Riprendo l'articolo che ho dedicato lo scorso sabato alla grandissima Carol Kaye nelle pagine di "Alias" de "Il Manifesto".
Il ruolo del session man è tra i più ingrati e oscuri nella storia della musica moderna.
Pur se spesso protagonisti e indispensabile tassello per dare a un brano o a un album il giusto e migliore profilo, il loro nome rimane il più delle volte nascosto nei crediti del disco.
E se negli ultimi anni è una figura che ha finalmente trovato dignità e maggiore visibilità, precedentemente era pressoché ignorato.
Non stupisce perciò che la figura della favolosa Carol Kaye sia rimasta così a lungo nel dimenticatoio. Ha compiuto da poco 90 anni e con il curriculum che si ritrova è doveroso tributarle il giusto omaggio. In una vecchia intervista sottolineava il ruolo comprimario dei session (wo)men:
A quei tempi ci accontentavamo di fare i turnisti.
Ci volevano coraggio, dolore e lacrime per diventare una star: all'epoca molti venivano trattati come carne da macello e ci vuole un talento speciale per salire sul palco ed essere degli intrattenitori. All'epoca non ci importava molto, semplicemente riscuotevamo i nostri soldi e tornavamo a casa dalle nostre famiglie, questo era ciò che contava per noi. Intorno al 1973, le case discografiche furono obbligate a mettere i nomi dei musicisti (soprattutto della sezione ritmica) sul retro degli album. A volte non otteniamo i meriti (e nemmeno i proventi derivanti dal riutilizzo) per le nostre opere, fa un po' male sapere che il pubblico viene ingannato e che il nostro lavoro viene semplicemente accantonato come "musicisti", cosa che succede da secoli.
Da quando ha incominciato la sua attività, nel 1957, ha suonato il basso e la chitarra in più di 10.000 dischi e con molte delle leggende del pop rock, spaziando tranquillamente da Frank Zappa (in “Freak Out”) a Frank Sinatra, dai Beach Boys ai Monkees, dalle colonne sonore di Quincy Jones, Henry Mancini e Lalo Schifrin fino a Stevie Wonder, Barbra Streisand, The Supremes, Simon & Garfunkel e in un'infinità di canzoni famosissime (These Boots Are For Walking di Nancy Sinatra a Time Is On My Side di Irma Thomas, Tainted Love di Gloria Jones, Do I Love You (Indeed I Do) di Frankie Wilson, l'inno Northern Soul per antonomasia, il famoso tema della serie televisiva Batman).
Non è un caso che perfino Paul McCartney ne abbia sottolineato l'influenza nel suo modo di suonare: “Pet Sounds” dei Beach Boys è stata la mia ispirazione per creare “Sgt. Pepper”. C'è un basso molto interessante, è sempre quasi fuori tempo. Se hai una canzone in Do maggiore, la prima nota di basso sarà normalmente un Do maggiore. Ma Carol Kaye suonava un Sol maggiore. Era comunque adatto, ma dava una sensazione completamente nuova.
E' sufficiente ascoltare il lavoro di Kaye nel classico “Good Vibrations” per capire quanto Sir Paul ne sia stato condizionato.
Carol ha sempre lavorato con un impeccabile aplomb, un distacco impensabile se consideriamo con chi ha suonato e interagito.
Non ho mai pensato a me stessa come una musicista donna ma semplicemente come una bassista e una chitarrista. Una nota non ha nulla a che fare con il sesso di chi la suona. O la suoni bene o non la suoni. Alcune persone non lo sopportano, soprattutto gli uomini. Vogliono vedere il basso come qualcosa di maschile, ma quando senti un basso suonato con le palle... quella sono io!
Con molta freddezza e lucidità riassume in poche parole il momento culminante della sua carriera (anni Sessanta e Settanta):
A un certo punto, negli anni Sessanta, le case discografiche provarono a usare direttamente i gruppi per registrare le loro canzoni.
Ma ci mettevano settimane per ottenere una buona registrazione e alla fine in molti non ci riuscivano. Le case discografiche ritrattarono e ci ricontattarono immediatamente. Di solito riuscivamo a incidere un album di successo in due sessioni (sei ore). Ho visto il nostro giro arricchirsi di musicisti che fumavano erba.
All'inizio, intorno al 1968-69, la cosa non ci preoccupava, ma negli anni '70 si vedeva la cocaina negli studi e ci volevano giorni per incidere le hit, persino i produttori facevano uso di droghe e insistevano che i musicisti in studio facessero lo stesso, durante le session, cosa che ci inorridiva. A quel tempo la maggior parte di noi se ne stava tranquillamente a registrare per film e programmi TV, non c'era droga in quegli studi.
Poi arrivarono i sintetizzatori verso la metà degli anni '70 e iniziarono a rubare il lavoro. Molti di noi tornarono a suonare dal vivo, ma ci mancano sicuramente gli anni '60.
La carriera di Carol Kaye inizia a 13 anni con l'acquisto di una chitarra acustica a cui si applica subito con grande dedizione, tanto che in breve tempo è già nel giro delle big band jazz sui palchi di Los Angeles. Quando incomincia a frequentare gli studi di registrazione intuisce che è meno faticoso e più remunerativo il ruolo di session woman piuttosto che quello di musicista live. Suona la chitarra in alcuni successi dell'epoca, tra cui il mitico “La Bamba” di Richie Valens. Nel 1963 passa casualmente al basso e ne diventa una maestra, incominciando ad alternarsi alla chitarra.
Entra nella cosiddetta Wrecking Crew il gruppo di turnisti più ricercato negli anni Sessanta e da questo momento non si contano le sue apparizioni in dischi di tutti i tipi.
Il nostro gruppo aveva un suono distintivo, suonavamo molto intensamente. Le nostre vite, quelle dei nostri figli e delle nostre famiglie dipendevano tutte da quel suono. Lo chiamavamo il suono "affamato" (hungry sound). Avevamo tutta la creatività, soprattutto i musicisti della sezione ritmica jazz, per creare arrangiamenti istantanei e strutture di canzoni per dischi di successo con riff, pattern, ogni sorta di idee che ci rimbalzavano in testa, sapevamo dove posizionare le parti, i cambi di tonalità, i break, i fill e i monotoni ritornelli di media frequenza, tutte cose che si fanno costantemente nel jazz, che è improvvisazione spontanea e costante.
Il rock incominciò ad evolversi velocemente a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, le band intrapresero altre strade, diventando artefici delle loro registrazioni e rendendo il lavoro del turnista sempre meno richiesto.
Con grande saggezza e spirito imprenditoriale Carol si dedicò allora alle colonne sonore, affiancando soprattutto Quincy Jones. Un incidente stradale nel 1976 la allontanò pressoché definitivamente dalla musica attiva, pur se continuò sporadicamente a incidere.
Avevo già iniziato a smettere agli inizi degli anni '70. Avevo già smesso quattro o cinque volte perché ero esausta dalle registrazioni. Poi ho iniziato a suonare jazz e ho sentito che mi piaceva di nuovo la musica. Se registravi, verso la fine degli anni '60, parte della musica non era granché e il tuo spirito iniziava a morire se non suonavi buona musica. Quando ho smesso, ho pensato di non volere più toccare lo strumento per il resto della mia vita! Successivamente ha fondato una casa editrice e incominciato a insegnare basso e chitarra via internet.
Il suo stile, spesso suonando le linee di basso in modo sincopato, usando il plettro invece delle dita, in modo da dare più potenza al suono, è diventato un marchio di fabbrica ben riconoscibile, portando in evidenza uno strumento per antonomasia ritmico e destinato al sottofondo.
Recentemente in un'intervista ha sottolineato quanto sia sorpresa del fatto che qualcuno si ricordi ancora di lei e che le abbiano tributato così tanto interesse, rimarcando:
Ammettiamolo: oggi non c'è molta buona musica. Abbiamo bisogno di più musica oggi. Sarebbe sicuramente d'aiuto per le condizioni del mondo!
giovedì, agosto 07, 2025
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