venerdì, marzo 06, 2015
The Stranglers
Tra le migliori band espresse dall'onda new wave punk, sempre orgogliosamente contro e fuori da ogni catalogazione, passati attraverso cambiamenti, crisi, lunghi periodi di stasi creativa e da qualche anno tornati a fare ottimi dischi: THE STRANGLERS.
Un viaggio personale e come sempre opinabile nella loro lunga e interessante discografia.
Altre discografie analizzate album per album sono qua:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Heroes
Rattus Norvegicus - 1977 - 9
In mezzo all’esplosione punk gli Stranglers vengono spinti a forza nel nuovo calderone a cui si avvicinano solo per attitudine e presenza scenica. La musica è in realtà un affascinantissimo mix di energia, echi 60’s, blues, reggae caratterizzato subito da un inimitabile tratto distintivo, con l’inconfondibile roboante basso di JJ Burnell e le tastiere di Dave Greenfield a fianco della voce sprezzante di Hugh Cornwell e della puntuale batteria di Jet Black.
Un album pieno di piccoli classici come l’ipnotica “Peaches”, le tiratissime “London lady” e “Hangin around”, il blues di “Princess of the street”, addirittura una mini opera conclusiva con quattro brani uniti come la bellissima “Down in the sewer” con accenni addirittura prog.
No more heroes - 1977 - 8
Cinque mesi dopo il fulminante esordio replicano con un nuovo lavoro di eccellente caratura che ripercorre esattamente i passi del precedente (vedi “Dead ringer” che sembra una cover di “Peaches”) ma con un’altra serie di brani di eccelsa qualità, dalla title track a “Something better change” che con "Bitching" e"Peasant in the Big Shitty" era destinata a “Rattus norvegicus”. Gl ingredienti sono gli stessi, manca la sorpresa dell’impatto del primo album ma il risultato è ugualmente di prima classe.
Black and white - 1978 - 7
Live (X cert) - 1979 - 6.5
Un semi concept che prova ad uscire dalla prima fase più “punk” a favore di influenze più new wave, elettroniche e sperimentali, pur conservando le matrici conosciute.
L’album si avvale di alcuni grandi brani (“Nice and sleazy” e “Toiler on the sea” su tutte, senza dimenticare la Doorsiana “Walk on by” di Burt Bacharach portato al successo da Dionne Warwick) ma l’impressione è che i riff tendano a ripetersi e le atmosfere siano in generale prevedibili e risapute.
Non si placano intanto le polemiche sui testi misogini e machisti della band e su un approccio che li porta talvolta ad essere definiti “fascisti” ma di cui la band ha sempre fatto “tesoro” in funzione provocatoria.
Esce di lì a poco “Live (Xcert)” a simbolica chiusura del periodo “punk”. Tanta energia e evidenza della capacità tecnica della band (soprattutto rispetto ai loro contemporanei della “scena”).
The raven - 1980 - 7
Un album complesso che rivela una definitiva acquisita personalità, un sound sempre più progressivo e inclassificabile dove la vena punk è solo una componente attitudinale più che sonora. C’è molta elettronica, tanta sperimentazione, brani ricchi di inventiva e di estro, compositivamente originalissimi e immediatamente riconoscibili.
In buona parte dei brani vengono affrontate tematiche ostiche (dall’eroina al nucleare, dal suicidio alla genetica). Un brano come “Don’t bring Harry” è un inquietante e avvolgente omaggio ad una sorta di moderna versione dei Velvet Underground, “Sha sha a go go” riporta ai violenti esordi ma tutto l’album si attesta su livelli ottimi.
(The gospel according to) The meninblack - 1981 - 6.5
La band evolve ancora coraggiosamente il proprio sound con un nuovo concept, dalle tematiche sempre oscure e inquietanti, al pari della musica, sempre più elaborata, contaminata e dalle marcate influenze elettroniche e sperimentali.
Talvolta l’album si adagia eccessivamente su brani funzionali al concept ma non eccessivamente significativi pur rimanendo sempre interessante e significativo, soprattutto in funzione dell’evoluzione costante della band che cambia in continuazione. Venderà poco, Cornwell lo considera il loro miglior album ma hanno fatto di meglio.
La Folie - 1981 - 6.5
Feline - 1982 - 7.5
Aural Sculpture - 6.5
Dopo aver sperimentato, affinato gli obiettivi, cercato e percorso con coraggio e audacia nuove strade, pagando spesso uno scotto pesante da un punto di vista commerciale la band incomincia a guardare ad una dimensione più pop.
Non perde verve e creatività ma le atmosfere diventano più fruibili e meno ostiche, a partire da “La Folie” che contiene la grandissima hit “Golden Brown” brano che arriverà al secondo posto delle charts inglesi pur con una struttura ritmica complessa e gli evidenti riferimenti del testo all’eroina. L’album è buono ma palesa alcune incertezze.
Che NON ritroviamo nel successivo capolavoro di oscura e inquietante raffinatezza di “Feline” dove l’anima Loureediana della band si mette al servizio di un sound avvolgente, pieno di uso sapiente e mai troppo invadente dell’elettronica.
Atmosfere decadenti/romantiche, omaggi al tango, sapori europei, gusto come sempre noir tra raffinatezza e oscura eleganza.
Sulle stesse coordinate ma più fruibili sono invece le canzoni del buon “Aural sculpture”, meno tenebroso, più solare e leggero, a tratti ripetitivo ma che conferma la buona salute del nuovo corso della band.
Dreamtime 1986 - 5.5
10 - 1990 - 4
La vena creativa, l’inventiva che avevano finora caratterizzato la band si inaridiscono e si spengono su sonorità risapute e solo raramente stimolanti. Anche a livello compositivo i motivi di interesse sono sempre più limitati (vedi tra i pochi episodi “Nice in nice” o “Always the sun” in “Dreamtime”).
“10” segna l’abbandono del leader storico Hugh Cornwell che sente di non aver più nulla da dire con la band e che intraprende una discreta carriera solista.
In effetti “10” è un album quasi disastroso, confuso, con sezioni fiati inopportune, riprese di brani 60’s come “96 tears” assolutamente fuori luogo.
In the Night - 1992 - 5
About time - 1995 - 4
Written in red - 1997 - 4.5
Coup de grace - 1998- 5
Ricostruito il gruppo con Paul Roberts e Steve Ellis, il primo album del nuovo corso torna a suoni più asciutti e meno arrangiati e pomposi con canzoni più dirette e rock ma assolutamente impersonali. Allo stesso modo di “About time” che potrebbe appartenere a qualsiasi altro gruppo e che degli Stranglers non conserva nulla.
Non cambia la solfa in “Written in red”, discreto album rock senza anima (tanto quanto la versione elettro rock di “Summer in the city” dei Lovin Spoonful).
In “Coup de grace” c’è un maldestro tentativo di ritorno alle atmosfere soft noir di “Feline” ma il risultato è ancora una volta deludente.
Norfolk Coast - 2004 - 7
Suite XVI - 2006 - 6.5
Giants - 2009 - 6.5
Un lungo periodo di lontananza dallo studio di registrazione, l’arrivo del nuovo chitarrista Baz Warne che sostituisce Ellis, segna un ritorno al sound caratteristico della band con il roboante basso di JJ Burnell in primo piano e le tastiere di Dave Greenfield di nuovo protagoniste. I brani ritrovano energia, verve e ispirazione e i tre album sono tranquillamente i migliori episodi del post Hugh Cornwell.
“Norfolk Coast”, “Suite XVI” e “Giants” hanno buone canzoni, ispirazione e un sound chiaramente debitore agli esordi ma che riesce ad essere attuale e ancora fresco.
Degli Stranglers sono uscite decine di compilation e parecchi album live tra cui è necessario ricordare THE STRANGLERS and FRIENDS - Live in concert del 1995 che documenta un concerto del 1980 a supporto di Hugh Cornwell in carcere per droga a cui partecipano Robert Fripp, Robert Smith, Hazel O Connor, Phil McDaniels, Jake Burns, Steve Hillage dei Gong, Wilko Johnson, Ian Dury). L’album non brilla in qualità ma è sicuramente un documento molto curioso e interessante.
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Meravigliosi i primi anni e poi da metà anni 80 un lento incartarsi su se stessi. Gli Stranglers comunque hanno semonato qua e la delle vere e proprie gemme tipo No More Heros oppure Always the Sun.
RispondiEliminaCharlie
Gli ultimi tre album sono di nuovo davvero belli, da ascoltare. Alto livello. E pare che dal vivo rendano ancora tantissimo.
RispondiEliminaIl batterista Jet Black ha 77 anni !!!
Più giovani gli altri : Dave Greenfiled tastierista 66, JJ Burnell 63, Baz Warne 51
Il gruppo che per definizione o si ama o si odia.
RispondiEliminaLa prima nel mio caso.
Concordo con voi sulla discesa fine 80 e 90 ma i primi sono fondamentali.
Concordo sulle pagelle (e se Pibio e' all'ascolto ci puo parlare di FELINE..ehe) ma non conosco gli ultimi consigliati album. Provvederò.
Autentici badboys del rock&roll,politically scorrect al 100% (buttate un occhio alle bio..ce n'e' di che per ognuno di loro..ehm)
No More Heroes stupenda copertina.Video sempre azzeccati.
Playlist casuale pescando tra le gemme nascoste:
Goodbye Tolouse/Walk on By/Bring on the Nubiles (!!!)/ la stupenda Straighten Out (b side di Soething Better Change)/ Do you wanna?/Yukio/Go Buddy Go/The Raven (un capolavoro!)/Duchess/Paradise/Tits....................
The day is sticky yellow
The night was so untight
The cows go moo moo moo.
Is everything alright?
C
Gli ultimi li avevo trascurati, avevo ascoltato e apprezzato solo Norfolk Coast ma meritano davvero !
RispondiEliminaFeline!!
RispondiEliminaquella volta compii blasfemia buttando via un disco (l'unica volta che l'ho fatto, mi ci accanii pure sul vinilone...)
Mah....
Pibio proper Casula!
RispondiEliminaC
beh, grandissimi i video degli Stranglers su Raitre alla domenica circa alle 7 di sera negli anni 80 (c'erano anche Mink De Ville e Charlie Daniels Band dal vivo,..e Debbie 'Blondie'),...quando avevo circa 14 anni un tagazzo mi prestò (in cambio di 2 miei,..tipo Ruts e Red Rockers) l'lp di JJ Burnel(europen cometh??=quello blu) e 'the album' degli Eater per registrarli su 'musicassetta',...well, tempi eroici,oserei dire,...quando per ascoltare certi dischi dovevi 'barattare'
RispondiEliminaeuroman cometh:)
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