mercoledì, luglio 25, 2018

Johnny Thunders



ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO "LIBERTA'" il 22 luglio 2018

A volte è difficile ripensare a certe storie che hanno caratterizzato la storia della musica rock. Perchè certi personaggi li hai tanto amati, considerati, ammirati (pur, come vedremo in questo caso, nelle loro più tremende contraddizioni), perfino conosciuti, che, nel momento in cui se ne sono andati, hanno lasciato, volenti o nolenti, un vuoto.
Johnny Thunders era un chitarrista di New York, una vita buttata in droghe, eccessi, suicidi artistici. Storie violente e spesso degradanti, dischi epocali da cui non ha tratto un soldo (e so lo ha fatto lo ha immediatamente “investito” in tutto ciò che di illecito ci è dato pensare), occasioni perdute, tragedie. Una storia triste e drammatica per un uomo, un musicista, un artista, che ha lasciato un segno indelebile tra i suoi ammiratori e fan.

John Anthony Genzale, figlio di immigrati che arrivano dalla provincia di Avellino, nasce a New York nel 1952 e si segnala come una promessa del baseball.
Gli fanno proposte e offerte ma quando è ora di firmare un contratto per una grande squadra l'allenatore gli impone di tagliarsi i lunghi capelli e “mettersi in ordine”. John non ha dubbi, depone la mazza da baseball e lascia lo sport.
Anche perchè c'è una nuova passione che lo intriga di più, la musica. A soli 15 anni, siamo nella seconda metà degli anni '60, in piena era psichedelica e rock blues, incomincia a suonare basso e chitarra in piccoli gruppi e a frequentare club e concerti (appare anche tra il pubblico del film “Gimme shelter” dei Rolling Stones, capelli lunghissimi, anche per i tempi, aspetto inquietante e già poco raccomandabile) e decide di abbracciare il nome d'arte di Johnny Thunders.

Nei primi anni 70 forma uno dei gruppi seminali del rock, i New York Dolls.
Oltraggiosi, violenti, adottano il travestimento femminile per provocare e una musica dura, minimale, distorta.
A guidarli un sosia depravato di Mick Jagger, David Johansen che si presenta sul palco (e non ha problemi a farlo per strada) in tacchi a spillo.
Ma anche il resto della band non lesina in eccessi estetici (e non solo).
L'esordio è per il Capodanno del 1971 e immediatamente i discografici si interessano a questo nuovo fenomeno.
Ci vorranno due anni per vedere però il primo album, duranti i quali perderanno, per questioni di droga, il batterista Billy Murcia.
Prodotti da Todd Rundgren, un luminare della musica underground dei tempi, lo stupiranno subito entrando in studio di registrazione e suonando i brani scelti così come li avevano sempre proposti dal vivo, senza particolari arrangiamenti o aggiustamenti. Il risultato è eclatante, è raro ai tempi trovare qualcosa di così ruvido e immediato. Solo gli Stooges di Iggy Pop o i semi sconosciuti Blue Cheer avevano osato tanto.
La critica è confusa ma concorde sull'originalità e sull'efficacia della proposta.
Un po' meno il pubblico che non concede all'album particolare fiducia, nonostante il gruppo sia ben presente dal vivo, in tour e anche in TV, in Usa e Inghilterra. Affiancato da una sinistra fama di gente dedita ad ogni tipo di eccesso.

La copertina è tutto un programma.
I cinque componenti sono vestiti grossolanamente da donna e il nome del gruppo scritto con un rossetto. L'album rimane una delle principali fonti di ispirazione per la scena punk (anche se arriva ben tre anni prima). Johnny Thunders è uno dei principali artefici delle composizioni e del suono del gruppo ma anche uno dei protagonisti della vita estremamente spericolata che ormai caratterizza ogni giorno del gruppo. Che in breve tempo finisce allo sbando.
Incide un altro album, sempre interessante ma di qualità inferiore, significativamente intitolato “Too much too soon” (troppo e troppo presto), finisce nelle mani di un manager inglese, Malcom Mc Laren che fa le prove con loro per il progetto che di lì a poco porterà al successo mondiale con il nome di Sex Pistols. Li riveste in lattice rosso, gli posiziona una bandiera con falce e martello alle spalle, cercando di far salire ad un gradino più alto la provocazione.
Ma non funzionerà.
Propone loro, orfani del cantante David Johansen che ha nel frattempo lasciato il gruppo, di volare in Inghilterra e unirsi ad un giovane pazzoide che si fa chiamare Johnny Rotten. Rifiutano e Mc Laren affiancherà a Rotten tre teppisti inglesi e li chiamerà Sex Pistols.

Johnny Thunders si taglia i capelli e abbraccia la nuova scena punk che sta esplodendo in Usa e Inghilterra, formando gli Heartbreakers che di fatto proseguono la linea sonora della precedente band, incidono un album, vanno in tour con Sex Pistols e Clash ma ancora una volta dura poco. Lo stile di vita che definiamo eufimisticamente sregolato, manager truffaldini, scelte sbagliatre e approssimative portano velocemente il gruppo allo scioglimento. Johnny non si perde d'animo e ricomincia all'insegna di una carriera solista, costellata di alti e bassi ma che parte con il piede giusto con lo stupendo “So alone” del 1978 (a cui collaborano fior di ospiti, come due dei Sex Pistols, l'ex Small Faces Steve Marriott, Phil Lynott dei Thin Lizzy, Chrissie Hynde dei Pretenders e il giovane Steve Lillywhite che finirà successivamente come produttore alla corte di U2, Rolling Stones, Peter Gabriel e decine di altri).
Un album talvolta straziante nella sua malinconica intensità e genuina nudità emotiva.
Seguirà un'altra mezza dozzina di album, sempre piuttosto dignitosi, in cui alterna la mai rinnegata passione per il rock 'n' roll a ballate crude e drammatiche. Non abbandona purtroppo nemmeno le vecchie sgradevoli abitudini e predilezioni per gli eccessi, la salute è precaria e spesso rischia seriamente la vita.
I concerti possono essere esaltanti come estremamente deludenti, dipende da come gira la serata. Johnny prova più volte a disintossicarsi ma è una lotta contro sé stesso che fatica a vincere.

La fine lo coglie a New Orleans nel 1991 ed è tutt'ora avvolta nel mistero.
Derubricato come decesso a causa di overdose, pare invece che la dose letale sia stata somministrata da due compari occasionali di sballo con l'intento di derubarlo ma che qualcosa sia andato storto.
E che la polizia locale non abbia fatto grandi sforzi per approfondire il fatto, archiviando velocemente il tutto. Un finale tragico purtroppo previsto e prevedibile che ci ha privati di un piccolo talento e di un artista meritevole di maggiore fortuna e considerazione. Difficile prevedere se Johnny sarebbe riuscito a fuggire dai suoi fantasmi e se la produzione discografica ci avrebbe dato ulteriori soddisfazioni. Rimane una cupa tristezza nel ripensare a quanto ha sprecato in tutti questi anni.

DISCHI CONSIGLIATI
Imperdibile l'esordio dei New York Dolls, album seminale e tra i più importanti usciti negli anni 70. Consigliata anche l'unica testimonianza lasciata dai suoi Hertabreakers, “L.A.M.F.” (acronimo che sta per “come un figlio di...”) che contiene uno degli inni del punk per eccellenza “Born to lose” (“nato per perdere”, lucido manifesto della sua esistenza) e da ascoltare l'esordio solista “So alone”. La sua storia è raccontata in dettaglio mel libro di Nina Antonia “In cold blood”.

Gli anni 80 furono un periodo molto eccitante per chi suonava rock in un certo ambito. Era tutto da costruire, vivere in diretta, succedevano tante cose molto in fretta e per dei ventenni innamorati di un sogno, ogni giorno era qualcosa di speciale. Con la mia band di allora, i Not Moving avevamo appena vissuto l'opportunità di suonare con i Clash a Milano, eravamo stati a Berlino con i Litfiba all'ombra del Muro, nel quartiere ribelle di Kreuzberg, in uno dei principali locali della città.
Il 19 novembre al “Big” di Torino, il 20 al Palazzetto di Due Ville (VI), il 21 al “Manila” di Firenze del 1984 ci diedero la possibilità di aprire il tour italiano di Johnny Thunders. Un modo per confrontarci in maniera diretta con una leggenda.
Date non affollatissime (2/300 persone) ma decisamente “calde” in cui talvolta “rubammo” (un po’ a malincuore e con imbarazzo, soprattutto a Vicenza dove il nostro , particolarmente sballato, uscì, dopo mezzora di concerto a dir poco approssimativo, un po’ mogio, tra i fischi) la scena ad un Johnny in scarsa forma, spesso stonato, fuori tempo, spompato.
Con noi fu gentile, disponibile, affabile, quieto, arrendevole, soprattutto per chi si attendeva il punk rocker spietato e cattivo.
Ma fisicamente era provato, spesso assente e per quanto apparentemente “pulito” non rinunciò in un paio di occasioni al “vecchio vizio”.
Rimane nei nostri cuori quello sguardo mite e affettuoso che ti osservava alla costante ricerca di un sorriso e di un'approvazione, come se chiedesse costantemente aiuto.


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