Un doveroso omaggio a RICK BUCKLER, batterista dei Jam, scomparso qualche giorno fa.
Una carriera da “loser”, partita con l’incredibile fiammata dei JAM, durata lo spazio di cinque anni, da “In the city” del 1977 a “The gift” del 1982 e finita sostanzialmente subito, con una caduta (che poteva probabilmente essere evitata) nell’oblìo e in avventure artistiche mai significative.
Non è mai stato un batterista particolarmente esuberante ma d’altronde nemmeno Weller e Foxton eccellevano nel loro strumento, comunque sempre funzionali al carattere delle canzoni.
Buckler è riuscito solo parzialmente ad adattarsi alla maggiore complessità ritmica che aveva acquisito nel corso degli anni la scrittura di Weller anche se ascoltando la discografia dei Jam è evidente la sua crescita, dai tempi essenziali dei primi due album alla raffinatezza richiesta in “Sound affects” e “The gift”.
Ma Weller non è più contento di come sta andando la band, soprattutto di come la sua svolta artistica verso soul e funk non trovi due musicisti all’altezza (ritiene Paul).
Non sono il miglior batterista del mondo, ma ho preso spunto da Ringo Starr. Lui si è reso conto che la star è la canzone, giusto? Non altro.
Non è qualcuno che cerca di essere il miglior batterista del mondo, o il miglior bassista del mondo, o il miglior chitarrista del mondo, e Paul non è certamente il miglior chitarrista del mondo, nonostante tutte le sue capacità di autore di canzoni.
Nessuno di noi era un musicista eccezionale sotto molti aspetti, ma penso che stessimo cercando di essere il più creativi possibile, in modo da lavorare bene insieme come band.
I Jam avevano fatto un passo avanti e si erano evoluti in ogni modo possibile, musicalmente e nella scrittura delle canzoni e abbiamo provato un sacco di cose diverse. Abbiamo portato dentro la sezione fiati. Eravamo probabilmente una delle band più flessibili al mondo all'epoca, per essere in grado di passare a diverse aree e stili. Io e Bruce come sezione ritmica, abbiamo contribuito molto al sound della band.
Purtroppo la storia finisce malamente, Weller se ne va per fondare gli Style Council, Bruce e Rick fanno causa a lui e al padre manager John Weller per diritti non pagati.
Penso che molto di ciò avesse a che fare con il modo in cui la band era gestita, perché c'erano molte domande sul perché John e Paul avevano tutti questi soldi, e io e Bruce non ne avevamo molti. C'era questa cosa da cittadini di prima e seconda classe che stava accadendo all'interno della nostra stessa band. Stavamo iniziando a farci delle domande.
La dichiarazione è suscettibile di contraddittorio, considerando che Weller è sempre stato l’esclusivo autore di tutti i successi e del 95% del repertorio dei Jam, conseguentemente economicamente ben più retribuito dei due compagni.
C’era uno slancio che si è accumulato durante l'evoluzione della band e il modo in cui abbiamo lavorato e così via, che una volta che si è rotto, non penso che si possa mai più ricucire insieme. Se la band dovesse mai riunirsi e fare qualcosa, cosa che non vedo possa accadere mai, sarebbe semplicemente tornare su vecchi terreni. Ed è un vero peccato che quella connessione, quel tipo di spinta, sia stata letteralmente abbandonata, il che è stato un vero peccato. È stato quasi un atto di vandalismo musicale dividere la band a quel tempo.
La carriera successiva allo scioglimento dei Jam è piuttosto oscura.
Sorprende, considerando che un musicista così conosciuto non abbia saputo trovare posto in contesti più prestigiosi.
Bruce Foxton cercò una (infelice) carriera solista ma poi si accasò per 15 anni con gli Stiff Little Fingers e poi nei Casbah Club di Simon Townshend, fratello di Pete.
L’esperienza con i TIME UK produce tra il 1983 e il 1985 tre singoli, non particolarmente interessanti, con un pop rock piuttosto anonimo.
Sciolta la band tornò a fianco di Bruce Foxton (e Jimmy Edwards) con gli SHARP con cui realizzò il 45 giri “Entertain me” / “So say Hurrah”, anche in questo caso scialbo e dimenticabile.
Compare saltuariamente in altri lavori, come “Fourth wall” album accreditato a lui, Brian Viner, Noel Jones, con gli Highliners, band tra rock e psychobilly (con cui andrà in tour nel 1990), produce “Tell 'Em We're Surfin” dei Family Cat per poi abbandonare la carriera musicale per una quindicina di anni.
Tornerà prima con i The Gift, cover band dei Jam a cui segue l’avventura con i From The Jam, di nuovo a fianco di Bruce Foxton, altra tribute band ai Jam (criticata aspramente da Weller) e un breve periodo . Lascia polemicamente il gruppo qualche anno dopo, volendo incominciare a comporre brani originali, contro il volere dei restanti componenti, risoluti a proseguire il loro status di tributo.
Svolge il lavoro da manager per oscuri artisti come Sarah Jane e Brompton Six, pubblica l’autobiografia “That's Entertainment: My Life in the Jam” e lo ritroviamo spesso in talk e incontri nelle serate mod.
“Quando Paul disse che avrebbe lasciato la band, io e Bruce sentivamo che c'era ancora molto da fare. Forse un altro paio d'anni o un altro paio di album. C'erano ancora cose che potevamo realizzare. Non so cosa provasse Paul quando lo fece. Penso che segretamente sappia di aver fatto un errore."
Le dichiarazioni di Rick Buckler sono tratte da queste interviste:
https://thestrangebrew.co.uk/interviews/rick-buckler-the-jam-1982/
https://writewyattuk.com/2018/02/15/getting-by-in-time-back-in-touch-with-rick-buckler/
giovedì, febbraio 20, 2025
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