martedì, ottobre 08, 2019
Marco Grompi - David Crosby Ultimo eroe dell`Era dell`Acquario
Testimone di un'epoca irripetibile (i 60's in tutta la loro completezza, sociale, artistica, di costume, di cambiamenti), vittima di dipendenze estreme, tra cadute rovinosissime e rinascite insperate.
DAVID CROSBY è un'icona della musica "rock" nell'accezione più ampia.
Dai Byrds a CSN&Y, le avventure soliste e le collaborazioni.
Una storia avvincente e, perlomeno, in Italia poco conosciuta, avendo avuto dalle nostre parti un ruolo e una visibilità non sempre di primo piano.
Il libro di Grompi è una biografia come dovrebbe sempre essere: precisa, competente, approfondita, appassionata.
L'appendice finale con la discografia completa, anche degli episodi più sconosciuti è esemplare.
Incredibile la storia del figlio James Raymond lasciato in adozione alla nascita, che ritrova il padre e lo cerca solo quando lo scopre in pericolo di vita. James è un valente musicista che si unirà a Crosby nell'avventura dei CPR. Altrettanto stupefacente il fatto che sia padre biologico dei due figli di Melissa Etheridge e della sua compagna (fecondata in vitro dal seme di Crosby).
Marco Grompi ce ne parla più in dettaglio:
Un libro coraggioso per un personaggio che purtroppo in Italia non ha mai avuto particolare popolarità se non in una ristretta cerchia. O sbaglio?
In realtà David Crosby è amatissimo anche in Italia in virtù della sue canzoni “anomale”, di quella voce angelica, della sua coerenza con gli ideali e i valori del “peace & love” degli anni ’60 e della sua incrollabile sincerità.
Escludendo Young, è da sempre il più amato di CSNY, vero e proprio primo “supergruppo” del quale ha incarnato, più di tutti, lo spirito più combattivo, audace e visionario.
Ricordo il primo concerto italiano di Crosby, Stills & Nash nel defunto Palasport San Siro di Milano: era il 1983 e, nonostante il sogno hippie fosse già sbiadito da tempo e Crosby si trovasse nel pieno degli anni più bui della sua tossicodipendenza (e si sapeva e vedeva chiaramente), l’affetto e le ovazioni del pubblico erano soprattutto per lui.
L’accoglienza trionfale riservata alle sue recenti performance da ultrasettantenne (quattro album notevoli e innumerevoli tournée da solista negli ultimi cinque anni) sono la testimonianza di un’ennesima resurrezione non solo artistica.
Ha condotto una vita talmente pazzesca che meritava di essere raccontata e, considerando anche la sua incredibile storia medico-clinica e la recente separazione (pare definitiva) di CSNY, la sua ennesima “resurrezione” si configura come una sofferta ma gratificante vittoria.
Quale consideri il periodo più ispirato tra le sue varie incarnazioni?
Indubbiamente il quinquennio 1966-1971, dalla svolta psichedelica con i Byrds di Eight Miles High fino al suo esordio-capolavoro da solista If I Could Only Remember My Name…
È stato questo il periodo in cui la creatività di Crosby è sbocciata arrivando a vette vertiginose.
Penso a dischi come CSN, Déjà Vu e 4 Way Street, ovvero pietre miliari di quella stagione e di quel sognante suono californiano ai quali contribuì in modo determinante attraverso canzoni immortali come Guinnevere, Long Time Gone, Wooden Ships, Almost Cut My Hair, Déjà Vu, Triad, The Lee Shore.
Il Crosby più magico è ancora tutto lì, anche se in seguito (e pure in tempi recentissimi) ha continuato a disseminare la sua produzione di piccole gemme.
Quanto, secondo te, ha contribuito Crosby alla storia della musica rock e in che cosa in specifico?
Direi che il suo contributo è stato fondamentale sotto molti aspetti.
Anzitutto per l’esplorazione di armonie vocali atipiche e l’utilizzo di accordature modali aperte sulla chitarra (mutuate dalla frequentazione con Joni Mitchell).
Con i Byrds (guidati da Roger McGuinn) ha letteralmente inventato il folk-rock elettrificando Mr. Tambourine Man di Dylan (che, a sua volta, intraprese la celebre “svolta elettrica” proprio dopo esser stato folgorato dagli arrangiamenti dei Byrds). Nella seconda metà dei ’60 è stato un agitatore culturale e musicale che ha frequentato e addirittura influenzato i Beatles (da Revolver ad Abbey Road si riconoscono elementi chiaramente “crosbyani” in canzoni come If I Needed Someone o Because).
Alcune sue composizioni (penso a brani come Guinnevere, Déjà Vu, In My Dreams, Delta) sono mirabili esempi di uno spirito musicale avventuroso che, nelle matrici folk e rock, incorpora anche elementi mutuati dal jazz e dai raga indiani.
È stato inoltre tra i primi a cantare di impegno sociale e civile contribuendo a cambiare la percezione del pubblico riguardo temi come la salvaguardia del pianeta, la pericolosità dell’energia nucleare, la corruzione della classe politica, la sudditanza dei governanti allo strapotere delle multinazionali e molti altri temi ancora oggi attualissimi. È stato inoltre testimone e figura di centrale importanza di molti tra gli eventi chiave della storia del rock, dal Monterey Pop Festival a Live Aid, da Woodstock ai concerti per il Tibet. L’abbiamo visto anche (con Nash) a Occupy Wall Street.
Mi puoi indicare qualche “erede” attuale della sua creatività?
È un artista talmente originale che, nel panorama musicale attuale (così lontano e diverso da quello in cui è maturato Crosby), non riconosco “eredi”.
Ritrovo però il suo esempio in artisti come Jonathan Wilson, Fleet Foxes, Ryley Walker, o laddove si ascoltano armonie vocali e strumentali inusuali per il mondo pop-rock.
Tuttavia il disco più “crosbyano” (nello spirito, più che nei contenuti) che ho ascoltato in tempi recenti è italiano: Hippie Dixit di Amerigo Verardi.
E' stato difficoltoso scrivere questo libro?
Direi che è stato un lavoro lungo e laborioso, come del resto può esserlo ripercorrere la carriera e la vita di un artista così complesso la cui produzione musicale attraversa sei decenni.
Raccontare le sue vicende ha richiesto un grande sforzo di sintesi e ho voluto riportare nel libro informazioni discografiche e bibliografiche il più possibile accurate.
In appendice c’è anche un elenco di tutte (o quasi) le sue apparizioni televisive e cinematografiche e il tutto ha richiesto ricerche molto approfondite.
Ovviamente ti chiedo di darmi una breve discografia essenziale per approcciarsi alla carriera di Crosby, dai Byrds ad oggi?
Avendo sempre contribuito con pochi brani a suo nome nelle pubblicazioni di Byrds e CSN(+Y), il triplo box set retrospettivo Voyage del 2006 è un ottimo compendio e offre una panoramica esauriente della sua produzione fino a quel momento. Il suo esordio solista If I Could Remember My Name… (1971) è un disco imprescindibile, un capolavoro assoluto, nonché la summa e l’apice della favolosa e collaborativa scena californiana di quegli anni.
In ogni caso anche questi album non dovrebbero mancare in ogni discografia che si rispetti:
Younger Than Yesterday (The Byrds, 1967)
Crosby, Stills & Nash (1969)
Déjà Vu (CSNY, 1970)
4 Way Street (CSNY, 1971)
Wind On The Water (Crosby-Nash, 1975)
CSN (1977)
CPR (1998) Lighthouse (2016)
Sky Trails (2017)
Here If You Listen (2018)
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Da leggere! Immenso Crosby psychedelic Dad..
RispondiEliminaC
Almost cut my hair
Happened just the other day
It's gettin' kind of long
I could've said it was in my way
But I didn't and I wonder why
I feel like letting my freak flag fly
And I feel like I owe it, to someone, yeah
Must be because I had the flu this Christmas
And I'm not feeling up to par
And increases my paranoia
Like looking in my mirror and seeing a police car
But I'm not, I'm not giving in an inch to fear
'Cause I've promised myself this year
I feel oh, like I owe it, to someone
When I get myself together
I'm gonna get down in that sunny southern weather, yeah
I'm goin' find a space inside a laugh, yes
Separate the wheat from some chaff
I feel
Like I owe it, yeah, to someone