giovedì, agosto 21, 2025

Oasis : Erin Go Bragh

L'amico MICHELE SAVINI prosegue la ricerca di elementi interessanti e particolari dell'Irlanda meno conosciuta.
Gli altri racconti sono qu
i:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Triangle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda

ERIN GO BRAGH

Se qualcuno di voi non lo avesse notato (e non serve essere fanatici di musica o social per saperlo), gli Oasis hanno dato il via al loro tour mondiale, uno degli eventi più chiacchierati degli ultimi mesi, che ha riportato i fratelli Gallagher insieme su un palco per la prima volta dopo 16 anni. Cardiff, Manchester, Londra, Edimburgo e Dublino sono le prime tappe di una tournée internazionale che, si dice, potrebbe durare anche per tutto il 2026.

(Oasis sul palco a Dublino con la bandiera Erin Go Bragh)

Durante le prime date del tour Oasis Live '25, i fan più attenti avranno sicuramente notato un dettaglio particolare sul palco.
Oltre allo stemma del Manchester City e alla sagoma in cartone di Pep Guardiola, su uno degli amplificatori della band compariva un altro “vessillo” portafortuna: la bandiera verde con l’arpa dorata, conosciuta come Erin Go Bragh.
“Erin Go Bragh” è un motto irlandese, spesso associato al nazionalismo repubblicano, che significa letteralmente “Irlanda per sempre”. Nato durante la ribellione del 1798, riapparve nei secoli successivi, soprattutto nei periodi di lotta per l’indipendenza dall’occupazione britannica, diventando un simbolo di resistenza e orgoglio nazionale.
Per gli Oasis, rappresenta un modo chiaro di ribadire il proprio legame con quelle radici, un tratto fondamentale per comprendere l’identità del gruppo.

Tutti e cinque i membri originali della band, infatti, hanno origini irlandesi. Perciò, i concerti di Dublino allo stadio di Croke Park, previsti per il 16 e 17 agosto scorsi, assumevano un significato speciale sia per i fan locali sia per la band stessa. Se Manchester è la loro città natale, Dublino e l’Irlanda non sono da meno: le loro esibizioni qui racchiudono sempre un significato particolare, legato alle radici irlandesi dei fratelli Gallagher e al forte legame culturale che li unisce a questa terra.

“Croker”, come viene affettuosamente chiamato Croke Park, è considerato il tempio dei giochi gaelici per antonomasia.
Nel 1920, fu anche teatro di uno dei massacri più tragici della storia irlandese, quando le truppe britanniche irruppero durante una partita di calcio gaelico tra Dublino e Tipperary e spararono sulla folla di circa 15.000 spettatori, uccidendo 14 civili.
Per Noel questa è la quarta performance qui.
L’ultima volta aprì per gli U2 con i suoi High Flying Birds nel 2017.
La prima, invece, risale ai primi anni ’80, quando da adolescente, giocò una partita amichevole con il CLG Oisín, un club di calcio gaelico di Manchester per cui i fratelli Gallagher giocavano da bambini.
(Una foto del giovane Noel Gallagher durante una partita amichevole di calcio gaelico a Croke Park)

Noel e Liam Gallagher, infatti, sono cresciuti in un ambiente profondamente legato alla cultura irlandese.
Fin da giovani hanno frequentato gli Irish Social Club a Manchester, hanno giocato a football gaelico e visitato regolarmente la loro terra d’origine durante l’estate. Questa forte eredità culturale è stata trasmessa loro direttamente dai genitori, Thomas e Peggy, entrambi nati in Irlanda.

Il padre, Thomas Gallagher, proveniva da Duleek, un piccolo paese nella contea di Meath, mentre la madre, Peggy Sweeney, era originaria di Charlestown, nella contea di Mayo. Entrambi emigrarono a Manchester alla fine degli anni ’60, in cerca di migliori opportunità di lavoro e una vita più stabile.
E sebbene il turbolento rapporto con il padre, segnato anche da episodi di violenza fisica, avrebbe potuto allontanarli dalle loro radici irlandesi, è stato invece il forte legame con la madre a mantenerli profondamente legati alle proprie origini gaeliche.

Peggy, che si dice possa essere proprio qui stasera a Croke Park per assistere a uno degli show del Live 25, rappresenta il cuore pulsante della famiglia. Se tutta la combriccola dei Gallagher infatti, composta da figli, parenti e amici, ha seguito praticamente tutti i concerti di questo tour, sembra che Peggy abbia deciso di muoversi soltanto per la data di Dublino, dove potrà godersi lo spettacolo insieme a tutta la sua famiglia, in arrivo direttamente dalla contea di Mayo.
A lei, tutti i fan degli Oasis devono molto, non solo perché ha dato alla luce i due fratelli che hanno reso grande la band, ma anche perché si dice sia tra le principali artefici di questa attesissima reunion.

È lei che continuava a ricordargli di non pronunciare la seconda G in Gallagher (cognome di origine irlandese che va pronunciato “Gallaher”, con la G muta) e a ripetergli all’infinito, fin da bambini: «Siete inglesi “solo” perché siete nati qui», ricorda Noel.
Il principale compositore degli Oasis ha anche rivelato in diverse interviste che il verso di Don’t Look Back in Anger, “stand up beside the fireplace, take that look from off your face”, si riferisce proprio a quando sua madre li costringeva a posare accanto al caminetto, in uniforme scolastica, per scattare foto da inviare ai parenti rimasti a Charlestown e Duleek.

Ed è proprio il paesino di Charlestown della contea di Mayo dove risiede la famiglia di Peggy, che ha giocato, se vogliamo, un piccolo ma decisivo ruolo in questo trionfale ritorno degli Oasis.
Nel documentario su Liam Gallagher As It Was, pubblicato nel 2019, come raccontato dal fratello Paul, si scopre che proprio lì, al pub locale JJ Finan, scoccò la scintilla che spinse Liam a rilanciarsi con una carriera solista dopo lo scioglimento dei Beady Eye.
Durante una sessione di bevute al pub, una maratona di 8 ore e 30 pinte di Guinness (sì, TRENTA!!!), qualcuno gli mette in mano una chitarra:
Liam si anima ed esegue per la prima volta Bold, una delle canzoni che finirà poi nel suo primo album solista.
Uno dei presenti tira fuori un telefono, riprende tutto ed il gioco è fatto: il video fa il giro del mondo, scatenando l’isteria dei fan. Liam prende coraggio e intraprende la carriera solista, quella stessa carriera che negli ultimi dieci anni ha avvicinato milioni di nuovi giovanissimi fan alla musica degli Oasis.
Insomma, senza quel video e senza quelle trenta pinte in quel pub di Charlestown, chissà se oggi saremmo qui a parlare di reunion e di concerti a Croke Park.
(Noel, Paul, Liam con la madre Peggy)

Il forte rapporto con la madre e i frammenti di ricordi familiari che emergono dai racconti dei fratelli Gallagher richiamano la massiccia ondata migratoria irlandese tra gli anni ’50 e ’70, quando molte famiglie, spinte dalla crisi economica e dalla scarsità di lavoro, si trasferirono nelle città industriali britanniche come Manchester, Leeds e Liverpool, portando con sé la loro lingua, la loro musica e una forte identità culturale.
Queste tradizioni si preservavano e si tramandavano nonostante le difficoltà di adattamento ad un nuovo contesto sociale, spesso segnato da condizioni di lavoro dure e da un ambiente urbano complesso.

L’Inghilterra degli anni ’70-‘80 era ancora un paese profondamente segnato dal razzismo verso i “Paddies” (termine dispregiativo usato per indicare gli irlandesi) che venivano guardati con sospetto e ostilità, soprattutto durante i periodi più intensi delle durissime campagne dell’IRA. Quegli anni, segnati dall’eco delle bombe che risuonavano in tutta la Gran Bretagna, hanno inevitabilmente influenzato l’ambiente in cui i fratelli Gallagher sono cresciuti.
Noel ricorda un episodio avvenuto durante il viaggio di ritorno a Manchester, dopo una delle tante vacanze estive passate a trovare sua nonna nella contea di Mayo, quando l’auto di famiglia fu perquisita dai soldati britannici.
«Quando sei con i tuoi genitori, ti senti al sicuro, ma quando tirano fuori tuo zio Paddy dall’auto, vieni mandato in una stanza da solo e i militari arrivano con i cani e controllano la macchina con gli specchi sotto il telaio …??? All’epoca non capivo davvero cosa stessero cercando…Ero abbastanza grande da sentirne parlare al telegiornale, ma ancora troppo piccolo per comprenderlo fino in fondo».
(Da sinistra a destra: Noel, Liam e Paul durante una delle vacanze estive nella contea di Mayo).

Il paese era un crocevia di culture e spesso teatro di conflitti legati a identità etniche e sociali; in questo contesto, la comunità irlandese trovava rifugio e sostegno negli Irish Social Clubs, luoghi di aggregazione fondamentali per preservare le proprie tradizioni. Nati per iniziativa di emigrati irlandesi e spesso legati ad associazioni parrocchiali o comitati locali, gli Irish Social Club erano molto più di semplici pub: rappresentavano veri e propri centri comunitari per la diaspora irlandese, soprattutto per chi era emigrato in cerca di lavoro durante i grandi flussi migratori dagli anni ’50 in poi. All’interno si esibivano gruppi e DJ di musica country e folk irlandese, creando un vero e proprio microcosmo d’Irlanda, un angolo di patria lontano da casa.

Nonostante i rapporti difficili con il padre, l’esperienza negli Irish Social Club di Manchester, dove Thomas Gallagher faceva il DJ, ha influenzato profondamente Noel.
Lui e suo fratello Paul accompagnavano spesso il padre, aiutandolo a portare i dischi e a preparare le serate.
In quei lunghissimi pomeriggi ascoltavano brani di The Chieftains, The Dubliners e Daniel O'Donnell, ma anche le coinvolgenti Irish rebel songs che animavano quei luoghi, contribuendo a creare quell’energia esplosiva e quel senso di ribellione che caratterizzeranno la musica degli Oasis.

Quelle canzoni, cantate in coro come epici inni, racchiudevano lo stesso spirito corale e trascinante dei brani più famosi della band: un’energia collettiva che si alimenta proprio nel momento in cui le si canta insieme.
La musica degli Oasis, infatti, è permeata da un atteggiamento di sfida e autoaffermazione che richiama da vicino le lotte per l’indipendenza irlandese, dove la ribellione contro l’autorità e l’oppressione ha sempre avuto una forte carica emotiva e di protesta.
Lo stesso Noel ha definito Definitely Maybe come «il suono di cinque cattolici irlandesi di seconda generazione che escono da un complesso popolare. C’è una natura ribelle in Definitely Maybe, un atteggiamento di sfida, ed è la stessa ribellione e sfida che caratterizzano l’animo irlandese».

Ma se da un lato esiste questo forte senso di appartenenza alla propria identità irlandese, è forse proprio il desiderio di fuggire dall’ambiente legato al rapporto tormentato con il padre che ha spinto Noel a cercare una via di fuga nella musica. Non voleva restare intrappolato in quell’ambiente, in qualche modo imposto dalla figura paterna, né farsi soffocare dalla nostalgia irlandese che caratterizzava la comunità degli immigrati a Manchester.
C’era il punk là fuori, un’esplosione di energia e ribellione che stava scuotendo il paese, e Noel non aveva alcuna intenzione di passare tutta la vita a cantare vecchie canzoni tradizionali, strafatto di Guinness (e non certo per la Guinness).
Voleva essere libero di fare e cantare quello che voleva, come avrebbe scritto anni dopo nei versi di Whatever: "I'm free to be whatever I, Whatever I choose, and I'll sing the blues if I want."

Non si tratta di un rifiuto delle proprie origini, ma semplicemente di una realtà complessa e sfaccettata. Noel Gallagher non può definirsi né completamente irlandese né del tutto inglese: è il prodotto d’immigrati irlandesi di seconda generazione, sospeso a cavallo tra due mondi.
Nato a Manchester da genitori originari dell’Irlanda, la sua eredità è un mosaico di culture e identità. Le radici dei suoi genitori affondano nel duro suolo irlandese, ma l’anima di Noel è stata plasmata dal ronzio industriale dell’Inghilterra settentrionale e dall’atmosfera vibrante della sua scena musicale.
(una foto del recente show degli Oasis a Croke Park, sabato 16.08.25)

Questo “melting pot” culturale, nato dalla crescente presenza delle comunità irlandesi nelle città del nord d’Inghilterra, ha profondamente influenzato e rimodellato il panorama del rock britannico dagli anni ’50 in poi. Se diamo un’occhiata nel dettaglio alle origini di alcuni dei più grandi gruppi pop della storia del Regno Unito, scopriremo una fortissima influenza irlandese, proveniente da migranti di seconda, terza e quarta generazione.
Molti di questi artisti divennero inevitabilmente i modelli musicali del giovane Noel.
John Lennon e tutti e quattro i Beatles avevano radici irlandese.
I loro avi, erano tutti fuggiti dalla verde Irlanda durante gli anni della Grande Carestia che colpi l’isola tra il 1845 al 1852.
Così come i genitori di John Lydon dei Sex Pistols, immigrati irlandesi a Londra, con la madre originaria di Cork e il padre di Tuam, nella contea di Galway.

I principali compositori degli Smiths, altra band amatissima dal giovane Noel, hanno anch’essi fortissime ascendenze irlandesi, di cui si può trovare traccia anche in alcune delle loro canzoni. Morrissey, autore di “Irish Blood, English Heart” e “This is not your country” ha entrambi i genitori provenienti dal quartiere di Crumlin, a Dublino (lo stesso che ha dato i natali a Phil Linotts dei Thin Lizzy) e ha vissuto parecchi anni nella capitale irlandese.
Stesso discorso per Johnny Marr, le cui radici affondano ad Athy, nella contea di Kildare: i suoi genitori emigrarono negli anni ’60 e continuarono a cantargli canzoni tradizionali irlandesi per tutta la sua infanzia. Come molti dei fan più attenti degli Smiths sapranno, uno dei pezzi più celebrati della band, Please, Please, Please, Let Me Get What I Want, si chiamava originariamente “The Irish Waltz”, perché fu proprio il senso di nostalgia e malinconia tipico delle ballate dei migranti irlandesi lontani da casa a ispirarne la melodia.

George Byrne, noto giornalista e critico musicale della rivista Hot Press, una volta, durante un’intervista a metà degli anni ’90, con il sorriso sulle labbra, definì gli Oasis “la migliore band irlandese dai tempi degli Smiths” e, chissà, forse non si sbagliava di molto.”

Ed è proprio Noel a spiegare meglio di chiunque altro come il legame profondo con l’Irlanda sia il segreto dietro il successo degli Oasis:
“C’è della rabbia nella musica degli Oasis, lascia che te lo spieghi.
Se dico alla gente che c’è rabbia nella musica, potrebbe pensare a urla e grida, ma esiste anche un tipo di rabbia “gioiosa”.
Quando gli irlandesi sono tristi, sono le persone più tristi al mondo; quando sono felici, sono le persone più felici al mondo. Quando bevono, sono le persone più ubriache al mondo. C’è una regola per gli irlandesi e una regola diversa per tutti gli altri.
Siamo irlandesi, io e Liam.
Non c’è sangue inglese in noi, e chi lo sa capisce che c’è il bere normale e poi c’è il bere irlandese.
Il bere irlandese può essere infinito.
Gli Oasis non avrebbero mai potuto esistere, essere così grandi, così importanti, così imperfetti, così amati e odiati, se non fossimo stati tutti prevalentemente irlandesi.»
Noel Gallagher


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