domenica, aprile 25, 2021

Il Campionato Terezin



In occasione del 25 aprile un ricordo di ALBERTO GALLETTI collegato al tema della Liberazione.

Immortalato in una storica foto in cui mostra gli orrori di Ohrdruf, vicino a Buchenwald, nientemeno che ai comandanti in capo del Corpo di Spedizione Alleato generali D.Dwight Eisenhower, Omar Bradley e George Patton, stà un uomo in giacca e pantaloni, capelli lunghi; è un prigioniero sopravvissuto allo sterminio.

Il suo nome è Ignaz Feldmann, il motivo per cui sopravvisse è che era un calciatore, il motivo per cui si trovava a Buchenwald è che era ebreo.

Era nato nel 1901 a Vienna, al tempo tollerante capitale di un Impero che fu culla di movimenti culturali di primo piano, ma anche del calcio , gioco allora emergente, continentale.
Gioco che lo conquistò sin da bambino e che si rivelerà fondamentale nella sua vita.
Giocò nell’ Hakoah Wien la polisportiva ad esclusiva membership ebraica, con la quale vinse il campionato austriaco del 1925.
Quando nel 1938 il cerchio intorno agli ebrei si strinse, fuggi in Olanda.
Come già per Arpad Weisz, la scelta si rivelò tragica e Fieldmann fu rinchiuso nel campo profughi di Westerbork.
Quando poi Westerbork divenne un campo di smistamento per la destinazione ‘Oriente’, il calcio lo salvò una prima volta.

Ottenne lo status di prigioniero anziano, e grazie ai suoi trascorsi divenne uno dei responsabili degli incontri di calcio interni al campo, incontri ai quali i nazisti davano molta importanza al fine di mantenere agli occhi soprattutto degli osservatori esterni apparenze normali sul trattamento dei prigionieri. Scampò così la deportazione.
Che arrivò comunque non molto tempo dopo: passò prima da Terezin (Theresienstadt), quindi a destinazione: Auschwitz-Birkenau.
Come sia arrivato vivo al giorno della liberazione del campo di Ohrdruf è un miracolo.
Uno dei tanti in cui c’entra il calcio.

Ad un sottufficiale SS che gli chiese nome e generalità durante un controllo rispose; “Feldmann, fussballer”.
Il sottufficiale si ricordò di lui, era stato un giocatore dell’Austria Vienna, i due si erano incontrati varie volte nel campionato austriaco.
Grazie a lui Feldmann trascorse un mese ad Auschwitz-Birkenau.
Lavorò lì con il comando Kanada fino a quando non fu deportato a Sachenhausen.
Nel novembre 1944 finì poi a Buchenwald e, nel marzo 1945, a Orhdruf, un campo satellite di Buchenwald.

Fino alla Liberazione.

Theresienstadt, Terezin in ceco, è una città fortezza costruita da Giuseppe II d’Asburgo come parte del sistema difensivo anti-prussiano.
Si trova a circa 60km a nord.ovest di Praga.
Quando nel 1942 tutti i giovani tedeschi disponibili furono inviati al fronte russo, le industrie cominciano a rallentare, in particolare l'industria delle armi, vitale per lo sforzo bellico.
Himmler decise quindi che i prigionieri dei campi di concentramento sostituiranno questi neo-soldati e che le loro prigioni serviranno da fabbriche.
Per mantenere in vita i prigionieri il più a lungo possibile, decide di istituire un sistema di ricompense per i lavoratori.
La possibilità di fare sport è una di queste.

Così arriva il calcio nei campi di prigionia.

Giocato con mezzi appena sufficienti (porte in legno - a volte senza rete - delle dimensioni di una gabbia da pallamano, corte d'appello come un campo, una palla realizzata con ritagli di cuoio e vesciche di maiale fornite dalle guardie ...), è riservata ad un numero limitato di detenuti.
Così a Buchenwald ci sono solo dodici squadre per una popolazione totale di 80.000 persone.
Le squadre sono formate secondo i mestieri, le caserme o talvolta secondo le nazionalità.
Per la manciata di funzionari eletti, il calcio è un modo per prolungare la loro aspettativa di vita.
Per consentire loro di esibirsi bene in campo, i giocatori beneficiano di una riduzione del carico di lavoro, razioni di cibo aggiuntive e talvolta persino protezione dai loro aguzzini.

Il filosofo ceco Toman Brod, un sopravvissuto ad Auschwitz, racconta nella sua autobiografia che "il calcio è stato un enorme incoraggiamento, in quanto è stato un promemoria che [i prigionieri] non erano vittime, ma uomini.
Il suo connazionale, lo scrittore Ivan Klíma, ha parlato di "una via d'uscita prima del disastro"
.
Come Brod, Klíma passò per il campo di Terezin, dove il calcio era più sviluppato.

Grazie alla sua struttura di città-fortezza, i nazisti fecero di Terezin un campo modello, e lo usarono per scopi di propaganda.

A Terezin si giocava un campionato di calcio.

Quando nel 1943 i nazisti deportarono 450 danesi nel campo di questa piccola città, le autorità del Regno chiesero che un comitato della Croce Rossa internazionale potesse visitare le strutture al fine di garantire che i prigionieri fossero trattati adeguatamente.
Quando la Croce Rossa arrivò un anno dopo, il 23 giugno 1944, scoprì un piccolo paese in cui tutto sembrava normale.
Per dimostrarlo, le autorità del campo proiettarono al comitato il film di propaganda dal titolo ‘Il fuhrer da una città agli ebrei’, che fecero passare come documentario sul reinsediamento degli ebrei.
Nel film è immortalato un incontro di calcio in cui di fronte a 7.500 spettatori, due squadre di sette giocatori si sfidano in due tempi di trentacinque minuti.
Quello che il filmato non dice è che la destinazione da Terezin era Auschwitz-Birkenau e che la maggior parte dei giocatori e del pubblico presenti quel giorno moriranno nelle camere a gas settimane dopo.
Da molto prima della visita della Croce Rossa, i nazisti avevano organizzato a Terezin una competizione calcistica: il Campionato Terezin.

Almeno dieci squadre si sfidavano in un campionato regolare: Divisione 1, Divisione 2, Coppa, campionato giovanile e persino un precursore del gol d'oro, tutti ingredienti atti a creare una parvenza di normalità.
Con un macabro dettaglio: ogni lunedì dalle 10.00 alle 14.00 veniva organizzata una finestra di mercato settimanale per sostituire i giocatori deportati ad Auschwitz.

Le squadre portano i nomi di mestieri diversi:
giardinieri, elettricisti, macellai e cuochi, questi ultimi due hanno spesso i migliori giocatori data la loro facilità di accesso al cibo.
Più sorprendentemente, alcuni calciatori diedero ad alcune squadre il nome dal loro club preferiti.
Sparta Praga, Fortuna Colonia e persino l'Arsenal hanno parteciparono al Campionato Terezin.

Ci giocò un campione di hockey ceco, Peter Erben, che fondò una squadra la Jugendfursorge, che vinse il campionato dell’ inverno ’42.
Nella primavera del ’43 vinsero gli addetti al vestiario, i Kleiderkammer.
Accanto ai tanti scrittori, attori, musicisti e accademici, Terezin vide passare tra i suoi prigionieri alcuni famosi calciatori.
Pavel Mahrer ad esempio, centrocampista del DFC Praga.
Il più celebre fu Jiří Tesář, portiere della nazionale ceca prima della guerra, sei presenze in nazionale, partecipò ai Giochi Olimpici di Parigi del 1924.
Ricordò poi Tesář in un libro su Terezin come: “Eravamo le star di Terezin. I giovani ci vedevano come modelli di comportamento. Abbiamo dato loro speranza, abbiamo rappresentato la vita".
I giocatori apparivano sulle pagine di un piccolo giornale chiamato Rim-Rim-Rim, dattiloscritto e stampato in sei copie prima di ogni riunione calcistica.
L’ultimo torneo giocato fu la Coppa del ’44.
Poi cominciarono le partenze senza ritorno in massa.
Inizialmente previsto per 7.000 prigionieri, Terezin alla fine ne vide 157.000, di cui solo 4.136 sopravvissuti.
Pavel Breda non era uno di loro.
Morì di tifo ad Auschwitz poco dopo aver giocato un'ultima partita per la squadra Youth Aid, che appare nel film di propaganda relativo alla visita della Croce Rossa.
Non Ignaz Feldmann, che ad Auschwitz incontrò, al posto giusto, al momento giusto, un suo vecchio avversario.

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