venerdì, giugno 20, 2014

Kaiser(schnitt)amboss/laszlo - Viva Terror !



Altri Cantautori è una rubrica che si occupa di andare a pescare nel cantautorato italiano meno conosciuto, cercando di scoprire nomi di valore e di sicuro interesse, attraverso i loro nuovi dischi e le loro parole.

Le precedenti puntate qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Altri%20Cantautori

Improbabile riuscire a definire il mondo musicale di Kaiser(schnitt)amboss/laszlo, un mix di suggestioni vicine (PJHarvey), lontane (Bessie Smith e Robert Johnson), oscure (Nico, Carla Bley, i Birthday Party, il John Lydon tenebroso dei PIL di “Flowers of romance”), teutoniche, minacciose, rigorose e severe.
Ancora più difficile addentarsi nel mondo sul quale apre uno spiraglio l’ascolto di “Viva Terror” (album uscito alla fine del 2011 ma che sarà ristampato a breve), un territorio pericoloso, ostile, dove si corre il rischio di uscirne malconci. E’ un blues industriale, iconoclasta, malinconico e disperato, cantato con voce gutturale, secca, in cui veleggia costante un senso di Maligno, tanto spaventoso quanto affascinante.
Tra le cose più interessanti e nuove degli ultimi tempi.

https://soundcloud.com/spaceshipmngmnt/sets/ksal/s-Kdwcd

Foto: Nikka Dimroci

1)
La tua è una musica che evoca scenari minacciosi, duri e con scarsa gioia.
E’ una visione astratta o prende spunto dalla realtà (o da una tua realtà) ?


R: Quello che scrivo e suono deriva in tutto e per tutto dalla mia, personale, realtà.
Essendo musica, è chiaramente anche astrazione, sia nel senso di processo, sia nel suo significato estensivo. Suono ciò che sono, vedo e faccio.
Se percepisci il senso di minaccia, la durezza, e la scarsa gioia, in effetti questi sono i tratti distintivi del mondo che tocco direttamente, e delle persone con le quali ho a che fare.
Alla fine, avere la capacità di processare tutto questo in musica è l’unica cosa che mi abbia mai davvero salvato il culo.

2)
La matrice blues secondo me è prevalente nel tuo sound, anche se i riferimenti sono tantissimi.
E’ una musica in cui sei particolarmente coinvolta o è solo uno dei tanti ingredienti.


R: Eccome se c’è il blues.
C’è sempre stato anche quando non ne sapevo un cazzo. Era già lì nelle prime scelte che facevo. E intendimi, per blues non mi riferisco solo al “genere”.
Sto parlando di un modo-di.
E’ l’andare alla radice più profonda, alla struttura elementare, il camminare dritti col sole in faccia, e magari pure con il completo a striscioni e la palla al piede. Ascolti il blues delle origini, e leggi le storie dei loro protagonisti, e non puoi non esserne toccato. Se alla verità non ci arrivi comunque mai, loro però ci si avvicinavano parecchio.
Rubo il termine a Marc Bloch, ma ecco: erano uomini senza aggettivi, fuori da ogni personalismo, universali. Uomini con una vita ed un linguaggio “proprio e di tutti” allo stesso tempo, un linguaggio con tutta la potenza del primordiale, in cui ci si riconosce, è l’andare verso la propria “casa”, ecco.

3)
Quali sono le principali fonti di ispirazione della tua musica e dei tuoi testi ?

R: Per rubare ancora le parole ad un altro famoso, Maupassant, con il valido aiuto dell’etere, aveva detto giusto: … la musica, quell’arte strana, vaga come un sogno, esatta come l’algebra. Già per questo la musica vale lo sforzo, ed è un’ispirazione di per sé. Mette al limite il tuo cervello, il tuo cuore e il tuo fegato come nessun’altra cosa.
Se c’è del vero in quello che fai, un po’ devi farti male e un po’ devi farne. Ad ogni modo, musicalmente, mi eccita la soluzione, l’impronta cieca, quel gesto, quella sfida, quel rivolto e quell’idea che rende un brano “diverso”, lo spinge oltre.
E questo “gesto” lo puoi trovare dappertutto, lungo tutta la storia della musica.
Ti elenco l’ordine dei primi dischi che trovo qui di fianco: Chrome, Ockeghem,13th Floor Elevators, Cluster, Motőrhead, Fletcher Henderson, Alessandro Scarlatti, Killing Joke, Magma, Factrix, La Folia de la Spagna.
Appunto, non c’è nessun ordine, e quella “soluzione” puo’ fulminarti in ciascuno di questi diversissimi autori come in tanti altri.
Mi interessa trovare il segno dell’unicità, quell’impronta. Scrivo i testi direttamente in inglese, e sono le mie personali e balorde riflessioni su quello che vedo e vivo messe in musica. Essendo riflessioni, sono cose “metabolizzate”, e scatta anche l’artificio.
Quindi anche il suono e la meccanica della parola conta, alla pari col “senso” di quello che è scritto.
Sempre che lo si colga o che ci sia, perché è la mia vita e il mio immaginario, e certo non quello di qualcun altro.

4)
Pensi sia possibile in Italia vivere suonando la propria musica, senza compromessi ?

R: Bah, da quello che so io, credo di no.
E la faccenda ha molte facce. Lo stivalino non ha un’educazione all’ascolto, e d’altronde qui non c’è vera industria musicale. La musica in sé è un qualcosa che viene accolto in modo poco empatico, anzi, sembra mal tollerata, a meno che sia relegata e ben chiusa in un certo contesto, occasione e blah blah. E sempre a decibel misurato.
Perché il vociare, il traffico urbano e aereo, non so, infastidiscono forse meno. La musica dovrebbe pervadere ogni aspetto strutturale della vita, come accadeva nel Medioevo.
Ma erano altri tempi. E poi, la musica non è solo la canzone che alla fine arriva impacchettata a chi ha voglia di sentirla. E’ un lavoro duro e che ti mette a nudo, sempre, anche quando non sei pagato. E ti dico ancora bah, perché il mio lavoro e la mia disciplina sono quelli, in ogni caso, che mi paghino o no. Non so bene se per essere dei musicisti di successo qui bisogna passare da Manuel Agnelli e sembrare intelligenti o da un programma televisivo. Il fatto è che la cosa non mi interessa, e non me n’è mai fregato un cazzo di leccare il culo a nessuno.
Perché se ti devi piegare, impossessarti di un immaginario altrui, essere imitativo sin negli stivali che porti, no, non ce la farei, neanche volendo. Anche perché la posta in gioco, qui, in questo paese, non si materializza certo in potere, droga di alta qualità e soldi a cascata, sesso orgiastico appena schiocchi le dita e casa sulle colline di Hollywood.
Che può essere un inferno come un altro, va bene, ma almeno tanto, tanto più appagante.
Allora tanto vale nessun compromesso, droga per sé di medio/bassa qualità, e trovare la bellezza nella propria fogna, che non è la retorica becera dell’incompreso, ma è sentirti gigantesco perché hai scritto una canzone. Se non ti piace quello che senti, cazzi tuoi, ho molto altro da fare.

5)
Il punk (e l’hip hop successivamente) hanno annullato l’esigenza della tecnica strumentistica per poter fare un concerto o incidere un disco.
Lentamente abbiamo, secondo me, assistito ad una restaurazione in cui il minimalismo tecnico non è più ben accetto e che di fatto ha cancellato gl ieffetti della “rivoluzione” punk.
Concordi ?


R: Dici?
A questa domanda non so bene che rispondere, sono troppo isolata per dirti che accade al di fuori del mio buco.
Può darsi. Sì, la grandezza del punk, quella originaria, consisteva anche nello schiaffo al tecnicismo dei dinosauri, ma questo era il precipitato, secondo me, di qualcosa di ancora più potente. Essere soggetti unici e uguali a nessun altro con poco o niente, e come diceva Steve Jones, rendersi conto che le star dei dischi non piovevano dal cielo, ma che chiunque poteva fare qualcosa, rubando la strumentazione a David Bowie.
Ma occhio. Steve Jones è un chitarrista meraviglioso e tutt’altro che incapace. Era un ragazzino tanto difficile quanto dotato che aveva trovato la sua “formula” E una formula semplice e perfetta … Ma era molto tempo fa … Delle performance su base, che dire, non è il mio ambiente.
Del deejaismo che dire. Schiaccia il play e la gente muove il culo e in realtà non sente nulla. E’ pure una cosa strana, a guardarla dal di fuori e in modo disincantato.
Fa un po’ romanzo anti-utopico del ‘900.
Della Restaurazione di cui parli, io posso dirti questo, anche se non soddisferà la tua domanda in modo preciso. Io sono chitarrista, e da lì non mi schiodo. E per ottenere certi risultati, in un modo o nell’altro, i calli vanno alimentati, anche se per la poetica da bar questo equivarrebbe al farsi una sega. Ho bazzicato per un po’ negli ultimi due/tre anni l’ambiente di chi faceva computer music, rumoristi, e quelli dell’industrial, e quelli che fanno musica concreta, e poi l’immancabile visual … e non so, ogni volta che mi trovavo lì, mi chiedevo Ma se ti staccano la corrente col cazzo che puoi “cantare la tua canzone”.
Dov’è che stai andando? Sembrava che nessuno sapesse più suonare uno strumento, semplicemente venendoti dietro. Naaah, gli strumenti sono fighi se sono “preparati”, rovesciati, auto costruiti, e tutti a spendere fiumi di parole e ad auto incensarsi e giustificare il proprio lavoro.
Non so se sia scattata la Restaurazione, ma quello che ho visto io è tanta ossessione sul suono, e sempre meno verità nel suonare uno strumento e cantarsela, qualunque sia la tua formula. Sempre meno verità nello scrivere un brano, il che equivale a dire: Non abbiamo più nessuna canzone dal ritornello spaccaculo da cantare sotto la doccia.

6)
La solita domanda sui dischi da portare sulla solita isola deserta

R: Ti dico i tre che mi hanno aiutato in ascolto heavy rotation per assemblare Viva Terror!... che sinchè non esce il nuovo, è ancora la mia isola deserta: “Metal Box” dei Public Image Ltd, “The Boll Weevil” di Leadbelly, e “Grosses Wasser” dei Cluster. Fantastica tripletta, come un bell’acido con il botta-risposta di uno speedball sulla finire del viaggio. 

7 commenti:

  1. michia per un attimo la prima foto mi sembrava l'innominable Allxxxxo da giovane (grattatina obbligatoria)

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    1. Trovo sia veramente fantastico essere insultato dal solito anonimo dopo più di un anno e mezzo dalla mia rinuncia a partecipare attivamente a questo blog.

      allelimo

















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  2. Ascoltato un po' di brani ed è incredibile. Peccato per il nome, chi se lo ricorda ?

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  3. Un album duro come non se ne sentono più ormai.
    Come il nome.

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  5. abominevol-anonnimo,..da ora in poi parteciperai passivamente,...immagino ti piaccia:),...un rutto in faccia 'Anonimo 'in segno 'd'apprezzamento' per i tuoi 'scritti' et comments,...:),...

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