venerdì, febbraio 22, 2019

Clarice Trombella - Sacerdotesse, imperatrici e regine della musica



Clarice Trombella, musicista, dj e speaker radiofonica, dipinge venti veloci ma esaustivi ritratti di altrettante artiste che hanno segnato l'emancipazione della figura femminile nella cultura e nella società. Il tutto corredato da una breve "colonna sonora" e da illustrazioni firmate da diversi disegnatori.

Si va da Bessie Smith e Billie Holiday a Nina Simone e Joan Baez, passando attraverso nomi molto meno conosciuti ma altrettanto significativi come quelli delle rappers Rebeca Lane e Sonita Alizadeh, la trombonista e arrangiatrice Melba Liston, la scrittrice e critica letteraria Dorothy Parker.

Una lettura agile, sempre precisa e che sinytetizza nel migliore dei modi lo spirito delle protagoniste.

A seguire un'intervista con l'autrice.

1) La domanda più immediata è sapere il criteri di scelta e quante ne hai dovute lasciare fuori.

Sono state scelte complesse ma non difficili.
Questo libro è una sorta di viaggio nel tempo che dura poco più di un secolo e che racconta storie di donne musiciste molto diverse tra loro ma con elementi, spesso drammatici, comuni.
Volevo che in questo libro si percepisse il cambiamento nel tempo e il ripetersi costante di determinate dinamiche come la discriminazione di genere, di razza e di classe sociale che sono presenti oggi come 100 anni fa.
Ho cominciato a scegliere seguendo il mio istinto; solo ad un certo punto mi sono resa conto che queste artiste avevano un comune denominatore: l’impegno civile. Il mio istinto mi ha portato a scegliere donne che avevano una missione e un senso di giustizia molto forte.
Il mio obiettivo era anche quello di dare voce a chi oggi, nonostante il talento e una carriera di tutto rispetto, è praticamente una sconosciuta, come Melba Liston o Blanche Calloway per esempio, a causa, come ho raccontato, della forte discriminazione di genere.
Ho dovuto inevitabilmente rinunciare a raccontare la vita di altre donne.
Magari lo farò in futuro, chissà.

2) I nomi scelti sono tutti piuttosto duri e aspri, quasi sempre hanno dovuto (e talvolta continuano a farlo) lottare contro difficoltà e pregiudizi talvolta apparentemente insormontabili.

Apparentemente. E sono felice di poterne scrivere.
Sono storie di coraggio, perseveranza, tenacia e molto spesso sono storie scandite dall’istinto di sopravvivenza.
Donne che una volta uscite dalla povertà, non hanno voltato le spalle a quello che sono state, ma hanno continuato a lottare perché qualcosa cambiasse, perché le loro sofferenze non venissero inflitte a nessun altro.
Perché la storia cambiasse.
E donne che, pur essendo cresciute in condizioni dignitose, hanno deciso di dedicato la propria vita a combattere per gli altri, perché i diritti umani venissero rispettati. Donne spinte da un forte senso di giustizia, che hanno agito e che agiscono anche a costo di mettere a rischio la propria vita (perché molto spesso di questo si tratta), perché semplicemente è l’istinto a spingerle a farlo e non possono fare altrimenti.

3) Esiste ancora secondo te una forte componente sessista in ambito artistico/culturale?

Assolutamente sì.
Se vogliamo fare un esperimento semplice ma efficace, basta prendere la line up di un festival di musica a caso, provare a togliere i musicisti uomini e vedere chi rimane.
Praticamente nessuno.
A confermare che il mondo dell’arte è nelle mani del sesso maschile sono analisi e studi condotti che parlano di percentuali.
Oggi giorno, nei Paesi che possiamo definire di cultura occidentale, le artiste donne ricevono più attenzione rispetto a prima ma sicuramente sono ancora discriminate dal punto di vista dell’accesso e del riconoscimento.
Il soffitto di vetro sembra ispessirsi.
Le donne, anche in ambio artistico, guadagnano meno dei colleghi uomini e questo significa avere meno possibilità di dedicarsi all’arte, alla creazione nel quotidiano e quindi continuare ad occupare una porzione più piccola.
Se poi vogliamo ragionare anche da un’altra prospettiva che va ad integrare questo quadro già drammatico, bisogna pensare che la creatività non è indipendente dal contesto sociale ed economico; risente del periodo storico, della politica e del benessere di un Paese.
Penso che il benessere di un Paese si misuri sulla base dell’accessibilità all’istruzione e l’istruzione deve essere accessibile ad entrambi i sessi in egual misura. Il gender gap si abbatte sui banchi di scuola. Ma questo spesso non accade.
A molti bambini, soprattutto se di sesso femminile, non è consentito ricevere un’istruzione.
L’ afghana Zohra Orchestra, di cui parlo nel libro, è un esempio di discriminazione di genere inserito in un regime politico e culturale molto complesso.

4) C'è qualcuno di questi profili che privilegi?

No, non credo.
Di ognuna mi è rimasto impresso in maniera indelebile un particolare. Sono tutte donne che mi hanno insegnato qualcosa.
Le ho immaginate bambine rapite dai loro sogni ad occhi aperti; le ho raccontate mentre le loro ambizioni si realizzavano e le ingiustizie si concretizzavano.
Per me sono tutte bambine, figlie, sorelle, amiche, compagne, madri, guerriere e maestre.

5) Nel libro c'è una lista di brani rappresentativi per ogni personaggio. Una lista dei tuoi cinque brani preferiti in assoluto tra questi.

Non è stato facile sceglierne 5 per ognuna. Ma dovevano essere brani rappresentativi e sopratutto d’accompagnamento alla lettura. Sceglierne 5 tra tutti è praticamente impossibile, ma ci provo:
No Madame, di Calypso Rose - di cui raccomando il remix di Clèment Blazin. Oltre ad essere una canzone che adoro semplicemente per come suona, amo cosa ha significato per molte donne di Trinidad e Tobago.
Questa canzone ha fatto cambiare una legge; ha fatto in modo che venisse alzato lo stipendio delle domestiche che fino a quel momento ricevevano stipendi da fame.
E’ l’esempio di come una canzone possa cambiare le cose.
Qualcuno dice “Sono solo canzonette”, ma io non sono molto d’accordo.
Dancing Barefoot di Patti Smith, ispirata alla struggente storia d’amore tra Jeanne Hébuterne e Amedeo Modigliani.
Mercedes Benz di Janis Joplin. Un blues a cappella scandito dalla voce roca di Janis che racconta di come il consumismo possa dare solo una effimera felicità illusoria.
In Move On Up a Little Highter, la voce di Mahalia Jackson farebbe convertire anche il più cinico degli atei.
Questo gospel è stato la colonna sonora della marcia su Washington nel 1963.
Blackbird di Nina Simone è un brano intimo scandito da un groove ridondante di percussioni in cui si racconta la condizione delle donne sottoposte ad una triplice discriminazione: razziale, di genere e di classe.

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