venerdì, settembre 25, 2015

Intervista a MAURIZIO MOLGORA



La rubrica INTERVISTE si rivolge anche ad Artisti non necessariamente musicisti.
Oggi è la volta di MAURIZIO MOLGORA, fotografo.

Le altre interviste sono qui
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Le%20interviste

Nato nel 1964 a Milano. Visual e graphic designer lavora da anni nel campo della comunicazione. Ha iniziato negli anni ’80 come autore di comics underground, suoi lavori sono stati pubblicati su fanzine e riviste italiane.
In Svizzera ha pubblicato, tra le altre, per Extra del Corriere del Ticino e Il Diavolo.
Dopo qualche esperienza nella pittura neo-espressionista (partecipazione a diverse collettive) ha scelto di dedicarsi alla fotografia, disciplina che affianca a grafica e illustrazione nella sua attività professionale.
La ricerca fotografica di Molgora spazia attraverso le categorie stabilite per trovare un proprio linguaggio che parte dal reale e indaga i territori limitrofi innestando una componente di meraviglia "psichedelica" nell'osservazione.
L'approccio di Molgora alla fotografia si lega in modo indissolubile alla sua esperienza personale ed umana, ad una visione di DO IT YOURSELF radicata, insofferente alle categorie e ad ogni forma di purismo, innestata nel quotidiano, dal quale trae carburante ideologico ed esistenziale, evitando trappole intellettuali ed estetiche, tanto da essere defiinita "fotografia punk"
.

1 Hai iniziato come negli anni ’80 come autore di comics underground lavorando per fanzines e riviste

I fumetti, i comics, sono stati, prima del rock, un serbatoio di immaginario, un “visionary tank” incredibile per me.
Da bambino, nei grigi anni ‘70 della periferia milanese del quartiere Giambellino con il tram e i lampioni gialli, i fumetti Marvel erano una botta di colore e di dinamicità adrenalinica. Passavo molte ore a disegnare i miei giornalini personali, scopiazzati dai maestri.

I miei eroi avevano nomi esotici: Jack Kirby, Steve Ditko, Gene Colan e poi Magnus (italiano ed immenso!), Will Eisner, e tanti altri. Crescendo sono passato, come molti della mia generazione, al fumetto underground: Crumb, Shelton, Corben, Moebius.
Storie allucinate e fuori di testa, antieroi che mixavano con disinvoltura doppata Disney ed Hendrix, Marx e Warhol.
la rivista Frigidaire era la Bibbia per me, Andrea Pazienza il Papa! Tamburini, Scòzzari e la banda i vescovi.
Il fumetto tra gli anni 70 e 80 ha rappresentato per me un abecedario visuale importante, più sporco, vivo e pulsante dell’arte contemporanea, sterilizzata nelle gallerie e nei musei.
Questo amore per il comic negli anni si è smosciato, mi hanno regalato un bel libro di Zerocalcare ad esempio, e ti devo dire che non mi ha preso più di tanto. Credo sia una questione generazionale, lui parla ai suoi coetanei, io sono uno di mezz’età!
Tornando al passato nell’era appena pre-digitale la fotocopiatrice era il vero oggetto del desiderio (non per niente Ranxerox..). Disegna, taglia, incolla e fotocopia: producevamo i nostri comics e le nostre fanzine senza dover chiedere niente a nessuno!
Il materiale fotocopiato, con la sua “bassa fedeltà” mi appare ancora oggi intrigante, vibrante, più potente del digitale pulitino pulitino.

2 Hai vissuto gli anni 80 dell’underground, dell’hardcore punk, dei centri sociali. Cosa e quanto è cambiato, quanto si è perso di quella spontaneità, di quell’energia.

Devo ammettere che non sono mai stato un gran frequentatore di centri sociali...
In un modo o nell’altro non mi sono mai sentito “comfortable” in nessuno di essi, nonostante li girassimo parecchio.
Ho vissuto da vicino l’onda punk e delle altre sottoculture, anche se non posso dire di averne preso parte attiva
. In ogni caso sia l’iconografia Punk che quella Mod-sixties mi hanno influenzato molto.
Del punk mi ricordo soprattutto l’epoca “anarco” , quella dei Crass e dei Poison Girls. La grafica dei loro dischi (ad opera di Gee Vaucher, un genio!) mi prendeva tantissimo: gli album si aprivano a poster, pieni zeppi di disegni, foto, loghi, slogan, una figata totale.
Il Do-It-yourself ruspante di quell’epoca si è perso secondo me. Il bello di allora è che le informazioni, il materiale (ma anche l’abbigliamento) erano difficili da reperire, non bastavano due clic... Per cui sopperivamo con la fantasia, immaginandoci scenari che non esistevano.
Lo spasso era vedere un amico punk con gli scarponi da montagna del padre, perchè i Doc dovevi andare all’estero a prenderli, una dark con la Madonnina di plastica di Lourdes attaccata al collo, cose così, spontanee e creative.
Comunque internet, il download, l’accesibilità totale sono una GRAN FIGATA!!!!
Non disprezzo il presente anzi...

3 La tua arte può essere definita Fotografia Punk. Spiegaci meglio

Il punk (come tua moglie Lilith ha suggerito con una “domanda retorica”) ci ha insegnato qualche cosa.
Sicuramente ci ha trasmesso l’urgenza, ossia a non aspettare. Non aspettare e non aspettarsi nulla, semplicemente fare, in modo diretto, quello che ti piace, quello che ti attizza!
Inoltre come nella musica anche in fotografia esistono dei generi e dei sottogeneri, alcuni molto rigidi e settoriali, sbattersene le palle e mischiarli senza problemi è un atteggiamento punk!
Detournando il grande maestro Stefano Tamburini, la fotografia “deve avere i muscoli e le lamette”, se no è moscia!!!

4 Quanto può essere “musicale” il mondo della fotografia, visto che abbiamo parlato di “fotografia punk”

C’è grande contaminazione tra le due discipline. Maestri che hanno dedicato la loro carriera e la loro visione al rock sono numerosi, c’è una lunga tradizione sia all’estero che in Italia. Dalle superstar Mick Rock, Gered Mankowitz e Annie Leibovitz passando per Bob Gruen e Dennis Hopper fino a quelli di “nicchia” come Adam Ritchie, che ha lavorato con i Velvet alla Factory o Pennie Smith con i Clash, ci sono decine (se non centinaia) di esempi.
Fondamentale per l’immaginario rock ricordiamo il fotografo Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis: il suo apporto è pari a quello di band di prima grandezza della storia del rock.
In Italia abbiamo il grande Guido Harari che in 40 anni di carriera ha immortalato numerosi mostri sacri, come Lou Reed, Bob Dylan, Patti Smith, Peter Gabriel. Harari gestisce anche una galleria specializzata in fotografia rock, la “Wall Of Sound Gallery” ad Alba. Tra i “giovani” italiani mainstream citerei Mattia Zoppelaro.

5 In Italia c’è una percezione della Svizzera come luogo lindo, pulito, ordinato.
Tu che ci vivi da tempo come percepisci questo luogo comune ?
Sotto l’apparenza esteriore cova qualche forma di ribellione o di antagonismo.


La Svizzera è un piccolo bizzarro paese.
Oltre la facciata linda c’è un grande rispetto per la libertà individuale.
In Svizzera esiste una tradizione libertaria radicata, che arriva fino ai nostri giorni.
Rivoluzionari come Bakunin, Lenin, Kropotkin hanno soggiornato a lungo in questo Paese. A Zurigo nel 1916 è stato fondato il movimento DADA, mentre a Basilea un ventennio dopo un chimico di nome Albert Hofmann sintetizzava un certo acido lisergico, che avrebbe influenzato la cultura popolare pesantemente.
Tutto banche, monti e laghetti? Non credo proprio....

6 Abitualmente fai mostre o esposizioni. Dove si possono vedere le tue foto normalmente, quali canali preferisci ?

Sono molto pigro e non curo tanto questo aspetto.
Per ora carico semplicemente le mie serie in Facebook, strumento che mi consente a costo zero di mettere infinite immagini. Oltre alle classiche mostrine collettive e personali ho cercato in passato di trovare canali innovativi, come proiettare sui palazzi o stampare al plotter grandi formati da attaccare sui muri.
Il tema di veicolare le proprie foto è fondamentale, viviamo sommersi da immagini di tutti i tipi, trovare mezzi alternativi è tracciare nuove strade.

7 C'è stata qualche foto che ricordi in particolare, a cui è legato qualche aneddoto (tipo la più complicata che hai mai fatto) ?

Ricordo con affetto (non per la complicanza ma per la simpatia, e non per “leccare” eh?) la piccola “session” fotografica per la copertina del CD di Lilith and the Sinnersaints a casa vostra a Piacenza con la band e con Manlio Benigni, con super-pranzo piacentino e successivi scatti “en plein air” nella bellissima campagna!!!

8) Alla domanda finale non è mai scappato nessuno. La tua lista di 10 dischi da portare sulla solita isola deserta

… mmmh ti butto lì quello che mi viene in mente:
10) In the Land of Grey and Pink - Caravan
quando ero più giovane “schifavo” il prog... Grande cazzata! Alcuni album sono spettacolari! Questo su tutti!

9) Yeti - Amon Düül II
I tedeschi erano i più fuori di tutti, ma sotto il rumore sono anche un bel po’ POP...

8) Tommy - The Who
da ragazzino ho consumato la mia copia... Adesso faccio più fatica ad ascoltarlo tutto ma gli Who restano intoccabili

7) SF Sorrow - The Pretty Things
Un Tommy più a fuoco e con maggior sintesi. Ho visto i PT qualche anno fa e hanno riproposto a sorpresa diversi pezzi di questo concept, una figata!!!!

6) White Album - the Beatles
è come la pasta, come si potrebbe vivere senza? (celiaci a parte!)

5) Curtis - Curtis Mayfield
Capolavoro funk-soul con Move on up.
Stile infinito!!!

4) Doppia posizione :
a) Sandinista - the Clash /
Lo presi quando uscì, London calling è più bello... ma Sandinista è un disco multiforme, a tratti inconcludente ma geniale.
b) Husker Du - Zen Arcade
Un disco pazzesco, meraviglioso e spietato!

3 Forever changes - Love
senza parole... ne ho due copie su Elektra oro, le tengo entrambe!

2) Velvet Underground e Nico
Il disco della banana è un’opera d’arte contemporanea, l’avrei messo al numero 1 ma mi sembrava troppo banale!!!!
Da appendere nel salotto buono.

1) Let it Bleed - Rolling Stones
L’iper-America immaginata da 5 giovani inglesi, più viscerale e nera che se fossero nati in Alabama!

mi sono rimasti fuori un botto di nomi: Kinks, Small Faces, Traffic, Spirit, Stooges, Cream, King Crimson, Hawkwind, Joy Division, Social Distortion, Bowie, Can, Jam, Funkadelic, ecc. ecc. La prossima volta facciamo i 100 dischi preferiti!!!

16 commenti:

  1. PS. Ma l'intervista a Paul Weller la vedremo mai sul blog ?

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  2. Qualche hanno fa andai a Winterthur per un torneo di cricket un fine settimana di fine agosto.
    La sera uscimmo e trovammo un festival musicale (rock) in pieno centro, non solo banche, cioccolato, orologi a cucu, pulizia e ordine.
    Anzi mi sembrò che pulizia ed ordine fossero solamente una conseguenza della buona educazione e del rispetto, ma con la libertà di poter esprimere passione e calore e quel festival con gente ovunque per le strade mi parve proprio una dimostrazione di questo.
    Trovammmo poi un paio di locali dove suonavano e concludemmo in gloria ad una festa a tutto soul.

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  3. Begli scatti,lavori e intervista..
    A me piace molto Phil May (e SF Sorrow nei dischi!) e Lilith..
    C

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  4. pranzo piacentino per gli artisti

    http://3.bp.blogspot.com/-NQ45i70kW2w/VOyJYH4B6NI/AAAAAAAAAUE/rbLkon1uMdo/s1600/IMG_6461.JPG

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  5. Veramente!
    A parte i primi due ho tutti gli altri

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