venerdì, dicembre 21, 2018

I migliori album del 2018



In ordine, più o meno, sparso i migliori album ascoltati quest'anno.

In passato i migliori album furono:
nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass
nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher


FANTASTIC NEGRITO - Please don't be dead
Fantastic Negrito è uno di quei rari esempi in cui il blues vive in tutto il suo splendore atavico pur suonando moderno, attualissimo, avanti.
In questo secondo album l'artista californiano d'adozione compie un ulteriore passo avanti rispetto al precedente capolavoro THE LAST DAYS OF OAKLAND.
Il substrato è palesemente blues, gospel, funk, soul, nero fino al midollo.
Primitivo, ostico, pericoloso, ostile.
Ma trasposto nel 2018 con quei riff e quei groove ritmici che passano ora dalle parti dei Led Zeppelin, ora bussano alla porta di Jack White, poi prendono a braccetto Jimi Hendrix e sorridono a Prince Ho scritto questo album perché sono preoccupato per la vita dei miei fratelli neri. Ho paura per le vite delle mie sorelle, sono preoccupato circa il loro futuro dice Fantastic Negrito. Un album duro, intenso, sincero, profondo, come raramente ci capita di ascoltare.
Un artista che sta tracciando le linee di una nuova black music.
There's a riot goin on, ascoltiamola, prestiamole orecchie e attenzione.

KAMASI WASHINGTON - Heaven and earth
Adoro la coraggiosa magniloquenza di Kamasi che non si preoccupa minimamente di presentarsi con due ore e mezza di musica, intrisa di valanghe di riferimenti, di brani che oscillano tra i 10 e i 12 minuti, si aprono al cuore della musica, alla creatività, incuranti di misure prestabilite, confini, barriere artistiche. Troviamo di tutto, dal funk, al soul, da Archie Sheep a Miles, Bird e Coltrane, dal blues a Herbie Hancock e Sun Ra al pop jazz orchestrale allo spiritual jazz alla Alice Coltrane.
Kamasi ha riportato il JAZZ in classifica, ha riempito prima i locali, poi palazzetti e i festival.
Onore e gloria !
“Our time as victims is over / We will no longer ask for justice.”

GAZ COOMBES - World's Strongest Man
Il terzo album dell'ex Supergrass ci conferma la statura artistica del Nostro, progressivamente lanciato in avanti con un sound sempre più personale e unico in cui confluiscono retaggi del suo passato, elettronica, un gusto molto Krautrock, atmosfere sospese, oniriche, claustrofobiche.
Gaz suona praticamente tutto, compone benissimo, è immediatamente riconoscibile.
Nuovo, bello, visionario.

THE GOOD, THE BAD AND THE QUEEN - Merrie land
Un ritorno inaspettato e tanto più gradito in quanto tra i migliori dischi dell'anno. Un viaggio, anzi un addio, malinconico nell'Inghilterra della Brexit, un disco al 100% Brit. Si respirano atmosfere che evocano a tratti il mood di "Sandinista" (Paul Simonon è sempre inconfondibile, tanto quanto minimale ed essenziale), altre volte citano sarcasticamente i Beatles, girano tra dub, ritmiche spezzate con la consueta maestria da Tony Allen e la monotona e cantilenante voce di Damon Albarn che cuce il tutto alla perfezione. Originale, personale, spesso geniale, disco di rara classe.

MARIANNE FAITHFULL - Negative capability
Un album di una bellezza struggente, di rara intensità, profondamente malinconico, a tratti apocalittico. La dolente voce di Marianne omaggia l'amica Anita Pallenberg, parla del "Bataclan" nella devastante "They come at night" con Mark Lanegan, strappa cuore e anima in "The gispy and feerie queen" con Nick Cave, riprende in modo straziante "As tears go by" e "It's all over now baby blue" di Dylan.
C'è anche "Witches song" (era su "Broken english") che sembra presa dal primo dei Velvet Underground.
Tanto bello quanto devastante.

PAUL MCCARTNEY - Egypt station
A cinque anni dal precedente "New", durante i quali ha collaborato a destra e a manca, intrapreso tour mondiali come se fossero passeggiate, messo in piedi progetti di vario tipo, PAUL torna con un nuovo lavoro di ben 16 brani, sorta di pseudo concept (con tanto di breve intro e epilogo finale).
C'è OVVIAMENTE (pare che ci si stupisca ogni volta) una diffusa aria beatlesiana (Paul ha sempre sapientemente saputo accontentare il suo pubblico), una voce sempre più "sofferta" (come da anni accade), una classe sterminata, la voglia di provare a spostare l'obiettivo verso altri orizzonti sonori (vedi il funk rock di "Caesar rock" ad esempio), mantenendo però sempre un rigoroso aggancio con le radici tra ballate piano e archi, quelle minimali con la chitarra acustica ("Happy with you"), mini suites (che trovammo spesso nei primi lavori solisti e con gli Wings come nella conclusiva "Despite repetaed warnings"), ottime rock song, qualche bizzarria (l'elettro samba lounge di "Back in Brazil"), un inno corale come "People want peace", un tocco di classe come"Dominoes" (puro Wings), miglior brano dell'album.
Nella sterminata discografia (25 album tra solisti e Wings) difficile piazzare "Egypt station" tra i migliori ma sicuramente un lavoro dignitoso, con buoni spunti e una buona dose di freschezza e spontaneità.

SPIRITUALIZED - And nothing hurt
Per qualche strano motivo mi sono perso negli anni tutta una serie di gruppi e tendenze. Ad esempio il giro Spacemen 3 / Spiritualized che pure mi sarebbero dovuti piacere assai.
Recupererò (forse).
Nel frattempo mi godo questo BELLISSIMO nuovo album di Jason Pierce che mantiene il marchio di fabbrica ma fa tutto da solo.
E lo fa benissimo, con un album psichedelico, beatlesiano (68/69), mollemente lisergico.
A volte riporta ai Primal Scream e addirittura a certo brit pop più colorato.

PAUL WELLER - True meanings
Il CHANGING MAN per eccellenza scrive una nuova pagina della lunga carriera.
Un album esclusivamente (semi) acustico, orchestrale, dalle atmosfere soffuse, bluesy, folk, perfino jazz, a tratti.
Un episodio a sè stante, come ha tenuto a sottolineare, non una nuova direzione (tanto che è già pronto qualcosa per il prossimo album, un brano disco music, ad esempio !).
True Meanings è un viaggio nell'amato folk inglese (Tim Hardin, Nick Drake), in certe reminiscenze Style Council, nei Jam di "English rose" (una "punk" band che nel 1978 "osò" inserire un brano acustico nel terzo album "All mod cons"), nelle atmosfere di "Wild wood".
Terreni già abbondantemente e con sapienza coltivati in passato da Paul Weller.
La qualità rimane come sempre molto alta, gli arrangiamenti superbi, la voce ferma, sempre più matura e a suo agio in ogni contesto.
Ma ancora una volta a farla da padrone è la PERSONALITA' ARTISTICA di Weller, comune a pochi, da 40 anni orgogliosamente e costantemente ai vertici.
Come sempre una certezza.
Tra gli ospiti Rod Argent degli Zombies all'Hammond, un'apparizione fugace di Noel Gallagher, le leggende folk Martin Carthy e Danny Thompson a chitarra e basso.
Anche alcuni testi sono stati affidati, per la prima volta, ad altri.

MICHAEL RAULT - It's a new day tonight
Secondo album (per la Daptone, una garanzia...) per il cantautore canadese che ci riporta nei primi anni 70 tra pop rock alla ELO e Wings ma proposto con minimalismo e piglio essenziale, suoni vintage e crudi, melodie deliziose, talvolta zuccherose (ma al punto giusto). Ci vuole talento a riprodurre certe atmosfere senza plagiarle.
Come se i Beatles si fossero riuniti nel 73/74 con un paio di membri dei Big Star a dare una mano e Ray Davies qualche consiglio.

ARCTIC MONKEYS - ‘Tranquility Base Hotel & Casino’ Review
“I just wanted to be one of the Strokes/now look at the mess you made me make”
Incomincia così il nuovo album di Alex Turner (e soci).
Svolta brusca, coraggiosa, intrigante, verso una dimensione che mette insieme Bowie, Beatles ("She looks like fun" sembra un incrocio tra il "White Album" e Jack White), i Lennon e Mc Cartney solisti, Last Shadow Puppets (nell'uso reiterato di piano e archi), un gusto vaudeville, una voce profondamente melodica e da crooner, sperimentazioni varie.
Un album unico, originale, personale.
Innovativo, forte, una spanna in alto rispetto al resto.
Destinato a crescere e che va ascoltato a lungo.

BELLY - Dove
Gradito ritorno di Tanya Donelly (già con Throwing Muses e Breeders) con il suo progetto Belly, primo album dal 1995.
Suadente alt rock molto invischiato in atmosfere psichedeliche, avvolgenti, dreamy, grandi melodie, poche asperità. Album eccellente.

THE SEA AND CAKE - Any day
Arrivano da Chicago, attivi dal 1994, una decina di album alle spalle e un nuovo lavoro stupendo, delizioso, soave, tra sonorità che ricordano i Monochrome Set o i Feelies, con melodie suadenti di gusto 60's, malinconiche. Brani secchi, diretti, essenziali.
Un disco da cui non si riesce a staccarsi.

SONS OF KEMET -Your queen is a reptile
Due batterie, una tuba, un sax.
Sono i SONS OF KERMET, splendida creatura della nuova scena jazz inglese che guarda avanti, sperimenta, mischia.
Al sax il genio di Shabaka Hutchings (già con Youssef Kamaal, The Comet is Coming, Courtney Pine, Mulatu Astatke e gli Heliocentrics, Jack DeJohnette, Charlie Haden, Evan Parker, King Sunny Ade, Orlando Julius, Melt Yourself down ), uno dei batteristi è Seb Rochford dei Polar Bear, già con i Babyshambles, Carl Barat, con David Byrne e Brian Eno in "Everything That Happens Will Happen Today", Paolo Nutini, Patti Smith.
Il nuovo album "Your Queen is a reptile" è un mix primitivo e ancestrale di funk, afrofunk, (free) jazz, New Orleans e tanto altro.
Lo chiamano "Afro Futurismo".

ROGER DALTREY - As long as I have you
Roger torna alle radici, quando ascoltava soul e rhythm and blues e tutto quello che voleva era diventare un cantante blues.
A 74 anni rende omaggio a quegli inizi con un album di 11 brani, ruvido, denso di gospel, soul rock, gusto bluesy (tra cui due discreti inediti), cover di brani minori (vedi "You haven't done nothing" di Stevie Wonder" o "How far" di Stephen Stills) e una splenedida versione di "Into my arms" di Nick Cave. Pete Townshend suona in sette brani e si sente, oh se si sente, alle tastiere c'è Mick Talbot.
La voce è in formissima.
Un album classico e bello.

TONY MOLINA - Kill the lights
Tony è uno che va per le spicce. 10 brani per nemmeno un quarto d'ora di musica e un universo che si dipana dai Beatles dell'Album Bianco ai Byrds, ai Big Star, al Dylan mid 60's a Simon & Garfunkel. Melodie e atmosfere incredibilmente toccanti, con QUEL suono e QUELLA attitudine.
Semplicemente bellissimo.

TRACEY THORN - Record
Una delle voci più belle di sempre quella dell'ex Everything but the girl. Che ora è brillante giornalista musicale ma che ritorna periodicamente in studio di registrazione. Il nuovo album viaggia su sonorità synth pop, elettroniche, condite da testi profondi, diretti e aspri. Irresistibilmente affascinante.

CEDRIC BURNSIDE - Benton County Relic
A molti il blues rompe le palle.
A me no, soprattutto quando affonda nell'infinito passato, evoca una tradizione sconfinata e la riprende limpidamente e schiettamente. Cedric è il nipote di RL Burnside e figlio di Calvin Jackson (della band di Junior Kimbrough).
Lui ha suonato con il nonno, vari altri bluesmen e anche con la Jon Spencer Blues Explosion. Qui canta, suona la chitarra, scava nel blues più profondo, minimale, diretto e crudo. Elettrico a volte, altre più country blues acustico.
Un disco acre, caldo, abrasivo, che suona "male" e duro.

MACY GRAY - Ruby
Macy Gray è uno dei personaggi che meglio sanno rinnovare la SOUL MUSIC.
Quel mix di soul, pop, hip hop, gospel assorbe un mood selvaggio e selvatico, tribale e primitivo.
Quella voce dolente e sensuale fa il resto.
"Ruby" è bellissimo.

MARC RIBOT - Songs Of Resistance 1942 – 2018
"Quando è arrivata l’elezione di Donald Trump ho pensato che non c’era bisogno di un altro album su di me e sulle mie liti con la mia fidanzata.
Ho pensato alla parola resistenza, ma ho voluto fare un disco sul presente, non di archivio, per raccontare quello che sta succedendo".
Il grandissimo chitarrista raccoglie intorno a sè una serie di amici e collaboratori: Tom Waits torna a farsi sentire con una versione catartica di "Bella Ciao" ma ci sono anche Steve Earle, una incredibile Fay Victor con la sua voce gospel soul, Meshell Ndegeocello che riprende una versione stravolta di "Fischia il vento" e tanto altro.
Si va dal folk al funk soul, dal jazz al latin. Musica totale. Militante, resistente, potente, intenso.

PRINCE - Piano & a microphone 1983
Nel 1983 e il giovane Prince, venticinquenne, non è più un novellino ma non ancora una star di prima grandezza. Nel suo studio registra una cassetta con nove brani. Voce (intonatissima, pulita, souleggiante, capace di scansioni armoniche e modulazioni melodiche impressionanti) e pianoforte (peraltro suonato con una perizia rara).
Un album di notevole bellezza, blues, profondo, super cool e che ribadisce la grandezza di un artista mai sufficientemente lodato.

JOE STRUMMER - Strummer 001
Joe Strummer era un archivista seriale.
Dopo la sua morte sono stati ritrovati 20.000 pezzi e un numero sterminato di scritti.
La moglie Lucinda ne ha recuperati un po' ed ora vedono la luce, rimasterizzati in un box di 32 pezzi, tratti dalla carriera solista e dal periodo con i 101ers. Buona parte del materiale è costituita da brani sparsi su varie colonne sonore ma ci sono anche alcuni inediti tratti dal periodo finale dei Clash come il dub "Czecoslovak song", prima versione di "This is England" o "Pouring rain" con Paul Simonon del 1984 (carina...), "London is burning" (non quella del 77 ma del 2002, ultima sua incisione) con i Mescaleros (ottimo brano di gusto Clash), la lunga "US North" del 1986, un discreto funk pop con Mick Jones a fianco.
Per i fan un compendio interessante e quasi indispensabile.

ELVIS COSTELLO & the IMPOSTERS - Look now
Non scopriamo certo ora la sua versatilità. Ma in "Look Now" Costello ci mostra la capacità di spaziare con classe totale tra soul, Beatles, Bacharach (che firma con lui due brani), pop, rock, il Bowie dei 70 e tanto, tanto altro. Brani stupendi, esecuzione perfetta, arrangiamenti d'archi e di fiati sopraffini.

THE BEATLES - White Album Deluxe
Difficile accettare che un capolavoro venga in qualche modo ritoccato e rimaneggiato.
Il figlio di George Martin, Giles, ha rimesso mano al monumentale WHITE ALBUM dei BEATLES, rimixandolo e di fatto cambiando l'opera originale.
Il risultato è indubbiamente valido e migliorativo: incredibile pulizia di suoni, elementi mai sentiti che emergono e si fanno evidenti, passaggi, strumenti rimasti sempre "nascosti", ora sono lì, in tutta la loro bellezza. Una delizia per i BEATLESIANI incalliti.
Tanto quanto la valanga di altro materiale messo a disposizione e riemerso dagli sterminati archivi ovvero altri SETTANTASETTE brani tra demo, session, alternate takes, basi strumentali.
Bellissimi gli ESHER DEMOS (registrati a casa di George, prima di entrare in studio) con le canzoni in versione primordiale, in acustico, tra cui alcune scartate e poi riapparse sui dischi solisti (da "Child of nature" diventato "Jelaous guy" di Lennon a "Not guilty" e "Sour milk sea" di George) ma anche episodi che ritroveremo poi su "Abbey Road" o altrove ("Mean mr mustard" ,"Polythene Pam", "Hey jude", uno stralcio di improvvisazione su "Let it be", "Lady Madonna", "Across the universe" etc).
Alcune cose erano già stata pubblicate sulle "Anthology", altre da tempo reperibili sui vari bootleg.
E poi decine di prove in studio, bozze, con le voci dei Beatles a commentare, una conturbante "Can you take me back ?" (il frammento finale di "Cry baby cry"), una ipnotica, lenta e quasi psichedelica "Helter skelter" di 13 minuti, una bellissima "Yer blues" acustica.
Una bulìmia di materiale che noi fanatici dei Fab Four sappiamo analizzare, apprezzare, capire, studiare, approfondire, decisamente superfluo per il resto dell'umanità.

TURNSTILE - Time & Space
Arrivano dal Maryland e incrociano alla perfezione Bad Brains e Rage against the machine. Ruvidi, veloci, potenti, cattivi.

BELLRAYS - Punk, funk, rock, soul, vol.2
Non si sposta (per fortuna) di una virgola il mondo sonoro della band californiana, da sempre saldamente in mano alla cantante Lisa Kekaula e al suo compagno di vita e chitarrista Bob Vennum. Un sapiente, esplosivo, deflagrante mix di punk, hard rock (dalle parti degli Ac/Dc), funk, soul, Stooges, Tina Turner, come più o meno recita il titolo dell'album. Dieci brani pulsanti, ruvidi, resi soffici dalla calda voce di Lisa che ha la stoffa delle migliori soul women ma che non ci pensa nemmeno a mollare la buona vecchia attitudine punk.

RAY DAVIES - Our Country: Americana, Act 2
Secondo capitolo dell'omaggio di Ray alla cultura (musicale e non) americana, sempre accompagnato dai Jayhawks.
Di gran lunga migliore del precedente, più ispirato e variegato con tocchi di classe qua e là che lo nobilitano ancora di più.
Ray gira tra country, swing, jive, rock blues, sound da big band, spoken word e tanto altro. C'è un mondo normale e poi c'è quello di Ray Davies, un "luogo" tutto suo, da capire e da vivere, QUELLA voce, QUELLO stile.
Commovente, intenso, agrodolce, amaramente sarcastico.

NENEH CHERRY - Broken politics
Non delude mai.Rigorosa, solenne, autorevole, Neneh Cherry sfodera uno stupendo album di soul jazz gospel. Attenzione ! Il tutto declinato in una visione non solo attuale ma futura, avanguardistica e futuristica. Loop elettronici ma anche strumenti acustici in una sorta di moderno blues tribale. Su tutto la sua voce che con decisa grazia parla di malattia, politica, immigrazione, aborto.

THE CHILLS - Snow bound
I neo zelandesi CHILLS (che poi sono il progetto solista de leader di sempre Martin Phillipps) sono in giro dal 1980 e tornano per l'ennesima volta in una tribolatissima carriera.
"Snow bound" è un gioiellino di power pop e di quel sound che negli anni 80 guardava ai 60's (dalle parti di Julian Cope a volte), un approccio ruvido ma elegante che riporta spesso agli Stranglers (linee melodiche e vocalità).

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