martedì, marzo 15, 2022
Racconti dall'ex Urss - Ucraina - Maggio 2014
Foto: Kiev, Piazza Maidan 2014
L'amico SOULFUL JULES, abituale frequentatore, per motivi di lavoro, dell'ex Urss, ci introduce nel clima di alcune zone, tristemente famose in questi giorni.
Ci aiuta a capire e ad approfondire, al di fuori di divisioni ideologiche, polarizzazioni, supposizioni.
Le precedenti puntate qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-ucraina-febbraio.html
e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-parte-1.html
MAGGIO 2014 Lunedì 26 maggio, ora di pranzo.
Atterro a Borispoli, l’aeroporto principale di Kiev.
Domani inizia KIFF, la più grande fiera del mobile in Ucraina.
La manifestazione del design e dell'arredamento è normalmente fissata per i primi di marzo.
Quest'anno è stata posticipata all'ultimo momento per motivi di sicurezza, causa l'escalation di violenza culminata a febbraio nel corso delle manifestazioni di protesta di Piazza Indipendenza.
In ucraino Maidan Nezalezhnosti, semplificato in Maidan.
Uscito dall' aeroporto, un signore corpulento mi chiede con fare gentile se ho bisogno di un taxi.
Normalmente devi sgomitare per levarti i tassisti di torno, oggi è tutto tranquillo.
Gli chiedo quanto vuole, mi risponde 270 grivnie (circa 16 euro), lo stesso prezzo dello scorso anno.
La cosa mi sorprende visto che la moneta locale si è deprezzata di oltre il 30% rispetto ad euro e dollaro negli ultimi 5 mesi.
Questo è il primo viaggio in Ucraina dalla fine del 2013.
Saliamo in macchina e inizio a fare un po’ di domande.
Voglio capire cos’è successo a febbraio.
Sono rimasto sconcertato dalla violenza e dai morti, dalla caduta del governo e dalla fuga del presidente filo-russo Janukovich.
Chiedo se sta lavorando molto in questo periodo.
Mi dice che adesso va meglio rispetto a febbraio/marzo, anche se è tutto più caro.
Il prezzo della benzina è salito del 50% ma le tariffe dei taxi sono rimaste invariate altrimenti non li userebbe nessuno.
Parliamo delle elezioni presidenziali che si sono tenute nel week-end.
Aspettano ancora i dati ufficiali ma pare proprio che sia confermata l’elezione del miliardario Petro Poroshenko.
Re dei cioccolatini e delle telecomunicazioni, è una figura che dà fiducia in virtù del fatto che, essendo ricco di suo, non entra in politica per rubare.
E’ il 2014, in Italia la favola dell’imprenditore che scende in politica per amore del suo paese è durata quasi vent’anni e ormai non incanta più nessuno.
Il presidente del consiglio adesso è il rottamatore che ha sostituito a febbraio il suo collega di partito col tweet #stai sereno.
Il tassista si chiama Andrij.
È un omone buono, occhi di colore azzurro limpido.
Parla russo ma è di etnia ucraina.
A casa conversano in ucraino ma al lavoro e con i clienti si esprime in russo.
Disprezza i russi, li ritiene cafoni e arroganti.
Mi racconta che a febbraio ha preso parte alle proteste di Maidan.
Ha voglia di chiacchierare, mi confida che il figlio dodicenne in quei giorni piangeva e gli si avvinghiava alle gambe per non farlo uscire di casa.
Lui gli aveva spiegato le sue motivazioni, la voglia di contribuire a creare un futuro migliore in un paese più moderno e meno corrotto, aveva aiutato i manifestanti ad organizzare le barricate in piazza.
Continuo con l’interrogatorio
“Cosa pensi degli americani?”
“Sono brave persone”
“Cosa pensi di Pravyj Sektor?” “Pravyj Sektor è poca cosa.
Han fatto un po’ di casino ma quando hanno sparato sulla folla, loro in piazza non c’erano.
Sono stati pagati da Putin per screditare le proteste”.
Pravyj Sektor (Settore Destro) è l'organizzazione nazionalista ucraina di estrema destra che ha avuto il ruolo di avanguardia armata durante le manifestazioni.
Al suo interno hooligans, ragazzotti addestrati in campi paramilitari e mercenari.
In Italia hanno legami stretti con Casa Pound e in Russia è una delle organizzazioni politiche più nominate dai media nella prima metà del 2014.
In tutta onestà, non si può ridurre l’Euro Maidan ad un gruppetto di violenti neo-fascisti.
Le proteste sono cominciate a fine novembre 2013 quando il governo a maggioranza filo-russa, presieduto dal premier Mykola Azarov, ha deciso di sospendere le trattative per la creazione di una zona di libero scambio tra Ucraina e Unione Europea.
I negoziati vengono avviati nel marzo 2012.
Il trattato permetterebbe all’Ucraina di commercializzare materie prime e manufatti con l’Europa e consentirebbe ai suoi cittadini di muoversi con minori restrizioni all’interno dell’UE e senza obbligo di visto.
I paesi occidentali potrebbero contare su manodopera e materie prime a costo ridotto e godrebbero di un ulteriore mercato in cui distribuire prodotti e servizi.
Una delle condizioni imposte dall’Europa all’Ucraina è di darsi una sistemata in termini di democrazia e stato di diritto ché va bene tutto ma liberarsi degli oppositori politici sbattendoli in carcere fa un po’ soviet.
Il riferimento neanche troppo velato riguarda Julija Timoschenko, che nel corso degli anni ha siglato contratti miliardari per la fornitura del gas al suo paese e per il transito dalla Russia all' UE.
Nel 2011 viene incarcerata per malversazione di fondi pubblici.
Yanukovich, presidente filo-russo eletto nel 2010, è fortemente attratto dalle lusinghe del mercato unico europeo ma è già vincolato da accordi commerciali pre-esistenti.
Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia, Azerbaijan, Tajikistan, Kirgizistan e Moldavia fanno già parte di un’unione doganale denominata C.S.I. al cui interno merci e persone godono di libero movimento.
Yanukovich è un po’ come il marito farfallone con la moglie opprimente e possessiva che pensa di farsi una storia con un’altra donna più fresca e invitante.
E che gli promette un sacco di soldi.
Soltanto che la moglie non è d’accordo.
La Russia non apprezza il flirt di Yanukovich e per fargli capire cosa significa far parte di una famiglia, ad agosto 2013 decide di modificare le regole doganali per le merci provenienti da Kiev bloccando alla frontiera le importazioni dirette verso Mosca.
In quel momento circa la metà della popolazione ucraina è favorevole all’accordo commerciale con l’UE.
Il vento cambia verso fine anno quando al ministero per le politiche industriali di Kiev fanno due conti e si rendono conto che il flirt con l’Europa è costato il 10% delle esportazioni verso la C.S.I su base annua e il 5% della produzione industriale nazionale nello stesso periodo.
Come non bastasse, il FMI pone condizioni severe per sganciare la prima tranche di un prestito da 17 miliardi di dollari esigendo corposi tagli nel bilancio e l’innalzamento delle tariffe delle bollette del gas.
Il fidanzamento con l’Europa comporta anche qualche sacrificio e Yanukovich, che vorrebbe ricandidarsi alle presidenziali del 2015, non è propenso al suicidio politico.
Il consenso verso l’accordo di libero scambio con l’UE si raffredda.
Il governo ucraino non è più tanto convinto di andare avanti e il 21 Novembre 2013 decide di sospendere le trattative fino a quando il calo nei commerci coi paesi del C.S.I. non verrà compensato dagli scambi con l’Unione Europea.
Sono un po’ confuso, prendiamoci una pausa.
Ti chiamo io.
Nel frattempo Putin cerca di indorare la pillola e offre un forte sconto sul prezzo del gas se Yanukovich mette la testa a posto e torna a casa.
Quando il governo ucraino sospende le trattative con l’UE, scoppia la protesta a Kiev in Piazza Indipendenza.
I giovani e gli abitanti delle regioni centro-occidentali sono i principali sostenitori dell’Euro Maidan mentre gli over 50 e gli abitanti delle regioni orientali – ricche di materie prime, industrializzate e a maggioranza russofona - sono contrari e preferiscono mantenere l’unione doganale col C.S.I.
Viktor Federovich Yanukovich è un politico di lungo corso.
Nasce nel 1950 a Donetsk, perde i genitori molto presto e dopo una giovinezza travagliata, che lo vede in carcere per reati comuni, decide di cambiare strada e trova lavoro come elettricista.
Viktor è ambizioso, consegue una laurea in ingegneria meccanica e inizia a lavorare a livello manageriale nei trasporti.
Alla fine degli anni ‘90 viene nominato governatore della regione di Donetsk, posizione che costituisce il suo trampolino di lancio per il ruolo di primo ministro sotto la presidenza di Leonid Kuchma dal 2002 al 2004.
Prova a candidarsi alle presidenziali del 2005 ma viene accusato di brogli elettorali e perde contro il filo-europeista Viktor Juschenko che rimane presidente in carica fino al 2010, anno in cui Yanukovich la spunta alle elezioni sull’avversaria Julija Timoschenko.
Per quanto abbia beneficiato di un restyling di immagine da parte di consulenti americani nel corso della campagna presidenziale, Yanukovich rimane pur sempre un politico di stampo sovietico che governa e decide con pugno di ferro.
Il 30 novembre 2013 cerca di reprimere la rivolta con un intervento violento delle forze dell’ordine.
Violenza che non placa gli animi ma ottiene l’effetto opposto visto che a dicembre scendono in piazza anche gli studenti, che si uniscono a centinaia di migliaia di dimostranti. Altre manifestazioni filo-europee prendono piede nelle regioni occidentali.
Gli ucraini non sono abbandonati al loro destino.
Il senatore repubblicano John McCain, veterano di guerra finanziato dalla lobby delle armi NRA, arriva a Kiev il 15 dicembre e parla dal palco della piazza:
“Siamo qua per supportare la vostra giusta causa, il diritto sovrano dell’Ucraina di determinare il proprio destino in modo libero e indipendente. E il destino che voi cercate è in Europa”
Qualche giorno prima Victoria Nuland, vice-segretario di stato americano per i rapporti con Europa ed Eurasia, è in piazza a sostenere i manifestanti e a condannare le violenze della polizia.
Le contestazioni calano di intensità durante le festività di fine anno ma non accennano a spegnersi, Yanukovich prova a chiudere la questione a modo suo e il 16 gennaio fa approvare dal governo una serie di leggi anti-protesta che hanno come conseguenza il riaccendersi delle rivolte.
Il presidente ucraino si vede così costretto a trattare con la piazza che ormai da fine novembre ne chiede le dimissioni e che non accetta soluzioni alternative.
A Sochi, in Russia, si stanno concludendo le olimpiadi invernali quando tra il 18 e il 20 febbraio la situazione a Kiev precipita.
Più di cento persone muoiono a seguito di colpi di arma da fuoco nel corso di scontri tra manifestanti e polizia, la maggior parte nella giornata del 20 febbraio in Piazza Indipendenza e nelle vie adiacenti.
Le vittime sono quasi esclusivamente uomini, di età media sulla trentina, suddivisi tra manifestanti pacifici, membri delle forze dell’ordine e manifestanti poco pacifici provenienti dalla galassia delle organizzazioni più o meno radicali del nazionalismo ucraino, in buona parte originari dalle regioni centro-occidentali del paese (1)
Per quanto riguarda la sparatoria di Maidan esistono due versioni contrapposte.
Quella ufficiale vuole che ad aprire il fuoco, martedì 18 e giovedì 20 febbraio, siano state le forze speciali BERKUT vicine all'ex presidente Yanukovich.
La versione alternativa parla di cecchini provenienti da Polonia, Scandinavia, paesi baltici e Georgia che avrebbero sparato sia sulla folla che sulle forze dell’ordine.
Un atto deliberatamente organizzato per far crescere la tensione, addossare le responsabilità della strage al presidente e costringerlo alle dimissioni come effettivamente avviene pochi giorni dopo.
Ci sono testimonianze e prove a sostegno di entrambe le versioni.
Decine di ricostruzioni fatte sulla base di singoli filmati in cui un’inquadratura, un’angolazione, un elemento secondario come un casco, un indumento o un’arma, vengono utilizzati per sostenere tesi particolarmente articolate e diametralmente opposte tra di loro.
Mille tinte e mille sfumature che contrastano l’una con l’altra per poi confondersi impercettibilmente.
Intanto, la diplomazia USA non rimane a guardare.
Nel dicembre del 2013, quasi tre mesi prima della caduta di Yanukovich, tre settimane dopo le prime proteste di piazza, viene intercettata una telefonata tra il portavoce del Dipartimento di Stato USA Victoria Nuland e l’ambasciatore americano a Kiev Geoffrey Pyatt.
Tutti i giornali riportano quel “Fuck the EU!” esploso da Nuland ma ne trascurano il contesto.
Nel corso della conversazione, confermata come autentica anche dalle parti in causa (2), Nuland sostanzialmente impone Arsenij Yatsenjuk - chiamato affettuosamente “Yats” - come primo ministro del governo ucraino che succederà a quello in carica.
Pyatt vorrebbe riservare un ruolo di rilievo all’interno del governo all’ex pugile Vitalij Klitshko ma cede ai desideri dell’ex collaboratrice di Cheney.
Al momento del mio atterraggio a Kiev il 26 maggio 2014, Yats ricopre la carica di primo ministro ormai da qualche mese, Klitsch è stato appena eletto sindaco della capitale.
Mentre Andrij mi porta all’hotel Bol’shevik, nell’est del paese sta partendo quella che le autorità chiamano “operazione anti-terrorista" contro i separatisti di Donetsk e Lugansk per mano dell'esercito ucraino.
A fine gennaio manifestanti pro-Maidan hanno occupato edifici pubblici in alcune regioni occidentali richiedendo le dimissioni dei governatori locali, accusati di essere collusi con la politica filo-russa del presidente.
Ad aprile ribelli filo-russi hanno preso il controllo del palazzo governativo di Donetsk e dichiarato la nascita della Repubblica Popolare di Donetsk.
Il governo ucraino non ci sta.
Dopo aver subito la sottrazione della penisola di Crimea a marzo, risponde all’iniziativa dei separatisti con un vero e proprio intervento militare.
Piovono bombe sull'aeroporto nuovo di zecca inaugurato appena due anni prima in occasione degli europei e dagli elicotteri volano razzi su alcune zone della città.
Donetsk conta circa un milione di abitanti ed è la quarta città del paese per popolazione residente.
Il 27 maggio vado in fiera.
L’esposizione è strutturata su 3 padiglioni, un salone intero è dedicato al mobile italiano, una hall più piccola presenta i produttori locali e dell’est europa mentre noi esponiamo nella sala dedicata agli accessori che è sempre molto visitata.
C’è un’atmosfera più informale rispetto alla fiera di Milano o di Colonia.
La gente gira per i corridoi in pantaloncini o in sandali, l’unico che gocciola in giacca e cravatta sono io.
Incontro un cliente.
Si chiama Kirill e lavora con la moglie Viktoria per un'azienda che ha la sede centrale a Kharkov, vicino al confine russo.
Gestiscono la filiale di Kiev che cura le regioni centrali.
Kirill ha circa 35 anni, capelli castani e lisci, barbetta rada, carnagione olivastra e addome prominente.
Viktoria è la classica bellezza slava.
Bionda con gli occhi azzurri striati di verde, ha la pelle chiara e le guance spruzzate di lentiggini.
Indossa un completo bianco, la giacca aperta su una scollatura vistosa.
E’ la classica coppia per cui, da uomo, ti chiedi come faccia una tipa così a stare con un tipo così…
Amano l’Italia, visitano il nostro paese appena possibile per mangiare bene e fare shopping.
Mi dicono che Poroshenko è stato sì eletto ma che a causa dei disordini nelle regioni orientali, in alcuni casi veri e propri scenari di guerriglia, cinque milioni di persone non hanno potuto votare, circa il 18% degli aventi diritto.
Kirill non è filo-russo.
Non parla ucraino ma si sente tale e vorrebbe vivere in un paese libero da ingerenze straniere.
“Russi, americani, europei… lasciateci in pace”
Parliamo di lavoro, data la grande incertezza, il mercato non sta andando molto bene.
Poco dopo passa Niko, il titolare di un’azienda di Donetsk.
Niko è di origine armena, è alto e secco ed ha la carnagione scura, parla in russo con un forte accento.
Senza tradire particolari emozioni, mi racconta che il venerdì precedente stava uscendo in macchina dalla città per venire in fiera ed è stato fermato dalla polizia ad un posto di blocco.
Non facevano passare nessuno perché nei paraggi si sparava e si bombardava.
Non ha minimamente pensato a tornare indietro, ha imboccato strade secondarie in mezzo ai campi finché non ha aggirato la zona di guerra per poi imboccare la strada.
“Ma in città com’è la situazione?”
Risponde come se stesse parlando dei nuovi modelli di cucine
“Mah, c’è un po’ di tutto… qua si lavora, là si spara e due strade più in là le mamme passeggiano con i bambini”.
L'indomani arriva il titolare dell'azienda di Kharkov, Leonid, accompagnato dalla moglie Lina.
Leonid ha circa 55 anni, è grande e grosso, ha il cranio rasato e scintillante.
Ha il senso degli affari tipico di molti ebrei, ha iniziato a commercializzare scarpe dopo il crollo dell’Urss, poi alla fine degli anni ’90 si è messo a vendere ferramenta per mobili.
Ama la musica, a casa ha un impianto stereo da 100.000 euro.
Mentre a Kiev la gente manifestava per strada, a novembre ho passato una serata in estasi sul suo divano circondato da due casse Burmeister.
Ha grande simpatia per me e mi parla sempre di Eric Clapton.
La moglie, Lina, è una bella donna sulla cinquantina, con la pelle lucida e levigata.
Forse si scambiano le creme idratanti.
Veste in giallo e verde pastello, fa un po’ di fatica a muoversi sul tacco 16 con plateau.
Alla sera andiamo a cena in cinque.
Kirill e Viktoria, Leonid e Lina più il sottoscritto.
Arriviamo al ristorante Bol’shevik e ci accomodiamo.
La sala è molto ampia e arredata con cura, in fondo alla stanza, separate da una parete di vetro, ci sono delle cisterne metalliche per la fermentazione della birra, un impianto Made in Germany inaugurato da poco.
Parliamo in russo tra di noi.
Si discute di lavoro, la fiera sta andando inaspettatamente bene. La gente ha una disperata voglia di normalità, preferisce concentrarsi sul lavoro che pensare alla guerra.
Che si fa sentire.
Hanno già alzato l'età dei riservisti da 45 a 55 anni.
Il padre pensionato di Viktoria - la moglie di Kirill - è stato richiamato nell’esercito e sta facendo le visite mediche.
E’ possibile che finisca a combattere nel Donbass contro i separatisti filo-russi.
Leonid è ottimista.
Dice che Poroshenko, da bravo businessman, si metterà sicuramente d’accordo con Putin.
Lina non trattiene il suo odio per il presidente russo: ha rovinato l’Ucraina e si è pure fregato la Crimea.
Uno sconosciuto seduto dietro di noi assieme alla sua famiglia si presenta e le stringe la mano.
Condivide in pieno quello che dice.
L’astio di Lina non è soltanto legato a questioni patriottiche o territoriali.
Crimea, Donetsk e Lugansk sono zone ricche, il fatto che siano sparite improvvisamente dal network di vendita si fa sentire sui bilanci.
Le chiedo se 6 mesi fa odiasse così profondamente la Russia e Putin.
Sorride e risponde che no, non ci pensava nemmeno.
Domando se secondo loro la lingua più parlata in Ucraina sia il russo o l'ucraino.
Solo Lina sostiene che sia l'ucraino, benché lei parli in un russo molto pulito, senza ghe aspirata, che è un tratto distintivo dell’ucraino, un po’ come la c aspirata dei fiorentini.
Aggiunge che la lingua ucraina è sempre stata considerata meno prestigiosa rispetto al russo, indice di appartenenza ai ceti più bassi e quindi utilizzata con una certa vergogna al di fuori dei contesti familiari.
Ci salutiamo e andiamo a dormire.
La serata è tiepida, il cielo limpido e ancora chiaro.
Il 29 maggio passa nello stand un cliente di Odessa, Sasha, un personaggio particolare.
55 anni ben portati, non beve e non fuma, crede a tutte le teorie complottiste.
Per lui è sempre colpa degli americani.
Abita in una casa di 400 metri quadri, nel salotto è appeso un ritratto di Stalin un po' abbellito, la mano destra non denota menomazioni.
Ha un regalo per me: un libro in cui si teorizza che il russo è la madre di tutte le lingue.
Secondo lui io mi chiamo Jurij...
Sasha vuole raccontarmi un po' di cose e la sera mi invita a cena.
In macchina gli chiedo se possiamo passare per Maidan.
Cede dopo qualche insistenza.
Parcheggiamo poco fuori dalla piazza.
E’ più piccola rispetto a come me la immaginavo.
Maidan è circondata ancora dalle barricate.
Copertoni d'auto, cumuli di sanpietrini, barriere metalliche.
Ci sono carcasse di blindati ed auto bruciate.
Tende ed accampamenti.
Accanto ad uno degli ingressi sono affisse le fotografie dei morti di febbraio.
Molti i giovani sotto i trent'anni.
L’atmosfera è un mix tra una sagra e una veglia.
Circolano tanti personaggi strani, un po' loschi, vestiti con abbigliamento militare, alcuni sono lì accampati a fare niente.
Altri passeggiano, si godono la bella serata e si guardano intorno con curiosità, come facciamo noi.
La gente parla in russo e in ucraino.
Nelle bancarelle vendono souvenir, tazze con Putin col baffo da Hitler, spille e toppe con slogan contro la Russia.
Sulle griglie cuociono panini e spiedini.
La Casa dei Sindacati, adiacente alla piazza, è un immenso rudere macabro, una facciata completamente annerita dal fuoco di quei giorni, il lato esterno coperto da un'enorme bandiera giallo-blu su cui campeggia lo slogan "un'unica patria" in russo ed in ucraino.
C'è ancora il palco che si veniva ripreso durante i collegamenti televisivi, è più piccolo visto dal vivo.
Una ragazza sta suonando al piano una melodia struggente.
Maidan sembra un mausoleo.
Andiamo a cena e poi Sasha mi riporta in albergo.
Per la prima volta in questi giorni decido di accendere la tv.
La prima schermata è su X-Sport.
Un sottotitolo in russo annuncia che tutte le stelle dello sport Ucraino sostengono l'esercito nazionale.
Carrellata di personaggi che rilasciano dichiarazioni da sportivi.
Calciatori africani che giocano nel campionato locale portano al collo la bandiera ucraina, sorridono felici.
Faccio un po' di zapping.
Quasi tutti i canali hanno la bandiera ucraina con la scritta "un 'unica patria", principalmente in ucraino, un paio anche in russo. Altri hanno solo la bandiera. Un servizio su un telegiornale mostra le lunghe file di civili che vanno a donare il sangue per i militari dell'esercito di Kiev impegnato nel Donbass.
Non riesco a dormire.
Inizio a scrivere.
Alle 4 della mattina viene a prendermi un taxi per andare in aeroporto.
L'autista si chiama Aleksandr.
Gli faccio le stesse domande che avevo rivolto ad Andrij 5 giorni prima. Stesse identiche risposte. Neanche si fossero telefonati per mettersi d'accordo.
Ha fiducia in Poroshenko perché è ricco, quindi non ha bisogno di rubare.
Mi parla del costo della vita che è quasi raddoppiato.
Alimentari più cari almeno del 20%. Tariffe delle bollette aumentate del 40% dal primo maggio. Cifra destinata a salire, poiché direttamente legata al prezzo della benzina.
Gli chiedo degli americani.
Brava gente, come gli europei.
Dice che guadagna di meno perché ci sono meno stranieri. Zero russi, pochi europei.
Di solito in primavera ed in estate gli alberghi della capitale ucraina sono pieni di turisti della classe media russa.
Ottimo servizio, bellissima città e prezzi irrisori rispetto a Mosca. Anche lui ce l'ha a morte con Putin. Il nuovo Hitler.
Pravyj Sektor poca roba, qualche bravo ragazzo e qualche mela marcia.
È comunque fiducioso, il popolo ucraino ce la farà.
Passiamo accanto ad un pilastro su cui è adagiato un gigantesco pallone da calcio. Stiamo uscendo dalla città e questo residuo dei campionati europei del 2012 ce lo segnala.
Condivido queste mie riflessioni con Aleksandr che commenta ad alta voce che allora c'era tutt'altra atmosfera mentre adesso è in corso una guerra. Stiamo per arrivare in aeroporto e non ho più domande da fare.
Aleksandr mi chiede cosa ne penso.
Di cosa?
Di noi, dell’Ucraina.
Per me la situazione in Ucraina è un tasto dolente.
Se mi ci sono voluti 15 anni di viaggi e soggiorni per apprezzare la Russia, in Ucraina mi sono subito trovato a mio agio.
Ospitalità slava, standard architettonici e qualità dei servizi in linea con quelli europei.
Mi dispiace moltissimo, anche per le persone che conosco e che vivono nell'est del paese.
Questa situazione fa comodo anche a Putin ed ai gruppi di potere che lo supportano.
Mai come adesso ha goduto di un consenso interno così vasto.
L'orgoglio nazionale sta risorgendo prepotentemente.
Il rating di popolarità per il presidente russo è salito vertiginosamente dopo l'annessione della Crimea che è stata accolta con entusiasmo dall'opinione pubblica.
Vladimir Vladimirovic ha mostrato tenacia e fermezza nella difesa degli interessi russi nei confronti del mondo intero.
Dopo oltre vent'anni di orgoglio ferito, finalmente la Russia torna ad essere una potenza non più disposta ad abbassare lo sguardo di fronte alle ingerenze da parte del mondo occidentale, Usa in primis, in quelli che storicamente sono ritenuti territori russi.
La principale libreria moscovita, Dom Knigi, ospita un'area centrale dedicata all'Ucraina ed un'intera parete alla sola Crimea, territorio che Khruschev "regalò" all'RSS Ucraina nel 1954.
Per anni ho assistito a talk-show russi particolarmente seri ed approfonditi in cui si discuteva del perché la Russia non potesse aspirare agli standard qualitativi europei.
Punti interrogativi di un paese alla ricerca di una via di sviluppo, il problema endemico dibattuto sin dal 1800, la questione del famoso "impianto senza motore".
Ora la prospettiva sembra essere ribaltata, Europa e Stati Uniti sono paesi che non hanno nulla da insegnare e di cui bisogna diffidare.
Faccio presente al taxista che soltanto 7-8 mesi prima nessuno andava in giro in macchina con la bandiera ucraina.
In Tv non compariva la bandiera gialloblu.
Non si leggevano slogan di alcun tipo.
Adesso siamo tutti contrapposti.
Ucraini e russi.
Russi ed europei.
Russi ed americani.
Il taxista annuisce.
Gli faccio presente che per tutta l'Ucraina ho sempre parlato tranquillamente in russo e che fino a 6 mesi prima russi e ucraini mi parlavano di rapporti fraterni, non c'era alcuna distinzione, tranne che nelle regioni occidentali, al confine con la Polonia.
Tutti mi ripetevano serenamente che russi e ucraini sono [erano] la stessa cosa.
L’autista guarda la strada, annuisce meccanicamente.
Ormai siamo arrivati, Alexandr mi porta le valigie all'ingresso del terminal e ci salutiamo. In aeroporto c'è poca gente. Pochissimi stranieri, una dozzina di americani. Tutti uguali. Sulla cinquantina, scarpe e pantaloni larghi, fisici asciutti e ben torniti, capelli rasati ai lati.
Ho bisogno di dormire.
Decollo da un paese in guerra per fare scalo presso la locomotiva d'Europa a Monaco di Baviera.
Riparto quasi due ore dopo.
Salito a bordo, l'hostess mi porge con il consueto sorriso di cortesia il Corriere Della Sera di sabato 31 maggio.
Lo sfoglio con attenzione, nemmeno una riga su quello che sta succedendo a 2000 chilometri da casa nostra.
1) https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_people_killed_during_the_Revolution_of_Dignity 2) https://www.bbc.com/news/world-europe-26079957 https://www.youtube.com/watch?v=kGq_Xvzn_3I https://www.theguardian.com/world/video/2014/feb/07/eu-us-diplomat-victoria-nuland-phonecall-leaked-video
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veramente interessante e scritto benissimo, davvero complimenti per questa rubrica Soulful Jules
RispondiEliminaPenso seriamente che saresti il miglior giornalista della stampa italiana
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
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