martedì, aprile 05, 2022

Ucraina/Russia, ieri e oggi


L'amico SOULFUL JULES, abituale frequentatore, per motivi di lavoro, dell'ex Urss, ci introduce nel clima di alcune zone, tristemente famose in questi giorni.
Ci aiuta a capire e ad approfondire, al di fuori di divisioni ideologiche, polarizzazioni, supposizioni.


Le precedenti puntate qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-ucraina-febbraio.html

e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-parte-1.html

e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-ucraina-maggio-2014.html

e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-febbraio-2022.html

26 Febbraio 2022

Ansia, incertezza, preoccupazione.
Dal 2005 la mia attività commerciale con Russia e Ucraina genera benessere per la mia famiglia e definisce una parte importante della mia vita.
Ora è possibile che mi trovi senza lavoro.

Due settimane fa l’obiettivo era la crescita del fatturato perché non si può restare immobili nelle vendite.
È una dinamica tanto perversa quanto naturale, come nel fitness.
Se ti limiti a fare gli stessi esercizi nel solito ordine e con uguale intensità per un periodo prolungato, il tuo corpo si abitua e smette di rispondere alle sollecitazioni e agli sforzi.
La stessa cosa accade nel commercio.
Non puoi fare quattro viaggi all’anno e visitare le solite aziende.
Devi aumentare l’impegno, l’attenzione negli incontri e la costanza nella ricerca di nuovi clienti, è fondamentale sviluppare nuovi progetti perché la concorrenza non rimane ferma, qualche azienda chiude o smette di comprare e così la pressione non cala e non deve mai calare.
Oggi mi accontenterei di avere un mercato e un fatturato.

L’Unione Europea approva il primo pacchetto di sanzioni soft, il rublo tutto sommato regge.
L’Italia chiude i cieli agli aerei russi e Mosca replica le restrizioni per i voli europei. 
Cancellato il diretto Venezia-Mosca.

Telegram mostra corpi martoriati, esplosioni, i primi palazzi residenziali bombardati nelle città, la popolazione civile rintanata nella metro o in cantina.
Se va bene.
Gli stessi video e immagini vengono condivisi dai canali filo-Kiev e filo-Mosca per raccontare realtà opposte.
I russi avanzano spediti, sono vicini alla presa di Kiev.
Gli ucraini resistono e infliggono gravi perdite al nemico.
Il terzo giorno scende in campo la diplomazia, la Germania è tra i primi paesi ad inviare sostegno materiale all’Ucraina.
Berlino approva la fornitura di razzi anti-carro e missili terra-aria.
Quando si parla di solidarietà gli Usa non sono secondi a nessuno e stanziano subito mezzo miliardo di dollari in armamenti.
Difensivi.
L’Italia non si presenta a mani vuote, certo non può eguagliare la generosità di Germania e Usa e punta sull’effetto sorpresa secretando la lista del materiale bellico che invia a Kiev. E’ il pensiero che conta.
L’UE si muove all’interno del progetto denominato European Peace Facility, 6 miliardi di euro stanziati per l’acquisto di armamenti fino al 2027. 

Il presidente ucraino Zelenskij rifiuta l’offerta di evacuazione da parte degli USA: “Non mi serve un passaggio, ho bisogno di munizioni”.

Dall’altra parte Putin tende la mano e invita l’esercito ucraino a mollare il branco di drogati nazisti che li governa.
Li chiama narkomàni, tossicodipendenti.
È un riferimento alle presunte dipendenze da parte di Zelenskij e del suo entourage.
Nella sensibilità di molti popoli slavi essere tossici è molto peggio che esser nazisti.
In Russia il consumo di stupefacenti è severamente censurato da parte della legge e dell’opinione pubblica.
Annegare la coscienza nell’alcol invece è accettato, incoraggiato in determinate situazioni.
 

Molte volte mi sono ritrovato a cene “di lavoro” dove i commensali erano arrivati al ristorante in taxi per spaccarsi di alcol senza troppi pensieri. 
Protagonista indiscusso di questi ritrovi è il bicchierino da vodka, che in russo ha un nome specifico, stopka.
Ne esiste anche una versione più elegante, col gambo sottile, che si chiama rjumka.
Il consumo di alcol è una cosa seria e richiede strumenti adeguati.
Seccano un bicchierino dopo l’altro a intervalli regolari con un gesto unico, senza esitazioni.
La stopka rientra nel galateo della tavola.
Il contenuto, vodka o cognac, viene gestito parallelamente agli altri alcolici da pasto come vino o birra e serve a scandire il ritmo nel corso della cena.
Esiste un frasario ad hoc per introdurre ogni bevuta.
Si parte col primo cicchetto appena arrivati, per fare un brindisi
. Dopo il primo viene il secondo, tutti sorridono.
Al terzo bicchierino di solito ci si alza in piedi per una dedica o un augurio ai commensali. 
Ogni casa solida deve avere quattro angoli e quattro pareti…
E via così fino a quando non si perde il conto.
Sulla tavola sono disposte crudité come pomodori, cetrioli ed erbette già tagliate e pronte da ingollare subito dopo il vodkino, per tenere a bada l’acidità.
Non si beve per eccitarsi o per smussare gli angoli.
È raro quel tipo di bevuta, i bicchierini si svuotano uno dopo l’altro per spegnere l’interruttore generale.

A proposito di interruttori, domenica pomeriggio il presidente russo dichiara in mondovisione di aver messo in stato di massima allerta le forze nucleari.
Nelle stesse ore vengono disconnesse dal sistema di pagamenti SWIFT alcune banche russe tra cui l’istituto centrale di credito.
Il rublo subisce un crollo del 35%.
Non ne ho azzeccata una:
la guerra va avanti, UE e USA chiudono lo spazio aereo, introducono sanzioni e congelano asset finanziari della Russia che ci rimette pure l’accesso allo Swift per un certo numero di banche. 
L’Ucraina sta peggio.

Ritrovo un po’ di leggerezza nella lettura di Open, l’autobiografia di Andre Agassi.
La vita del tennista di Las Vegas è segnata da un alternarsi impressionante di trionfi e sconfitte a livello tricologico, umano e sportivo.
Toccato il fondo in più occasioni, trova sempre la forza di rialzarsi, ritorna ai fondamentali e gioca palla su palla.
Questo posso fare. 
Una cosa alla volta.
Inutile pensare, progettare, gestire.
Palla su palla.

Lunedì lavoro da casa, ho una video-call con il cliente di Helsinki, Seppo.
Ha la mia età e suona il basso, ascolta blues e rock per cui abbiamo un buon rapporto.
Discutiamo per 45 minuti di curve, sfumature di nickel nero, antracite e della nuova asta per scrittoio.
A metà mattina mi telefona Vitalij, responsabile tecnico di un grosso produttore di cucine nella regione di Saratov, sul Volga, 850 km a sud est di Mosca. 
È uno pragmatico, va dritto al sodo, usa un tono formale:
Senti, in considerazione di quello che sta succedendo, qual è la vostra posizione riguardo alle consegne verso la federazione Russa?

Molte aziende stanno tagliando i ponti con Mosca, Vitalij deve garantire la continuità delle spedizioni da parte dei fornitori in un momento in cui la domanda crescerà.
Data l’instabilità del rublo, la gente corre a fare acquisti per non ritrovarsi con denaro che non vale niente.
Se ti mancano componenti essenziali, non riesci ad assemblare le tue cucine, ritardi le consegne e perdi vendite.
Mentre milioni di persone sono prese dall’ansia di acquistare qualcosa, qualsiasi cosa che possa ridurre l’impatto della svalutazione sui propri risparmi, mentre altri milioni di persone stanno perdendo tutto, io sto comodo davanti al laptop in sala da pranzo, la mia ombra proiettata dal sole sulla parete ricoperta dai poster di cantanti afro-americani.
Ho confidenza con Vitalij, che è di origine ucraina, posso parlare tranquillamente.

Guarda Vitja… in Russia rappresento gli interessi di un’azienda che lavora con altre aziende.
In queste imprese lavorano persone e io da quasi venti anni collaboro con uomini e donne che conosco personalmente.
Io continuo a lavorare con queste persone e l’azienda collabora con queste imprese.
In nessun modo io collego te, Aleksej, Lena, i tuoi collaboratori e la proprietà della tua azienda con quello che succede adesso in Ucraina.


Vitalij abita nel cuore della Russia europea, a metà strada tra San Pietroburgo e gli Urali, le montagne che definiscono il confine con la parte asiatica del paese.
In Russia una città come Saratov, con un milione di abitanti, viene chiamata gòrod-millionièr ma rimane di fatto una realtà provinciale rispetto a Mosca o San Pietroburgo.
Vitja ha un ruolo importante in un’azienda prestigiosa eppure guadagna 600 euro al mese, pochini anche in Russia.
E’ uno che ha voglia di conoscere il mondo, vive per i viaggi di lavoro e per le visite alle fiere internazionali, dove viene trattato da star in virtù del suo potere decisionale.
I fornitori stranieri fanno i salti mortali perché provi una cerniera o monti una nuova maniglia.
Viaggiare, confrontarsi, fare esperienze, per lui come per me sono aspetti che definiscono un’esistenza.
Ora questi benefit sono in discussione perché il vento sta cambiando, le forniture potrebbero essere sospese o interrotte ma c’è anche il rischio di essere rifiutato e disprezzato come persona, in quanto cittadino russo.

Grazie, Giulio. Grazie da parte di tutti.

In pochi giorni la Russia si è ritrovata isolata dall’occidente come raramente è accaduto nell’ultimo secolo.
Le sanzioni non colpiscono soltanto politici e oligarchi, la censura blocca i media filo-governativi ma soffoca anche la cultura e l’arte, l’anima di un popolo.
Il primo a farne le spese nel nostro paese è Fedor Mikhajlovich Dostoevskij.
L’Università Bicocca di Milano sospende un corso di scrittura incentrato sulle sue opere per “evitare polemiche”.
E’ un fatto minore, ma significativo dell’aria che si respira, per il quieto vivere vengono silenziate parole e idee che sono spunto di riflessione.

Dostoevskij, come Agassi, ha avuto una vita segnata da alti e bassi, cadute e risalite.
Nasce a Mosca nel 1821 da una famiglia benestante, la sua giovinezza è segnata dalla morte precoce della madre e dall’educazione severa di un padre autoritario, un ubriacone violento che viene ucciso dai suoi stessi contadini.
Il trauma per la morte del padre intensifica gli attacchi di epilessia, malattia che lo accompagna per tutta la vita e che ogni tanto sfocia in vere e proprie allucinazioni mistiche.
Pubblica nel 1846 il primo romanzo di successo, Povera Gente ma i libri seguenti sono un flop.
Nel 1849 viene arrestato con l’accusa di cospirazione per aver partecipato ad un paio di riunioni di sovversivi.
Condannato alla fucilazione in piazza, viene graziato pochi istanti prima dell’esecuzione e finisce ai lavori forzati in Siberia, dove per quattro anni è costretto a mansioni pesanti circondato dai peggiori individui.

Graziato per buona condotta nel 1854, Dostoevskij ritorna in libertà e inizia a scrivere alcuni dei suoi romanzi più famosi come Memorie Dalla Casa Dei Morti e Delitto e Castigo.
Purtroppo il povero Fjodor è consumato dal tarlo del gioco d’azzardo e si mangia i suoi guadagni e tutta la dote della moglie nei casinò tedeschi.
Ciononostante non demorde, continua a lavorare e a pubblicare romanzi di successo che gli permettono di saldare i debiti contratti negli anni e riesce infine a liberarsi della ludopatia.
Quando muore nel 1881 è una celebrità internazionale, a San Pietroburgo gli vengono tributate esequie solenni.

Dostoevskij, come tutti i grandi artisti il cui valore intellettuale rimane immutato nel corso dei secoli, è una figura contradditoria, la sua opera è segnata da fasi alterne e contrapposte, passa dal populismo degli esordi a posizioni conservatrici di stampo nazionalista e ortodosso, viene accusato di anti-semitismo.
E’ animato da un altissimo spirito religioso ma si perde nelle miserie dei reietti.
Nello scrittore questi aspetti contrastanti convivono e si alimentano, producono arte che è rilevante ancora oggi per milioni di persone e che aiuta a comprendere meglio luci ed ombre della nostra esistenza e dei rapporti con gli altri.
Non sono un fan di Dostoevskij, ho letto buona parte dei suoi romanzi all’università ma è troppo dark e claustrofobico per la mia sensibilità.
Devo però riconoscere che sarei infinitamente più povero se non avessi avuto la possibilità di studiarlo e di discuterne con le docenti e i compagni di corso.

Uno che vive bene senza Dosteoevskij è Aleksandr, cliente e amico di Odessa.
A casa ha una libreria che ricopre un’intera parete con gli scaffali pieni di trattati di storia e di teorie complottiste.
“A cosa serve leggere romanzi quando la mia vita è più interessante?”
Ci sentiamo regolarmente, negli ultimi giorni il suo entusiasmo è un po’ calato, non c’è stato il blitz che si aspettava.
I primi effetti della guerra si fanno sentire, i prezzi degli alimentari sono raddoppiati e nei negozi inizia a scarseggiare la roba.
Ha ospitato le figlie e le nipotine a casa sua per qualche giorno, dormivano in palestra nel seminterrato, più sicuro in caso di esplosioni.
Dopo i primi giorni la novità del campeggio a casa del nonno si è sgonfiata e le bambine hanno iniziato a dare segni di angoscia, l’atmosfera si è ulteriormente guastata.
Per sicurezza Aleksandr ha deciso di mandare due figlie in Moldavia, a Kishinau che dista circa duecento km da Odessa, un’altra l’ha spedita in Repubblica Ceca.
I mariti non le hanno seguite visto che sono in età da mobilitazione e non possono lasciare il paese.
Aleksandr è un tipo sereno e molto generoso, in maniera disinteressata, cerca sempre di aiutare tutti.
Quando è iniziata la pandemia mi ha chiesto se avessi bisogno di soldi.
Ultimamente, con il peggiorare della situazione si è un po’ inacidito, appena appena.
Quando lo sento fa l’uccello del malaugurio.
Eh ma adesso per voi sarà un problema, come fate col diesel sopra i 2 euro?
Come fate senza gas e senza materie prime?
Se finiamo sotto la Russia ci abbassano subito le bollette, ho parlato con uno di San Pietroburgo, paga pochissimo di spese condominiali.


Sasha comunque non si perde d’animo, il negozio di Odessa e quello di L’vov rimangono aperti.
Non ci sono molti clienti ma si continua a lavorare, pagamento in contanti, meglio se in euro o in dollari.
C’è ancora chi decide di ordinare una cucina, un armadio su misura o un letto con la testiera intarsiata e c’è chi si attiva per consegnare questi ordini.

Anche se vicino a casa cascano le bombe, la gente si muove, compra, taglia, assembla, vende.

Non mi sorprende più di tanto, sono persone abituate a situazioni estreme: rivolte, presidenti della repubblica rovesciati dalla piazza, attività antiterroristiche e operazioni militari speciali.
Fanno impressione le immagini delle casse di armi che vengono scaricate dai camion a Kiev e distribuite alla popolazione civile ma bisogna tenere presente che in Ucraina dal 1991 ogni dieci anni hanno avuto una crisi o una rivolta.
O entrambe.
Sparare non è come puntare un sensore laser contro uno schermo o far saltare le lattine al luna park.
Serve allenamento, è un compito duro, poco piacevole e molto rumoroso.

Chelyabinsk Marzo 2010
Chelyabinsk è un gorod-millionier ai piedi degli Urali, fa parte della Russia asiatica.
Come molte città che si sono sviluppate a livello industriale e demografico sotto l’Unione Sovietica, fa abbastanza schifo. Si salvano l’area pedonale e gli edifici adiacenti costruiti prima della rivoluzione, riconoscibili perché non superano i tre piani.
In queste metropoli spesso manca il concetto di “centro”, un’area ad alta intensità residenziale e commerciale attorno alla quale si sviluppa il resto del territorio urbano.
Le città sono state costruite a blocchi nel corso dei decenni, interi quartieri di casermoni intersecati da strade perpendicolari.
La periferia è una distesa di palazzi uniformi, all’orizzonte svettano le ciminiere delle centrali di energia termica che ricordano la Springfield dei Simpsons.

Oltre queste ciminiere si aprono vaste distese di campi attraversati da un minibus che percorre una strada provinciale verso il nulla.
A bordo troviamo un’allegra comitiva composta da un italiano, un portoghese, un austriaco, due ragazzi russi e una signora di nome Tatjana con il figlio dodicenne Artjom, che parla un ottimo inglese.
Sembra l’incipit di una barzelletta e in parte lo è.
Siamo a Chelyabinsk da un paio di giorni, ieri abbiamo tenuto con i colleghi stranieri dei seminari molto partecipati.
Al termine delle presentazioni, per ringraziarci, Tatjana ha annunciato una sorpresa per l’indomani.
L’ha chiamata proprio “sjurprìs”, con gli occhi luccicanti nell’anticipazione della giornata che avremmo trascorso all’aperto.
Dopo un breve tragitto in mezzo a prati ancora innevati, raggiungiamo una grava di sassi.
Scendiamo dal van avvolti nei nostri giacconi invernali, il nostro arrivo è celebrato da tonfi sordi.

Ecco la sorpresa:
una bella scampagnata al poligono clandestino.

Ad attenderci troviamo due uomini e un bambino che ha l’età di Artjom.
Il direttore delle operazioni è un certo Jurij, indossa la divisa.
È un ufficiale della polizia locale e ha organizzato un programma di tutto rispetto.
Si parte con una pistola automatica, segue un fucile semiautomatico, saliamo di intensità con il kalashnikov e per concludere il fucile di precisione. Decine di bottiglie di vetro e barattoli come bersagli.
Giusto il tempo di sgranchirci le gambe che il figlio di Tatjana prende in mano il semiautomatico, guarda incuriosito dentro la canna, come nei cartoni di Tom e Jerry.
Nessuno sembra farci caso, sono tutti eccitati.
Jurij è il maestro di cerimonia, ci tiene a fare bella figura con gli stranieri ed è convinto di parlare bene l’inglese di cui conosce a malapena i numeri.
Così le istruzioni per utilizzare un'arma da fuoco sono sostanzialmente "one, two, three, tak, four, tak tak".
Tutti, inclusi i bambini, iniziano a sparare con la pistola.
Un adulto si posiziona dietro ai ragazzini quando fanno fuoco, per assorbire il rinculo dell’arma.
Per il figlio di Tatjana è la prima volta con armi vere.
Esplosi i suoi colpi, gli adulti lo circondano e gli stringono la mano per congratularsi.
Dopo aver sprecato almeno dieci cartucce, colpisco finalmente 2 bottiglie.
Nessuno mi stringe la mano.

Con il semiautomatico e con il Kalashnikov AK 47 le cose non vanno meglio, finalmente arriva il mio turno con il fucile di precisione.
Pesa un sacco e quando premi il grilletto devi stare attento al contraccolpo del mirino sull’orbita oculare.
Ne ho le palle piene di questa giornata, non riesco neanche a capire a cosa devo sparare, porto gli occhiali e fa freddo.
Dopo un po' di esitazione ci rinuncio, abbasso l’arma.
Sghignazzano tutti rumorosamente, anche i bambini e Tatjana.
Al termine della cerimonia, Jurij fa raccogliere ai ragazzini tutti i bossoli esplosi, li mette dentro le cartuccere perché ne risponde personalmente e fa salire alcuni di noi sulla sua jeep, altri seguono nel minivan.
Andiamo a casa di un tizio che era sposato con la sorella di Jurij, adesso si sono separati ma tanto basta al poliziotto per comportarsi come fosse a casa sua.
Dà istruzioni per il pranzo, fa preparare la sauna e dispone avidamente dei venti litri di birra acquistati per l'occasione.

Jurij è un po’ come te lo immagini:
alto e panzone, sulla cinquantina, capelli sale e pepe e baffi appena accennati.
E’ arguto e con un senso dello humour contagioso, gli piace essere al centro dell’attenzione.
La sauna si trasforma in uno show personale sulle sue avventure.

Presto i venti litri di birra diventano quindici.
A quel punto Jurij ci racconta che ogni anno gode di una vacanza all’estero pagata dalla polizia.
Quando non va a Sharm el-Sheikh con la famiglia, si rilassa a Santo Domingo.
Non dice cosa fa a Sharm con la famiglia ma a Santo Domingo compra sassi di bamba per cinquanta dollari e se la spassa tutta la settimana in giro per i bar a sfidare sconosciuti in competizioni alcoliche che, neanche a dirlo, vince sempre.
Arrivati a dieci litri di birra inizia ad insultare l'ex cognato, che ha abbandonato sua sorella.
Quando rimangono cinque litri di birra Jurij dà apertamente del nazista al ragazzo austriaco e lo accusa di guardare i bambini in modo strano.
Insulta Artjom perché parla bene l'inglese e ne ha anche per me, lo indispettisco perché parlo in russo.
Ogni tanto indica il mio petto irsuto e mugugna "Uh! Uh! Makàk!"

6 commenti:

  1. Questi racconti, decisamente formativi, permettono di comprendere alcuni aspetti della terribile situazione attuale in maniera molto più efficace delle becerate da talk show che ci tocca, spesso, sentire.
    Thanks for sharing

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  2. Resoconto meraviglioso, letto tutto d'un fiato! Assolutamente da replicare...perchè mi immagino che di storie da raccontare tu ne abbia parecchie!!

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    1. eh sì... effettivamente il materiale e gli spunti non mancano... nella parte in alto Antonio ha messo i link delle puntate precedenti. grazie!

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    2. Sono partito talmente forte con la lettura...da essermi perso i link!!! Grazie e di nuovo complimenti!

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  3. grazie ancora Giulio, i tuoi racconti sono veramente interessanti e coinvolgenti. mi dispiace tanto però per il tuo lavoro :-(

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  4. grazie a te Michele. facendo gli scongiuri ad oggi riesco ancora a lavorare :-)

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