lunedì, ottobre 17, 2022

Wendy O' Williams


Riprendo l'articolo scritto ieri per "Libertà".

Figura tragica, provocatoria ed estrema, come spesso sono stati i protagonisti del rock 'n' roll.
Ma nel contempo persona coscienziosa, visionaria, progressista.
Wendy O' Williams è stata la discussa cantante di uno dei gruppi più particolari del punk degli anni Ottanta, i PLASMATICS in cui, a fianco di sonorità durissime che guardavano volentieri all'hard rock e al metal, poneva una modalità di stare sul palco sguaiata, esibendo nudità e una spettacolarizzazione smodata del live act (con tanto di chitarra fatta a pezzi con la sega elettrica dal chitarrista non di rado vestito con un tutù da danza classica).

L'immagine della band era più caricaturale che oltraggiosa, la musica lontana dagli stilemi del punk che in quegli anni sperimentava ma allo stesso tempo si irrigidiva volutamente in una sorta di auto preservazione dalla commercialità.
Troppo estremi per piacere a tutti, troppo poco rispettosi delle regole della purezza artistica per essere amati dalla scena punk.
A capitanarli Wendy, nata a New York nel 1949 (e quindi considerata piuttosto “attempata” per la scena degli anni Ottanta, prevalentemente composta da giovanissimi).
Ragazzina timida e introversa, studia clarinetto al Conservatorio, suona in una banda, fino a quando, all'età di sedici anni, incomincia ad esplodere la sua personalità all'insegna della libertà totale.
Lascia la scuola e incomincia a girare l'America in autostop, dal Colorado alla Florida, arrangiandosi con piccoli lavoretti e, all'occorrenza, rubacchiando qualche portafoglio e spacciando banconote false.
Arriva in Europa con una compagnia di danza e prosegue la sua vita vagabonda, fino al ritorno a New York dove trova lavoro nella pornografia, sia cinematografica che nei sex show davanti a un pubblico.
Quando nel 1978 forma la band punk dei Plasmatics non esita a portare la sua esperienza sul palco, talvolta presentandosi a torso nudo, ricoperta solo di schiuma da barba, simulando atti sessuali, indulgendo in quelle che le autorità reputavano oscenità. Inanellando una serie di denunce, condanne, processi, che fecero progressivamente crescere la popolarità e la curiosità intorno al gruppo.

Racconta il produttore e compagno Rod Swenson: “Stavo dirigendo video di gruppi allora ampiamente sconosciuti come i Ramones, Blondie, Dead Boys e altri, e penso di essere stato il primo a mettere su uno spettacolo con Patti Smith in un vero e proprio teatro, a New York, in un posto più grande di quella del CBGB – mitico locale che diede i natali alla scena punk locale e probabilmente mondiale - l'allora Elgin Theatre di Chelsea, che ho anche rilevato per un po' di tempo. A quel punto, verso la fine del 1977 ho incominciato a lavorare con Wendy & The Plasmatics e molto presto, dato che il progetto é decollato, e per la maggior parte dei dieci anni successivi, ciò ha richiesto quasi tutto il mio tempo e la mia attenzione”.

Nel 1981 approdarono anche in Italia e la data milanese a cui assistetti (ai tempi si andava a qualsiasi concerto in qualsiasi luogo, vicino o lontano, pur di vedere qualcosa di affine ai propri gusti), confermò le perplessità intorno al reale contenuto artistico della proposta.
Un'ora di concerto, veloce, duro, compatto ma in cui l'aspetto prevalente era lo spettacolo, con la già citata chitarra segata in due, un televisore fatto a pezzi con una scure, ammiccamenti più o meno espliciti alle prime file, addirittura un'auto sul palco che esplodeva.
In tempi in cui il punk era una cosa seria, dove era considerato una modalità rivoluzionaria, un mezzo di cambiamento sociale e politico, la teatralità esibita e grottesca dei Plasmatics non funzionò granché sulla platea italiana, che veniva da un periodo di tensioni e non aveva troppa pazienza e tempo per apprezzare quello che unanimemente definimmo “carnevalata”.

Sciolto il gruppo proseguì la sua carriera con alcune prove soliste, collaborando anche con Lemmy dei Motorhead e con Gene Simmons dei Kiss, che produsse il suo album “WOW”, gira altri film, riforma i Plasmatics, incide ancora qualcosa e nel 1988 decide di ritirarsi a vita privata “stanca di avere a che fare con la gente”.

Va a vivere con il suo compagno di sempre, il manager e produttore dei Plasmatics, Rod Swenson. Incomincia una vita completamente diversa in cui non c'è più spazio per gli eccessi.
Rod: “Wendy, durante i primi anni della sua carriera è stata chiamata "la regina del punk rock". Più tardi, quando abbiamo mescolato (con orrore di alcuni dei nostri primi fan) punk e metal, varie riviste hanno iniziato a chiamarla "l'Alta Sacerdotessa del Metal", ma è stata anche chiamata la "Regina dello Shock Rock". Quando dici "le persone hanno ricevuto il messaggio", ovviamente alcuni l'hanno fatto e altri no. Una delle cose di noi umani è la nostra capacità di non vedere ciò che è proprio di fronte a noi. Mettiamo letteralmente tra parentesi le cose”.

Lavora in un centro di riabilitazione per animali, abbandona totalmente l'uso di alcol e sostanze stupefacenti di cui non aveva mai disdegnato in gioventù e abbraccia una nuova consapevolezza nei confronti della vita.
Che già era emersa nella sua musica e che, paradossalmente, non era mai stata presa in seria considerazione, affogata nella teatralità degli spettacoli e nell'immagine porno soft che, alla fine, fu quello che le diede una buona fetta di successo.
I testi e molte dichiarazioni pubbliche, oltre che il comportamento fuori dal palco, ne facevano una donna impegnata contro il sessismo (particolarmente diffuso nella scena rock e anche in quella pur “consapevole e politicizzata” del punk), il consumismo, le ingiustizie sociali.
Vegetariana convinta e militante, già dal 1966, negli ultimi anni diventa una rigorosa seguace di uno stile di vita il più sano possibile, rinunciando anche allo zucchero e ai cibi industriali.
Ma anche durante la carriera musicale si distingueva per il rigore con cui guidava il gruppo: era proibito fumare nei camerini e in qualsiasi luogo chiuso in cui ci fosse lei, non usava nessun trucco che fosse ottenuto da laboratori per la sperimentazione sugli animali, acerrima nemica della caccia.

Ricorda ancora Rod:
“Wendy era una consumata professionista, lavorava sempre al suo mestiere, pensava in continuazione come perfezionare lo spettacolo. Si allenava costantemente, correva per sei miglia al giorno. Era totalmente vegetariana, dedita solo al cibo salutare. Quando eravamo in viaggio, badava sempre che la band fosse ben nutrita. Niente carni lavorate, niente pane bianco”.

Purtroppo la nuova vita non lenì la malattia che la tormentava da un po' di tempo, la depressione.
Tenta il suicidio ben due volte.
Nel 1993 si conficca un coltello nel petto ma, agonizzante, decide di chiamare il compagno che la porta in ospedale e la salva in tempo.
Ci riprova qualche anno dopo con un'iniezione di efedrina ma anche questa volta la scampa per un soffio. Ci riesce il 6 aprile del 1998.
Si allontana nel bosco circostante alla sua casa, porta cibo agli scoiattoli selvatici e si spara un colpo in testa, dopo aver lasciato il pranzo preparato per il suo Rod e una lettera d'addio.
“Non credo che le persone dovrebbero togliersi la vita senza una riflessione profonda e ponderata per un periodo di tempo considerevole. Credo fermamente, tuttavia, che il diritto di farlo sia uno dei diritti fondamentali che chiunque in una società libera dovrebbe avere. Per me, gran parte del mondo non ha senso, ma i miei sentimenti su quello che sto facendo risuonano forti e chiari in un orecchio interiore e in un luogo dove non c'è un sé, solo calma”.

Rod Swenson (attualmente ricercatore presso il Center for the Ecological Study of Perception and Action dell'Università del Connecticut e che ha pubblicato articoli su diverse riviste scientifiche per le sue ricerche sulle leggi dell'evoluzione, della termodinamica e dell'entropia), dopo vent'anni di silenzio è tornato a parlare dell'episodio con calma e una profonda riflessione:
“Wendy mi ha detto delle sue intenzioni.
Ho passato la maggior parte degli ultimi quattro anni cercando di dissuaderla o almeno di rimandarlo. La rabbia, in ogni caso per qualcuno che fa questo ultimo passo, non è qualcosa che capirei facilmente. Dolore e perdita assolutamente profondi e inesprimibili, invece si. Ma la rabbia no. Ti dirò che mentre era qui ha vissuto con un'autenticità con cui pochi possono rivaleggiare, e questo credo sia stato un obbiettivo nella vita che si è posta con determinazione in giovane età. Nonostante notevoli ostacoli, credo che abbia raggiunto questo obiettivo. Il suo lavoro e la sua eredità parlano da soli”.


1 commento:

  1. Bravo, hai descritto benissimo Wendy, i Plasmatics e quegli anni indimenticabili.....Non sapevo cosa avesse fatto prima dell'estremo gesto.....la depressione e' proprio una brutta bestia

    RispondiElimina

Related Posts with Thumbnails