venerdì, dicembre 20, 2019

I migliori album del 2019



In ordine più o meno sparso e più o meno preferenziale, i migliori album ascoltati quest'anno.

In passato i migliori album furono:
nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass
nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher
nel 2018: Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Gaz Coombes, The Good The Bad and the Queen, Spiritualized


1) SPECIALS - Encore
L'ultimo album in studio risale al 2001, questo nuovo lavoro arriva quasi inaspettato e segna il ritorno su disco del primo cantante Terry Hall a fianco del bassista e chitarrista originari, oltre a Steve Cradock, direttamente dalla band di Paul Weller.
Chi si attende un disco a base di ska e ritmi caraibici resterà deluso.
Non manca qualche esplicito omaggio alle origini ma ENCORE è un viaggio più dettagliato e ampio nella black music con vari brani in chiave reggae, dub, funk e soul.
Valga ad esempio la riuscita cover di un funk pulsante come l'introduttiva "Black skin blue eyed boys" degli Equals.
Testi profondi, a sfondo sociale e politico, combattivi e riflessivi, un eccellente album.
Nella versione deluxe anche un bellissimo live con una decina di classici.

2) NICK CAVE AND THE BAD SEEDS - Ghosteen
La musica "rock" è il più delle volte rappresentazione, teatralità, finzione, metafora.
Raramente riesce ad esplicitare l'animo umano in tutta a sua spontaneità.
"Ghosteen" è una marcia funebre solenne e straziante, da essere, a tratti, insopportabile, per intensità.
La pace rassegnata nell'ineluttabile.
Linee musicali minimali e scarne per un disco unico, coraggioso, impressionante, irripetibile.

3) DREAM SYNDICATE - These times
Steve Wynn e soci dimostrano che la reunion non è stata un fuoco di paglia e tirano fuori un album ispiratissismo dove al classico Paisley Underground abrasivo affiancano suggestioni elettroniche e kraut.
Aprendo ancora più il concetto di psichedelia.
In mezzo il classico stile, immediatamente riconoscibile, dei Dream Syndicate, i consueti umori Lou Reed meet Television a braccetto e canzoni eccellenti.

4) JULIANA HATFIELD - Sings the Police
La grande cantautrice pop grunge americana prosegue (dopo quello, scarso e bizzarro, dedicato a Olivia Newton John), il suo percorso di omaggio ai nomi che più l'hanno influenzata artisticamente con un tributo ai Police. Molto riuscito, divertente, con versioni personali, ruvide, sensuali.

5) CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD - Servants of the sun
L'ex voce dei Black Crowes confeziona un album con i fiocchi.
C'è la consueta vena southern rock, una buona dose di Stones anni 70, blues, un bel po' di Grateful Dead ma il tutto shakerato con sonorità moderne, un synth che invece di essere invasivo è perfettamente inserito. Soprattutto ci sono canzoni bellissime, una delle migliori voci rock in circolazione, un gusto classic rock sopraffino.

THE BEAT feat. RANKING ROGER - Public confidential
La band di "Mirror in the bathroom" è divisa da anni in due tronconi: da una parte i Beat di Dave Wakeling, dall'altra quelli di Ranking Roger. Che torna con un eccellente album (aiutato anche dal figlio e da Oscar Harrison degli Ocean Colour Scene tra gli altri) in cui rivive il classico groove originale degli 80's tra dub, ska, reggae, skank e varie contaminazioni.
Brani riuscitissimi, produzione eccellente, grande album.

JOE JACKSON - Fool
Sempre un po' defilato ma costantemente originale e personale, Joe Jackson ha costruito una carriera eclettica in cui si è spostato a suo piacimento in svariati ambiti sonori. Il nuovo album è un eccellente sunto della sua verve compositiva, arricchito da un'energia e una freschezza quasi inaspettate.
Otto brani, 40 minuti di musica, lavoro molto bello e ispirato.

THE WHO - Who
Atteso con molto timore dai fan, corredato da una tipica copertina di Peter Blake (spesso protagonista nella musica rock, da Sgt Peppers a Stanley Road di Paul Weller a Face Dances degli stessi Who), "WHO" è un sospiro di sollievo per chi paventava una triste decadenza di una delle più grandi rock band di sempre.
Ottimi brani, approccio rude ma con quella raffinatezza che ha sempre contraddistinto i loro lavori da "Tommy" in poi.
La voce di Daltrey in splendida forma, arrangiamenti orchestrali che qua e là citano "Quadrophenia" e "Who's next", un brano come "Detour" che occhieggia ai 60's, una bella ballata cantata da Townshend come "I'll be back", la spagnoleggiante "She rocks my world" e tanti ottime rock songs.
Interessanti le tre bonus tracks con un "Got nothing to prove" registrata nel 1966 da Pete e arricchita ora da un'orchestrazione di sapore cinematografico.
Dissento sull'affermazione di Roger che sia il loro migliore da "Quadrophenia" ma è comunque consigliato.

ARTISTI VARI - 3X4 The Bangles· The Three O'Clock · The Dream Syndicate · Rain Parade ‎
C'era una volta il PAISLEY UNDERGROUND ed era una cosa bellissima. Eccolo rivivere in 12 brani in cui Bangles, Three O'Clock, Dream Syndicate, Rain Parade coverizzano l'uno i brani degli altri. Ed è di nuovo una cosa bellissima. I Dream Syndicate spiccano su tutti ma anche gli altri tre nomi se la cavano alla grande. La "Jet fighter" dei Three O Clock ripresa dalle Bangles, la "When you smile" dei DS rifatta dai Rain Parade, la "Hero takes a fall" delle Bangles sublimata dai DS, la "Tell me when it's over" dei DS rifatta dai Three O' Clock i migliori momenti.

IGGY POP - Free
Iggy è un artista a 360 gradi, cantante, musicista, produttore, scrittore, attore, icona.
Musicalmente ha attraversato un'ampia gamma di influenze, dagli Stooges alla new wave, al punk, hard, pop, crooner, jazz, post wave ma anche funk, spoken word e tanto altro. E' singolare che ogni qualvolta un suo disco si allontani dal clichè "Stooges/Iguana" e affini (cosa ormai piuttosto regolare e consueta) vengano spese parole di stupore sulla (presunta) "svolta".
"Free" è un album complesso, sperimentale, denso di riferimenti, influenze ma che trasuda, soprattutto, personalità.
Nessuno avrebbe potuto fare un disco simile.
In cui ci sono afflati jazz, atmosfere sospese, elettronica. stupendi brani post punk deliziosamente decadenti ("Loves missing" che riporta al precedente CAPOLAVORO "Post Pop Depression"), l'ipnotico, malato, incedere di "James Bond", il gosepl jazz punk pornografico (cercare il significato del titolo) di "Dirty Sanchez", il crooning di "Page", le letture di Dylan Thomas ("Do not go gentle to into that good night") e di una poesia di Lou Reed del 1970 ("We are the people").
Suonano il jazzista Leron Thomas e la chitarrista Sarah Lipstate (alias Noveller), canta Iggy Pop.

JULIANA HATFIELD - Weird
Una delle migliori compositrici in circolazione (da parecchio tempo, questo è il 17° album + una decina con varie band) da Boston, Usa, ci regala un nuovo prezioso gioiello, come sempre in perfetto equilibrio tra melodia, rabbia, disagio, ostilità, insoddisfazione, amara dolcezza, stupende e malinconiche ballate di gusto post adolescenziale, grintosi garage rock, un po' di Paisley, indolenti grunge songs. Come sempre ai vertici delle mie preferenze.

BOB MOULD - Sunshine Rock
Tredicesimo album solista per l'ex chitarra degli Husker Du, qui accompagnato dalla base ritmica dei Superchunk.
E un altro grande album in puro stile Husker, con chitarre sature, voce tirata all'estremo, canzoni perfette (tra cui una devastante cover di "Send me a postcard" degli Shocking Blue) e uno stile inimitabile.

SLEAFORD MODS - Eton alive
Il duo più iconoclasta e devastante in giro da parecchio per il Regno Unito, continua a far danni con un linguaggio tagliente, senza mezze misure e basi sonore mutuate da hip hop, rap e dall'ipnotica post wave cara ai P.I.L. di John Lydon.
Non fanno prigionieri, ne hanno per tutti, parlano l'idioma della strada senza compromessi e giri di parole. Sono unici, pericolosi, scomodi, teppisti della parola.

PAUL WELLER - Other aspects
Paul Weller l’11 e 12 ottobre 2018 ha tenuto due applauditissimi concerti sold out alla Royal Festival Hall di Londra, accompagnato da un'orchestra d'archi con cui ha riarrangiato parte del suo repertorio classico (Jam, Style Council, solista), dando soprattutto spazio al recente "True meanings", la cui impostazione acustica è adattissima di una riproposizione live di questo tipo.
E' stato un una tantum, una sorta di sfida personale, superata, come sempre, con classe, eccelsa maturità artistica, raffinatezza.
Quanta grazia, quanta maturità, quanta eleganza in questi 25 brani.
"True meanings" viene, prevedibilmente, ripreso quasi per intero (ben undici brani) ma ci sono versioni incredibilmente belle di episodi secondari dei Jam come "Boy about town" (che riporta ai Beatles di "Abbey Road"), una drammatica "Private hell" con un arrangiamento di archi e fiati da urlo, mentre è più prevedibile "Tales fromn the riverbank".
Anche per gli Style Council ci sono sorprese con "A man of great promise", sempre commovente, pur non riservando sorprese negli arrangiamenti.
Non potevano mancare "Wild wood", "You do something to me" (dove gli archi tagliano il cuore) e "Have you ever had it blue" in ottima versione.
Sorprese graditissime sono piccole gemme dimenticate come "Strange museum" e "Among the butterflies", dal primo album, che rinascono a nuova vita con l'orchestra e i fiati, allo stesso modo di due oscuri episodi di "22 dreams" come il sontuoso e irresistibile tango iniziale "One bright star" e "Where'er ye go".
La voce di Weller è sempre più convincente, la sfida è stata ampiamente vinta, l'album è semplicemente bello, caldo, avvolgente.

E Paul rimane il mio idolo.

FONTAINES DC - Dogrel
Sono di Dublino e all'esordio.
Mettono insieme i Fall, gli Strokes, l'attitudine hooligan di Sleaford Mods e dei primi Oasis, chitarre "soniche", ritmiche pulsanti e una bella dose di rabbia.
Grande band.

SUZI QUATRO - No control
Difficile realizzare che la rocker americana sia in giro tra palchi e studi di registrazione da oltre 50 anni ! Con le Pleasure Seekers ha infatti iniziato nei primi 60, all'età di quattordici anni, accumulando poi nella carriera 55 milioni di dischi venduti, incessanti tour ovunque. Il tutto grazie ad un certo sex appeal e canzoni molto basiche, tra hard e glam rock di facile presa, ritornelli immediati, talvolta sul confine con il bubblegum pop.
Il nuovo album la trova a lavorare compositivamente con uno dei figli con cui mette sul piatto undici brani convincenti, godibili, spesso intrisi di classico blues rock, southern boogie, a base di riff granitici, vocalità curatissima, semplicità e istintività. Il disco è fresco e divertente, perfetto e corroborante sottofondo per un lungo viaggio in autostrada.

THE RACONTEURS - Help us stranger
La migliore incarnazione di JACK WHITE dopo i White Stripes.
Il nuovo album spazia impunito tra mille influenze rock/blues, dai Led Zeppelin, al blues, all'alt rock, ai Beatles di "Abbey Road". E poi ancora hard rock, ritmi e melodie strambe.
Il tutto con un estro POP di estremo gusto, grande creatività, le riconosciute innate capacità di coinvolgere l'ascoltatore. Album fighissimo.

HUGO RACE FATALISTS - Taken by the dream
L'ex Bad Seeds (e mille altre cose) continua a produrre eccellenti dischi che spesso passano colpevolmente sotto silenzio. Il nuovo lavoro ne conferma le qualità compositive e l'amore per le avvolgenti e suadenti atmosfere noir a cui ci ha da sempre abituati, tra umori (inevitabilmente) cari a Nick Cave, a Mark Lanegan, Calexico, in una sorta di moderna versione di un Johnny Cash contaminato.

KATE TEMPEST - The Book of Traps and Lessons
Rigoroso, monolitico, glaciale, claustrofobico, solenne, ostile, il terzo album dell'artista inglese si muove tra spoken word, suoni elettronici, basi trip hop, non lontano dall'attitudine dell'ultimo Gil Scott Heron o degli Sleaford Mods. Kate racconta il livido declino dell'Inghilterra della Brexit, dei rapporti tra le persone nel disfacimento civico e sociale.
Spiazzante, devastante.

THE RIDE - This Is Not a Safe Place
La band di Andy Bell al secondo album dopo la reunion del 2017 che ci aveva dato l'ottimo "Weather diaries". E' ancora un eccellente shoegaze/brit pop psichedelico che guarda ai Byrds ma non disdegna l'abbraccio all'elettronica, consegnandoci un lavoro molto fresco, spesso delicato, raffinato e avvolgente.
Godibile, maturo, equilibratamente nostalgico.

ALLAH LAS - Lahs
Uno stupendo mix di sonorità tipicamente American 60's, da Buffalo Springfields a Byrds, attraverso Love e Jefferson Airplane, un tocco di indolenza alla JJ Cale, uno sguardo al George Harrison solista. Il tutto in una tonalità narcolettica e ipnotica, avvolgente e lisergica.

6 commenti:

  1. Anonimo delle 1242

    Si ma è un reparto geriatrico....

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  2. Sleaford Mods, Kate Tempest, Fontaines DC non mi sembrano tali. Comunque sono i miei gusti di 60enne. TU cosa proponi?

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  3. Anonimo delle 1242

    A parte che i seaford moda mi sembrano dei quarantenni...nono ok...tuo gusto...Non saprei...a volte confondo gli anni e un disco per me nuovo magari ha già 3 anni...

    Era anche un commento triste sullo stato del rock..se siamo ancora qui ad aspettare gli who....auguri

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  4. In realtà, se segui il blog, noterai che ogni mese ascolto e segnalo valanghe di nuove proposte. Ma alla fine le mie preferenze e il mio giudizio positivo va a cose vecchie-. Forse è semplice questione di gusto personale (soprattutto) ma anche la constatazione personale che i migliori prodotti arrivano dalla vecchia guardia. Il disco degli Who è eccellente ad esempio. Volenti o nolenti il meglio arriva da chi non è più giovane. Ma io ho quasi 60 anni ed è inevitabile appassionarmi per Specials e Who...

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  5. Anonimo delle 1242

    Io ne ho quasi 50
    Sisi ti seguo e sempre un sacco di stimoli da questo blog...Comunque triste...

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  6. Il rock non è piu la musica più in voga tra i giovani, viene più difficile trovare qualcosa di buono che non sia fatto da almeno ultraquarantenni perché i più giovani non lo suonano più in massa, soppiantato dai nuovi generi. C'è meno, ma qualcosa c'è sempre, bisogna saper cercare e Tony in questo è un maestro. Basti pensare ai Gospelbeach dell' anno scorso

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