mercoledì, aprile 28, 2021
Alan Sillitoe - Sabato sera, domenica mattina
Ennesima personale rilettura di un classico, un'eccellenza, della letteratura inglese.
Ritratto della VERA working class inglese, che dopo una settimana in fabbrica si sfonda di alcol, va a donne, tradisce, si perde in risse.
Refrattario all'autorità, ai valori borghesi, alla disciplina militare il ventiduenne Arthur Seaton cerca nuovi orizzonti, fugge a una vita già predestinata, senza supporti ideologici o obiettivi rivoluzionari.
Vuole solo essere libero.
Non ci riuscirà.
Sillitoe lo pubblica nel 1958, usando un linguaggio esplicito, reale, "operaio" e coglie nel segno, in una descrizione di un personaggio che incarna una generazione a cui non basta più la normalità di sempre, peraltro minacciata dall'incombenza del pericolo di una guerra nucleare.
Nel 1960 il regista Karel Reisz trarrà dal libro l'omonimo gioiello del Free Cinema inglese.
Le pagine finali sono esemplari, un manifesto generazionale e una molto probabile ispirazione per il Weller di "Town called Malice".
Saranno guai anche per me: dovrò lottare fino al giorno della mia morte.
Perché ci fanno fare il soldato dal momento che non facciamo altro che combattere tutta la vita?
Combattiamo con le madri, i poliziotti, l'esercito, il governo.
Se non é una cosa é un'altra, senza contare il lavoro che dobbiamo fare e il modo in cui spendiamo le paghe.
Mi aspettano guai tutti i giorni della mia vita, perché ci sono sempre stati e sempre ci saranno.
Nati ubriachi e sposati ciechi, generati per sbaglio in un mondo estraneo e pazzo, trascinati attraverso la miseria in una guerra con una maschera antigas sul testone, con le sirene che ti rintronano nelle orecchie tutte le notti mentre marcisci in un rifugio grattandoti la rogna.
A diciotto anni ti sbattono un'uniforme addosso e quando ti lasciano andare finisci a sudare sangue in una fabbrica, facendo i salti mortali per potere bere qualche birra in più, andando a letto il venerdì e il sabato con le donne che hanno il marito al turno di notte, lavorando con lo stomaco in rivolta e la schiena a pezzi solo per guadagnarti i soldi che ti permettano di tornare là ogni lunedì mattina.
Bé, la vita é bella, tutto sommato, se ce la fai, e se pensi che prima o poi il vasto mondo sentirà parlare di te.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Lettura per noi fondamentale. Ho la stessa edizione!
RispondiEliminaAmo Sillitoe e consiglio inoltre La Solitudine del Maratoneta (e film relativo) e La Figlia del Rigattiere ed altri racconti.
C
Ottimo spunto. Lo rileggerò anch'io
RispondiEliminaidem, non lo ricordavo!
RispondiEliminagrande...
Sillitoe top!
RispondiEliminaSillitoe é uno dei miei autori preferiti in assoluto. Lui stesso era un operaio e conosceva la working class. Che da noi abbiamo spesso immaginato in un'ottica fantastica, in cui l'operaio torna a casa dalla fonderia e si fionda sui libri di Marx. Sono cresciuto (e vivo) in una realtà contadina e operaia di campagna e ho sempre visto le cose un po' diverse.
RispondiElimina