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martedì, giugno 23, 2020

Manchester United 1998/99



Per la serie Grandi Stagioni, ALBERTO GALLETTI ci porta a quella indimenticabile del MANCHESTER UNITED del 1998/99.

La storia di Alex Ferguson al Manchester United fu caratterizzata da un iniziale periodo di insuccessi.
Periodo che durò dal giorno del suo arrivo, novembre ’86, fino al giorno in cui vinse il campionato inglese per la prima volta nel maggio ’93; il primo per il club dopo ventisei anni, giocavano ancora Charlton, Law e Best e l’allenatore era Matt Busby.
Sette anni, parecchi.
Oggi in sette anni senza trofei avrebbero già cambiato dieci allenatori, non allora.

Era un altro calcio, c’erano altri dirigenti.

Si sapeva ancora aspettare, si poteva ancora aspettare; che una squadra cambiasse, maturasse, prendesse convinzione di se e riuscisse ad esprimersi.
E non si doveva fronteggiare il vortice economico che oggi avvolge club di questo calibro e non perdona niente perché ogni calo della squadra, ogni flessione, neanche insuccesso, ha ripercussioni economiche negative.

Per chi come me, a quei tempi, seguiva il calcio inglese già da un po, il Manchester United era questa squadra con più tifosi e meno titoli della squadra al tempo egemone in Inghilterra, il Liverpool, che aveva vinto più del doppio (18) degli scudetti (7), e che ispirava più simpatia di questi ultimi, nonostante non avessi ancor ben chiare alcune cose e le simpatie vere fossero altrove.

Ci poteva quindi stare che mi trovassi ad Upton Park un mercoledì sera dell’aprile ’92 ad assistere al recupero contro il West Ham già retrocesso che, se vinto, li avrebbe mandati in testa alla classifica con due partite ancora da giocare.
Segnò un tale Brown e il West Ham vinse una partita molto inglese.
Il Leeds rimase davanti, lo United perse anche il sabato a Liverpool e addio campionato.

Il club chiedeva al manager scozzese di vincere il campionato, ovviamente, e in sei stagioni in carica questa fu la volta che ci andò più vicino. Ci riuscì l’anno dopo, determinante l’arrivo di Cantona dal Leeds a novembre.
Nel ’94 la squadra rivinse il campionato, secondo di fila, non capitava dagli anni ‘50, e la FA Cup ottenendo così il primo double della sua storia.
Per Ferguson il tanto inseguito, e ad un certo punto quasi insperato, successo.
Con i dominatori dei due decenni precedenti ormai in declino, l’unica sfida credibile, in patria, rimaneva quella dell’Arsenal; che vinse il campionato del ’95.

Nel frattempo Ferguson aveva completamente rinnovato l’organico, dando il benservito a parecchi veterani, trovati in squadra al momento del suo arrivo e via via liberati a suon di contratti non rinnovati: Mc Clair e Pallister gli ultimi due in quell’estate ’98; e rimpiazzandoli con una nidiata di giovani provenienti dal settore giovanile, opportunamente miscelati ai vecchi professionistoni di cui si fidava.
In quell’estate ingaggiò l’attaccante Yorke dal Villa e il truce difensore Stam dall’ Ajax; infine arrivò Blomqvist dal Parma come riserva di Giggs. Ferguson rilanciava così la sua sfida ai londinesi, autori del double nel ’98.
La stagione partì male, i gunners fanno a fette lo United (3-0) nel Charity Shield che apre la stagione.
In campionato la forma sembra non arrivare: alla prima di campionato deludente 2-2 casalingo con il Leicester City strappato in extremis dopo aver a lungo patito ed esser finito sotto 0-2, rimedia Beckham al 90’. Questo è tipico di questa squadra e si ripeterà ancora, in frangenti decisivi.
Scialbo pareggio, 0-0, anche il sabato dopo in casa del West Ham.
La visita del sorprendente Charlton, che è primo, ad Old Trafford riporta un po di sereno e quattro gol, a uno.
Tre partite cinque punti: non una gran partenza.

La successiva visita a Londra è disastrosa quanto la prima: campo diverso ma stesso avversario e stesso risultato, 3-0 per l’Arsenal nell’incontro di Highbury del 20 settembre. Dopo sei giornate lo United è undicesimo con otto punti e ha giocato una partita in meno; l’Aston Villa è in testa con 14 punti anche se non sembra credibile in prospettiva trentottesima giornata. L’Arsenal ha due punti e una partita in più dei ragazzi di Ferguson.

Ottobre è un buon mese , dopo la sconfitta di Londra lo United realizza una miniserie positiva, cinque vittorie tra cui il sempre gradito 2-0 casalingo al Liverpool e un convincente 5-1 al rognoso Wimbledon; due i pareggi. Il 14 novembre la classifica dice Aston Villa 28, United 25, Arsenal 24.

La settimana dopo sconfitta netta 3-1 a Hillsborough, ma perdono anche Villa e Arsenal e la situazione in testa rimane immutata con Chelsea, Leeds e West Ham che però si portano ad una lunghezza dai gunners, potrebbe scapparci una lotta per il campionato entusiasmante, sei contendenti.
Non sarà così.

Dicembre è un mese terribile, una sola vittoria, 3-0 al Forest il giorno di S.Stefano oltre a quattro pareggi e una sconfitta, in casa (2-3), contro il MIddlesbrough allenato dal grandissimo ex Brian Robson, che va addirittura sul 3-0 entro l’ora di gioco; non avrei voluto essere uno dei difensori a fine gara quando Ferguson rientrò negli spogliatoi. La classifica continua a piangere: il campionato ha effettuato il giro di boa e dopo 20 partite giocate, l’inaspettato Villa è sempre davanti, 39; s’è fatto largo il Chelsea, 37; davanti ai duellanti Arsenal e United 35; tutto rimediabile ad ogni modo.
Middlesbrough che torna ad Old Trafford il 3 gennaio per il terzo turno di FA Cup . Nuovo spavento quando gli ospiti vanno in vantaggio ad inizio secondo tempo. Questa volta però la reazione c’è e il finale di 3-1 proietta lo United al 4° turno, dove se la vedrà col Liverpool, in casa.

Le ultime stagioni sono state ricche di vittorie per il Manchester United, il trofeo del campionato è finito in bacheca quattro volte nelle ultime sei stagioni, insieme a due FA Cup e a quattro Charity Shield, tuttavia il successo in Europa restava chimerico.

Nell’Europa dei grandi.
Perché nel ‘90/91, alla prima stagione di competizioni europee dopo il bando seguito ai fatti dell’Heysel, lo United si era aggiudicato la Coppa delle Coppe battendo in finale il quotato Barcellona grazie ad una doppietta di Mark Hughes.
Questo trofeo, insieme (soprattutto) alla FA Cup dell’anno precedente, avevano salvato la traballante panchina di Alex Ferguson al tempo sempre in discussione causa mancanza di vittorie.
Quello che manca ora in bacheca è la Coppa dei Campioni, l’unica presente è quella del ’68, anche qui Charlton, Law, Best, Busby…..preistoria.

La storia di Ferguson in Champions League, nel frattempo gli avevano cambiato il nome, non fu in principio ne facile, ne tantomeno felice. Due eliminazioni al primo turno contro Galatasary e poi nel girone dove si qualificò il Goteborg.
La semifinale del ’97 sembrava aver restituito il club ad una giusta dimensione europea, ma l’eliminazione del ’98 nei quarti, per mano del AS Monaco e dello strepitoso gol di Trezeguet a Manchester, pose nuovi pesanti dubbi sull’effettiva consistenza dello spessore europeo della squadra.
L’edizione ‘98/99 prevedeva già una prima fase a gironi.
Lo United era finito nel Gruppo D insieme a Bayern, Barcellona e Brøndby, diciamo pure un pessimo sorteggio; non prima di aver dovuto passare da Lodz (2-0 e 0-0) per il preliminare, visto che l’anno prima era arrivato secondo.

Si giocò da metà settembre ad inizio dicembre; non un periodo di grande forma come abbiamo visto. Due vittorie sonanti contro i danesi (5-2 e 6-2) fruttano i sei punti facili da metter nel sottofondo. Poi ci sono due spettacolari pareggi contro il Barcellona, entrambi per 3-3. Quindi altri due pareggi contro il Bayern , 2-2 e l’ 1-1 in casa che sancisce la qualificazione; qualificazione per la quale però possono ringraziare il Bayern che batte due volte il Barcellona.
Ritroveremo il Bayern (squadra), e Barcellona (città) all’apice di questa stagione.
La seconda fase ad eliminazione diretta prevede i quarti di finale, per lo United il sorteggio ha detto Inter, appuntamento ad Old Trafford ai primi di marzo.

La sconfitta casalinga contro il Middlesbrough di dicembre sarà anche l’ultima, non solo in campionato, ma per tutto il resto della stagione; con gennaio la squadra cambia decisamente passo, sorretta da una condizione che comincia ad arrivare e da una convinzione senza eguali. A metà gennaio infatti, il Leicester City, che aveva causato patemi nella giornata inaugurale, viene demolito in casa propria per 6-2.

Il 24 gennaio il Liverpool rende visita ad Old Trafford per il quarto turno di FA Cup in cerca della prima vittoria sui rivali in nove anni, nonché della prima qualificazione in FA Cup ai danni dei red devils dal 1922. E partono col botto: Owen approfitta di una dormita generale della difesa e insacca di testa dopo due minuti!
Dopo aver condotto una partita all’attacco in cerca del pari, lo United, quando tutto sembrava perduto, resuscita per la prima volta in stagione e trova due gol in zona Cesarini, o meglio fergie Time come comincia ad essere chiamata in Inghilterra, all’88 (Yorke) e al 90’ (Solskjaer, tenere a mente) e un’ insperata vittoria che manda la squadra al quinto turno, il morale alle stelle e gli avversari all’inferno.
Si torna al campionato ed è la volta del Nottingham Forest, disintegrato 8-1 sul proprio terreno con un clamoroso poker di Solskjaer.
È il 6 febbraio: il Villa ha perso terreno a gennaio e ora classifica dice United 50, Chelsea 46, Arsenal 45.

They looked unstoppable.

Lo scontro diretto con l’Arsenal finisce 1-1 e due vittorie nelle due parte seguenti permettono allo United di mantenere il primo posto.
Vittorie che diventano quattro con le due ottenute nel mese di marzo nelle uniche due partite giocate; ritorna la Champions League.
Una doppietta di Yorke da la vittoria allo United sull’Inter nella partita di andata ad Old Trafford; a S.Siro lo United subisce gol al 60’ e quindi la pressione nerazzurra nel tentativo di cercare il gol del pari, Scholes a tempo quasi scaduto infila il pallone dell’ 1-1 che risolve la pratica qualificazione.

Il 3 aprile, dopo quattro vittorie di fila, lo United impatta sul campo del Wimbledon: vanno subito sotto quando su corner a loro favore vengono presi in contropiede da un lunghissimo rilancio del portiere avversario, Phil Neville e Schmeichel pasticciano, ne aprofittano Hartson e Euell, quest’ultimo insacca. Rimedia Beckham a fine primo tempo. Col pari in tasca, la testa va altrove e nel secondo tempo lo United bada a non subire e se ne va da Londra con un pari. Pari anche per l’ Arsenal e primato in classifica salvo.

Ma la testa dicevamo è altrove, mercoledì ad Old Trafford arriva la Juventus, tre volte finalista negli ultimi tre anni, per l‘andata della semifinale di Champions League. Ryan Giggs salva i red devils in pieno recupero infilando il gol dell’ 1-1. La Juventus, specie nel primo tempo, ha avuto in mano la partita e anche occasioni per il raddoppio. Questa ad ogni modo è una squadra che non muore mai e sicuro a Torino venderanno cara la pelle.

A Torino ci sono anch’ io, non vedevo una partita di Coppa dei Campioni da più di dieci anni.
Ricordo l’attesa e l’ emozione nell’avvicinarmi allo stadio e la delusione, mista al solito ‘sempre la stessa storia’, dopo solo dieci minuti di partita, quando Inzaghi mette dentro il 2-0 per la Juve che in quel momento parve chiudere il discorso qualificazione.
Ricordo una bolgia indescrivibile e un certo imbarazzo nel cercare di mascherare che non è che ne facessi proprio parte, mi crollò il mondo addosso.

Ma qui viene fuori la squadra che non muore mai: spalle al muro, con una montagna da scalare, ripartono.
Keane fa un gol di testa formidabile, uno dei migliori che abbia mai visto dal vivo: 1-2.
Siamo solo a metà primo tempo, un altro gol qualificherebbe lo United: c’è vita.
Si, e anche speranza, perché dieci minuti dopo Yorke pareggia, ancora di testa e poi prende un palo clamoroso.
Sono le situazioni che esaltano gli inglesi, che riuscivano a far girare le partite in dieci minuti, e far crollare psicologicamente gli avversari, momentum lo chiamano.
Questa è la seconda volta in stagione che riemergono dall’abisso.

Poi Andy Cole, oh Andy Cole!

Mai amato: prima sbaglia un gol fatto e poi ne fa uno da un angolo difficilissimo, 3-2!
E finale di Coppa dei Campioni dopo 31 anni: storia del calcio inglese.

E io c’ero, dovetti però stare attento a non scoprirmi troppo per evitare di prenderle.
Grandissima partita.
Treble comincia a diventare una parola ricorrente in questo aprile da infarto.
In campionato rifilano un 3-0 allo Sheffield Wednesday nonostante parecchi titolari tenuti a riposo in vista della prima partita contro la Juve, mentre il sabato successivo al trionfo di Torino non va oltre l’ 1-1 ad Elland Road, tradizionalmente uno dei campi più difficili per lo United.
L’ Arsenal, che ne ha fatti sei a Middlesbrough per la prima volta in stagione balza al primo posto (+1) , pur se con una partita giocata in più.
Inoltre, tra le due partite con la Juventus si è giocata la semifinale di FA Cup, avversari, manco a dirlo, l’Arsenal.
E’ una sfida titanica, il turno va al replay con entrambi gli incontri ai supplementari.

Finisce senza reti la prima sfida al Villa Park, le squadre danno vita ad un grande incontro senza riuscire a superarsi. L’arbitro annulla un gol a Keane per fuori gioco.
Quattro giorni dopo, stesso campo, una delle sfide che fecero la storia di questa competizione.
Le squadre giocano una partita di grande livello tecnico, intensità al limite della ferocia e occasioni da ambo le parti.
Segna prima Beckham con un perfetto tiro dal limite che si insacca a mezza altezza.
Pareggia Bergkamp con un altro tiro da lontano che rimbalza davanti a Schmeichel.
Poi Keane viene espulso per doppia ammonizione e l’Arsenal che sembrava in difficoltà prende la supremazia del gioco.
A pochi istanti dal termine la supremazia sembra dare i suoi frutti quando l’arbitro assegna un rigore all’Arsenal per atterramento di Parlour da parte di Phil Neville in area; mancano pochi istanti alla fine dell’incontro.
Sul dischetto va Bergkamp che calcia alla sua destra, Schmeichel, quella sera indeciso sul gol e in un altro paio di occasioni, si riscatta e para.
Si vai ai supplementari, l’Arsenal continua a dominare, ma è lo United che trova il gol con Giggs che recupera palla nella sua metacampo, fila via sulla sinistra bevendosi in velocità mezza squadra con dribbling ubriacanti e una volta in area spara una legnata sotto la traversa per il gol vittoria: maradonesque. Poi ci fu Torino.

Di nuovo in campionato: il primo maggio vincono entrambe; Arsenal 72, United 71 una partita giocata in meno. Il cinque maggio lo United pareggia (2-2) ad Anfield e appaia i rivali, Ferguson accusa l’arbitro di aver favorito il Liverpool. L’Arsenal batte il Tottenham 3-1, i punti di vantaggio dei gunners diventano tre.

9 maggio, sabato, vittoria decisiva a MIddlesbrough, 1-0; nel posticipo del martedì l’Arsenal perde a Leeds 1-0, il giorno dopo lo United pareggia il recupero a Blackburn (0-0): United 76, Arsenal 75. Si va all’ultima giornata. Lo United riceve il Tottenham che va in vantaggio e gela lo stadio.
Beckham prima, e Cole ad inizio secondo tempo segnano i gol che battono un Tottenham bello e mai domo; L’Arsenal batte 1-0 il Villa.

Per il Manchester United è il quinto titolo in sette stagioni!
Prima del primo di questi cinque ne aveva vinti sette nelle precedenti centodieci! E primo trofeo stagionale in bacheca.

Sabato 22 maggio a Wembley tutto pronto per il secondo trofeo stagionale; finale di FA Cup, avversario il Newcastle. Vittoria abbastanza agevole.
Il Newcastle durò meno di dieci minuti, giusto il tempo di un tiro e di un brutto tackle su Keane che deve essere sostituito.
Gli subentra Sheringham che segna un bellissimo gol più o mano al primo pallone toccato.
Scholes ad inizio ripresa sigla il definitivo 2-0.
Secondo trofeo stagionale e terzo ‘double’ in sei stagioni.
Prima del primo di questa serie, nel 1994 non ne avevano mai fatto uno, mai vista una roba simile.
Neanche il tempo di festeggiare perché il mercoledì c’è la finale di Champions League.

Sintetizzo dicendo che i miei tentativi di recuperare un biglietto furono, tanti, tantissimi, costanti, insistenti, fantasiosi e disperati; ma non ci fu nulla da fare.

Ferguson dovette fare i conti con un centrocampo da inventare di sana pianta: assenti Keane, Scholes squalificati. Gioca Butt, soluzione obbligata e Beckham, spostato interno. Giggs va all’ala destra e Blomqvist all’ala sinistra. Yorke e Cole confermati davanti. Io davanti alla tele disapprovai disperato.
Dopo 6’ minuti lo shock, erroraccio di Schmeichel su punizione di Basler che finisce in porta.
Ci risiamo. Quest’anno in ogni partita che contasse qualcosa partono malissimo, sempre con indecisioni dietro. Non mi sbaglio, ma all’inizio sono sempre nervosi.

Il primo tempo, senza essere travolgente è un monologo del Bayern, l’atra finalista, che prende anche un palo e una traversa e sbaglia un altro paio di occasioni-gol clamorose.
Nel secondo tempo ci sono un paio di occasioni, poco pericolose e dopo 70’ la sconfitta sembra certa. Finalmente Ferguson fa qualcosa: toglie Blomqvist e mette Sheringham, Beckham torna all’ala, e meno male.
Ma è ancora Bayern, Scholl fa un pallonetto a Schmeichel, completamente in confusione e fuori posizione, la palla picchia sul palo e il portiere se la ritrova fra le braccia.

Sconfitta sempre più certa e disperazione che ormai ha lasciato il passo alla rassegnazione.
Ferguson continua a parlare con McClaren a bordo campo, e non fa niente, la squadra non si scuote, ma perchè cazzo non toglie quel paracarro di Cole?
Quando mancano si e no dieci minuti finalmente lo toglie, al suo posto Solskjaer che quasi pareggia col primo tiro che fa, Kahn blocca.
Ma di nuovo è il Bayern a essere pericoloso , Jancker in rovesciata prende la traversa; 5’ alla fine, ormai è andata.
C’è un altro tiro di Solskjaer parato facile, poi Collina da tre minuti di recupero.
Lo United guadagna un corner, arriva Schmeichel, come se non avesse già combinato abbastanza casini stasera, il cross è respinto; però un po in troppi, tra i difensori tedeschi, guardano il portiere e quando il tiraccio di Giggs sulla respinta arriva davanti a Sheringham, lui è solo e lo gira senza neanche guardare , la palla incredibilmente finisce in porta. 1-1, è finita. Tiro un dei sospiri più sollevanti della mia vita.

No, sul calcio d’inizio lo United ruba palla e assalta, c’è un ultimo corner.
Batte Beckham (benissimo), Sheringham ci arriva di testa e devia, sulla traiettoria c’è Solskjaer che colpisce di tacco e mette dentro.

2-1!!

Adesso è davvero finita, e una sconfitta quasi certa si è trasformata in una delle vittorie più incredibili mai viste nel giro di due minuti.
Camp Nou in visibilio totale.
I tedeschi distrutti crollano a terra e ci rimangono. Un bel vedere, non c’è che dire.
Si completa cosi un treble storico per il club di Old Trafford, il primo e per ora unico mai ottenuto da una squadra inglese.
E’ stata una squadra strana, molto forte, ma molto particolare.
Parecchio british a pensarci bene. Una squadra dotata di grande carattere la cui forza principale è stata per tutta la stagione (e il periodo fergusoniano), il non mollare mai. Le partite del Villa Park, Torino e Barcellona lo dimostrano ampiamente.
Tre volte spacciati, tre volte resuscitati, l’ultima addirittura dall’oltretomba, e senza i suoi trascinatori a centrocampo per di più.
Chiara l’impronta del tecnico che ha plasmato la squadra, l’intera rosa, a sua immagine e somiglianza. Nei trionfi come nelle contraddizioni.

I protagonisti:
Formazione tipo [Un concetto che aveva già cominciato a svanire (presenze/ gol)]:
1 Peter Schmeichel(56/0)
2 Gary Neville (54/1)
3 Denis Irwin (45/3)
4 Jaap Stam (50/1)
5 Ronny Johnsen (30/3)/Phil Neville (29/1)
6 Roy Keane (53/5)
7 David Beckham (53/9)
8 Paul Scholes (38/11) / Nicky Butt (34/2)
9 Andy Cole (43/24)
10 Ryan Giggs (36/10)
11 Dwight Yorke (48/29)
Allenatore: Alexander Ferguson

Quindi:
Teddy Sheringham (11/5); Jesper Blomqvist (29/1); Ole Gunnar Solskjaer (17/18); Hennin Berg (21/0); Wes Brown (16/0); David May (7/0); Raymond van der Gouw (7/0); John Curtis (4/0); Jonathan Greening (3/0); Jordi Cruyff (2/2); Michael Clegg (3/0)

mercoledì, aprile 15, 2020

Everton 1984/85



ALBERTO GALLETTI ci porta con EVERTON 1984/85 all'interno della nuova rubrica dedicata alle GRANDI STAGIONI calcistiche.

Nessun decennio ha mai visto una città dettare legge sul calcio inglese come Liverpool con le sue due squadre negli anni ’80.

In totale ci furono otto i campionati vinti, sette dei quali consecutivi; ma anche 3 FA Cup, due delle quali arrivate in finali derby, mai successe prima; più due altre finali perse; 4 Coppe di Lega con un’altra finale derby e altre due finali perse. Poi l’Europa: 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe; quindi l’Heysel e la seconda metà del decennio passato, squalificati, a guardare gli altri.
Sicuramente sarebbe arrivato ancora qualcosa.

Nel 1983/84 il Liverpool aveva completato un treble di tutto rispetto: vittoria in campionato, la terza consecutiva, quindicesima in totale; vittoria in Coppa dei Campioni, la quarta; e vittoria in Coppa di Lega, quarta consecutiva.
Proprio in quest’ultima competizione, i finalisti sconfitti furono i concittadini dell’Everton che si riaffacciavano al vertice dopo un quindicennio di alti, pochi, e soprattutto bassi.
Guidati da Howard Kendall, una leggenda del club che da giocatore aveva vinto l’ultimo campionato fino a quel momento (1970), come parte di quella che i tifosi definirono la ‘Holy Trinity’ del centrocampo, gli altri due erano Colin Harvey e Alan Ball, era tornato a Goodison Park a fine carriera, trentaseienne, come giocatore/allenatore e con il chiaro intento, avendo vissuto gli ultimi anni trionfali del club, di riportarceli.
La sua prima mossa fu di ingaggiare il portiere Neville Southall dal Bury che si rivelerà anche uno dei suoi migliori acquisti.
Sicuro e affidabile, ebbe grande parte con le sue parate decisive in tutte le vittorie che seguiranno e metterà insieme oltre 600 presenze per il club oltre a 92 caps per il Galles.

Nell’ 82 arrivò Peter Reid dal Bolton per sole 60.000 sterline, un’affare per un mediano solido, e decisivo nella stagione della prima vittoria in campionato; seguito nell’83 da Trevor Steven, un’ala diciannovenne dal Burnley, con grande propensione al tiro (e al gol),entro due anni sarà in nazionale e giocherà due mondiali.

L’Everton chiuse quel campionato al settimo posto dopo essere stato al lungo a ridosso della zona retrocessione.
Andy Gray, arrivato a metà stagione dai Wolves aveva dato più soluzioni all’attacco, ma soprattutto la necessaria scossa.
La squadra andò anche in finale di FA Cup e vinse, 2-0 al Watford di Gaham Taylor e Elton John.

Pochi, a inizio stagione 1984/85 pronosticavano quello che poi sarebbe accaduto.
L’Everton rimaneva nelle ottime mani di Kendall e poteva contare, oltre ai tre descritti sopra, su una coppia di difensori centrali formata da Mountfield, compassato stopper col vizio del gol e dal capitano Kevin Ratcliffe proveniente dal settore giovanile, un duo affidabile, veloce e potente dotato della giusta esperienza, in campo si facevano rispettare.
Quindi Gary Stevens, terzino fluidificante, si diceva al tempo, prodotto del vivaio, aveva esordito in prima squadra nell’82. Le sue scorribande offensive risultavano spesso incontenibili, inesorabile in difesa e dotato di una rimessa laterale lunghissima e micidiale che si rivelerà un’arma vincente in più di un occasione.
Anche lui sarà presto un nazionale.
A centrocampo Trevor Steven, Peter Reid e Kevin Sheedy formavano un reparto con pochi uguali in Inghilterra, dinamico, intelligente ed equilibrato. Davanti la coppia formata da Adrian Heath, 19 centri la stagione precedente e Graeme Sharpe, uno scozzese alto magro e fortissimo. Per la stagione che andava ad iniziare due acquisti: Pat van den Hauwe dal Birmingham City che andava a terzino sinistro, ruvidissimo; e Paul Bracewell dal Sunderland a fare l’interno di centrocampo. Entrambi pagati poco, entrambi si integreranno ottimamente nella squadra, entrambi daranno un’apporto essenziale alla stagione; entrambi dimostrazione, infine, della grande capacità di Howard Kendall di pescare giocatori di talento e affidamento da serie inferiori, pagarli poco e renderli giocatori di primaria grandezza. Un allenatore come se ne sono visti pochi.

La stagione si aprì nel migliore dei modi con una vittoria a Wembley sui cugini nel tradizionale Charity Shield.

Nonostante l’autorete di Grobbelaar, la sensazione che i blues potessero competere seriamente con i più titolati avversari fu palpabile.
Ma il campionato cominciò male: in vantaggio dopo un quarto d’ora nell’incontro d’esordio, vennero poi travolti, 1-4, dal Tottenham. Seguì una nuova sconfitta, 2-1, al the Hawthorns il sabato successivo. La vittoria per 1-0 in casa del Chelsea alla terza giornata riportò un po di sereno sulla testa di Howard Kendall che già era stato a rischio esonero per almeno metà della stagione precedente e sulla cui sorte, ancora, il board non aveva le idee propriamente chiare.
Fu questa anche l’unica partita dell’Everton ad essere trasmessa in diretta tv quell’anno, un anticipo al venerdì sera sulla BBC.

La forma sembrava ormai trovata e l’ entusiasmante vittoria per 5-4 in casa del Watford all’8° giornata fu la prima di una serie di otto vittorie consecutive, comprensiva di vittoria nel derby, 1-0 ad Anfield Road con gol capolavoro di Sharp e demolizione del Manchester United per 5-0, bissata tre giorni ad Old Trafford in Coppa di Lega. Settembre e ottobre passarono senza sconfitte, e il 3-0 al Leicester del 3 novembre valse anche il primo posto in classifica.
La serie positiva fu chiusa da una sconfitta per 4-2 a Carrow Road il 24 novembre. Quattro giorni prima era svanito il primo traguardo stagionale: il modesto Grimsby Town, allora in seconda divisione vinse a Goodison Park la partita del quarto turno di Coppa di Lega. A niente valgono diciotto corner a uno, undici tiri nello specchio della porta contro uno, due salvataggi sulla linea di cui uno con la mano e rigore non dato. L’Everton è eliminato.

Il primo dicembre lo Sheffield Wednesday impone un pari a Goodison Park, ma l’Everton mantiene la testa della classifica; perde però Heath ch si infortuna al ginocchio a causa di un duro tackle Marwood, per lui stagione finita.
E’ un duro colpo per la squadra, il centravanti fin lì era andato a segno in campionato ben 11 volte in 13 incontri, ma il vecchio leone Andy Gray non lo farà rimpiangere.

Quindi seguono un altro pari e una vittoria prima di una nuova sconfitta, questa volta in casa,il 22 dicembre ad opera del Chelsea che restituisce la scortesia di agosto e si impone per 4-3; il Tottenham nel frattempo si fa sotto.
Il periodo natalizio, iniziato male, prosegue con tre vittorie consecutive.
Il primo gennaio ’85 dopo il successo casalingo sul Luton (2-1) l’Everton è secondo appaiato al Tottenham con 46 punti ma con una differenza reti di +20 contro il +24 dei londinesi; segue il Manchester United a 41, quindi l’Arsenal a 39; il Liverpool è a -11.

Nel frattempo, grazie alla vittoria in FA Cup del maggio precedente, l’Everton era tornato a giocare in Europa dopo quattro stagioni.
Un sorteggio facile al primo turno aveva dato luogo ad un doppio confronto con gli irlandesi dell’ University College Dublin risoltosi con una qualificazione davvero stentata (0-0 e 0-1), ma si era ancora ad inizio stagione, forse la forma non era ancora delle migliori.
Già al secondo turno, ottobre/novembre, le cose erano un po migliorate e i cecoslovacchi dell’ Inter Bratislava erano stati regolati abbastanza agevolmente grazie ad una doppia vittoria: 1-0 in trasferta all’andata e 3-0 al ritorno a Goodison Park.
Poi pausa fino a marzo, alla ripresa dell’attività l’avversario sorteggiato furono gli olandesi del Fortuna Sittard.
Lo scatenato Andy Gray realizza una tripletta nell’incontro, a senso unico, di andata in casa che chiude d fatto il discorso qualificazione
. Al ritorno in Olanda una nuova vittoria, questa volta per 2-0 con reti di Sharp e Reid con prima qualificazione ad una semifinale europea.

La squadra è ormai in stato di grazia e va a mille.
Dalla 21° giornata alla 38ma infilerà una serie di 16 vittorie e due pareggi.

Quando, il 20 aprile, il Tottenham unico distanziato inseguitore, perde clamorosamente in casa (2-3) contro l’Ipswich terzultimo, l’impresa è quasi compiuta.
L’impresa serve mercoledì 24 aprile quando il Bayern Monaco, guidato dal poderoso capitano Augenthaler, rende visita a Goodison Park per la semifinale di ritorno di Coppa delle Coppe
. Son qui per vincere e andare in finale. A Monaco Southall tenne ha galla i suoi, e preservato un prezioso 0-0.
L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, 49.476 tifosi stiparono quelle vecchie e gloriose gradinate per spingere l’Everton in finale; l’accoglienza alle squadre al loro ingresso in campo è entusiasmante.
Si presero però una doccia fredda quando Hoeness portò in vantaggio i tedeschi verso la fine del primo tempo.
Nella ripresa, due rimesse laterali di Stevens seminarono il panico nella difesa tedesca permettendo prima a Sharp e poi a Gray di ribaltare il risultato.
Trevor Steven chiuderà i conti a cinque minuti dal termine superando Pfaff in uscita con un bel pallonetto; e prima pagina di storia scritta.

Per la seconda appuntamento al 6 maggio, ancora a Goodison Park, ospite stavolta il QPR non ancora salvo.
Difficile da credere oggi, ma la partita non era in diretta tv, e non era prevista prevendita. L’inimitabile John Motson annunciò in diretta, erano le 13,00, dai microfoni di Football Focus, al tempo l’unico strumento di conoscenza calcistica televisiva in fase di presentazione della giornata di campionato, che gli ingressi dello stadio erano già chiusi e che 50.000 spettatori si trovavano già all’interno (50.514 per l’esattezza): mancavano due ore all’inizio della partita.

Un gol per tempo di Mountfield e Sharpe diedero la vittoria all’Everton e il primo trionfo in campionato in 15 anni, l’ottavo della serie per il club. All’interno del venerando impianto scene di tradizionale invasione di campo e grandi festeggiamenti per una vittoria che solo dieci mesi prima, per una tifoseria sottomessa da anni allo strapotere dell’altra metà calcistica della città, sembrava impossibile.
E con ancora cinque partite tra recuperi e calendario da giocare.

In FA Cup, dopo il trionfo dell’anno prima, l’Everton si ripropose con intenti di vittoria.
Furono eliminati nell’ordine Leeds United (2-0), Doncaster Rovers (2-0), Telford United (3-0) e Ipswich Town che costrinse i blues al replay (2-2 e 1-0), prima della semifinale contro il Luton, che andò ai supplementari e fu vinta, 2-1, dopo essere stati a lungo in svantaggio.
L’appuntamento per la finale era fissato per il 18 maggio a Wembley, ad attenderli il sempre temibile Manchester United e la possibilità di un’inedita quanto prestigiosa tripletta.

Con la finale di Coppa delle Coppe fissata il mercoledì precedente, 15 maggio, non sorprende che la visita resa al City Ground sabato 11 maggio si risolse in una sconfitta, 1-0 per il Forest, che interruppe la serie di 18 risultati utili consecutivi.
Ma la testa era altrove.
A Rotterdam, dove ad attenderli c’era il secondo trofeo stagionale in palio, con la possibilità di cogliere la prima prestigiosa affermazione europea e oltre 25.000 tifosi che avevano fatto in qualche modo il viaggio dall’ Inghilterra.
Oltre al Rapid Vienna, guidato dal veterano Hans Krankl, anch’esso alla prima finale europea.
L’Everton vinse abbastanza agevolmente, gli austriaci furono avversario tutt’altro che temibile.
Dopo un primo tempo incolore, Andy Gray e Steven portarono avanti i nostri nel giro di un quarto d’ora; e anche quando Krankl ridusse le distanze a 2-1, mancavano cinque minuti, Sheedy impiegò meno di un minuto a ripristinarle.

Fu un trionfo, in una serata distesa.
Non ci furono incidenti, i tifosi si comportarono bene; ci furono partite di calcio con la polizia olandese nel pomeriggio, scambi di sciarpe, berretti e birre con tifosi austriaci, forze dell’ordine e appassionati locali.
Per l’Everton, che non aveva mai centrato un ‘double’ domestico si trattò senz’altro, già a questo punto della miglior stagione di sempre. Altri tre giorni ed ecco la possibilità concreta di centrare un tripletta da favola e rendere la stagione veramente ineguagliabile, vincendo la finale di FA Cup.

Ovviamente i favori del pronostico erano tutti per i neo-campioni, in virtù dei freschi trionfi stagionali e dei precedenti in campionato, in special modo il 5-0 di ottobre.
Ma come spesso accade, i pronostici vengono poi rovesciati dai fatti.
Il Manchester United era comunque una squadra di tutto rispetto.
La partita fu comunque tesa e abbastanza equilibrata, ma quando Moran fu espulso al un quarto d’ora dalla fine per un’entrataccia su Reid, le sorti dell’incontro parvero segnate.
Errore perché lo United trovò orgoglio e compattezza per resistere fino al 90’; e poi anche il gol vittoria a 5’ dalla fine dei supplementari con Whiteside che con un tiro a giro dal limite trafisse Southall sul palo più lontano.

Finirono qui i sogni di gloria da tripletta, non la stagione, con ancora tre recuperi da disputare il primo dei quali, derby in casa contro il Liverpool, offre la possibilità all’Everton di un pronto riscatto.
E riscatto sarà, vittoria 1-0 grazie a una prodezza di Wilkinson davanti al più alto pubblico casalingo della stagione: 51.045 spettatori.
Nelle ultime due partite in programma l’Everton schiererà principalmente riserve e perderà entrambi gli incontri.

Sconfitte che non intaccarono niente.
Fu una stagione trionfale, nonostante la delusione di Wembley. 90 punti totalizzati in campionato, 13 in più del Tottenham e Liverpool appaiati al secondo posto; 88 reti realizzate, miglior attacco, e una differenza reti di +45.
Vittoria in Coppa delle Coppe ottenuta senza aver perso un’incontro e con due soli gol al passivo subiti, di cui il primo già nella semifinale di ritorno e il secondo in finale a cinque minuti dalla fine, a fronte di 16 realizzati.
Fu questa la prima di tre grandi stagioni al vertice giocate dall’Everton sotto la guida di Howard Kendall, profeta in patria. La stagione successiva si chiuse con un doppio secondo posto sempre alle spalle dei cugini.
Kendall ingaggiò il capocannoniere Lineker dal Leicester che confermò le proprie qualità laureandosi ancora capocannoniere con 30 reti, che non bastarono.

Il Liverpool fece 2 punti in più in campionato e vinse la finale di FA Cup per 3-1.
Nuovo trionfo in campionato nel 1986/87 sempre davanti al Liverpool distanziato stavolta di nove punti.
Il 1984/85 fu anche una stagione in cui la squadra non fu seguita come avrebbe meritato. Delle manchevolezze di BBC e ITV relativamente alla programmazione televisiva ho già accennato; ma la media spettatori per gli incontri casalinghi fu solamente di 32.131, a fronte di una capienza dello stadio di 53.419.
Le 50.000 presenze furono superate solamente due volte, per l’incontro decisivo contro il QPR del 6 maggio e per il derby della settimana dopo.
I tempi errano del resto assai duri a Liverpool nella prima metà degli anni ’80 e la cura da cavallo imposta dal governo Thatcher all’economia britannica aveva causato una forte recessione economica e disoccupazione in massa in posti come Liverpool ancora legati alla vecchia economia industriale e campi correlati.

Soldi in giro ce n’erano pochi, per il calcio anche meno.

L’Everton avrebbe sicuramente potuto scrivere altre pagine gloriose in Europa, ma le nefandezze perpetrate dai loro dirimpettai a Bruxelles due settimane dopo la vittoria di Rotterdam portarono all’estromissione dei club inglesi dalle competizioni europee per i successivi cinque anni e le speranze, tutt’altro che peregrine, di dominare l’Europa morirono sul nascere.

I protagonisti:
Formazione tipo (presenze/ gol):
1 Neville Southall (63/0)
2 Gary Stevens (58/4)
3 Pat van den Hauwe (46/0)
4 Kevin Ratcliffe (61/0)
5 Derek Mountfield (58/14)
6 Peter Reid (57/4)
7 Trevor Steven (61/16)
8 Adrian Heath (26/13) poi Andy Gray (31/14)
9 Graeme Sharp (55/30)
10 Paul Bracewell (57/4)
11 Kevin Sheedy (42/17)
Allenatore: Howard Kendall
Quindi:
Kevin Richardson (18/4); John Bailey (21/0); Alan Harper (15/0); Terry Curran (8/0); Ian Atkins (6/1); Paul Wilkinson (4/2); Darren Hughes (2/0).

E’ stata una delle ultime squadre inglesi a schierare il centravanti col n.8, secondo una vecchia tradizione inglese. Lo aveva Heath, lo avrà Lineker l’anno dopo. Lo ebbe Rush fino a qualche anno prima.
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