lunedì, novembre 14, 2022

Gli amori rock


Riprendo l'articolo leggero e "frivolo" scritto ieri per "Libertà" su qualche famosa coppia "rock".

Il mito e l'epica del rock 'n' roll ci consegnano (ormai noiosissime, trite e ritrite) storie di rockstars alle prese con sesso e droga, nottate infinite attorniate da compiacenti signorine, spesso poi descritte (nottate e signorine) con dovizia di particolari nelle sempre più numerose (noioisissime, trite e ritrite pure loro) autobiografie.
Tralasciamo ogni considerazione su quanto sia e sia stata sessista e soprattutto maschilista la storia del rock e apriamo invece la finestra su quei miti della musica che hanno intrattenuto relazioni, lunghe storie d'amore con compagne e compagni.
Non sempre all'insegna dell'assoluta fedeltà o prive di problematiche (puntualmente finite sulle testate di gossip) ma rimaste solide, vere e sincere, fino alla fine.
Anche quando le cose sono terminate malamente o tragicamente.

La relazione più celebre e iconica rimane quella tra John Lennon e Yoko Ono.
Rimasta anche la più svilita, sbeffeggiata e stupidamente contestata.
John e Yoko si amavano, rispettavano, due artisti che si sono condizionati a vicenda, hanno influenzato, in virtù della celebrità di John, musica, cultura, arte e società, hanno contribuito a portare l'arte contemporanea nella musica pop, sorta di influencer anti litteram, impegnati politicamente su tematiche scottanti, dal pacifismo al femminismo, mettendoci la faccia e subendone le conseguenze.
La tragica fine di John ha consegnato la sua eredità artistica a Yoko che, nonostante scelte a volte discutibili, ha sempre portato fedelmente avanti con rispetto e senza becere speculazioni.
Restando in tema Beatles non possiamo invece non ricordare la bizzarra vicenda di Pattie Boyd, innamoratissima prima moglie di George Harrison che poi lasciò per sposare il grande amico di George, Eric Clapton (che, completamente infatuato di lei, le dedicò la canzone “Layla” prima e “Wonderful tonight” dopo).

Molto più tragica quella tra il bassista dei Sex Pistols, Sid Vicious, e Nancy Spungen.
Lui, immaturo, con gravi problemi relazionali e da una vita dissipata e molto difficile fin da giovanssimo, travolto dal successo e dalla popolarità, fu introdotto alla tossicodipendenza da lei, ex prostituta senza scrupoli. La coppia visse una tumultuosissima relazione, finita con l'assassimio di Nancy al Chelsea Hotel di New York, di cui fu imputato Sid (ma il vero colpevole non è mai stato accertato) che poco tempo morì di overdose, devastato da uno stile di vita che non era più in grado di controllare.

Una storia che ricalca per certi versi quella altrettanto rovinosa di Kurt Cobain e Courtney Love.
Il cantante, chitarrista e compositore dei Nirvana, condivise con la moglie le consuete brutte abitudini, un amore disperato e disastrato, finendo per togliersi la vita con un colpo di fucile all'apice del successo del gruppo.
Anche in questo caso la vicenda è proseguita negli anni con sospetti rivolti all'avida Courtney che non ha lesinato una lunga serie di scandali, finendo per essere accusata, anche dalla figlia Francis, di comportamenti che di materno avevano davvero poco.

Più divertente e glam la storia tra Serge Gainsbourg e Jane Birkin, culminata con la celebre canzone “Je t'aime moi non plus”, che vendette milioni di copie alla fine degli anni Sessanta, nonostante la stolta censura (non che esistano censure illuminate e intelligenti...) che ne limitò la diffusione in radio, a causa dei sussurri e gemiti di Jane, ritenuti scandalosi.
Si conobbero sul set di un film nel 1968, lui famoso cantante francese, quarantenne, dissoluto, lei ventiduenne aspirante attrice (con una breve apparizione in “Blow Up” di Michelangelo Antonioni). Non fu amore a prima vista, anzi, Jane lo battezzò come “orribile, arrogante e snob”.
Ma poi il colpo di fulmine scoccò. E fu una passione folle e totale oltre che chiacchieratissima. Gainsbourg lasciò la moglie incinta, Jane si trasferì a Parigi con lui, senza sapere una sola parola di francese. “Ha un aspetto molto bizzarro ma lo amo. È diverso da tutto ciò che conosco, un po’ degenerato ma al contempo puro” dichiarò. La coppia ebbe una figlia, Charlotte, e diventò protagonista della scena parigina, tra follie ed epici litigi.
Sempre Jane ha ricordato:
“Una sera da Castel's lui si prese gioco di me, io gli tirai una torta in faccia, come in un film di Stanlio e Ollio. Serge rimase impassibile, una volta fuori mi resi conto che dovevo fare qualcosa di eclatante per farmi perdonare. E così, all'altezza di Rue des Saints-Pères mi gettai nella Senna con il mio prezioso vestito di Yves Saint Laurent. Tornammo a casa mano nella mano”.
L'amore si interruppe nel 1980. “Lo amavo ancora ma non sopportavo più le sue scorribande alcoliche, specialmente quando diventava sempre più aggressivo”.
Rimasero comunque amici e collaborarono ancora artisticamente fino alla morte di Serge, nel 1991.

Ancora più particolare la relazione tra Patti Smith e Robert Mapplethorpe, anime perse nella New York violentissima degli anni Settanta, a cui lei approda, fuggendo da una provincia che le sta troppo stretta. Incontra casualmente Robert, che sta cercando di respirare una nuova aria, lui, che fatica ad accettare la sua ormai palese omosessualità, oppresso da pesanti retaggi cattolici.
Si trovano e riconoscono, dal misterioso e infinito passato, condividono speranze, progetti, casa e stanze al Chelsea Hotel, sono amanti speciali. Li unisce l'arte, l'amore, l'affetto, l'amicizia.
Lui la introduce alle droghe e alla cultura new yorkese, lei legge a lui le sue poesie, ispirate aldall'adorato Rimbaud. Insieme ascoltano rock, sopravvivono in situazioni sempre più precarie.
Robert trova nella fotografia la sua migliore espressione artistica, ritrae spesso Patti e loro due in coppia. Nel 1971 trova a Patti una serata in cui recitare le sue poesie. A sentirla ci sono Andy Warhol, Gregory Corso, Lou Reed, Sam Shepard, “le migliori menti di una generazione” (anzi, di tantissime generazioni). E' un successo, ad accompagnarla alla chitarra Lenny Kaye, che diventerà l'asse portante del Patti Smith Group. L'anno dopo Robert andrà a vivere con il nuovo amante, il gallerista Sam Wagstaff ma l'amicizia e l'affetto con Patti rimarranno intatti, tanto che sarà lui a ritrarla nell'iconica immagine androgina del suo album d'esordio “Horses”, nel 1975. Robert ci lascerà nel 1989, ucciso dall'Aids.
Le vicende di questo amore (in)compiuto sono raccontate da Patti Smith in uno dei libri “musicali” più belli di sempre, “Just kids”.

In Italia fece scalpore l'unione tra Fabrizio De André e Dori Ghezzi.
Il primo è un cantautore anarchico con fama di nottambulo, dal carattere poco trattabile, lei una cantante di musica leggera di successo. Nel 1974 si incontrano e scoppia la scintilla. Fabrizio lascia la moglie e il figlio Cristiano e va a convivere con Dori, suscitando il solito scandalo tra i borghesi timorati di Dio, soprattutto anche per la successiva nascita della figlia Luisa Vittoria.
Vivranno insieme il dramma del sequestro di quattro mesi in Sardegna, si sposeranno nel 1989. Poco dopo Dori Ghezzi abbandona la musica per un problema alle corde vocali, restando sempre a fianco del marito e supportandolo nel suo lavoro fino alla sua scomparsa nel 1999.

La conclusione è riservata a una coppia inossidabile, granitica, sinceramente piuttosto antipatica e impenetrabile.
Grazia Letiza Veronese, dopo essere stata segretaria del Clan di Celentano, conobbe Lucio Battisti al Festival di Sanremo del 1968.
Si fidanzarono l'anno dopo, si sposarono nel 1976 dopo avere avuto un figlio, Luca, tre anni prima. In molti l'hanno soprannominata la “Yoko Ono italiana” e fautrice della rottura del sodalizio del cantautore con il paroliere Mogol oltre che del totale silenzio con la stampa e ritiro dalle scene del cantautore nel 1979:
“Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro.
L’artista non esiste. Esiste la sua arte”.

Dalla sua morte, nel 1998, la Veronese è stata integerrima guardiana dell'eredità di Battisti, intentando cause, proibendo di tutto o di più, impedendo qualsiasi “sfruttamento” dell'immagine del marito, talvolta al limite del parossismo.
Amore?
Ossessione?
In tempi di commercializzazione e volontà di profitto su qualunque cosa, la signora Veronese in Battisti mi fa simpatia.
La lista di altri “amori impossibili” o molto più concreti è infinita.
La scelta è caduta su queste figure iconiche che a modo loro sono riuscite a insegnarci qualcosa anche in questi termini.

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