giovedì, aprile 15, 2021

Beat=Punk?



Un interessante articolo uscito in tempo reale (aprile 1978) su "BEST" sulle similitudini tra punk e beat.
Lo avevo già postato sette anni fa ma lo riprendo perché interessante constatare come anche in Italia, contemporaneamente all'esplosione punk/new wave si fosse, non raramente, "sul pezzo", seppure con qualche ingenuità e approssimazione.


Negli ultimi tempi abbiamo avuto diverse occasioni di parlare con giovanissimi punkies che, a causa della loro età, ammettevano candidamente di non conoscere altri tipi di musica all’infuori di quella che i mass media ci propinano al giorno d’oggi (rockin tutte le salse, punk, cantautori, un po’ di west coast e di rock jazz).
In particolare il sottoscritto si è sentito porre più volte una domanda diventata ormai tradizionale: “Tutti parlano di certi rapporti esistenti tra il punk e il vecchio beat: secondo te queste “somiglianze” esistono veramente o sono frutto della fertile mente di qualche “addetto ai lavori”particolarmente ricco di fantasia”?
Ovviamente il quesito era posto in termini un tantino meno eleganti ma il senso era questo.

Dovendo realizzare un intero inserto sul beat inglese, abbiamo perciò ritenuto opportuno cogliere l’occasione per cercare di chiarire sia pure a grandi linee, il rapporto beat-punk, sottolineando le similitudini più clamorose esistenti tra i due generi musicali (ma sia l’uno che l’altro devono essere considerati soprattutto espressioni di un “movimento” molto più vasto e fondamentalmente extramusicale).
Cominciamo con la musica vera e propria:
chiunque conosca, sia pure superficialmente, i maggiori successi dell’era beat (63/67) avrà senz’altro notato che molti brani di gruppi punk come Ramones, Talking Heads, Jam etc non possono essere considerati del tutto originali.

I Jam in particolare devono molto agli Who: basta ascoltare i loro due LP (“In the city” e “This is a modern world”) per rendersene conto.
Eddie & the Hot Rods (che non sono punk ma che comunque fanno parte della new wave) sono andati addirittura oltre, inserendo nel loro repertorio brani dei sopraccitati Who (“Kids are alright”). Stesso discorso vale per gli americani Flamin Groovies (altra band assolutamente non punkma sempre facente parte della nuova ondata) che , soprattutto con il loro LP più recente “Shake some action”, dimostrano di dovere moltissimo al “caro vecchio beat”, alternando vecchi hit dell’epoca (“Misery” ad esempio) a composizioni originali ma chiaramente legate ai classici dei Beatles e degli altri gruppi di Manchester, Liverpool etc.

Tralasciando ora l’aspetto strettamente musicale, non si può fare a meno di notare come, a distanza di oltre dieci anni, ricomincino a spuntare un po’ ovunque nuovi gruppi formati da giovani di belle speranze (anche se non preparatissimi dal punto di vista tecnico); il punk rock , così come a suo tempo il beat, raccoglie numerosi proseliti tra le migliaia di “strumentisti in erba” che , chiusi nella propria cameretta, alternano lo studio delle materie scolastiche a lunghe “strimpellate” generalmente poco gradite ai vicini di casa.
In ogni città, addirittura in ogni quartiere, agiscono ormai almeno due o tre gruppi formati da adolescenti forniti di chitarre elettriche e batterie da pochi soldi ma, nel contempo, dotati di entusiasmo autentico, ragazzini che vogliono suonare la propria musica, sfogarsi, scaricare la tensione che, in una società come la nostra, si può accumulare anche all’età di 14/15anni, pur non avendo “sulle spalle” il peso di una famiglia da mantenere o il pensiero del’affitto da pagare.

Né più né meno come succedeva 10/12 anni fa, solo che allora i giovani BEAT portavano, come segno distintivo, capelli lunghi e stivaletti mentre oggi i “punkies” ostentano capigliature”normali” (?) e scarpe da tennis.
Ma torniamo al profilo tecnico del…problema:
gran parte dei gruppi punk presenta la tipica formazione beat: chitarra, basso e batteria. La chitarra ritmica è stata finalmente rivalutata (molte bands infatti sono tornate alle due chitarre, una solista e una d’accompagnamento), sono persino tornate di moda le Rickenbacker (marca di chitarre e bassi particolarmente cara ai primi Beatles e ai Byrds) e l’elenco potrebbe continuare.
Si dirà che, in fondo, si tratta di sfumature ma secondo noi non è così ricordiamoci che per costruire un grande palazzo occorrono tanti piccoli mattoni.

Mauro Eusebi
BEST aprile 1978

2 commenti:

  1. Rickenbacker sempre una garanzia in effetti: difficilmente si trovano appese al collo di "non iniziati".
    discorso valevole specialmente per le chitarre, mentre i bassi Rick sono un po' più ubiquitari.

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