lunedì, febbraio 20, 2023

Joyello Triolo - Maurizio


Riprendo l'articolo pubblicato domenica per "Libertà".

La musica italiana ha prodotto nel corso della sua storia una lunga serie di eccellenze delle quali troppo spesso ci siamo dimenticati, preferendo guardare all’estero, non di rado abbracciando esperienze di gran lunga inferiori a quanto avevamo e abbiamo sotto il naso.
A volte complice è una sorta di snobismo autolesionista che svilisce tutto ciò che abbiamo intorno come se non fosse degno della giusta attenzione.
L’elenco è lungo e dettagliato e non mancano nomi attualmente in circolazione che meriterebbero attenzione ben maggiore rispetto a quanta ne ricevono.

E’ uscita da poco, per Crac Edizioni, una biografia, a cura dello scrittore, giornalista e musicista Joyello Triolo.
intitolata “Maurizio”. Lui era Maurizio Arcieri, funambolico cantante, musicista, artista, videomaker, innovatore, visionario. Avrebbe compiuto ottanta anni, se non ci avesse lasciati, dopo una lunga malattia, nel 2015. Il libro ne celebra le gesta, attraverso una dettagliatissima discografia, aneddoti (alcuni dei quali incredibili) e un’intervista esclusiva insieme alla compagna e moglie di sempre, Christina Moser che se ne è andata invece lo scorso ottobre.

Maurizio Arcieri ha attraversato tutto l’arco temporale della storia del rock, dagli anni Sessanta al 2010. Triolo sintetizza bene il suo profilo in poche righe: “La cosa che ricordo meglio di lui (Triolo è stato anche autore di un tributo ai Krisma, band di Arcieri e la moglie, e ha avuto stretti contatti con la coppia) è la sua rassicurante consapevolezza: conosceva alla perfezione il suo valore, sapeva di aver contribuito in maniera sostanziosa al rinnovamento della musica pop ma sembrava sempre alla ricerca di qualcosa in più, di nuovo o diverso come un bambino smanioso di esplorare la vita.
Ciò nonostante appariva umile e socievole, non si poneva mai su un piedistallo e, anzi, cercava sempre di trovare nuovi collegamenti con chiunque. A pochi minuti dall’averlo conosciuti già ti sentivi suo amico, perché sapeva aprire il suo cuore assieme al diario di ricordi riferiti alla miriade delle sue esperienze artistiche. Maurizio aveva il raro dono dell’umiltà...ha lavorato per il cinema e per la televisione, è diventato una star dei fotoromanzi, ha elaborato, progettato e costruito strumenti musicali elettronici e si è applicato anche nell’arte delle videoinstallazoni creando anche una vera e propria stazione televisiva d’avanguardia che, via satellite, proponeva immagini e suoni della società degradata degli ultimi anni del XX secolo.
Ciò nonostante è principalmente il suo percorso discografico a mettere meglio in luce la singolare caparbietà professionale che gli ha consentito di unire, con maestria e rigore, l’alto e il basso con consapevole leggerezza. Tra i musicisti con cui ha lavorato si trovano nomi eccellenti: Vangelis, Osibisa, Franco Battiato, Subsonica, Joe Vannelli, Arto Lindsay”.


Arcieri incomincia la carriera nel migliore dei modi.
E’ il 1965, l’Italia incomincia a pullulare di gruppi beat, diretta filiazione, il più delle volte al limite del plagio, di Beatles e Rolling Stones.
Qualcuno però guarda più in là, osa di più, ricerca riferimenti meno scontati.

I New Dada sono tra questi.
Maurizio è il cantante, la band suona bene, l’estetica è curata: capelli lunghi ma pettinati e ben tenuti, nuovi dandy ribelli ma sofisticati, fino ad essere altezzosi.
Maurizio è bello, biondo, affascinante, aspetto aristocratico. Dureranno poco ma infileranno una serie di piccoli successi, un album interessante in cui inseriscono brani non convenzionali ma, anzi, piuttosto ricercati, da Little Richard a James Brown ai Kinks, a cui si aggiungono buone canzoni autografe che si rifanno spesso a un potente rhythm and blues di stampo americano.
Il gruppo miete successo e attenzioni, fino ad arrivare ad aprire i concerti italiani dei Beatles nel 1965, in cui si affiancano a Peppino di Capri e Fausto Leali, tra gli altri.
Si mormora che furono proprio i genitori di due dei componenti del gruppo (tra cui quello che diventerà poi famoso con lo pseudonimo de Il Guardiano del Faro), esponenti della nobiltà milanese, a convincere l’organizzatore Leo Watcher a portare i Fab Four in Italia, in cambio della partecipazione del gruppo dei figli con tanto di contributo alle spese per gli eventi.
I concerti permisero ai New Dada di proporsi davanti a migliaia di persone e a ottenere una popolarità ancora maggiore.
Purtroppo la storia della band finì, curiosamente, dopo l’incisione di un brano dei Rolling Stones, “Lady Jane” con tanto di orchestrazione e testo cambiato (l’originale aveva una serie di sottointesi metaforici un po’ spinti).
Il singolo ha successo ma la band si divide tra ripicche e litigi.

Maurizio prosegue con una carriera solista dignitosa in cui alterna brani piuttosto commerciali e ammiccanti a scelte più coraggiose, come “24 ore spese bene con amore” che non è altro che la cover di “Spinning wheel” dei Blood Sweat and Tears e una, convincente e ben fatta, di “We’re not gonna take it” degli Who tratta da “Tommy”, intitolata “Guardami, aiutami, toccami, guariscimi”, fino a “La decisione” del 1972 in cui ammicca all’hard rock inglese del periodo.
Collabora in questi anni con future star della musica italiana come Paolo Conte e Franco Battiato, ottiene un discreto successo (anche grazie all’attività di attore di fotoromanzi, sfruttando la sua indubbia bellezza) ma il suo spirito irrequieto e la ricerca di nuovi orizzonti lo spinge a sperimentare con nuovi suoni ed esperienze.

Nel 1973 pubblica, per la prima (e unica) volta come Maurizio Arcieri, “Trasparenze”, un album concepito in quanto tale e non come raccolta di singoli di successo. E’ un lavoro anomalo in cui rifugge da elementi facili e pop, per abbracciare sonorità vicine alle nuove tendenze progessive, più complesse ed elaborate. Un album particolare, molto personale, che rimane però confinato in un oblìo immeritato e trova scarsa considerazione
. Ci sarà tempo ancora per un paio di 45 giri e per una curiosa apparizione come voce narrante italiana in una versione di “Pierino e il lupo” a cui partecipano nomi eccellenti del rock internazionale, da Phil Collins a Brian Eno.
Sposa la compagna di sempre, Christina Moser e inizia una nuova fase artistica.

Fondano i Chrisma (dalle iniziali dei rispettivi nomi), incidono due 45 giri collaborando con il futuro celeberrimo compositore Vangelis, di scarso spessore artistico, a base di pop e discomusic con cui partecipano al Festivalbar del 1976 per poi cambiare sorprendentemente e approdare a una delle esperienze più innovative della musica italiana di sempre. E’ il 1977, esplodono punk e new wave e i Chrisma sono già lì, in prima fila, con l’album “Chinese restaurant”, registrato a Londra, elettronico, ipnotico, algido, sperimentale. Il singolo “Lola”, tango decadente e conturbante, trova anche il successo di classifica.
Assurgono a scandalizzata popolarità quando Maurizio si taglia, provocatoriamente e involontariamente, un dito sul palco, finendo su tutti i giornali come simbolo del punk autodistruttivo.
Replicheranno due anni dopo con “Hibernation”, altro lavoro che si muove su coordinate simili e da cui estrarranno il singolo ”Aurora B” che avrà il privilegio, antesignani e pionieri, di avere il primo video in Italia.

“Cathode mama” dona loro un nuovo nome, Krisma e anche il singolo di maggior successo, “Many kisses”, molto pop pur se sempre declinato in sonorità elettronico/new wave che però sono diventate ormai meno innovative e già utilizzate da parecchi altri gruppi.
La band prosegue con varie altre uscite discografiche ma che raccolgono meno successo, sono spesso discontinue, subiscono anche problematiche a livello discografico, lunghe e volute assenze, sperimentazioni, avanguardia, evoluzioni verso forme primordiali di techno, l’apertura di un canale satellitare, Krisma-Tv.

Azioni il più delle volte incomprese, troppo avanti e anomale per essere commercializzate e destinate invece a un limbo e a una nicchia.
Il loro valore viene progressivamente riconosciuto, tornano in auge, collaborano con l’antico amico Franco Battiato e con i Subsonica, vengono omaggiati con tributi e cover, riappaiono in qualità di stralunati opinionisti in una trasmissione televisiva di Piero Chiambretti, proseguono a giocare e a sperimentare con web ed elettronica.
Rileggere la carriera e riascoltare la produzione discografica di Maurizio Arcieri ci rivela quanto sia ancora stimolante fresca e interessante la sua arte e quanto sia stato sottovalutato il suo apporto alla musica nostrana.
Può essere il momento per farlo.

Joyello Triolo
Maurizio Crac Edizioni
172 pagine
14 euro

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