martedì, luglio 01, 2014

Stevie Wonder



Una carrellata su uno dei più grand autori ed interpreti della musica moderna: STEVIE WONDER.

The jazz soul of Little Stevie - 1962 - 6.5
Tribute to Uncle Ray - 1962 - 5.5
Recorded live: the 12 year old genius - 1963 - 5.5
With a song in my heart - 1963 - 5.5
At the beach - 1964 - 6

Il primo è l’esordio del dodicenne Stevie alle prese con una big band in cui suona percussioni, batteria, armonica e tastiere, tra jazz, boogalooo e swing. Tutto strumentale, giusto una gradevole curiosità.
Stesso anno e un tributo a Ray Charles addirittura che non regge il confronto nonostante l’impegno e il coraggio.
Nel 1963 è la volta di un live che esalta le qualità di multistrumentista di Stevie (impressionante sentirlo parlare con la vocina da bambino). Poco da annotare.
“With a song in my heart” è un zuccherosissimo contenitore di melassa suddiviso in 10 canzoni lente ed orchestrate in cui Stevie (primo album senza Little Stevie) conferma la grandezza delle sue doti vocali.
“At the beach” è un mix di canzoni orchestrali, canzoni da spiaggia, sicuramente gradevole ma ancora senza alcuna personalità.

Up-Tight - 1966 - 8
Down to earth - 1966 - 6.5
I was made to love her - 1967 - 6.5
Someday at Christmas - 1967 - 5.5
Eivets rednow - 1968 - 5.5

Dopo un periodo di pausa e una redifinizione del suo ruolo con finalmente l’acquisita libertà di poter meglio disporre della propria musica, i risultati non si fanno attendere.
“Up-tight” è uno stupendo album soul in cui Wonder compone quattro brani su nove, coverizza Dylan in una riuscita “Blowin in the wind” e piazza alcune gemme di ineguagliabile bellezza com “Love a go go”, la title track, “Nothing’s too good for my baby” (sorta di reprise di “Uptight”), “Ain’t that asking for trouble”.
Nella classica “Teach me tonight” duetta con Levi Stubbs dei Four Tops.
La backing band è niente meno che quella dei Funk Borothers.
Solo sei mesi dopo torna con il nuovo “Down to earth”, che percorre la falsa riga del precedente lavoro tra spediti brani soul, cover scelte con cura come “Bang bang” di Sonny and Cher, ancora Dylan con una bellissima “Mr. Tambourine man” e la classica work song “16 tons” di Merle Travis ma senza raggiungere le vette di “Up tight”.
Impermeabile a qualsiasi suggestione della neo nata onda psichedelica (nonostante il sitar elettrico nella title track) il 1967 regala l’ottimo “I was made to love her”, pieno di riuscite cover (pur se scontate) cover di classici soul (da “My girl” dei Temptations a “Respect” di Aretha Franklin, , “Can Get a witness” di Marvin Gaye, “Please please please” di James Brown. Divertente ma mero esercizio di stile.
“Someday at Christmas” è un buon album di Natale anche se, nonostante brilli la sua voce, non se ne sente sinceramente la mancanza. Solo per completisti o per il 25 dicembre.
“Eivets rednow” è un album strumentale inciso con lo pseudonimo del titolo, tra brani mielosi e super orchestrati, eleganti, raffinati, con l’intervento compositvo in un paio di Burt Bacharach, alcuni buoni episodi in chiave jazz blues, una discreta cover di “Grazing in the gras” di Hugh Masekela, ma alla fine assolutamente superfluo.

For once in my life - 1968 - 7.5
My cherie Amour - 1969 - 6.5
Signed, sealed & delivered - 1979 - 7

“For once in my life” è un gioiello discografico in cui si intravedono le basi per gli imminenti capolavori. Orchestrazioni raffinatissime, azzeccate hits come la proto funk “Shoo be doo be doo da day”, una delle migliori cover di sempre del classico “Sunny” di Bobby Hebb, la bellissima ballata soul “I don’t know why” (ripresa poi dagli Stones) e, per la prima volta, un’unitarietà artistica che conferisce al lavoro la dignità di album compiuto e non una raccolta di singoli con qualche riempitivo. Più manieristico “My cherie amour”, dove spicca la title track, il grande funk gospel di “Somebody knows, somebody cares” e una discreta cover di “Light my fire” ma semvra adagiarsi troppo su sonorità estremamente easy.
In “Signed...” Stevie per la prima volta produce due suoi brani, ne compone sette su dodici, il sound abbandona la melassa del precedente lavoro, assume contorni più ruvidi, colora di tonalità mai ascoltate l’innarrivabile “We can work it out” e rilegge il classico di Bob Diddley e W.Dixon “Yo can’t judge a book by its cover”.

Where I’m coming from - 1971 - 6.5
Music of my mind - 1972 - 7

Finalmente libero da obblighi contrattuali che lo costringevano a patti con produttori e discografia Stevie incomincia un percorso artistico del tutto personale che lo porterà agli imminenti capolavori. I testi si spostano su tematiche sociali, sul razzismo, guerra, povertà. La musica sperimenta nuove direzioni e nuove sonorità (sempre con i grandi Funk Brothers come backing band) ma “Where I’m coming from” è ancora una bozza di quello che sta per arrivare.
Che prende maggior forma nel successivo “Music of my mind” dove Stevie SUONA TUTTI GLI STRUMENTI, compone, arrangia, produce tutto. E’ al QUATTORDICESIMO album e ha 21 ANNI !!! L’album alterna vette incredibili (il gospel soul funk di “Keep on running”, il funk futurista che apre il lavoro, “Love having you around”, la ballata “Superwoman”) a momenti più prevedibili e meno a fuoco.

Talking book - 1972 - 10
Capolavoro assoluto.
Dieci brani in cui Wonder spazia liberamente nello scibile della black music introducendo sintetizzatori ed elettronica in modo assolutamente compatibile e sostenibile.
Brani come “Superstition”, “You are the sunshine of my life”, “Big brother”, “You’ve got it bad girl” sono gioielli di inestimabile valore, destinati a diventare classici della musica pop moderna.
Stevie suona tutto e di tutto ma si avvale anche di una serie di collaboratori di prima grandezza, i testi sono sempre più incisivi e socialmente impegnati pur no ndisdegnano canzoni d’amore e tematiche più leggere.
Uno dei primi album di BLACK MUSIC ad arrivare ad un pubblico rock e pop.
Arriverà anche al 16° posto delle classifiche italiane.

Innervisions - 1973 - 9
Un altro capolavoro, più articolato del precedente, con elementi fusion (vedi l’iniziale “Too high”), brani ultra funk (“Higher ground”, in cui suona TUTTO solo lui) e di una bellezza e raffinatezza inavvicinabili (“Golden lady”).
I testi si addentrano di nuovo nei problemi della società, droga, politica (la conclusiva “He's Misstra know it all” è un attacco al vetriolo a Nixon), razzismo.
L’album è un nuovo successo. Tre giorni l’uscita Wonder sarà vittima di un terribile incidente stradale da cui uscirà parecchio malconcio e lo costringerà ad un lungo pweriodo di stop.

Fulfillingness' First Finale - 1974 - 7
Un album più riflessivo e di maniera rispetto ai due capolavori precedenti ma ugualmente di altissima qualità con l’introduzione di elementi caraibici (il brasil sound in “Bird of beauty”, le inflessioni reggae nel synth funk “Boogie on reggae woman”), un gusto lounge pop e molto easy che pervade gran parte dell’album che culmina con il potentissimo gusto funk di “You haven’t done nothin” che riprende il groove di “Superstition”.

Songs In The Key Of Life - 1976 - 9.5
Il capolavoro per antonomasia di Wonder e tra gli album più influenti dei 70’s. Stevie esplora, in un doppio album di 17 brani (più un EP di quattro), le più svariate forme musicali, mischiando pop, soul, funk, jazz, fusion, ritmi latini, suonando di ogni, aiutato da eccellenze come Herbie Hancock, George Benson, Millie Ripperton e i lsempre fedele Mike Sembello alla chitarra e da un totale di 130 musicisti !!!
“Songs...” è un enorme successo anche se risente di un’eccessiva lunghezza e autoindulgenza, pur nella sua incredibile statura creativa. Brani come “Isn’t she lovely”, “I wish”, “Sir Duke” sono classici assoluti della musica pop.

Journey through the secret life of plants - 1979 - 6.5
Una colonna sonora per un film mai uscito in cui Stevie si dedica a numerosi episodi strumentali, brani contemplativi, il lungo disco funk di “Race babbling”, ampio uso di synth, registrazione digitale, qualche buon momento pop ma tutto sommato un lavoro trascurabile.

Hotter than july - 1980 - 7
Il ritorno alla formula classica coincide con un ottimo album in cui si risentono torridi riff funk, il classicissimo reggae “Master blaster(Jammin)”, ispirato dall’incontro con Bob Marley, ottime ballate, la conclusiva disco funk “Happy birthday” dedicata a Martin Luther King, pop soul raffinatissimo, elegante, cool (“All I do”).

The woman in red (soundtrack) - 1984 - 5
In square circle - 1985 - 6
Characters - 1987 - 5
Jungle fever - 1991 - 5
Conversation peace - 1995 - 5.5

A time to love - 2005 - 6.5

Colonna sonora dell’omonimo film, il primo album è una raccolta mielosa di canzoncine di facilissimo ascolto e scarso contenuto, iper prodotte e con suoni synth pop 80’s.
La classe non manca ma non basta. Migliore “In square circle” che si avvale del Motown pop di “Part time lover” e qualche buono spunto ma è tutto molto intasato di manierismo e sorprendente scontatezza per chi ha lasciato una lista di capolavori pochi anni prima.
Non si risolleva nè con “Characters” tra i soliti suoni sintetici, un detto trascurabile con Michael Jackson in ”Get it” e ballate sdolcinate poco ispirate nè con la colonna sonora di “Jungle fever” (film di Spike Lee) a base dei soliti ingredienti.
Leggermente migliore il clima che si respira in “Conversation peace” e sicuramente dignitoso l’ultimo album che ha lasciato, quasi dieci anni fa, “A time love” dove ritrova tonalità funk, soul, abbandona l’eccesso di elettronica degli ultimi anni e ci regala un lavoro molto godibile, al passo con i tempi ma che non disdegna un solido legame con il passato.

6 commenti:

  1. L'ho ascoltato "religiosamente" fino a "Songs in the key of life"...... avevo tutti i suoi album su vinile,inclusi i primi LP quando era un teenager.. ha creato un suo genere che non e'soul o funk o pop... semplicemente "The Genius of"

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  2. WONDERful Wonder..uno dei miei SoulBros top5 da sempre.

    farei qualche ritocchino ai voti (tipo Fulfillingness merita un punto in più cosi come invertirei il massimo dei voti tra Talking Book e Innervision..e Songs in the Key)
    Innvervision ha due dei pezzi piu riusciti e significativi di Stevie "Highr Ground" e soprattutto "Living for the City".
    Da Music of my Mind citerei senza dubbio la struggente (e graffiante) Superwoman dal testo piuttosto efficace.
    Da Where I'm coming from da NON perdere assolutamente il soul Psichedelico di Do Yourself a Favour (coverizzata anche dagli OCS degli esordi). Magnifica.

    Se interessa una ottima antologia del primo periodo (fino a Where I'm ..) consiglierei "Looking Back" triplo vinile che meriterebbe l'acquisto anche solo per la foto interna di Wonder divisa in tre parti..

    http://www.steviewonder.org.uk/discography/albums/anthology/anthology.html


    Live Forever Stevie

    C

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  3. SWonder ha coverizzato molto ed e' stato coverizzato altrettanto..la lista sarebbe lunga lunga.
    Voglio solo ricordare una chicca di Mod sound mid80s coi TRUTH del grande Dennis Greaves che rifaceva live ben due pezzi dallo splendido Up-Tight..Love a GoGo e Nothing's too good for my Baby.. sono rare ma esistono su singoli ep.
    C

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  4. Denni Greaves visto sabato scorso con i Nine Below Zero in provincia di Piacenza. Molt deludente. Bravissimi, tecnicamente perfetti ma algidi come un concerto di Eric Clapton...

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  5. ah..sapevo della data..peccato..in altre occasioni mi era/no sembrato/i belli caldi carichi e simpatici
    Business as usual? peccato pero..
    C

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  6. In realtà proprio bravi, bel repertorio, por osanno anche sudato tanto ma sembrava un sound del tutto asettico, blues che più bianco non si può. Me li ricordavo ben diversi

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