi".


Io trovo che abbia DRAMMATICAMENTE ragione.

lunedì, gennaio 23, 2012

David Bowie






Ho già parlato di un po’ dei miei artisti preferiti: Doors (21 ottobre 2011) Redskins (5 ottobre 2011), Undertones (25 ottobre 2010), Dungen (8 settembre 2010), Bob Dylan (17 giugno 2010), Supergrass (13 aprile 2010), Iggy Pop (17 marzo 2010), Secret Affair (11 novembre 2009), Kinks (15 settembre 2009) The X (24 giugno 2009), Area (11 giugno 2009),Statuto (3 aprile 2009) ,Clash (13 marzo 2009) Small Faces (6 feb 2009), Rolling Stones (23 genn 2009) De Andrè (8 genn 09) Beatles (9 dic 08), Graham Day (27 ott 08), Oasis (7 ott 08), Paul Weller (27 mag 08) Prisoners (6 giu 06), , Ruts (23 sett 06), Who (22 mag 06), Monkees (28 giu 06).

Artista a 360 gradi tra i principali protagonisti della musica contemporanea DAVID BOWIE ne ha esplorato ogni meandro sperimentando, rivoluzionando, mettendosi in costante discussione.
Uno dei pochi che lo ha potuto fare mantenendo una totale credibilità.
Ha consegnato alla storia almeno tre/quattro capolavori e un’altra serie di interessantissimi album di altissimo livello.
Fino al lento declino e alla dignitosa forza di ritirarsi e non pubblicare più nulla (da quasi 10 anni).


Tra il 1963 e il 1967 David Bowie è stato piuttosto attivo, anche in ambito discografico, con una serie di bands vicine alla scena mod (di cui era parte): KingBees, Manish Boys, Lowerd Third, The Buzz, Riot Squad oltre a Kon Rads, Hooker Brothers tutte più o meno protagoniste di un buon ma anonimo rythm and blues bianco e beat.

David Bowie (1967) 5
Un esordio acerbo e traballante tra occhiate vaudeville psichedeliche (“Uncle Arthur”), qualche brano pop, ballate bizzarre con fiati e archi (“Rubber band”), molti episodi trascurabili.

Space Oddity (1969) 6
La famosa “Space oddity” indirizza meglio l’ispirazione e l’immagine di Bowie più “onirica” e “spaziale”, con ottimi inserti psych (l’ottima ballad “Janine”) in chiave decisamente beatlesiana (l’epico finale di "Memory of a free festival”) e virate folk rock.
L’album era intitolato come il primo “David Bowie” ma fu ristampato con questo titolo nel 72.

Man who sold the world (1971) 8
Il primo album importante di Bowie e tra i migliori della carriera.
Apre all’immagine “ambigua” e ad un hard rock pre glam (volutamente ispirato dall’amore di David per i Cream) anche se non mancano ballate acustico di sapore decadente ed episodi di sapore teatrale (“Running Gun Blues”) e dagli accenni lirici (“Saviour Machine”) che si sovrappongono a ritmiche e riff duri e diretti.
Un album di rara personalità ed unico nel suo genere in quegli anni.

Hunky Dory (1971) 7
Un nuovo gioiello in cui la personalità di Bowie esplode in tutta la sua caleidoscopica varietà.
Abbandonato l’hard rock (anche se rimane evidente nel “minor hit” “Queen bitch” dai tratti proto punk) è il pianoforte a dominare omaggi espliciti a Andy Warhol, Bob Dylan ma anche a sbarazzini e agrodolci brani vaudeville come “Kooks” o “Fill your heart”. Ottimo anche se non pienamente definito.

Ziggy Stardust (1972) 10
Il capolavoro assoluto.
Un concept senza passi falsi, perfetto nell’equilibrare una vena compositiva al suo apice, suoni duri e hard con liricità, epica, poetica, passaggi quasi sinfonici, ironici, drammatici, energici.
Capolavoro, tra i migliori album in assoluto della storia del rock e di enorme influenza su generazioni di artisti.

Alladin Sane (1973) 7
Spesso considerato una prosecuzione di “Ziggy Stardust” appare in realtà come un’opera ben distinta. Bowie la definì come “un Ziggy in America” (a cui spesso si riferisce nei testi e anche nei riferimenti musicali).
“Alladin Sane” è più rilassato e meno drammatico dei predecessori, non risparmia omaggi al glam (“Jean Genie” , “Panic in Detroit”, “Watch that man”, “Cracked actor”) seppur filtrato da mille influenze ma si avvale anche di stupende ballate (la title track su tutte).Ottimo.

Pin Ups (1973) 6
Divertente, non sempre ispirato ma ce ne vorrebbero di album di cover del genere.
David omaggia il suo recente passato beat coverizzando Who, Pretty Things, Kinks, Pink Floyd e tanti altri minori. Carino.

Diamond Dogs (1974) 7
Pretenzioso concept (ispirato a 1984 di Orwell), famoso anche per la controversa copertina con Bowie raffigurato metà uomo e metà cane, mantiene alte le quotazioni e la creatività ma pur essendo considerato tra i suoi lavori più significativi non convince a pieno, in bilico tra il classico glam d’epoca (la title track, la famosissima “Rebel rebel”) e riferimenti al recente passato di Ziggy (la teatrale “Sweet thing”) anche se introduce il sorprendente omaggio al funk soul di “1984”.

David Live (1974) 8
Stupendo doppio live che raccoglie una ventina di brani dei lavori più recenti splendidamente riarrangiati in chiave più soul e black (ascoltare ad esempio “Rebel rebel” o la sorprendente pur se accademica cover del classico soul “Knock on wood” di Eddie Floyd e di “Here today gone tomorrow” degli Ohio Players). C’è anche la bellissima “All the young dudes” donata ai Mott the Hoople. Il miglior live di Bowie.

Young Americans (1975) 6
Abbracciati i nuovi suoni easy funk americani Bowie ci si butta a capofitto, sterzando bruscamente rotta (pur se già esplicitamente indicata nel live dell’anno precedente).
Compone con Lennon il funk “Fame” e ne rifà l’ “Across the universe” beatlesiana in una versione enfatica e poco convincente (in entrambi suona e canta John) e riempie di soul, blackness e soul tutto il resto.
Plastic soul lo definirà lui stesso. Esatto.

Station to Station (1976) 6.5
Si ritrova immerso in un periodo di grave assuefazione alla cocaina, pervaso da fantasmi (dalla magia al nazismo) di ogni tipo e, si mormora, tra la vita e la morte sia psichica che fisica.
In questo contesto partorisce un album controverso e discusso in cui abbandona le suggestioni black americane, torna in Europa e si innamora del sound elettronico e “cosmico” tedesco (Kraftwerk, Tangerine Dream, Neu, Can) che incomincia, solo a tratti, a trasparire. “Station to station” è il prologo della famosa trilogia berlinese.
I retaggi del recente passato glam (“Station to station”) e di quello funk (la hit “Golden years” o l’incedere ritmico di “Stay”) sono però ancora evidenti anche se si mischiano ai nuovi gusti.
Un lavoro transitorio, non definito, da alcuni amatissimo da altri molto criticato.

Low (1977) 7
Esce nel gennaio del 1977 e segna l’inizio di quella che è stata definita la “Trilogia Berlinese” (e che comprende anche la produzione e composizione dei due album della “rinascita “ di Iggy Pop “The idiot” e “Lust for life”. Registato in realtà in Francia e solo mixato a Berlino Ovest , segna l’inizio della collaborazione di Brian Eno, la cui impronta è determinante in tutta la “Trilogia”.
L’album è algido, duro, assume toni apocalittici (“Warszawa”, gli strumentali “Art Decade” e “Subterraneans”), fortemente sperimentali (“Weeping Wall”), quasi caotici (“What in the world”), riesce a trovare il successo commerciale con la più accessibile “Sound and vision” e momenti meno claustrofobici (l’intro strumentale di “Speed of life” , “Be my wife”, “A new career“, l’ispirata “Always crashing in the same car”).
Accolto con diffidenza e non molto favorevolmente dalla critica, troverà il successo del pubblico e dei fans.

Heroes (1977) 9
10 mesi dopo, nell’ottobre del 1977 è la volta di “Heroes”, uno dei capolavori di Bowie e dell’intera storia del rock.
Interamente registrato a Berlino, più accessibile, meglio definito, meno sperimentale di “Low”, con Eno ancora più determinante ed equilibrato, regala in apertura lo stupendo glam/new wave di “Beauty and the beast” e il rock sporcato di kraut wave di “Join the lion”, brani nervosi e tirati.
La chitarra di Robert Fripp dei King Crimson, i synth di Eno e l’incredibile interpretazione vocale di Bowie sono le colonne portanti di uno dei brani più celebri della storia, “Heroes”, canzone iconica che meglio di ogni altra può rappresentare quei luoghi, quelle atmosfere in quel periodo.
Più convenzionali “Sons of the silent age” e “Blackout” introducono all’omaggio ai Kraftwerk di “V-2 Schneider”, alle catartiche atmosfere strumentali di “Sense of doubt” , “Moss garden” e “Neukoln”.
Chiude l’ironica e stramba “The secret life of Arabia” e riporta l’album in binari meno sperimentali.

Lodger (1979) 7
E’ del maggio 1979 “Lodger”, il terzo atto della “Trilogia” per quanto registrato in realtà tra New York e Svizzera e palesemente lontano dalle atmosfere dei due precedenti lavori.
Il tono è sicuramente più leggero e pop, ci sono incursioni pionieristiche nella world music (il reggae orientaleggiante “Yassasin” , “African night flight” , brani immediati, nessun strumentale), qualche residuo “berlinese” (“Red sails”) ma soprattutto brani destinati a diventare piccoli classici come “DJ” , “Boys keep swinging”, “Don’t look back in anger”.
A chiudere l’ossessiva “Repetition” e “Red money” originariamente apparsa nell’album di Iggy Pop “The idiot” con il titolo di ”Sister midnight”

Scary monsters (1980) 7
Forse non sbaglia chi lo definisce l’ “ultimo grande album di Bowie”.
Dopo l’esperienza con Eno riesce ad andare addirittura più in là riuscendo a fondere sperimentazione con melodia, personalità, credibilità soprattutto nello spiazzare e seppellire in creatività, stile e classe buona parte del post punk e della new wave a lui contemporanea. Classico ed innovatore allo stesso tempo.
“Scary monsters” è a tratti più ostico e ruvido dei precedenti (la title track nè è un esempio, mentre “Teenage wildife” è una specie di “Heroes” di serie B ) ma ricalca l’equilibrio di “Lodger”.
Torna Fripp che ben si affianca a Carlos Alomar.
L’album avrà un grande successo commerciale (anche grazie al singolo “Ashes to ashes”) e rimane tra i capolavori di Bowie.

Let’s dance (1983) 6.5
Il Bowie camaleonte a tutti i costi cambia di nuovo rotta, si affida alle cure di Nile Rodgers degli Chic e si abbandona a suoni e atmosfere pop, dance, accessibili e “pulite”.
Ripesca “China girl” che compose per Iggy e “Criminal world” dei new wavers Metro, la title track sfonda le classifiche, “Cat people” (composta con Moroder) è un’altra hit.
C’è anche Steve Ray Vaughan per qualche ottimo assolo bluesy. Ma in generale lo spessore è scarso.

Tonight (1985) 5
Never let me down (1987) 4.5

Con il proposito di bissare i fasti commerciali di “Let’s dance” Bowie sceglie una strada il più possibile mainstream, filtrando addirittura con il reggae nella title track (con Tina Turner), viaggiando tra brani pop poco defniti e soprattutto evidenziando come l’album sia stato confezionato con numerosi riempitivi (dal recupero di due brani già negli album di Iggy Pop, una cover dei Beach Boys e di “I keep forgettin” un classico rythm and blues che furoreggiava nella scena mod dei 60’s).
L’ovvia professionalità e la classe non bastano a riscattare un album debole e poco significativo nonostante l’hit “Blue Jean”.
Praticamente rinnegato dallo stesso David “Never let me down” è tra i momenti meno riusciti della carriera.
Manierismo, scarsa creatività, suoni pomposi, enfatici, nessun brano da ricordare, un brano di Iggy (peraltro tra i meno interessanti della sua discografia). Da dimenticare.

Tin Machine “1” 5.5 (1989) “2” (1991) 5
Un altro cambiamento di rotta ancora più forzato del solito.
Bowie decide per la dimensione della rock band “tradizionale” tra ritmi southern blues, ballate mid tempo, ritmiche serrate, schitarrate, confezionando due album (più il prevedibile live) di cui si capisce poco il significato, l’utilità e di cui sicuramente non si sentiva la necessità.
Di per sè non malvagi ma perfettamente inutili.
Urla invece vendetta la versione rock tamarra di “Working class hero” di Lennon sul primo album !

Black tie white noise (1993) 6.5
A sei anni dall’ultimo deludente album il ritorno si tinge di ottime tinte.
Bowie ritrova classe, equilibrio e un sound distintivo che mischia passato remoto (la presenza di Mick Ronson), prossimo (Nile Rodgers) e un presente felice e di forma eccellente. C’è il funk nella title track, “Berlino” in “Jump they say” (che sembra preso da “Lodger”), un ispirato omaggio ai Cream (“I feel free”) e uno ai Walker Brothers.
Perfino qualcosa di più attuale come “I know It’s gonna happen...” di Morrisey.
L’album fu di difficile reperibilità a causa del fallimento dell’etichetta, impedendogli visibilità e buoni risultati di classifica.

The Buddha of Suburbia (1995) 6
Normalmente considerato “solamente” una colonna sonora è in realtà un vero e proprio album di Bowie che se non riluce particolarmente nella discografia è comunque degno di nota sia per l’omonimo singolo (con citazione di “Space Oddity”) che per un livello compositivo e creativo più che dignitoso, pur restando un episodio minore.

Outside (1995) 7
David ritrova Eno, compongono liberamente in studio e ne scaturisce un concept dai contenuti nebulosi ma musicalmente valido, debitore all’interesse del nostro ai Nine Inch Nails al cui martellante industrial rock questo album è stato spesso accostato.
Una prova di vitalità ritrovata e un profluvio di idee al passo (talvolta, come sempre, anche più avanti) con i tempi.
Un lavoro non facile (anche gli intermezzi che uniscono il concept non aiutano la linearità) ma di alto livello.

Earthlings (1997) 6.5
E’ la volta del drum and bass, dei Prodigy e della nuova elettronica industrial.
Bowie prova anche questa strada.
Inutile sottolineare per l’ennesima volta il livello sempre eccelso dell’approccio, all’insegna della professionalità, dello stile e della personalità. Ci sono echi di Tin Machine (“Seven years in Tibet”), tuffi nel techno funk (“Dead man walking”) mix di elettronica e riff hard rock. Dignitoso ma poco più.

Hours (1999) 6
Heathen (2002) 5
Reality (2003) 5

Prima del lungo silenzio in cui rimane ormai da tempo tre album fotografano impietosamente il declinare artistico di una carriera unica e di primaria importanza nell’ambito della musica contemporanea.
Se “Hours” regala ancora sprazzi di vitalità riportandoci talvolta ai suoni dei primi 70’s. “Heathen” e “Reality” sono capitoli di scarsa ispirazione, monotoni, prevedibili, risaputi.
Coverizza Pixies, Neil Young, George Harrison e Modern Lovers, si avvale della consueta capacità di rivestire i brani di eleganza e fascino ma non basta.
Non più.

domenica, gennaio 22, 2012

Soul Kitchen – The Time of Wine and Roses



A cura di κυρία Lilith

ROSAIO DIVINO divino rosaio

Perfetto con i tortelli delle nostre parti, di erbette e ricotta , con la coda o quadrati come faceva mia nonna……con piatti di verdure in padella e con formaggi non troppo stagionati.
Il Monterosso Val D’Arda (vino un po’ trascurato dalle nuove bocche sapienti……).
Ha un bel colore giallo oro pallido,un profumo fresco,invitante,di fiori di robinia, di frutta tra cui spicca la pesca selvatica e la mela……..non le mele rosse e lucide ma quelle bitorzolute, piccole ed irregolari amate e mai dimenticate.
Sapore aromatico…lungo….invita a vuotare il bicchiere.

Graham Thomas
Forse tra le più famose rose inglesi; che riuniscono la rifiorenza”moderna”con la forma dei fiori, il portamento ed il profumo di quelle antiche .
Giallo sole ,splendente senza essere sfacciato, profumo di the con tipiche note di rosa antica e di viole, cresce a cespuglio abbastanza disordinato e può essere guidata anche come piccolo rampicante.
Coppa aperta abbastanza grande, ricca di petali, ripete la fioritura più volte.
Adatta anche a grandi vasi.
Creata da Austin nell’83 dedicata ad un grande giardiniere appassionato, collezionista e scrittore che fece conoscere tante varieta’ di rose che altrimenti sarebbero andate perdute.

sabato, gennaio 21, 2012

Il calcio in Corea del Nord





“Con lo spirito Chollima” è un interessante, curioso e sorprendente libro sul calcio della COREA DEL NORD.

Paese misterioso da cui giungono scarse informazioni per lo più improntate al sensazionalismo o sui misfatti del regime socialista.

Marco Bagozzi, analista e collaboratore della rivista di studi geopolitici Eurasia, ha ripercorso la storia della nazionale di calcio nordcoreana dalle origini ai giorni nostri, destreggiandosi tra le numerose difficoltà di reperimento di notizie sull’argomento.

Dai numerosi successi in ambito giovanile e femminile ai traguardi storici dei Mondiali 1966 (ai quarti dopo aver eliminato proprio gli azzurri) e della sfortunata partecipazione a quelli del 2010, note sul complesso campionato nazionale, un discreto compendio fotografico, le storiche partite con la Corea del Sud.
Per chi mastica di calcio e non si accontenta delle bio di Ibra o dei libri patinati sul calcio moderno una lettura veloce e consigliata.

“Con lo spirito Chollima” (156 pagine, € 14,00) può essere acquistato scrivendo una mail a calciocorea@gmail.com

“Un gioco estremamente dinamico, molto muscolare”, scrisse il giornalista sportivo Enzo Foglianese nel 1966,
“La Corea del Nord lo praticò con primitiva aggressività e senza pensare in grande, cioè senza pensare”.

venerdì, gennaio 20, 2012

I peggiori titoli di dischi






New Musical Express ha recentemente stilato una classifica dei peggiori titoli di album.
Una lista effettivamente raggelante da cui ho scelto alcune perle e a cui ne ho aggiunte altre.

Di imminente pubblicazione ma già si fa notare
Paul Mc Cartney : Kisses on the bottom
Non male anche i Public Enemy, ‘How To Sell Your Soul To A Soulless People Who Sold Their Soul?’
Genio indiscusso della musica Pete Townshend ha piazzato invece un paio di titoli niente male come ‘All The Best Cowboys Have Chinese Eyes‘ e il best "Coolwalkingsmoothtalkingstraightsmokingfirestoking"
Orrendo quanto la copertina ‘The Spaghetti Incident?’ dei Gun’s and Roses impronunciabile quello di Marnie Stern, ‘This Is It And I Am It And You Are It And So Is That And He Is It and She Is It and It Is It and That Is That’

Bravi i Police ma “Zenyatta Mondatta” (in sanscrito qualcosa come i Migliori del mondo...) è davvero bruttino tanto quanto quello dei The Flaming Lips, ‘The Day They Shot A Hole In The Jesus Egg e del funkster George Clinton con ‘Hey Man Smell My Finger’
Volevano fare i simpatici i REO Speedwagon con ‘You Can Tune a Piano But You Can't Tuna Fish’, semplice e minimale invece Leonard Cohen, ‘Ten New Songs’

Qualcuno ci ha provato con i giochi di parole:Smashing Pumpkins, ‘Mellon Collie And The Infinite Sadness’ The Butthole Surfers, ‘Hairway To Steven’ Deep Purple, 'Purpendicular'

Da noi hanno fatto grandi cose Jovanotti con "Giovani Jovanotti", Biagio Antonacci Adagio Biagio e Ligabue con "Arrivederci mostro".
Complimenti anche a Battiato con "Come un cammello in una grondaia"

E infine tre titoli che tenevano tutta la copertina:
Soulwax, ‘‘Most of the remixes we've made for other people over the years except for the one for Einstürzende Neubauten because we lost it and a few we didn't think sounded good enough or just didn't fit in length-wise, but including some that are hard to find because either people forgot about them or simply because they haven't been released yet, a few we really love, one we think is just ok, some we did for free, some we did for money, some for ourselves without permission and some for friends as swaps but never on time and always at our studio in Ghent’

Fiona Apple, ‘When the Pawn Hits the Conflicts He Thinks Like a King What He Knows Throws the Blows When He Goes to the Fight and He'll Win the Whole Thing 'Fore He Enters the Ring There's No Body to Batter When Your Mind Is Your Might So When You Go Solo, You Hold Your Own Hand and Remember That Depth Is the Greatest of Heights and If You Know Where You Stand, Then You'll Know Where to Land and If You Fall It Won't Matter, Cuz You Know That You're Right’

Chumbawumba, ‘The Boy Bands Have Won, and All The Copyists and The Tribute Bands and The TV Talent Show Producers Have Won, If We Allow Our Culture To Be Shaped By Mimicry, Whether From Lack Of Ideas Or From Exaggerated Respect. You Should Never Try To Freeze Culture. What You Can Do Is Recycle That Culture. Take Your Older Brother’s Hand-Me-Down Jacket and Re-Style It, Re-Fashion It to the Point Where It Becomes Your Own. But Don’t Just Regurgitate Creative History, Or Hold Art And Music And Literature As Fixed, Untouchable And Kept Under Glass. The People Who Try To ‘Guard’ Any Particular Form Of Music Are, Like The Copyists And Manufactured Bands, Doing It The Worst Disservice, Because The Only Thing That You Can Do To Music That Will Damage It Is Not Change It, Not Make It Your Own. Because Then It Dies, Then It’s Over, Then It’s Done, and The Boy Bands Have Won’

giovedì, gennaio 19, 2012

The Original Rude Boy






E’ disponibile l’edizione italiana di Original Rude Boy di Neville Staple e Tony McMahon di cui ho curato la traduzione

E’ la storia dettagliata della vita di Neville Staple, uno dei frontman degli Specials, dai primi anni in Giamaica attraverso una disastrata e disastrosa vita famigliare, la galera e il riscatto con una delle band più influenti del pop inglese degli anni 80.
Il tutto condito da racconti su scontri razziali con gli skins, furti con scasso, sesso, droga e ...ska.
Prefazioni di Alioscia dei Casino Royale e Oskar degli Statuto

Quando mi fu chiesto da Shake e Nda di occuparmi della traduzione accettai con entusiasmo e altrettanta incoscienza.
In realtà il lavoro si è rivelato difficilissimo soprattutto per chi era alla prima esperienza in questo ambito.
Mesi intensi trascorsi ad inseguire il significato di frasi talvolta in slang, altre volte traditrici.

Il tutto su quattro bloc notes a quadretti poi pazientemente ricopiati.
La lettura e rilettura di ogni singola frase mi hanno consentito di conoscere a menadito la vita e le vicende di Neville Staple (e di “riscoprire” brano per brano Specials e le sue avventure successive), di apprezzare ancora di più l’occasione avuta (grazie agli Statuto) di suonare sullo stesso palco proprio con gli Specials (e Weller) al “Traffic Festival” del 2010.
A felice coronamento della storia, proprio mentre chiudevo le ultime pagine del libro, la possibilità di incontrare (grazie al prezioso aiuto di Alioscia dei Casino Royale) proprio Neville a Milano al concerto degli Specials dello scorso settembre.
Ora il libro lo potete leggere.
VI assicuro che è davvero interessante, bello, divertente, piacevole.


Original Rude Boy
Dalla Giamaica agli Specials,
l'autobiografia dello Ska inglese

Collana: Underground
Formato: cm 14,5 x 22,5
Pagine: 256 con illustrazioni

mercoledì, gennaio 18, 2012

Teenage Kicks: Swing Kids






Teenage Kicks, una rubrica settimanale che andrà alla ricerca dei movimenti giovanili pre 50’s che hanno preceduto di decenni il mood di quello che ritroveremo poi nei teddy boys, nei mods, nei punks, skinheads etc.
Ribellione all’autorità, individualismo, aggregazione, fiera opposizione all’omologazione e ai valori dominanti.


La Germania degli anni 30 controllata dai Nazisti sviluppò numerose forme di opposizione, sotterranee e particolarmente pericolose per i suoi protagonisti.
Tra questi gli SWING KIDS o SWINGJUGEN che abbracciarono il jazz, lo swing e il look ad essi correlato in palese sfida al razzismo nazista che odiava una musica fatta dai neri.

Apolitici e non violenti, colti e dal look ricercato e personale, alla costante ricerca di nuovi dischi di jazz e swing dagli USA, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, cercavano di esprimere sè stessi al di fuori dalla follia nazista.
Portavano i capelli abbastanza lunghi (ma ben pettinati) in contrasto con il taglio militaresco dei nazi, le ragazze si truccavano ed entrambi ispiravano il look all’estetica inglese e americana.

Ascoltavano Louis Armstrong, Nat Gonella, Teddy Stauffer, si incontravano in club sempre più segreti (lo swing fu proibito dai nazisti) e talvolta formavano loro stessi delle bands.
All’inizio della guerra molti di loro furono arruolati o mandati in campo di concentramento come oppositori del regime.
Ma anche lì portarono avanti lo spirito swing cercando di tenere alto il morale degli internati cantando brani del repertorio a loro caro.

Rimane celebre il loro saluto Swing Heil a derisione dell’hitleriano Sieg Heil

martedì, gennaio 17, 2012

Lester Bangs






LESTER BANGS è stato uno dei più famosi e controversi critici musicali soprattutto per il suo lavoro in riviste come Creem, New Musical Express, Village Voice e Rolling Stone (oltre alla collaborazione con tantisisme altre riviste e fanzines semisconosciute)

Spesso incline a stroncare dischi e artisti con una prosa diretta, ironica e perfida, amato e odiato dagli artisti, detestato colleghi, inneggiato dai discografici prima e poi scaricato era umorale, provocatorio, permaloso, acido e dai comportamenti (spesso indotti dagli abusi di alcool e droga) sconvenienti ed irritanti.
Si gettò a capofitto nel punk (anche come cantante di sfortunate esperienze musicali), prima di scomparire nel 1982.

Personalmente non ho mai amato la sua scrittura nè il suo mood, pur ritenendolo tra i personaggi più interessanti del giornalismo musicale.

lunedì, gennaio 16, 2012

Cultura 80's: Moana e Cicciolina



L’Italia dei primi 80, reduce dai cosiddetti “anni di piombo”, ancora fortemente clericale, bigotta, Vaticanocentrica, che si arrapava con qualche commedia pruriginosa con Edwige Fenech e Gloria Guida (vietate ai minori di 14 o 16 anni) fu travolta dall’arrivo sugli schermi di Cicciolina/Ilona Staller prima e Moana Pozzi poi.

Pur con tutte le limitazioni “ideologiche” del porno, Moana e Cicciolina contribuirono a scardinare l’opacità di quegli anni, convogliando il sesso da proibitissima trasgressione da buco della serratura a qualcosa di plateale, estremo e gioioso.
E la successiva entrata in politica mise a nudo (appunto !) lo scarso spessore del “Palazzo”, anticipando incosapevolmente gli anni berlusconiani di veline, nani e folletti in Parlamento.

Moana e Cicciolina diedero un senso di libertà e leggerezza ad un’Italia repressa da decenni di seriosa (in apparenza) morale democristiana, cattolica e integralismo bigotto del Partito Comunista oltre che da un periodo buio e tetro.

Fu un calcio diretto e politicamente scorretto alle convenzioni, all'ideologia, alla seriosità.

domenica, gennaio 15, 2012

Soul Kitchen – The Time of Wine and Roses



A cura di Lady Lilith

THE PUNKROSE
A Natale ho ricevuto un regalo ultragradito,una pianta della rosa “Double Delight”.
E’ un ibrido di tea,rifiorente,del ’77 di Swin ed Ellis.
Dal colore giallo/arancio si arriva ad un arancio/rosso al bordo superiore dei petali,corposi e satinati.
Ha boccioli perfetti ,allungati che lasciano lentamente spazio ad un fiore grande da tagliare per “ornare petto e crine”(ma puo’ andare bene anche un vaso stretto, affusolato,adatto creare uno squarcio di bellezza, di arte suprema in qualsiasi luogo.
Il profumo e’di quei the aromatici e persistentemente fruttati da bere leggendo..da soli.

Il Rossese di DolceAcqua vino ligure ricordante un passato greco(testimone la coltura ad alberello ,che lascia la chioma al sole e il piede in ombra )ed etrusco,apprezzato da Napoleone ospite dei Doria alla fine del ‘700 intreccia il suo sapore alla fatica della coltivazione in zone impervie, il suo profumo al lavoro manuale.
Si produce nella Liguria di Ponente,solo in una decina di comuni in territorio pedemontano.
Nettare corposo di colore rosso rubino che scurisce invecchiando,odore di vero vino,con punte allungatedi rose,viole efrutti di bosco.
Alla bocca è caldo,vellutato,un sangue nuovo.Sul finire un velo amaro che rende tutto piu’piacevole….adatto a funghi,frittate molto condite ,noci,e carni a lunga cottura ricche di erbe aromatiche…oppure con un semplicema eterno pane ed olio.……

sabato, gennaio 14, 2012

C'è del buono nelle infradito





Una strana ma, una volta tanto bella ed edificante, di infradito (l'odiosa e antiestetica calzatura che ai primi caldi incomincia ad imperversare in ognidove!) già di uso comune nell'antica Roma ed in Grecia, calzature tradizionali in Giappone
Le classiche infradito di gomma costano poco, durano poco, una stagione o poco più, ma costano pure pochissimo.

La storia particolare è che una società keniota, la UniquEco, si occupa di recuperare e riciclare i milioni di ciabatte che ogni anno vengono spinte dalla correnti sulle coste del Kenya, provenienti da India, Cina e Malesia, dove questo tipo di calzatura è diffusissimo.
Dalla loro lavorazione nascono borsette, braccialetti, collanine ma anche giochi e vere e proprie opere d'arte.
Il tutto permette di far lavorare un gran numero di persone in Africa, ripulire il mare, riciclare tonnellate di plastica e reinvestire i proventi in progetti di aiuto ai più bisognosi.

C'è del buono persino nelle infradito !!!

venerdì, gennaio 13, 2012

Il ritorno del vinile




Del (timido) ritorno del vinile ne avevamo parlato nel giugno del 2008 qui:
http://tonyface.blogspot.com/2008/06/il-ritorno-del-vinile.html

I dati di consuntivo 2011 stilati dall’istituto Nielsen SoundScan indicano, in USA, per gli Lp in vinile un aumento da 2,8 a 3,9 milioni di pezzi venduti.

"Una crescita folle", ha spiegato alla Reuters Keith Caulfield, associate director per le classifiche del sito Billboard.com,
"che trova il suo fondamento in un mercato dal potenziale non ancora pienamente sfruttato".

"Il vinile", osserva Caulfield, "raggiunge due tipi di consumatori: quelli più anziani che lo ricordano con affetto e magari posseggono ancora un giradischi, e quelli più giovani a cui piace avere in mano una copia fisica del disco e ammirarne la copertina".  

Anche in Italia la produzione e la vendita del vinile (ristampe in particolare) hanno ripreso quota.
Tra i tanti che ultimamente hanno stampato anche in vinile (oltre a numerosissimi artisti indipendenti legati soprattutto alla scena 60’s vedi i "nostri" No Strange con una bellissima confezione targata PsychOut) Verdena, Mario Biondi, Gianna Nannini, Loredana Bertè, Franco Battiato, Vasco Rossi.

In USA bands come Dinosaur Jr e in Inghilterra come i Goldfrapp hanno provato anche la strada della musicassetta (praticata anche da alcune etichette indie) ma con scarsissimi risultati.

mercoledì, gennaio 11, 2012

Mod Heroes: Cathy McGowan






Cathy Mc Gowan è stata la presentatrice del popolare programma della BBC “Ready Steady Go” dal 1964 al 1966 diventando un punto di riferimento cruciale per le ragazze dei 60’s soprattutto in un’ottica estetica.

Cathy fu soprannominata “Queen of the Mods”.

Per Lesley Hornby, di lì a poco celebre come Twiggy Cathy “era un’eroina, perchè era una di noi”.
Cathy vestiva come i giovani, parlava come loro, rese popolare la minigonna e non aveva alcun timore reverenziale nei confronti delle star che ospitava in trasmissione.
Successivamente ha proseguito nell’ambito del giornalismo e tra i membri fondatori, nel 1973, di Capital Radio.
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