lunedì, ottobre 14, 2019

Reverendo Lys - Born Losers



Un libro destinato ai BORN LOSERS.
Quei pochi impazziti per quei suoni ruvidi, penetranti, ammalianti, stordenti, travolgenti che, dai Sonics sono passati attraverso Fuzztones, Chesterfield Kings, Creeps e sempre più flebili sono arrivati ai nostri giorni.

Ma come dice Lys: "Il rock 'n' roll non ha bisogno di prove, ma di racconti memorabili".

Il Reverendo raccoglie con il suo personalissimo stile di scrittura, pieno di voluta esagerata enfasi e metafore (spesso, come è giusto che sia, senza limiti) una storia mirabile, quella del garage punk rock e di tutti quei perdenti che ancora gli sono appresso.
Decine di schede dedicate dai nomi apparsi come una meteora a quelli che hanno invece lasciato scritto un pezzo di storia.

A corredo una serie di preziose interviste esclusive a molti dei protagonisti.
Se siete Born Losers un testo imperdibile.
Se non lo siete, diventatelo, vivrete una vita inimitabile.

Il REVERENDO ha risposto ad una serie di domande relative al libro.

- Cosa ti ha spinto a pubblicare questo libro e quanto tempo ha richiesto?
Scrivere per me è un’esigenza quasi fisica, è un modo per “dialogare” con la musica che ascolto.
Una cosa del tutto naturale e indipendente, senza forzature dall’esterno o obblighi di nessun tipo.
La spinta ad organizzare parte del mio lavoro per realizzare un libro sul garage-punk nasce invece dalla frustrante consapevolezza che, nonostante gli scaffali dedicati alla musica nelle librerie siano sempre più ingolfati di volumi sul punk, sul metal, su qualsiasi cantautore più o meno noto, di enciclopedie, di autobiografie su chiunque, anche sull’ultima pugnetta uscita fuori da un talent che non ha nulla da raccontare ma che viene “spremuto” per speculare su quei cinque minuti di celebrità che la vita gli ha concesso senza peraltro averne spesso alcun merito, non ho mai visto (ad esclusione di una guida della Gremese molto lacunosa e dal taglio abbastanza impreciso uscita una decina di anni fa) un solo libro dedicato alla musica garage, argomento su cui invece da dire, leggere e ascoltare c’è davvero tanto.
Così, stanco di aspettare, alla fine ho deciso di diventare la penna che l’avrebbe scritto, anziché la matita che l’avrebbe sottolineato.
Sentivo che dovevo rendergli giustizia, in qualche modo.
In realtà il libro non ha avuto una gestazione lunga. In due mesi il suo “scheletro” era già pronto.
I tempi si sono allungati nell’attesa di ricevere le risposte da parte della gente che ho intervistato. Anche la revisione successiva per limitare i margini di sviste, errori, refusi è stato molto ristretto. Scrivo di petto, di stomaco ma ho un tiro abbastanza preciso.
Pensa che ho fatto la revisione bozza il giorno di Ferragosto, in spiaggia, dallo smartphone, sorseggiando sangria.

- Il rock’n’roll ha "salvato" la vita a tanti di noi. Secondo te ha ancora quel potere salvifico per i giovani?
In realtà non penso che il rock’n’roll abbia mai salvato la vita a nessuno.
L’ha trasformata, questo si.
Profondamente. Ne accenno anche nell’introduzione al libro.
Ci ha reso persone diverse, non necessariamente migliori, ma sicuramente diverse.
Anche per chi l’ha vissuto come musicista, il rock’n’roll non ha mai salvato nessuno.
Non credo neppure al rock’n’roll come comunità, perché in realtà è qualcosa di molto individualista, a tutti i livelli.
Lo vedo piuttosto come rifugio.
E come tale, stai certo che i giovani non sceglieranno di rifugiarsi qui se non per un’esigua minoranza, perché le modalità espressive del rock’n’roll sono in realtà del tutto anacronistiche. E’ una fiamma che non li tocca, anche quando li lambisce.
I codici espressivi sono totalmente cambiati ed è giusto che sia così.
Io non li demonizzo, perché il rock’n’roll ha perso la sua carica eversiva. Non fa più paura a nessuno. E’ diventato nostalgia e la nostalgia non appartiene ai giovani, per loro fortuna.

- In alternativa cosa può salvare (o dannare) la vita nel 2019?
Ci può salvare non lasciarci intrappolare dal pensiero omologato e coltivare la passione per qualcosa.
Ci salva sostituire il vetro di uno smartphone con uno specchio, abbandonare il mondo in vetrina e dare spazio al mondo interiore.
Capire chi siamo.
Non inseguire niente e nessuno se non i nostri sogni. Soprattutto se sono realmente nostri. Se insegui il sogno di qualcun altro c’è sempre un punto della corsa in cui resti fregato.

- Ascolti sempre tanta musica? Cosa ?
Ascolto sempre tantissima musica. Più per curiosità che come necessità, è questa la differenza con venti o trenta anni fa.
Mi piace scoprire sempre cose nuove o approfondire ascolti di dischi ascoltati distrattamente o semplicemente quando non era il loro momento.
Molto spesso il giudizio su un disco cambia in base al momento in cui ti ci sei imbattuto. Molti dischi andrebbero riascoltati in fasi diverse della vita, in momenti diversi della giornata.
Ci vuole una cultura d’ascolto che spesso fa a pugni con la nostra pigrizia. Cosa ascolto?
Roba diversissima, anche se non appartengo a quelli che dicono che “amano tutta la musica”. Chi ama tutta la musica in realtà non ne ama nessuna.
Ascolto garage rock ma anche roba elettronica (da Burial alla trap) per dire.
Molto punk di tutte le epoche, molta musica nera, la new-wave che per me è sempre rimasta “new”, sempre moderna, espressivamente innovativa.
Gente come Bauhaus, Japan, Wall of Voodoo per me rimangono intoccabili al pari di Clash, Redskins, Husker Du o Fugazi.
Amo molto anche certi cantautori, italiani e stranieri.
Potrei farti mille nomi.
Quello che odio profondamente è gente come Ramazzotti e Pausini. Ma credo siano peggio tutte quelle band finto-alternative che vanno per la maggiore adesso, che dicono di scrivere canzoni in cameretta ma sognano di suonare al Circo Massimo. L’It-pop è il male estremo.

- Solita domanda banale 10 titoli essenziali di dischi da Born Losers Non esistono domande banali. Sono le risposte ad essere tali.
Se vogliamo definirlo dentro il perimetro del mio libro e del genere di pertinenza direi che basterebbero i dieci volumi di Back from the Grave.
Quelle band sono i veri “born losers”, destinate all’oblio assoluto nonostante la brama effimera di successo e tuttavia custodi di un approccio viscerale, crudo, impulsivo verso il rock’n’roll.
Basici e basilari.
Perché, vedi, quella del perdente non è una vocazione soggettiva.
Nessuno si siede ad un tavolo per perdere. Sarebbe un fesso, non un perdente.
E’ la storia a decidere poi che ruolo avrai nella partita, il destino a stabilire che ti eri seduto dalla parte sbagliata del tavolo da gioco.
E non sempre perché tu sia un incapace, anzi.
Spesso a decidere il tuo destino è un giornalista compiacente, l’endorsement giusto presso una casa discografica, il denaro che hai in tasca, il tuo grado di resistenza al compromesso.
Una grandissima serie di variabili che con le tue capacità artistiche hanno poco a che fare, in fin dei conti.

2 commenti:

  1. Letto tutto d'un fiato! Bravo il Reverendo!

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  2. Bella intervista. Ho acqistato da pochi giorni il libro, sto inziando a leggerlo, mi piace!
    E poi ci sono pure i Not Moving...

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