domenica, ottobre 31, 2021

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BACK TO THE SIXTIES!!!


PS: Il 31 ottobre 1961 i Beatles suonarono al "Litherland Town Hall" di Liverpool

venerdì, ottobre 29, 2021

Il meglio del mese. Ottobre 2021


Manca ormai poco alla fine dell'anno.
Tante buone cose da segnalare:: Jon Batiste, Sleaford Mods, Bobby Gillespie & Jenny Beth, Paul Weller, Dewolff, Sault, Specials, The Lathums, Damon Locks Monument Ensemble, The Coral, Howlin Rain, Sons Of Kemet, Mdou Moctar, Little Simz, Specials, Kojo Jean & the Tonics, Teenage Fanclub,Tom Jones, Chrissie Hynde, Adrian Younge, Flyte, Jay Nemor Electrified, Myles Sanko, Billy Nomates, Alan Vega, Django Django, Aaron Frazer, Bamboos, Arlo Parks, Shame , Vaudou Game, Les Filles De Illighadad, Steve Gunn, Billy Bragg.
In Italia: Radio Days, Nicola Conte/Gianluca Petrella, A/lpaca, Casino Royale, Gang, SLWJM, Homesick Suni, Bachi da Pietra, Joe Perrino, Amerigo Verardi, Les Flaneurs, The Smoke Orchestra, Homesick Suni, Wendy?!, Gli Ultimi, Gianluca Secco, Heat Fandango, Marianna D'Ama.


THE SPECIALS - Protest Songs 1924-2012
Un lavoro anomalo, lontanissimo dall'abituale sound della band di Coventry, impegnata a recuperare una dozzina di canzoni di protesta (da Bob Marley ai Talking Heads, Frank Zappa, Big Bill Bronzy, Staple Singers) riproponendole in chiave prevalentemente folk blues acustica. Le concessioni al Jamaica Sound sono rarissime e a tratti si fatica a credere che si tratti proprio degli Specials. Ma rimane un ottimo lavoro, coraggioso e di spessore.

THE LATHUMS - How Beautiful Life Can Be
Sono arrivati subito al primo posto delle charts UK con un album che più "brit" non si può.
Ampie dosi di Smiths (i riff alla Johnny Marr non si contano e pure il cantato alla Morrissey spesso non scherza), Arctic Monkeys, brit pop, Housemartins, Ordinary Boys (con tanto di brano di modern ska, "I see your ghost"), melodie Sixties e mille altri riferimenti "giusti" (il finale "The redemption of sonic beauty" sta a metà tra il John Lennon di "Across the universe", Elton John e Freddie Mercury).
Bravi, bravissimi.

BILLY BRAGG - Ten millions things that never happened
Il grande Billy aveva da tempo diradato le uscite discografiche, a parte salutuarie apparizioni e collaborazioni. I dodici nuovi brani sono scarni, dall'incedere dolente di chi ha visto tante speranze svanite, con una frequente impronta country e un clima prevalentemente acustico. Rimane il piglio combattivo nei testi e un tratto inconfindibile.

KOKO-JEAN & THE TONICS - Shaken and stirred
L'ex voce degli Excitements torna con un nuovo travolgente progetto: soul, funk, primitivo rhythm and blues (dalle parti di Ike&Tina e Arthur Alexander), blues, jazz soul. Energia a go go, voce super!

MATT MALTESE - Good morning it's now tomorrow
Terzo album per il cantautore anglo/canadese. Tredici ballate che potremmo tranquillamente inserire negli ultimi album di John Lennon, con qualche atmosfera Brian Wilson/Beach Boys e, perché no?, del McCartney più melodico.

HOWLIN RAIN - The Dharma Wheel
Circolano da parecchio in California e States e giungono ora al settimo album in cui continuano a masticare un sound 70's tra Black Crowes, Who, West Coast, Allman Borothers band. Niente male.

RINGO STARR - Let's change the world
Finalmente il grande Ringo ci concede qualche soddisfazione. Quattro brani gioiosi, suonati cn energia, divertenti e molto carini, dalla title track dal tratto soul a una cover di "Rock around the clock" frizzante e gradevole e due brani di buon gusto.

THE VAPORS - Waiting For The Weekend
Scoperti e prodotti da Bruce Foxton dei Jam, fecero il botto nel 1979 con la pulsante e frenetica Turning Japanese che caratterizzava bene il loro pop punk chitarristico, misto a echi beat e power pop. Due buoni album e una veloce scomparsa. Esce ora un quadruplo box corredato da inediti, rarità e un ruvido live del 1979 che ci ripropone l'energia e l'urgenza di quei tempi.
Si sono riuniti da poco e nel 2020 è uscito il nuovo album "Together", carino ma anonimo.

DURAN DURAN - Future past
Il nuovo album si avvale di ospiti di riguardo (Giorgio Moroder, Mark Ronson, Mike Garson, pianista di David Bowie), soprattutto GRAHAM COXON dei Blur alla chitarra e che co-firma buona parte dei brani. "Future past" è classicamente Duran Duran ma è capace di essere attuale, fatto (ovviamente) benissimo, super arrangiamenti, "maturità" ostentata.
Bravi, hanno buone carte da giocare per il successo.

PAPRIKA SOUL - Soul on jazz
La band londinese torna con un raffinatissimo album di soul jazz, in cui finiscono anche fusion, funk e brani alla Working Week o Incognito.

NUBYA GARCIA - Source ⧺ We Move
Remix del suo ottimo album dello scorso anno da parte di tanti rptagonisti della nuova scena nu jazz brit. Sperimentazioni, funk, elettronica, new grooves.

GLI ULTIMI – Sine metu
Quinto album per la band romana e centro perfetto. Dodici canzoni scritte con il cuore, l’anima, il sudore di una vita di strada. Punk rock che attinge dal sacro verbo dei primi Clash (“Pane e rose” potevamo tranquillamente trovarlo sul loro secondo album), dai loro epigoni Rancid, dai Social Distortion e dalla prima scena Oi! inglese (dai 4Skins agli Infa Riot), oltre che dai consanguinei Banda Bassotti.
Semplicemente eccellente.

MARIANNA D'AMA - Where Will You Go, Nina?
Nuovo approdo per la cantautrice abruzzese con un ep denso e intenso, in cui si accoppiano sensualmente influenze blues, folk, decadenti, abrasive, suadenti, sorta di connubio tra Portishead, Pj Harvey, Nick Cave, Billie Holiday, Anna Calvi.
L'incedere è dolente e solenne ma nasconde una rabbia di fondo che emerge dalle chitarre crude e scabre e una voce immediatamente riconoscibile.

BARMUDAS - Everyday is saturday night
La band fiorentina, attiva da quattro anni, approda al primo album, un grande concept di otto brani che si riallaccia alla tradizione glam rock dei Settanta, tra Sweet Slade, pub rock, puro e semplice rock 'n' roll.
Il tutto eseguito con grande energia, competenza e capacità compositiva di primo livello. Imperdibile per gli amanti di un sound riportato in auge dalle nostre arti dai Giuda.

HEAT FANDANGO - Reboot System
Intrigante la miscela sonora della band marchigiana. Troviamo un tiro garage punk (tra Sonics e Music Machine e le loro più recenti incarnazioni), venature del blues impazzito che propone la Jon Spencer Blues Explosion, rock acido, un pulsare ritmico violento e diretto. Ottimi davvero.

EL XICANO - La montagna rossa
Prosegue felicemente il percorso del one man band di Silvio Pasqualini, talentuoso compositore e musicista romagnolo, dai lunghi trascorsi in varie esperienze sonore.
Il nuovo album viaggia su coordinate psichedeliche con un forte connotato pop che, non di rado, si avvicina ai Verdena di "Wow". Originale, personale, grandi canzoni e arrangiamenti perfetti. Un gioiello.

POLVERE DI PINGUINO - Stand by the dream
Storica band toscana della scena garage punk neo psych degli anni 80 con una breve ma fulminante carriera. Questo album raccoglie una serie di rare testimonianze d'epoca, tra demo, inediti, brani live che restituiscono al meglio l'irruenza sonora, diretta, potente, abrasiva che caratterizzava il loro sound.

GIANLUCA SECCO – DanzaFerma
Secondo album e grande prova di maturità, capacità di coprire un’ampia gamma di suoni, influenze, riferimenti. Che possono fare convivere nello stesso disco canzone d’autore, rock, blues, Piero Ciampi, Nick Cave, blues, rock, attitudine punk e tanto altro. La versatilità di Secco è sintomo di grande personalità, lo spessore compositivo e la sempre azzeccata scelta dei suoni e degli arrangiamenti lo pone sui gradini più alti del nuovo cantautorato itaiano.

TUPAMAROS - Senza paura
Torna dopo 19 anni di silenzio la mitica band carpigiana con un nuovo album che trasuda, come sempre, passione, freschezza, audacia verbale. Tra combat folk, folk rock, incursioni nel reggae ("Da qui"), canzone d'autore, un'anima pop, ritroviamo il consueto piglio, sincero e urgente, che li ha sempre caratterizzati.

BODY BAG REDEMPTION - The exclusive fun of fishing in the pond of your clownish tears
Lavoro sapientemente anomalo, sperimentale, abrasivo e dissacrante, che unisce un approccio alla Bologna Violenta con reminiscenze garage e sguardi ai Dinosaur Jr.
L’aspetto che prevale è l’originalità della proposta e che, viste le premesse, sarebbe bene sviluppare nell’arco di un album. Restiamo in attesa. “The Exclusive Fun Of Fishing In The Pond Of Your Clownish Tears” è il terzo demo EP di Body Bag Redemption, progetto one man band nato prima del 2010 e mai sopito nonostante anni di letargo.
Rispetto alla prima incarnazione, che verteva su sonorità punk blues acustiche per sola chitarra e voce (un EP split all’attivo su CD-r, esauritissimo e dimenticato da ogni creatura vivente), BBR ora ha un’impronta più rock ovvero con tutti gli strumenti – chitarra, basso e batteria.
Questo terzo lavoro è nato all’insegna del desiderio di cambiare e di sperimentare con pezzi non strettamente legati al punk e derivati.

A.S.E. (Anno Senza Estate) – Racconti & Canzoni
Torna la creatura di Paolo Merenda che sorprendentemente svolta musicalmente da sonorità punk/hc verso un percorso semi acustico tra country e cantautorato (particolarità che accomunò varie band della scena hardcore californiana degli anni 80, primi tra tutti i Rank And File).
All’album di otto ottimi brani è allegato un libretto con trenta brevi racconti che narrano di vita della profonda provincia tra storie veramente accadute e altre distopiche e immaginarie.

BRUCE SUDANO - Ode to a nightingale
Conosciuto per i brani scritti per Michael Jackson, Dolly Parton e Donna Summer, Bruce Sudano non rinuncia a una dignitosa carriera solista che lo ha portato, per il nuovo lavoro, a registrare in Italia, diventata ormai una seconda patria. Sette brani di buon rock “americano” con una forte influenza country, uno sguardo a Tom Petty, uno a Neil Young un altro ancora ai Traveling Wilsbury e alla scrittura di Jeff Lynne e del primo paul McCartney con i Wings. Sette brani ben scritti, arrangiamenti scarni ma efficaci, ottimo album.

ASCOLTATO ANCHE:
SALMO (incerto. Cose buone, altre trascurabili), ROGER TAYLOR (il batterista dei Queen. Ebbene si l'ho ascoltato...), KOOL AND THE GANG (easy disco soul funk sempre di qualità), CORNELL CC CARTER (pop soul molto leccato).

LETTO

MARCO TEATRO / GIACOMO SPAZIO - Virus - il punk è rumore 1982-1989
Raccolta di tutto (o quasi) il materiale relativo all'esperienza del VIRUS di Milano, attivo dal 1982 al 1989. Volantini, locandine, fogli, fanzine, ritagli di giornale.
L'aspetto più interessante e affine allo spirito originario è che non c'è analisi sociologica, approfondimenti o pareri personali.
C'è solo il materiale prodotto, nudo e crudo, una foto in bianco ma soprattutto nero di ciò che è stato in quegli anni con tutte le ingenuità, l'approssimazione, la freschezza, l'urgenza, l'irruenza, la cattiveria, la disperazione l'ironia, la rabbia di quei tempi.
E' sufficiente e anche troppo.
Sicuramente TANTO.

NANDO MAINARDI - Il figlio della foca. Celentano e Fantastico 1987
Nando Mainardi è profondo e raffinato cultore di quella canzone d'autore italiana poco allineata e con una personalità ben definita. Non a caso ha già scritto di Gaber e Jannacci.
Affronta questa volta un personaggio ancora meno definibile, un anarchico nei fatti, perso tra bigottismo, provocazione, conservatorismo, genio, banalità, ego ipertrofico: Adriano Celentano.
Come lo descrisse malignamente Giorgio Bocca, "un cretino di talento".
Il libro narra l'incredibile, quanto poco ricordata, avventura del Molleggiato quando gli venne affidata, dopo il clamoroso passaggio alla Finivest di Baudo, Carrà e Bonaccorti, a suon di miliardi, la conduzione del programma di punta della RAI, Fantastico, nel 1987.
Fu un mezzo (o completo) delirio di onnipotenza ma di totale rottura dei canoni tradizionali, tra polemiche a non finire (per le quali si scomodarono il suddetto Bocca ma anche Umberto Eco, vescovi e tutti i quotidiani), che arrivarono anche in Parlamento e al Vaticano.
Spazi concessi ai reietti della RAI come Franca Rame che mise in scena da "Tutto casa, letto e chiesa" l'agghiacciante monologo autobiografico "Lo stupro" e Dario Fo che nella puntata di Natale, da "Mister buffo" parlò a suo modo di Gesù Bambino, causando scandalo e proteste.
E poi appelli contro la caccia, gaffe a ripetizione, i lunghi imbarazzanti silenzi, litigi furiosi e fratture inenarrabili con dirigenti e collaboratori (Massimo Boldi ne esce come un miserabile).
Ma anche dieci milioni di spettatori e oltre di media, ospiti favolosi (da Chuck Berry ai Bee Gees a Liza Minelli) e un programma che non si ripeterà mai più e dall'anno successivo verrà di nuovo normalizzato.
Un libro interessantissimo, circostanziato all'epoca sociopolitica in cui si svolge la vicenda, una fotografia di un periodo che si chiude per lasciare spazio a una nuova era, quella del Berlusconismo, con tutti gli annessi e connessi.

CLARICE TROMBELLA - Sister Resist
Le venti storie che ci sottopone l'autrice nel suo nuovo libro sono legate, pur nella varietà geografica, sociale, culturale delle protagoniste, da un filo conduttore che ne testimonia il coraggio, la caparbietà, lo spirito di rivalsa e auto affermazione, in circostanze costantemente difficili.
E così troviamo affiancate star come Lady GaGa, Billie Eilish, Beyoncè, Bjork a rappresentanti della scena più alt come Ani Di Franco, Kae Tempest, Tracey Thorn o la fantastica rapper franco/cilena Ana Tijoux, fino alle "nostre" Madame e Elodie o a esponenti di quello splendido e ancora inesplorato universo della musica africana, da Fatoumata Diawara a Les Amazones d'Afrique, fino a Helin Bolek del Grup Yourum.
La scrittura è minimale, diretta, efficace, le storie brevi e asciutte, ricche di particolari poco conosciuti (spesso drammatici).
Il tutto corredato da splendide illustrazioni e mini colonne sonore, ideali per accompagnare la lettura dei vari profili.

ANTHONY DAVIE - Joe Strummer and the Mescaleros
Anthony Davie è stato tra i più grandi fan di JOE STRUMMER, 40 volte ai concerti dei Clash, decine a quelli di Joe.
In questo libro(ne) racconta (con traduzione italiana di Silva Fasulo) la vicneda con i MESCALEROS, la sua ultima incarnazione artistica prima della tragica scomparsa nel 2002.
Ci sono tante storie, i ricordi di tutti i componenti della band, le vicende di Davie, costantemente e fedelmente ai concerti dei Mescaleros, dalla Gran Bretagna a ogni angolo d'Europa, fino agli States e al Giappone (rischiando divorzio e licenziamento), la sua amicizia con Joe e i musicisti, avventure e disavventure di un grande fan.
In mezzo la spontaneità (che talvolta rasentava l'improvvisazione) di Joe e soci.
Ma anche i litigi, le tensioni e i contrasti.
E il paradosso di Joe che lasciava sempre più spazio ai brani dei Clash, per dare al suo pubblico ciò che desiderava e meno ai brani solisti.
Per i fan dei Clash un libro da avere (con tanto di lunghissima appendice con foto, poster, biglietti e memorabilia di ogni tipo).

MAURIZIO GALLI - I solchi della storia
Una bellissima idea, altrettanto bene realizzata, il ricercare l'origine di canzoni che prendono spunto da fatti storici più o meno conosciuti.
Dallo sbarco sulla Luna (con il grande "Whitey on the moon" di Gil Scott Heron) alla Strage di Piazza Fontana, i morti di Derry che ispirarono "Sunday bloody Sunday" degli U2, l'"Ohio" di CSN&Y che arrivava dalla strage della Kent State University del 1970. Ma anche la guerra in Vietnam, Auschwitz, il Sand Creek ed episodi semi sconosciuti come l'origine della musica cajun o la battaglia di Gettysburg che ispirò Robbie Robertson e la Band a scrivere l'immortale "The night they drove Old Dixie Down".
I cenni storici sono molto precisi e circostanziati, le canzoni trattate esposte nel modo più competente e appassionato possibile.
Istruttivo e molto piacevole.

EMMANUEL CARRERE - Yoga
Il nuovo libro di Carrère si riassume in una frase, dove, citando Montaigne ci dice:
"Gli scrittori che scrivono ciò che gli passa per la testa sono quelli che preferisco, infischianosene altamente dell'opinione di chi dice che di quello che passa per la testa a lui non importa a nessuno e che bisogna essere davvero presuntuosi, davvero egocentrici, per prendersi la briga di registrarlo. Perchè lui, Montaigne, è convinto che non ci sia niente di più interessante di questo, in quanto lui è un uomo comune e non uno di quelli di cui si leggono le memorie, uno la cui unica peculiarità è essere un uomo e potere, a quest'unico titolo, senza l'impiccio di prerogative di sorta, testimoniare cosa significa essere un uomo".
E così Carrère ci parla della sua esperienza con lo yoga (tema originario di questo libro, poi sviluppatosi in altre direzioni), di un periodo in un'isola greca tra i rifugiati afghani e siriani, di relazioni (presunte o reali) con altre donne, della terribile depressione e conseguente esperienza in clinica psichiatrica.
Ovviamente scrive molto bene, il tratto è avvincente ma alla fine sfugge il significato di un libro di questo tipo, costante parlarsi addosso, incurante del lettore.

VISTO

Todd Haynes - Velvet Underground
E' prassi ormai consolidata, una sorta di inevitabile necessità, indicare i Velvet Underground tra i gruppi più influenti e il loro primo album, uscito nel marzo 1967, come uno dei migliori dischi rock di sempre.

C'è ovviamente molto di vero, il gruppo di Lou Reed e John Cale, supportati dalla spinta visiva e artistica di Andy Warhol, creò uno stile unico, che mischiava gli scampoli del beat, con folk, sperimentazione, influenze di musica classica contemporanea, proto punk.
A cui si univano la spettrale voce di Nico, la chitarra di Sterling Morrison e la batteria primitiva di Maureen Tucker che in un momento in cui incominciava a emergere una generazione di musicisti sempre più raffinati e tecnici, percuoteva i suoi tamburi in maniera ossessiva, minimale, senza nessuna concessione alla tecnica.
Che peraltro, John Cale a parte, che veniva da studi classici, non era prerogativa nemmeno degli altri componenti della band.

In un'epoca in cui l'estetica si faceva sempre più colorata ed estrosa i Velvet si presentavano in nero e con giubbotti di pelle.
E mentre i testi delle canzoni in classifica svoltavano verso paradisi artificiali e sognanti, con afflati di pacifismo, anelanti amore ed escapismo dalla realtà, Lou Reed scriveva e cantava di eroina, sadomasochismo, prostituzione, devianze sessuali.

Il primo disco, ora assurto all'olimpo della storia del rock, famoso soprattutto per l'iconica banana in copertina disegnata da Warhol, passò praticamente inosservato.
Vendette poche copie, non più di 30.000 (per l'epoca briciole) ma come ipotizzò Brian Eno “ognuna di quelle 30.000 persone dopo averlo ascoltato formò una band”.

I Velvet Underground sono votati alla distruzione ma soprattutto all'autodistruzione, sia artistica che fisica. E perdono pezzi, prima Warhol e Nico, poi John Cale.
Nel secondo album “White light/White Heat” ricorda Cale che “facevamo a gara a chi teneva il volume più alto, nessuno parlava più agli altri. Peggio dei bambini”.
v Infine lo stesso Lou Reed si stanca e lascia, dopo “Loaded” (che contiene due suoi capolavori, “Sweet Jane” e “Rock 'n' Roll”, che si porterà appresso nella carriera solista), il tutto in mano al solo Doug Yule, entrato a sostituire John Cale che porterà avanti, impropriamente, il nome del gruppo ancora per un po'.

Disintegrato il gruppo, Lou Reed troverà il successo grazie a una carriera solista tra le più fulgide dell'intera storia del rock, macinando momenti di eccellenza a provocazioni e sperimentazioni, qualche caduta di stile ma rimanendo sempre a livelli di assoluta eccellenza.
John Cale prosegue un'oscura strada solista pur distinguendosi come produttore (gli Stooges di Iggy Pop, Nico, i Modern Lovers, Brian Eno, Happy Mondays, Siouxsie, Patti Smith) e come compositore di colonne sonore.
Nico diventa un'icona dark, con dischi oscurissimi e ostici, persa negli abissi più bui dell'eroina, Sterling Morrison e Moe Tucker rientrano nell'ombra.

Il punk e la new wave tributeranno immediato omaggio ai Velvet Underground, riconoscendone l'importanza primaria come influenza sonora ma soprattutto attitudinale.
E il progressivo successo di Lou Reed li sublimerà come band seminale ed essenziale nella storia della musica rock.
John Cale e Lou Reed si ritroveranno in concerto a Parigi con Nico, nel 1972 e poi nel favoloso album tributo a Andy Warhol, morto da poco, nel 1990, “Songs fo Drella”, quindici canzoni composte insieme per ricordare il loro scopritore. Nel 1993 la formazione originale si riunì per un tour che, purtroppo, risultò parecchio deludente, come mi confermò amaramente la data milanese.

Come ogni gruppo di culto che si rispetti, dei Velvet Underground sono rimaste poche testimonianze video e anche quelle fotografiche non sono così frequenti. Non deve essere stato facile per il regista Todd Haynes riuscire a costruire un documentario di due ore dedicato alla band.
“The Velvet Underground” risente infatti della scarsità di materiale, affidandosi, come è spesso frequente nei contesti visivi, a una lunga serie di testimonianze di protagonisti più o meno diretti della vicenda.
Ma è proprio in questa limitata possibilità di scelta che riesce a destreggiarsi, centellinando filmati e foto rare o inedite, riuscendo a tenere in magico e sapiente equilibrio la visione di un lavoro destinato a diventare un classico.
La partenza è un po' lenta ma necessaria ed efficace, con la contestualizzazione del periodo in cui la band nasce, il John Cale che arriva a New York dal remoto Galles, il Lou Reed che frequenta i locali gay della città, in una situazione in cui l'omosessualità è ancora vista come un male da estirpare anche con la forza e passibile di arresto.
Spettacolari poi le immagini in bianco e nero alla Factory di Warhol, il laboratorio in cui l'artista creava e raccoglieva idee, persone, immagini e dove “la gente andava perché c'erano sempre le telecamere accese e questo faceva pensare loro che avrebbero potuto diventare delle star del cinema”.

La band é seduta in circolo con altri ragazzi e ragazze, a farsi leggere i tarocchi.
Sguardi febbrili, un'estetica che andava già oltre il concetto del beat o della psichedelia, non si curava delle mode e delle tendenze.
L'arrivo di Nico, voluta nel gruppo da Warhol che, come spiega Cale, immaginava questo “iceberg biondo in mezzo a una band invece tutta vestita di nero” non fu bene accetto dal resto dei componenti che lo subirono come un'imposizione.
Ma nella testa del loro mentore il gruppo era una sua opera d'arte e ci voleva una ragazza bella, attraente, misteriosa (e pure relativamente nota, avendo fatto una piccola parte nella Dolce Vita” di Fellini ed essendo stata una modella discretamente famosa).
Fu lo stesso Cale a doversi occupare su come impiegarla vocalmente (nonostante avesse già inciso un 45 giri in Inghilterra prodotto dal giro Rolling Stones e suonato dal futuro Led Zeppelin, Jimmy Page) e a confezionarle un ruolo all'interno della band.
I Velvet Underground erano una specie di “quadro” di Warhol che lui portava nei musei o in situazioni artistiche.

La gente, i collezionisti, i radical chic, gli intenditori d'arte andavano per Warhol, la band si esibiva come compendio alla sua presenza ma come ricorda Moe Tucker, non erano interessati alla loro musica:
“Scherzavamo spesso su questo. Quanta gente se ne è andata stasera quando suonavamo? La metà? Ah allora è andata bene”.
“Sono stanco di dipingere e ho pensato ai Velvet Underground come a una combinazione di musica, arte e cinema, tutto insieme”
(Andy Warhol).
Nel documentario si sentono le voci di Lou Reed, Sterling Morrison mentre John Cale e Maureen Tucker appaiono in immagini recenti, commentando con tranquillità e profondità le vicende.
Ci sono anche David Bowie, vari esponenti della Factory, artisti, registi e un emozionato Jonathan Richman (leader dei Modern Lovers) che li vide in concerto una quarantina di volte e descrive alla perfezione cosa significava assistere a un loro concerto.

“Andy è stato fantastico e non sarebbe accaduto niente senza di lui.
Non credo avremmo mai ottenuto un contratto senza la sua copertina o se Nico non fosse stata così bella. Abbiamo potuto fare quell'album così come ci piaceva solo perché Andy ci ha dato la massima libertà e nessuno avrebbe mai osato contraddirlo”
(Lou Reed).

Il documentario ci mostra anche le convulse fasi finali, il tentativo di uscire dal giro New Yorkese ma invano.
“Nella West Coast erano hippies e non odiavamo gli hippies e il loro “pace e amore”, quella merda “pace e amore” la odiavamo.
Sii realistico.
Aiuta qualche homeless, fai qualcosa, invece di andartene in giro con i fiori nei capelli”
(Moe Tucker).

Nel frattempo Lou Reed licenzia prima Warhol e poi John Cale, Nico preferisce una strada tutta sua, la band perde verve e viene superata dalle nuove tendenze musicali, fino al definitivo epilogo.
Il film è un lavoro interessante, esaustivo, necessario, che scrive l'epitaffio definitivo su una band determinante e assolutamente unica e inimitabile.

Lou Reed ci lascia un'indicazione essenziale per ogni musicista:
“Noi concepivamo le canzoni come uno spazio aperto in cui non mettere cose in più ma toglierle che è l'esatto opposto di come lavorano gli altri. Non abbiamo mai aggiunto strumenti o chiamato session men a suonare. Non abbiamo mai inciso niente che non fosse possibile riprodurre dal vivo”.

Disponibile su Apple TV+

Respect di Liesl Tommy
Quando guardiamo un film su qualche famoso artista dobbiamo, prima di iniziare, scrivere cento volte sulla lavagna "non è un documentario, è un film".
Di conseguenza, noi saccenti conoscitori di ogni virgola della storia del protagonista, dobbiamo metterci un cerotto sulla bocca ed evitare di puntare il ditino inquisitore sulla mancanza di questo o di quello.
E' UN FILM.
Teatrale, superficiale, "cinematografico", melodrammatico, enfatico, appunto.
Americano, soprattutto.
Detto questo, Jennifer Hudson è una credibile e superba Aretha (anche vocalmente, esteticamente e fisicamente regge il confronto), interpreta bene le sue instabilità e up and downs, le contestualizzazioni storico/scenografiche sono fedeli e (quasi) perfette, i particolari curati.
Il film si ferma al ritorno al gospel di Aretha nel 1972 con "Amazing Grace".
"Respect" si colloca bene a fianco di "Ray" di Taylor Hackford su ray Charles e "Get on up" di Tate Taylor su James Brown.
Un dignitoso (per quanto eccessivamente lungo, quasi due ore e mezzo) omaggio.
Non entrerà nella storia ma gli appassionati apprezzeranno.

Bande giovanili - Nuovi sentieri nella giungla metropolitana
https://www.youtube.com/watch?v=CjzpuxYs8_A

Un documentario del 1983 sulle "bande giovanili" a Milano.
Si vedono i mod milanesi prima e durante un concerto dei Four By Art del gennaio 1983 all'Odissea di Milano e anche immagini di un concerto di Chelsea Hotel, Raw Power, Indigesti, Crash Box, Anti, Tiratura Limitata al "Pluto/Osteria di Sacc" a Piacenza il 27 novembre 1982.

COSE VARIE
Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà", ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".

IN CANTIERE
Imminenti altre due uscite letterarie: il 5 novembre e il 23 novembre



Il terzo titolo di COMETA ROSSA EDIZIONI è la prima BIOGRAFIA di GRAHAM DAY.
Esce il 16 settembre, 58° compleanno del cantante, chitarrista, compositore di Prisoners, Gift Horses, Prime Movers, Planet, Solarflares, Graham Day and the Gaolers, Graham Day and the Forefathers, The Senior Service.

Il libro ripercorre in dettaglio la storia di Graham Day, dagli esordi ad oggi attraverso un'INTERVISTA di OTTANTA DOMANDE a cui ha pazientemente e dettagliatamente risposto.

Inoltre:
° la discografia completa di ogni sua uscita discografica, le collaborazioni, le produzioni.
° tutte le date italiane.
° decine di recensioni italiane di dischi e concerti.

Il libro si trova in CENTO COPIE NUMERATE e AUTOGRAFATE dagli autori, ESCLUSIVAMENTE presso la distribuzione di HellNation.

hellnation64@gmail.com

https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828

giovedì, ottobre 28, 2021

Get Back. Dischi da (ri)scoprire

Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta. Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

Speciale THE CRAMPS


Gravest Hits (1979)
Stanno facendo danni già da tre anni, attivi nella scena punk New Yorkese, nel giro del CBGB'S, quando nel luglio 1979 firmano la prima uscita discografica sulla lunga distanza, dopo due 45 giri, qui inclusi con l'aggiunta di "Lonesome town".
C'è tutta l'essenza dei Cramps e la migliore line up della band con Lux Interior, Poison Ivy Rorschach, Bryan Gregory e Nick Knox.
Grottesche, violente, sguaiate versioni di "Surfin bird", "Domino", "The way I walk" e la loro "Human fly".
Rock 'n' roll, punk, surf, garage, primitivismo.
Produce Alex Chilton.


Songs the Lord taught us (1980)
Uno dei capolavori del post punk.
I tredici brani dell'album d'esordio sono demoniaci, cinematografici, bizzarri, aggressivi, minimali.
Due accordi, soli di chitarra su una corda, la voce inconfondibile di Lux interior, chitarre costantemente con il fuzz, batteria tribale.
Brani quasi tutti autografi che aprono un genere vero e proprio, lo psychobilly più primitivo e visionario.

Psychedelic jungle (1981)
Con Kid Congo Powers (già con i Gun Club e poi con Nick Cave) al posto di Bryan Gregory, senza più Alex Chilton alla regia, la band cambia direzione guardando a suoni più ipnotici e psichedelici, ripulendosi dall'eccesso di distorsioni e riservando metà del disco a oscure quanto affascinanti cover ("Green Door", "The Crusher" "Primitive", "Green Fuz" le migliori).
Lavoro ancora a livelli di eccellenza.


Big Beat from Badsville (1997)
La carriera della band diventa un vortice di cambiamenti di elementi, guai discografici, compilation, live, problemi di ogni tipo, concerti sempre più deliranti.
Ma artisticamente non si sposteranno più dalle coordinate degli esordi.
Non sempre gli album (e talvolta neanche i live act) sono all'altezza della loro fama e una rassicurante prevedibilità diventa la costante tra alti e bassi.
Esce nel 1997 il penultimo album (il successivo sarà nel 2003, prima dello scioglimento seguito alla morte, nel 2009, di Lux Interior) e, pur non dicendo nulla di nuovo, è fresco e ben fatto.

mercoledì, ottobre 27, 2021

Beatles in Mongolia



Durante il regime comunista che governò la Mongolia, soprattutto negli anni 70 e 80, la maggior parte delle musiche provenienti dall'Occidente furono bandite.

La musica rock (in particolare quella dei Beatles) divenne così clandestina e veniva ascoltata di nascosto, in particolare in una zona ai tempi periferica di Ulan Bator.

Dove oggi (diventata zona centrale moderna di shopping e uffici, nel terzo distretto del quartiere di Cingeltei) sorge un monumento (progettato dall'architetto B.Denzen) dedicato proprio ai Beatles, in rappresentanza simbolica di quei suoni e di quel periodo, eretto con una colletta dagli abitanti della zona.

martedì, ottobre 26, 2021

Maurizio Galli - I solchi della storia



Una bellissima idea, altrettanto bene realizzata, il ricercare l'origine di canzoni che prendono spunto da fatti storici più o meno conosciuti.

Dallo sbarco sulla Luna (con il grande "Whitey on the moon" di Gil Scott Heron) alla Strage di Piazza Fontana, i morti di Derry che ispirarono "Sunday bloody Sunday" degli U2, l'"Ohio" di CSN&Y che arrivava dalla strage della Kent State University del 1970. Ma anche la guerra in Vietnam, Auschwitz, il Sand Creek ed episodi semi sconosciuti come l'origine della musica cajun o la battaglia di Gettysburg che ispirò Robbie Robertson e la Band a scrivere l'immortale "The night they drove Old Dixie Down".

I cenni storici sono molto precisi e circostanziati, le canzoni trattate esposte nel modo più competente e appassionato possibile.
Istruttivo e molto piacevole.

Maurizio Galli
I solchi della storia. Gli avvenimenti che hanno ispirato grandi musiche.
VoloLibero Edizioni
256 pagine
euro 18

lunedì, ottobre 25, 2021

Todd Haynes - Velvet Underground



Riprendo l'articolo pubblicato ieri per "Libertà" relativo al docu/film di Todd Haynes, "Velvet Underground"

E' prassi ormai consolidata, una sorta di inevitabile necessità, indicare i Velvet Underground tra i gruppi più influenti e il loro primo album, uscito nel marzo 1967, come uno dei migliori dischi rock di sempre.

C'è ovviamente molto di vero, il gruppo di Lou Reed e John Cale, supportati dalla spinta visiva e artistica di Andy Warhol, creò uno stile unico, che mischiava gli scampoli del beat, con folk, sperimentazione, influenze di musica classica contemporanea, proto punk.
A cui si univano la spettrale voce di Nico, la chitarra di Sterling Morrison e la batteria primitiva di Maureen Tucker che in un momento in cui incominciava a emergere una generazione di musicisti sempre più raffinati e tecnici, percuoteva i suoi tamburi in maniera ossessiva, minimale, senza nessuna concessione alla tecnica.
Che peraltro, John Cale a parte, che veniva da studi classici, non era prerogativa nemmeno degli altri componenti della band.

In un'epoca in cui l'estetica si faceva sempre più colorata ed estrosa i Velvet si presentavano in nero e con giubbotti di pelle.
E mentre i testi delle canzoni in classifica svoltavano verso paradisi artificiali e sognanti, con afflati di pacifismo, anelanti amore ed escapismo dalla realtà, Lou Reed scriveva e cantava di eroina, sadomasochismo, prostituzione, devianze sessuali.

Il primo disco, ora assurto all'olimpo della storia del rock, famoso soprattutto per l'iconica banana in copertina disegnata da Warhol, passò praticamente inosservato.
Vendette poche copie, non più di 30.000 (per l'epoca briciole) ma come ipotizzò Brian Eno “ognuna di quelle 30.000 persone dopo averlo ascoltato formò una band”.

I Velvet Underground sono votati alla distruzione ma soprattutto all'autodistruzione, sia artistica che fisica. E perdono pezzi, prima Warhol e Nico, poi John Cale.
Nel secondo album “White light/White Heat” ricorda Cale che “facevamo a gara a chi teneva il volume più alto, nessuno parlava più agli altri. Peggio dei bambini”.
v Infine lo stesso Lou Reed si stanca e lascia, dopo “Loaded” (che contiene due suoi capolavori, “Sweet Jane” e “Rock 'n' Roll”, che si porterà appresso nella carriera solista), il tutto in mano al solo Doug Yule, entrato a sostituire John Cale che porterà avanti, impropriamente, il nome del gruppo ancora per un po'.

Disintegrato il gruppo, Lou Reed troverà il successo grazie a una carriera solista tra le più fulgide dell'intera storia del rock, macinando momenti di eccellenza a provocazioni e sperimentazioni, qualche caduta di stile ma rimanendo sempre a livelli di assoluta eccellenza.
John Cale prosegue un'oscura strada solista pur distinguendosi come produttore (gli Stooges di Iggy Pop, Nico, i Modern Lovers, Brian Eno, Happy Mondays, Siouxsie, Patti Smith) e come compositore di colonne sonore.
Nico diventa un'icona dark, con dischi oscurissimi e ostici, persa negli abissi più bui dell'eroina, Sterling Morrison e Moe Tucker rientrano nell'ombra.

Il punk e la new wave tributeranno immediato omaggio ai Velvet Underground, riconoscendone l'importanza primaria come influenza sonora ma soprattutto attitudinale.
E il progressivo successo di Lou Reed li sublimerà come band seminale ed essenziale nella storia della musica rock.
John Cale e Lou Reed si ritroveranno in concerto a Parigi con Nico, nel 1972 e poi nel favoloso album tributo a Andy Warhol, morto da poco, nel 1990, “Songs fo Drella”, quindici canzoni composte insieme per ricordare il loro scopritore. Nel 1993 la formazione originale si riunì per un tour che, purtroppo, risultò parecchio deludente, come mi confermò amaramente la data milanese.

Come ogni gruppo di culto che si rispetti, dei Velvet Underground sono rimaste poche testimonianze video e anche quelle fotografiche non sono così frequenti. Non deve essere stato facile per il regista Todd Haynes riuscire a costruire un documentario di due ore dedicato alla band.

“The Velvet Underground” risente infatti della scarsità di materiale, affidandosi, come è spesso frequente nei contesti visivi, a una lunga serie di testimonianze di protagonisti più o meno diretti della vicenda.
Ma è proprio in questa limitata possibilità di scelta che riesce a destreggiarsi, centellinando filmati e foto rare o inedite, riuscendo a tenere in magico e sapiente equilibrio la visione di un lavoro destinato a diventare un classico.
La partenza è un po' lenta ma necessaria ed efficace, con la contestualizzazione del periodo in cui la band nasce, il John Cale che arriva a New York dal remoto Galles, il Lou Reed che frequenta i locali gay della città, in una situazione in cui l'omosessualità è ancora vista come un male da estirpare anche con la forza e passibile di arresto.
Spettacolari poi le immagini in bianco e nero alla Factory di Warhol, il laboratorio in cui l'artista creava e raccoglieva idee, persone, immagini e dove “la gente andava perché c'erano sempre le telecamere accese e questo faceva pensare loro che avrebbero potuto diventare delle star del cinema”.

La band é seduta in circolo con altri ragazzi e ragazze, a farsi leggere i tarocchi.
Sguardi febbrili, un'estetica che andava già oltre il concetto del beat o della psichedelia, non si curava delle mode e delle tendenze.
L'arrivo di Nico, voluta nel gruppo da Warhol che, come spiega Cale, immaginava questo “iceberg biondo in mezzo a una band invece tutta vestita di nero” non fu bene accetto dal resto dei componenti che lo subirono come un'imposizione.
Ma nella testa del loro mentore il gruppo era una sua opera d'arte e ci voleva una ragazza bella, attraente, misteriosa (e pure relativamente nota, avendo fatto una piccola parte nella Dolce Vita” di Fellini ed essendo stata una modella discretamente famosa).
Fu lo stesso Cale a doversi occupare su come impiegarla vocalmente (nonostante avesse già inciso un 45 giri in Inghilterra prodotto dal giro Rolling Stones e suonato dal futuro Led Zeppelin, Jimmy Page) e a confezionarle un ruolo all'interno della band.

I Velvet Underground erano una specie di “quadro” di Warhol che lui portava nei musei o in situazioni artistiche.

La gente, i collezionisti, i radical chic, gli intenditori d'arte andavano per Warhol, la band si esibiva come compendio alla sua presenza ma come ricorda Moe Tucker, non erano interessati alla loro musica:
“Scherzavamo spesso su questo. Quanta gente se ne è andata stasera quando suonavamo? La metà? Ah allora è andata bene”.
“Sono stanco di dipingere e ho pensato ai Velvet Underground come a una combinazione di musica, arte e cinema, tutto insieme”
(Andy Warhol).
Nel documentario si sentono le voci di Lou Reed, Sterling Morrison mentre John Cale e Maureen Tucker appaiono in immagini recenti, commentando con tranquillità e profondità le vicende.
Ci sono anche David Bowie, vari esponenti della Factory, artisti, registi e un emozionato Jonathan Richman (leader dei Modern Lovers) che li vide in concerto una quarantina di volte e descrive alla perfezione cosa significava assistere a un loro concerto.

“Andy è stato fantastico e non sarebbe accaduto niente senza di lui.
Non credo avremmo mai ottenuto un contratto senza la sua copertina o se Nico non fosse stata così bella. Abbiamo potuto fare quell'album così come ci piaceva solo perché Andy ci ha dato la massima libertà e nessuno avrebbe mai osato contraddirlo”
(Lou Reed).

Il documentario ci mostra anche le convulse fasi finali, il tentativo di uscire dal giro New Yorkese ma invano.
“Nella West Coast erano hippies e non odiavamo gli hippies e il loro “pace e amore”, quella merda “pace e amore” la odiavamo.
Sii realistico.
Aiuta qualche homeless, fai qualcosa, invece di andartene in giro con i fiori nei capelli”
(Moe Tucker).

Nel frattempo Lou Reed licenzia prima Warhol e poi John Cale, Nico preferisce una strada tutta sua, la band perde verve e viene superata dalle nuove tendenze musicali, fino al definitivo epilogo.
Il film è un lavoro interessante, esaustivo, necessario, che scrive l'epitaffio definitivo su una band determinante e assolutamente unica e inimitabile.

Lou Reed ci lascia un'indicazione essenziale per ogni musicista:
“Noi concepivamo le canzoni come uno spazio aperto in cui non mettere cose in più ma toglierle che è l'esatto opposto di come lavorano gli altri. Non abbiamo mai aggiunto strumenti o chiamato session men a suonare. Non abbiamo mai inciso niente che non fosse possibile riprodurre dal vivo”.

Disponibile su Apple TV+

Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=hWq7a8Tin8g

domenica, ottobre 24, 2021

Bande giovanili - Nuovi sentieri nella giungla metropolitana

https://www.youtube.com/watch?v=CjzpuxYs8_A

Un documentario del 1983 sulle "bande giovanili" a Milano.
Si vedono i mod milanesi prima e durante un concerto dei Four By Art del gennaio 1983 all'Odissea di Milano e anche immagini di un concerto di Chelsea Hotel, Raw Power, Indigesti, Crash Box, Anti, Tiratura Limitata al "Pluto/Osteria di Sacc" a Piacenza il 27 novembre 1982.
Il filmato (che si vede nei minuti finali) fu lo spunto per l'articolo delirante del Corriere della Sera che riporto qui sotto.
In realtà il nostro cantante (dei Chelsea Hotel), Black Demon, non si ferì con un coltello (???) ma con un colpo di chitarra durante un salto...


Regia: Damiano Tavoliere
Produzione: Damiano Tavoliere
Anno: 1983

Si chiamano Mods, rockabilly, metallari, rockers, punks-punx: alcuni rifiutano qualsivoglia impegno civile, altri si dichiarano politicizzati e antagonisti al sistema.
Si tratta di aggregazioni spontanee sorte nelle grandi città tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, sulle quali spesso la stampa si è espressa in modo duro, e in taluni casi arrivando alla criminalizzazione di questi giovani. Il film inchiesta vuole essere un viaggio senza pregiudizi attraverso i gusti, le idee, il modo di essere e di rappresentarsi di questi ragazzi, i quali affidano il proprio messaggio critico ai simboli estetici e a una rabbiosa protesta musicale.
L'occhio della telecamera, cercando di evitare commenti esterni al pensiero dei giovani intervistati, mette a fuoco convinzioni e debolezze, fragilità ed entusiasmi, che insieme definiscono linguaggi nuovi e mutazioni antropologiche in atto nella società postindustriale.

Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico

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sabato, ottobre 23, 2021

° Wizzz vol 1 - French Psychorama 1966-1970
° Wizzz vol 2 - French Psychorama 1966-1970
° Wizzz Vol 3 – Psychorama Francais 1967 to 1970
° Wizzz Vol 4 – Psychorama Francais 1966 to 1974


Wizzz vol 1 - French Psychorama 1966-1970
Wizzz vol 2 - French Psychorama 1966-1970
Wizzz Vol 3 – Psychorama Francais 1967-1970
Wizzz Vol 4 – Psychorama Francais 1966-1974


Uno sguardo nei meandri oscuri del beat, della psichedelia, del post beat, garage fuzz punk, del primo prog, dello psych funk francesi.
I quattro volumi vanno dal 1966 al 1974 e raccolgono brani spesso estremi e conditi da un approccio vocale "folle" ed esagerato, molto enfatico, sorta di marchio di fabbrica d'oltralpe.
Nomi sconosciuti, testi che parlano di sesso e droghe, suoni super!.

https://wizzzcompilation.bandcamp.com/album/wizzz-french-psychorama-1966-1970-volume-1

https://wizzzcompilation.bandcamp.com/album/wizzz-french-psychorama-1966-1970-volume-2

https://wizzzcompilation.bandcamp.com/album/wizzz-french-psychorama-vol-3

https://wizzzcompilation.bandcamp.com/album/wizzz-french-psychorama-1966-1974-volume-4

venerdì, ottobre 22, 2021

Respect di Liesl Tommy


Quando guardiamo un film su qualche famoso artista dobbiamo, prima di iniziare, scrivere cento volte sulla lavagna "non è un documentario, è un film".

Di conseguenza, noi saccenti conoscitori di ogni virgola della storia del protagonista, dobbiamo metterci un cerotto sulla bocca ed evitare di puntare il ditino inquisitore sulla mancanza di questo o di quello.

E' UN FILM.

Teatrale, superficiale, "cinematografico", melodrammatico, enfatico, appunto.
Americano, soprattutto.

Detto questo, Jennifer Hudson è una credibile e superba Aretha (anche vocalmente, esteticamente e fisicamente regge il confronto), interpreta bene le sue instabilità e up and downs, le contestualizzazioni storico/scenografiche sono fedeli e (quasi) perfette, i particolari curati.
Il film si ferma al ritorno al gospel di Aretha nel 1972 con "Amazing Grace".
"Respect" si colloca bene a fianco di "Ray" di Taylor Hackford su ray Charles e "Get on up" di Tate Taylor su James Brown.

Un dignitoso (per quanto eccessivamente lungo, quasi due ore e mezzo) omaggio.
Non entrerà nella storia ma gli appassionati apprezzeranno.

Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=Wi3sWG9irD4

giovedì, ottobre 21, 2021

Marco Teatro e Giacomo Spazio - Virus - il punk è rumore 1982-1989'


Raccolta di tutto (o quasi) il materiale relativo all'esperienza del VIRUS di Milano, attivo dal 1982 al 1989. Volantini, locandine, fogli, fanzine, ritagli di giornale.

L'aspetto più interessante e affine allo spirito originario è che non c'è analisi sociologica, approfondimenti o pareri personali.
C'è solo il materiale prodotto, nudo e crudo, una foto in bianco ma soprattutto nero di ciò che è stato in quegli anni con tutte le ingenuità, l'approssimazione, la freschezza, l'urgenza, l'irruenza, la cattiveria, la disperazione l'ironia, la rabbia di quei tempi.

E' sufficiente e anche troppo.
Sicuramente TANTO.

Marco Teatro e Giacomo Spazio
Virus - il punk è rumore 1982-1989
Goodfellas Edizioni, collana Spittle
Pagine: 544 illustrate
Prezzo: 39 euro

mercoledì, ottobre 20, 2021

The Beatles - Let It Be Special Edition: Super Deluxe Editions



Ennesimo raschiamento del barile BEATLES che continua a dare materiale in abbondanza a fan e ammalati dei Fab Four.

Delle session di "Let it be" esistono ore ed ore di registrazioni (ampiamente disponibili su centinaia di bootleg), non propriamente esaltanti.
Con questa nuova operazione si recuperano un po' di frattaglie, alcue buone, altre trascurabili a cui Giles Martin aggiunge il remix 2021 della versione originale che guadagna maggiore pulizia e brillantezza ma è materia per audiofili e superfan.

I restanti quattro CD contengono 45 outtakes, inediti, jam session, parlati.
Buona parte francamente inutile, tra chiacchiere, dialoghi, sequenze di accordi, qualche prova, un po' di scherzi, versioni simili alle conosciute.

Il CD Apple Sessions contiene una alternate take molto affascinante di "Two of us" (una delle migliori canzoni degli ultimi Beatles), un po' meno riuscita una fiacca "Let it be" (con "Please please me" piano e voce di Paul come intro) e altri brani come "For your blue", "Ive got a feeling", "One after 909" - più rock 'n' roll e cruda - "Dig a pony", in versioni simili a quelle conosciute.
Carina la "Get back" un po' jammata, inutile la strumentale "I me mine" in medley con "Wake up little Susie" degli Everly Brothers.

Molto più interessante Get Back – Rehearsals and Apple Jams.
Le registrazioni sono qualitativamente scarse ma contengono piccole gemme, come "All things must pass" che di lì a poco titolerà il triplo solista di George e John che fa ascoltare "Gimme some truth", in versione acustica ed embrionale.
La band prova un po' di brani che finiranno su "Abbey Road" come una bella "She came in through the bathroom window", una noiosa e sgangherata "Oh darling", le bozze di "Something" e qualche briciola come la jam su "The walk" di Jimmy McCracklin e il classico blues "Without a song" (ripreso anche da Frank Sinatra).
Si chiude con una bella versione di "Let it be" con testo leggermente diverso.

Get Back LP contiene invece il mix fatto da Glyn Johns (che tra Who, Stones, Kinks e il meglio della scena brit beat aveva lavorato un po' con tutti), rifiutato dalla band e che sarebbe dovuto essere l'album "Get back".
Per fortuna abbandonato.
Molto meglio la ridondanza di Spector e l'esclusione di ciò che avrebbe dovuto rappresentare la spontaneità di una sorta di live in studio.
Trascurabile se non come documento.

Il quinto CD Let It Be EP propone due mix del 1970 di Glyn Johns entrambi riuscitissimi, sia "Across the universe" che una potentissima "I me mine" oltre al remix 2021 di "Let it be" e "Don't let me down".

Come sempre noi Beatlesiani apprezziamo ma si tratta di materiale non di rado già noto e che aggiunge poco alla grandezza di Paul, John, George e Ringo.

martedì, ottobre 19, 2021

Colin Jones

Ci ha recentemente lasciati COLIN JONES, raffinato fotografo che immortalò la Swinging London (i primi WHO in particolare), la gioventù nera immigrata in Inghilterra (la serie Black House) ma, da ex ballerino, anche il mondo del balletto classico e varie altre situazioni (dalle rivolte nere in Alabama nel 1963 alle condizioni dei minatori inglesi negli anni 60).

lunedì, ottobre 18, 2021

Anthony Davie - Joe Strummer and the Mescaleros


Anthony Davie è stato tra i più grandi fan di JOE STRUMMER, 40 volte ai concerti dei Clash, decine a quelli di Joe.

In questo libro(ne) racconta (con traduzione italiana di Silva Fasulo) la vicneda con i MESCALEROS, la sua ultima incarnazione artistica prima della tragica scomparsa nel 2002.
Ci sono tante storie, i ricordi di tutti i componenti della band, le vicende di Davie, costantemente e fedelmente ai concerti dei Mescaleros, dalla Gran Bretagna a ogni angolo d'Europa, fino agli States e al Giappone (rischiando divorzio e licenziamento), la sua amicizia con Joe e i musicisti, avventure e disavventure di un grande fan.
In mezzo la spontaneità (che talvolta rasentava l'improvvisazione) di Joe e soci.
Ma anche i litigi, le tensioni e i contrasti.
E il paradosso di Joe che lasciava sempre più spazio ai brani dei Clash, per dare al suo pubblico ciò che desiderava e meno ai brani solisti.

Per i fan dei Clash un libro da avere (con tanto di lunghissima appendice con foto, poster, biglietti e memorabilia di ogni tipo).

Qualunque cosa mi arrivasse per Joe dovevo stampargliela lì per lì e dargliela.
Non gli interessava leggerla direttamente dallo schermo del computer, voleva qualcosa di concreto in mano da leggere.
Diceva subito si o no, non gli piaceva stare a rimuginare sulle cose"

(Martin Slattery, chitarra, tastiere e sax nei Mescaleros)

"Il talento di Joe non era nell'arrangiamento, una cosa di cui nei Clash si occupava Mick Jones.
Joe era passione, istinto, parole, poesia.
Joe Strummer era un poeta
"
.
(Antony Genn, chitarrista Mescaleros).

https://www.facebook.com/clashcityrockerscafe

Anthony Davie
Joe Strummer and the Mescaleros
450 pagine
Lund Choos Publishing
Libro reperibile su Amazon qui:
https://www.amazon.it/Storia-Joe-Strummer-Mescaleros/dp/B09G9LXBR6

sabato, ottobre 16, 2021

° BARMUDAS - Everyday is saturday night
° HEAT FANDANGO - Reboot System
° EL XICANO - La montagna rossa
° POLVERE DI PINGUINO - Stand by the dream

BARMUDAS - Everyday is saturday night
La band fiorentina, attiva da quattro anni, approda al primo album, un grande concept di otto brani che si riallaccia alla tradizione glam rock dei Settanta, tra Sweet Slade, pub rock, puro e semplice rock 'n' roll.
Il tutto eseguito con grande energia, competenza e capacità compositiva di primo livello. Imperdibile per gli amanti di un sound riportato in auge dalle nostre arti dai Giuda.

HEAT FANDANGO - Reboot System
Intrigante la miscela sonora della band marchigiana. Troviamo un tiro garage punk (tra Sonics e Music Machine e le loro più recenti incarnazioni), venature del blues impazzito che propone la Jon Spencer Blues Explosion, rock acido, un pulsare ritmico violento e diretto. Ottimi davvero.

EL XICANO - La montagna rossa
Prosegue felicemente il percorso del one man band di Silvio Pasqualini, talentuoso compositore e musicista romagnolo, dai lunghi trascorsi in varie esperienze sonore.
Il nuovo album viaggia su coordinate psichedeliche con un forte connotato pop che, non di rado, si avvicina ai Verdena di "Wow". Originale, personale, grandi canzoni e arrangiamenti perfetti. Un gioiello.

POLVERE DI PINGUINO - Stand by the dream
Storica band toscana della scena garage punk neo psych degli anni 80 con una breve ma fulminante carriera. Questo album raccoglie una serie di rare testimonianze d'epoca, tra demo, inediti, brani live che restituiscono al meglio l'irruenza sonora, diretta, potente, abrasiva che caratterizzava il loro sound.

venerdì, ottobre 15, 2021

Everything but the girl - Each and everyone



Tracey Thorn, voce degli Everything but the girl, attività che ha diviso con il marito Ben Watt, gestisce un'interessantissima rubrica su The New Statesman (https://www.newstatesman.com/international) in cui parla di musica, politica, società, in maniera brillante, fresca, arguta.
Qui: https://www.newstatesman.com/author/tracey-thorn) i suoi articoli.

In uno di questi spiega la sottigliezza del testo di "Each and everyone", il singolo tratto dal fortunato esordio della band, "Eden" del 1984 che li rese famosi, grazie a un sound semi acustico, tra pop, jazz e new wave.

Brano cantato da Tracey con Ben che suona chitarra e piano, Charles Hayward alla batteria (già con le Raincoats e This Heat, perfino con i Crass, successivamente con Gong, Phil Manzanera, Lox Cohill, Fred Frith), Chuco Merchàn al basso (che tra i tanti è stato con Nucleus, Eurythmics, Pretenders, Thomas Dolby, George Harrison, Pete Townshend, David Gilmour).

Spiega Tracey:
"Una delle prime canzoni degli Everything but the Girl, "Each and Every One", è stata interpretata dalla maggior parte degli ascoltatori come un brano che parlava di una delusione d'amore, quando in realtà è la mia prima furiosa descrizione del criticismo maschile.
"Se mai ritenessi opportuno di scrivermi una parola amorevole/Forse dovresti pensarci due volte/ Io non aspetto i tuoi consigli", ho scritto beffardamente, riferendomi ai recensori che avevano parlato della mia precedente band, le Marine Girls.

Mi ero già stancata di come, nonostante decenni di presunta liberazione delle donne, i ruoli che mi venivano offerti sembravano essere i soliti sdolcinati e femminili "Mi dici che posso andare fino a un certo punto ma non oltre / Provi a farmi vedere il paradiso e poi mi sbatti la porta in faccia.
"Essere gentile è solo un modo per tenermi sotto controllo/E posso piangere perché è qualcosa che abbiamo sempre fatto/Mi dici che ora sono libera dal passato e da tutte quelle bugie/ Per poi offrimi la stessa cosa in una veste diversa".

E'troppo sottile, vero?
Sembra una canzone sul romanticismo.
Non ho mai voluto scrivere polemicamente, preferendo sempre radicare le mie argomentazioni nel mondo riconoscibile delle persone e delle relazioni, ma significava che alcuni dei miei significati erano sfuggiti.
Quindi ora li spiego più chiaramente, e per questo devo essere pronta a combattere per il mio angolo quando c'è opposizione da parte di coloro a cui non piace quello che ho scritto.
Posso discutere ferocemente se è necessario, ma avere sempre lo stesso argomento diventa noioso.
Quando gli uomini ascoltano e sono ricettivi invece di essere sulla difensiva, è allora che li sentiamo davvero alleati e possiamo iniziare a immaginare il progresso".

Official video
https://www.youtube.com/watch?v=z8C4tQvMUkI

Live
https://www.youtube.com/watch?v=njbWufRN-3c

giovedì, ottobre 14, 2021

Clarice Trombella - Sister Resist



Le venti storie che ci sottopone l'autrice nel suo nuovo libro (il precedente è stato recensito qui: http://tonyface.blogspot.com/2019/02/clarice-trombella-sacerdotesse.html con intervista) sono legate, pur nella varietà geografica, sociale, culturale delle protagoniste, da un filo conduttore che ne testimonia il coraggio, la caparbietà, lo spirito di rivalsa e auto affermazione, in circostanze costantemente difficili.

E così troviamo affiancate star come Lady GaGa, Billie Eilish, Beyoncè, Bjork a rappresentanti della scena più alt come Ani Di Franco, Kae Tempest, Tracey Thorn o la fantastica rapper franco/cilena Ana Tijoux, fino alle "nostre" Madame e Elodie o a esponenti di quello splendido e ancora inesplorato universo della musica africana, da Fatoumata Diawara a Les Amazones d'Afrique, fino a Helin Bolek del Grup Yourum.

La scrittura è minimale, diretta, efficace, le storie brevi e asciutte, ricche di particolari poco conosciuti (spesso drammatici).
Il tutto corredato da splendide illustrazioni e mini colonne sonore, ideali per accompagnare la lettura dei vari profili.

"Bisogna aiutare gli altri, non si può fare finta di niente.
Bisogna agire.
Ho capito che sono io a decidere della mia vita, a decidere chi essere e se gli altri non apprezzano non è un problema mio.
Non sono io a dovere cambiare, sono gli altri"

(Elodie)

"Tra i figli degli immigrati in Francia, l'hip hop è diventato una sorta di luogo per chi si sentiva senza radici.
L'hip hop ci ha fatto sentire guariti.
E' la musica dei senza terra, è la musica degli sradicati"

(Ana Tijoux)

"Voglio raccontare (nella canzone Nterini) che chi parte per attraversare il Mediterraneo ha una sua storia, un suo amore e una terra magnifica a cui appartiene.
Agli occhi dell'Europa chi migra non ha una storia, spesso è solo un numero, un individuo senza nome e passato.
Per me era importante parlare dell'immigrazione e fare capire che l'Africa non solo l'immagine dei barconi: proveniamo da una terra meravigliosa e abbiamo molto da insegnare all'umanità"

(Fatoumata Diawara)

"L'istruzione sta diventando sempre più importante in Africa.
I paesi con la maggiore scolarizzazione sono quelli da cui si parte di meno.
Solo con un buon livello di scolarizzazione si può evitare l'esodo dei giovani e le tanti morti in mare"


Clarice Trombella
Sister Resist
Pagine 226
BeccoGiallo editore
Euro 18
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