lunedì, dicembre 16, 2024

Dischi Mod e affini 2024

Una serie di segnalazioni di album, 45 giri, libri MOD e affini del 2024.

THE PRISONERS - Morning star
A trent'anni dall'ultimo album torna una band seminale, per quanto oscura e immeritatamente trascurata, autrice di quattro fenomenali album e di una carriera fulminea quanto lucente ed esplosiva. Furono precursori del Britpop con un sound che mischiava Small Faces, garage, beat, psichedelia, con l'energia del pub rock e del punk.
La carriera successiva allo scioglimento ci ha dato grandi soddisfazioni con James Taylor Quartet, Solarflares, Prime Movers, Gaolers, Galileo 7. L'inaspettata reunion ci riconferma, con gli stessi favolosi ingredienti, una band ancora fresca, pulsante, creativa, con quattordici brani nuovi, semplicemente eccezionali.

SHARP CLASS - Welcome To The Matinee Show (Of The End Of The World)
E' sempre più raro trovare una band che si definisca chiaramente Mod, tanto più se è di giovane età.
Gli Sharp Class firmano il secondo album e ci riportano nel più classico mondo dei primi Jam, quelli più aggressivi e scarni.
Le canzoni sono fatte molto bene, l'energia non manca di certo, il sound è quello giusto.
Revivalismo?
Può darsi.
Personalmente lo trovo un disco freschissimo, pulsante, elettrico, nervoso, semplicemente bello da ascoltare per gli amanti di certe cose.
Si astengano gli altri.

PURPLE HEARTS - Extraordinary Sensations Studio And Live 1979-1986
Triplo CD che raccoglie l'opera omnia dei PURPLE HEARTS una delle migliori (e più ruvide) Mod Band della scena del 1979.
Nel box i due album incisi, lo spettacolare ‘Beat That!’ del 1980 il meno riuscito, più pop, ‘Pop-Ish Frenzy’ del 1986, tutti i singoli, tredici brani live e diversi demo tra cui i sei prodotti da Jimmy Pursey degli Sham 69 nel 1979 e i due curati da Paul Weller nel 1981, destinati a un'uscita per la sua Respond records, mai avvenuta, in cui si avverte una predilezione per il soul a scapito della consueta carica elettrica per cui erano conosciuti.
In totale 76 brani che ci mostrano una band che partiva da basi essenzialie minimali, figlie del punk meno rude (avevano esordito in quel giro con il nome di Sockets, con cui suonarono solo 7 concerti, tra cui un supporto ai Buzzcocks nella natìa Romford e un'audizione al mitico "Roxy" londinese).
Ebbero scarso successo commerciale: i singoli "Millions Like Us" e "Jimmy" si affacciarono a stento nei primi 60 delle charts inglesi, l'album "Beat that!" passò abbastanza inosservato.
Dopo un periodo di stop, tornarono in circolazione con il live "Head on a collision time" del 1984 e l'album "Pop-ish" frenzy" due anni dopo, anche in questo non coronato da particolare successo.
Si sono successivamente riuniti per qualche tour e apparizioni in festival mod.

THE MADS - Time By Time
I milanesi Mads, tra i primissimi in Italia ad abbracciare suoni ed estetica mod vissero poco tempo, dal 1979 al 1984, per incidere qualcosa, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo.
Rinati nel 2012 con l'ottimo "The Orange Plane", bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splenmdida cover degli Action "Never Ever". Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica. Disco eccellente.

STATUTO - Statuto Football Club
E' nota la vicinanza tra la storia degli STATUTO e la passione calcistica.
Dall'amore per la maglia granata del Torino (nel 1998 al videoclip del loro brano “Un Posto al Sole”, partecipò tutta la rosa della squadra, nel 2005 nel video di “Facci un goal” fu ospite Paolo Pulici, nel 2006 l'album "Toro" raccoglieva brani dedicati alla squadra del cuore, tra cui "Cuore Toro", inno ufficiale del Torino), a canzoni a tema calcistico meno specifiche.
Furono i primi nel 1988 a firmare un testo, “Ragazzo ultrà”, che descrive la tematica delle tifoserie organizzate, successivamente con Enrico Ruggeri hanno scritto nel 2010 il brano “Controcalcio”, omaggio al calcio d’altri tempi.
Inoltre oSKAr, è membro della Nazionale Italiana Cantanti dal 2017 con il ruolo di difensore.
Gli otto brani di "Statuto Football Club" alternano canzoni dedicate al calcio come "Notte magiche", "Una vita da mediano", "La leva calcistica del '68" e "La partita di pallone" a strumentali, sigle storiche televisive e radiofoniche di “Tutto il calcio minuto per minuto”, “Novantesimo Minuto”, “Domenica Sprint”,“Domenica Sportiva", come "A taste of honey" di Herb Alpert and Tijuana Brass o "Stadium" di Oscar Prudente con il baritonale coro "Viva viva il goleador". Le versioni sono ovviamente caratteristiche dello stile degli Statuto tra ska, soul, rocksteady, soul funk, modern latin jazz (vedi "Pancho" di Jack Trobey che fu sigla di "90° minuto").
L'idea è vincente, l'album arrangiato e suonato benissimo oltre che decisamente originale e godibilissimo.
La storia continua.

GIULIO CAMPAGNOLO & the JAZZ FUNKERS - C'mon
Splendido album di modern jazz, puro Hammond sound con otto brani autografi, tra Jimmy Smith, il Ramsey Lewis dei Sessanta, Horace Silver. Campagnolo fiammeggia all'Hammond, accompagnato dalla pulsante e metronomica batteria di Adam Pache e da una sezione fiati particolare, con i sax di Michele Polga (autore anche di due pezzi) e Piero Bittolo Bon (anche al flauto) e il trombone di Federico Pierantoni.
Un gioiello di classe ed eleganza per original modernists, registrato in full analogic, live in studio.

PAUL WELLER - 66
Paul Weller festeggia il 66° compleanno con il titolo omonimo per il 17° album solista.
La consueta, doverosa, premessa è che non ha nulla da dimostrare, la sua carriera quasi cinquantennale, solista inclusa, parla chiaramente.
Può dare sfogo alle sue esigenze creative senza dover compiacere critici, fan o chiunque altro.
L'album parte fortissimo con l'intensa ballata quasi jazzata "Ship of fools" in coppia con Suggs, molto "british" e Kinks e prosegue con il brano forse più complesso (e tra i migliori), "Flying fish", che mischia ritmiche quasi disco con una progressione che ci tuffa in un groove più rock, il tutto corredato da ampio uso di effetti elettronici. "Jumble Queen", già proposto dal vivo, è composto con Noel Gallagher (presente anche nel brano), un poderoso soul rock con tanto di fiati e potente riff chitarristico. Ballata nel consueto stile Welleriano, "Nothing" è abbastanza anonima.
Più definito il bluesaggiante e malinconico "My best friend's coat".
"Rise up singing" è puro Style Council, con un'orchestrazione sontuosa e toni gospel, non male.
Archi a profusione e impostazione acustica anche nelle successive "I woke up" e "Gimpse of you", sontuosa e quasi da colonna sonora cinematografica di un film anni Cinquanta. Un po' jazzy e sbarazzina "Sleepy Hollow" con solo di vibrafono ad addolcire il tutto. Carina.
"In full flight" è un'altra ballata, molto lenta, che ci lascia in un clima molto rilassato e un tantino sonnolento.
"Soul wandering" torna, per fortuna, ad alzare i ritmi con l'apporto di Bobbie Gillespie, un buon soul funk dalla chitarra energica e atmosfere gospel con sezione fiati. Uno degli episodi più interessanti.
La conclusione dall'incedere epico e solenne di "Burn out" ci consegna quasi ai Pink Floyd anni 70.
In definitiva Weller confeziona un altro buon album ma, a parere personale, senza lode né infamia, a tratti particolarmente anonimo e poco ispirato, soprattutto al confronto con i momenti più riusciti.
La qualità compositiva del Nostro è conosciuta e non è certo in discussione ma, a malincuore, "66" non rientrerà nelle sue migliori opere soliste.

PAUL WELLER - Supplement 66
Nuovo ep con 4 inediti di grande classe, di stampo folk jazz che riporta immediatamente agli Style Council, in particolare in "That's What She Said" e "Change What You Can" con un ottimo lavoro della sezione fiati. Un pizzico di funk soul per "Earth In Your Feet", puro folk acustico dalle tinte jazzy nella conclusiva "So Quietly" con la voce della cantautrice Kathryn Williams.
Ulteriori ospiti Max Beesley al vibrafono, Danny Thompson al contrabbasso e Steve Brookes alla chitarra. Disco molto piacevole, autunnale, rilassato, che nella sua concisione trova il tratto più apprezzabile.

KULA SHAKER - Natural Magick
Tornano i KULA SHAKER con il settimo album di una tormentata carriera.
"Natural Magick" è il lavoro che ci può aspettare dalla band di Crispian Mills e soci (di nuovo con la line up originale).
Freakbeat, pop rock, influenze sempre marcatamente 60's, psichedelia, riferimenti "indiani", Beatles ultimo periodo a profusione.
Personalmente non chiedo, non pretendo, né mi aspetto altro e saluto un ottimo album di una delle migliori band del Britpop.

RUDY BOLO - Mezzanotte al soul bar / Mollo tutto
Spettacolare singolo in prezioso vinile in cui Rudy Bolo, veterano della scena streetpunk italiana (con i grandi Ghetto 84), riprende due brani della tradizione punk nostrana in chiave soul/northern soul.
"Mezzanotte al soul bar" era dei Ghetto 84, "Mollo tutto" dei Bomber 80. I brani sono energici, splendidamente arrangiati, voce abrasiva, conservano lo spirito originario ma si ammantano di sapori Sessanta, riportano alla mente in particolare i mai dimenticati e sempre rimpianti Redskins e i nostri Statuto. Eccellente e indispensabile per ogni Young (o anche old) soul rebel!

JTQ - Hung up on you
In pochi riconoscerebbero il JAMES TAYLOR QUARTET ("The coolest sounds in funky acid jazz") in questo album (che forse, non a caso, è attribuito ai JTQ).
Un incrocio tra garage beat alla Prisoners (di cui vengono ripresi due brani dal recente "Morning star": una versione ancora più bella di "My wife" e una, in italiano! di "Go to him", intitolata "Perché non vai da lui"), e il primo punk beat tra Undertones e Buzzcocks.
Qualche pausa funk jazz ma il tratto prevalente è quello power pop punk beat.
Al di là della sorpresa, un album davvero bello.

NEW MASTERSOUNDS - Old school
La band di Leeds, attiva da un quarto di secolo e con una ventina di incisioni alle spalle, torna con la consueta formula (vincente) a base di funk soul strumentale con l'organo Hammond in primo piano, tra Meters e Booker T & the Mg's. Dieci brani coinvolgenti, ritmicamente travolgenti, suonati (benissimo) con palese gusto e divertimento, per un album super grooovy!

BIG BOSS MAN - Bossin' around
Quinto album per la band inglese, a dieci anni dal precedente, e ancora un'invidiabile freschezza nel proporre un gustosissimo mix di Hammond sound, boogaloo, latin jazz, funk, soul, ethiojazz, anche uno ska soul irresistibile. Bravissimi nel districarsi in una varietà di stili con grande maestria e padronanza della materia.

DEXY'S - The Feminine Divine + Dexys Classics: Live!
Formidabile live con 19 brani in cui la band raccoglie l'intero, recente e ottimo, "Feminine divine" e poi ci delizia con versioni stupende, elaborate, piene di soul, groove e raffinatezza di alcuni classici, da "Geno" a "Come on Eileen", passando attraverso "Jackie Wilson said", "Plan B", "Tell me when my light turns green".
Si chiude con la struggente canzone popolare irlandese "Carrickfergus". Registrazione impeccabile, band spaziale, kevin Rowland vocalmente superbo. Un gioiello.

DEE C. LEE - Just something
Torna a 26 anni dall'ultimo album DEE C. LEE, pubblicato dalla Acid Jazz Records.
L'ex voce degli Style Council (anche con Wham! e Animal Nightlife oltre che con una buona carriera solista), sfodera un timbro maturo, suadente, sempre pieno di classe e un sound soul funk jazzy, elegante e raffinatissimo, che riporta immediatamente alla "band madre".
In un paio di brani c'è anche Mick Talbot e uno lo compone Leah Weller (figlia di Paul e Dee).
Due ottime cover, 'Be There In The Morning’ di Renee Geyer e 'I love you" di Weldon Irvine.
Cool & groovy.

ORGAN SQUAD - Double zero files
Esordio esplosivo per il quartetto modenese che mette insieme tutte le sfaccettature di quella frizzante scena nata con l'Acid Jazz nei primi anni Ottanta, con band come James Taylor Quartet o Corduroy (a cui la band si avvicina parecchio). Hammond, sfumature jazz, gusto Lounge Music, gli anni sessanta delle colonne sonore, con funk, Meters, Booker T & the Mg's, Jimmy Smith nel cuore. Ma ci sono anche riferimenti espliciti a Prisoners, mod sound, soul, rhythm and blues e una riuscitissima cover di "Hold on" dei Fleurs de Lys. Super!!!

THE GALILEO 7 - You me and reality
Il quinto album della band inglese, guidata da Alan Crockford (Prisoners, JTQ, Prime Movers etc), conferma la qualità artistica del quartetto e la bontà della scelta stilistica, che guarda alla seconda metà dei Sixties tra momenti garage beat, freakbeat, la psichedelia che caratterizzava band come gli Who o i Move ma anche l'impeto ritmico anni 90 dei Dodgy. Belle canzoni, tanta energia, ottimo album.

DEEP SIX - Looking For Tuesday Jones
Chi ha avuto a cuore la scena MOD ricorderà con molto affetto la breve parabola dei Makin' Time a metà degli anni Ottanta con il loro stupendo Rhythm and Soul. Sciolta la band i membri si sparsero tra Charlatans (il bassista Martin Blunt), Prime Movers, Phaze, Senato e carriera solista (la tastierista e cantante Fay Hallam) e Upper Fifth.
Il chitarrista e cantante Mark McGounden e il batterista Neil Clitheroe tornano con i DEEP SIX (talvolta dal vivo anche con Simon Stebbing dei Purple Hearts, altra mod band di culto).
Il nuovo album (con copertina di Paul Bevoir dei grandi amanti di sound ed estetica Beatles/Monkees, The Jetset) è un buon lavoro a base di jingle jangle sound, Sixties mood, beat, mod sound. Produzione minimale e urgente ma ottime canzoni e il giusto feeling.

AA.VV - "Modstock #3 - 16 Mod Club Sounds For The 21st Century
Una delle tantissime compilation che raccolgono gemme oscure dei 60's. Qui si va da rhythm and blues a latin jazz, boogaloo e altre delizie, alcune delle quali di primissima qualità.

CIAN DOWNING - Untouchable / I'll always keep
Giovanissimo, dichiaratamente mod, alle prese con un sound che mischia beat, pop, Billy Bragg, Redskins, soul, Hosemartins. In attesa diu un imminente album, un ottimo 45 giri che fa ben presagire per il futuro.

Steve Turner - King Mod: The story of Peter Meaden, The Who and the birth of a British sub-culture
Peter Meaden è stato lo scopritore e manager dei primi WHO (e High Numbers, per i quali scrisse i testi del primo - e unico con quel nome - singlo "I'm the face" / "Zoot Suit") e tra i protagonisti della scena MOD degli anni Sessanta.
Il libro ne narra la storia, ricchissima di dettagli inediti o poco conosciuti (oltre a tante foto rare) e include un'intervista del 1975 sulla sua vita, gli Who, i mods etc. Durante la quale formulò la famosa e definitiva frase sul MOD:
"Modism, Mod living, is an aphorism for clean living under difficult circumstances."
Purtroppo le sue condizioni psico fisiche erano piuttosto compromesse (l'incontro tra l'autore e Meaden avviene in una clinica psichiatrica) e non tutte le sue considerazioni sono affidabili e condivisibili (soprattutto le contestualizzazioni temporali) ma per chi ama l'ambito subculturale è un documento preziosissimo.
Ci sono appunti importanti, come l'articolo del settembre 1962 sulla filosofia di Mark Feld (futuro Marc Bolan) considerato il primo documento ufficiale sulla scena modernista, in cui non parla mai di mod, né di musica, nè di droghe, scooter o altro ma fa esclusivo riferimento alla sola ossessione per l'estetica.
Anche se già nel 1958 il "Daily Mirror" pubblicava l'articolo dal titolo "Are you a Trad or a Mod?", ripreso poi nel marzo 1963 dal "Mirror": "Trad or Mod?".
Le descrizioni dell'epoca sono accuratissime, a partire dal luogo in cui partì la scena Mod, il club londinese "The Scene" in cui Sandra Blackstone (compagna di un soldato americano di stanza a Londra) suonava 45 giri rarissimi con la regola del club "nessun disco della Top 20".
Quando incontra gli Who, dediti a blues e rythm and blues, per soddisfare il loro pubblico trova un gruppo di ragazzi "malleabili e da plasmare".
"Li portai allo "Scene", videro i mods e incominciarono a identificarsi con loro e a entrare nel mio mondo speciale".
Grazie a Guy Stevens, Dj e prime mover della scena mod londinese (poi produttore di "London calling" dei Clash) porta a Townshend e soci una lunga serie di rari brani "black" da cui prendere ispirazione.
La fine mediatica e numerica della scena mod avviene per un fattore particolare:
"LSD. Le pillole Drynamil incoraggiavano il movimento e la parlata veloce, LSD, mescalina e peyote portavano alla riflessione e introversione. La vita interiore diventò più importante delle altre attività."
Peter Meaden venne lasciato presto dagli Who, si dedicò alla Steve Gibbons Band ma finì malamente la sua vita tra depressione, esaurimenti nervosi, problemi psichiatrici e dipendenze pesanti.
Morì nel 1978, a 37 anni, poco prima di Keith Moon.
Gli Who si premurarono di coprire le spese funerarie.
Il libro è INDISPENSABILE per chi vuole approfondire certe tematiche e periodi (affiancherei l'eccellente "Stoned" dell'amico Andrew Loog Oldham, manager dei primi Stones). "Al raduno di Hastings nel 1966 c'erano solo mods. 15.000 mods e TRE rockers in un bar!"
"Quanti ambasciatori del rock inglese sono stati direttamente influenzati dal Mod: Who, Rod Stewart, David Bowie, Stones, Small Faces, Animals, Georgie Fame, Julie Driscoll, Brian Auger, Zoot Money, Steve Winwood, Eric Clapton, Kinks, Marc Bolan, Jeff Beck, Robert Plant, Jimmy Page, Elton John, Anddy Summers, Bryan Ferry". "Essere un mod non era solo essere al massimo della moda ed estetica ma anche conoscere le migliori canzoni, i club, i bar, le boutique, i trend e le feste. Perdere le attività di un weekend significava essere tagliato fuori, il peggiore peccato che potesse commettere un mod. Non c'era nostalgia, i mod vivevano esclusivamente nel presente con uno sguardo attento al futuro."

Daniel Rachel - Too Much Too Young
La splendida avventura della 2TONE RECORDS, fulminante, breve, accesasi come una stella sfavillante ed esplosa come una (champagne) supernova, lasciando luminosi detriti vaganti fino ai giorni nostri, raccontata attraverso minuziosi particolari in questo eccellente libro (tradotto in italiano da Flavio Frezza per Hellnation Libri).
Un'etichetta che nasce e vive come un collettivo anarco/marxista sotto la ferrea guida di Jerry Dammers, tastierista e mente pensante degli Specials.
Non c’erano contratti formalizzati. Gli accordi venivano siglati da una stretta di mano. Senza costituzione formale né iscrizione ai registri, l’etichetta esisteva soltanto di nome. Come piaceva dire a Jerry, «più che una casa discografica, era una presa per il culo delle stesse».
Vendettero milioni di copie dal 1979 al 1986 con i dischi di Specials, Selecter, Bodysnatchers, il primo singolo dei Madness, The Beat per implodere poi tra mille divisioni, litigi, cause legali, debiti, dischi e gruppi ignorati, passando in mezzo alla violenza ai concerti, agli scioglimenti dei gruppi, alla (mala) gestione dell'etichetta, inadatta al volume di soldi incassati e alla complessità di unire realizzazioni di dischi, organizzazione di lunghi tour, economia "aziendale".
Le canzoni affrontavano argomenti che, per i giovani, rappresentavano la vita quotidiana: violenza di strada, abusi sessuali, gravidanze adolescenziali, disoccupazione, rischio di una guerra nucleare. La 2 Tone era una nuova forma di musica di protesta, attraverso la quale riecheggiava l’eredità dei pionieri degli anni sessanta come Bob Dylan e Joan Baez, e cercava di trasmettere al pubblico l’idea di un’unità politica e sociale.
Uno degli scopi della 2 Tone era educare il pubblico e fargli capire che si trattava di musica inventata dai neri: dovete accettare il fatto che il mondo non è bianco, ma a due colori”. La 2 Tone tentava di infondere nella testa della gente l’idea di uguaglianza e di dare un freno al razzismo.
Venivano tutti dal nulla: lavori di merda, monolocali di merda, senza un soldo in tasca. Cercavano di farcela partendo da zero. C’era un’atmosfera di avventura. L’ideale alla base della 2 Tone avrebbe preso vita sulle piste da ballo dell’intero paese.
Finì malamente.
Il libro è impietoso nel raccontare anche il lato oscuro della vicenda ma è sempre equilibrato e il più possibile fedele alla realtà.
Indispensabile per i cultori di un certo ambito.
"La 2Tone ispirò uno stile che travolse il paese. Sostenne l'antirazzismo, mise in discussione il sessismo e incoraggiò persone di idee differenti a sposare il multiculturalismo. Il suo impatto continuerà a dar vita a dibattiti sociologici e politici, sia sulla carta stampata che nei pub. Tali discussioni sono importantissime e aiutano a interpretare uno dei più grandi culti giovanili della storia britannica."

Martin "Sticky' Round - Scooterboys. The lost tribe
La scena "Scooterboy" fu una diretta filiazione da quella Mod, nei primi anni Ottanta, per assumere progressivamente (in Gran Bretagna) una dimensione molto personale che dalle origini si allontanava drasticamente.
Come descrive bene il libro:
"Per i Mods lo scooter è un accessorio.
Per gli Scooterboys la classica Vespa o Lambretta è essenziale".
Da un certo punto in poi gli Scooterboys si affrancarono dalla cultura Mod, assorbirono, soprattutto esteticamente, elementi dagli skinhead, perfino dagli psychobilly e rocker. Conservarono l'amore per soul, northern soul e ska ma non mancavano nelle serate musiche di ben altro tipo.
La disamina del libro è molto interessante, partendo dalle primigenie passioni degli inglesi per lo scooter, arrivando a un elemento essenziale per comprendere l'uso del mezzo negli anni Ottanta Tatcheriani di disoccupazione e devastazione sociale: gli scooter erano economici.
Se ne trovavano usati (seppur mal ridotti) a pochi spiccioli, la miscela era particolarmente bassa di prezzo, non c'erano ancora controlli sull'uso dipendenti dall'età o dall'uso del casco.
Si sviluppò così una scena di fanatici dello scooter, i raduni diventarono affollatissimi, l'estetica era l'ultimo dei problemi (l'importante era arrivare con il proprio mezzo, banditi e sbeffeggiati coloro che lo trasportavano in loco su un furgone).
I mezzi divennero sempre più personalizzati, talvolta al limite del grottesco.
L'estensione a quello che era un culto riservato a pochi, alla massa generò sfruttamento economico da parte di alcuni, violenza ai raduni, attenzionamento delle autorità, rivalità e tanti altri aspetti deprecabili.
Il fenomeno si è successivamente espanso in tutto il mondo (in Indonesia in particolare), pur se molto più circoscritto e differente dagli anni Ottanta, rimanendo però sempre un ambito "segreto" e di pertinenza di pochi appassionati, costantemente lontani dall'attenzione dei media.
Il libro è ricco di foto a colori, bellissima copertina rigida, molto (auto)ironico e divertente, pieno di aneddoti.
Consigliatissimo a chi vuole aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza delle (cosiddette) sottoculture.
Belle le parole di Mani degli Stones Roses e Primal Scream (scooterista di prima generazione che proprio nella scena incontrò il cantante Ian Brown e il chitarrista John Squire):
"Per me gli Scooterboys sono persone dimenticate.
Tutti ricordano i Mod e i Rocker ma noi abbiamo portato gli scooter a un altro livello di personalizzazione.
Noi abbiamo sempre riconosciuto l'eredità dai Mod ma eravamo più dei Casual strdaioli.
Il nostro giro non era strettamente Mod ma un mix di skinehead, football casual e segaioli."

Subbaculture #11
E' uscito il numero 11 di una delle riviste/fanzine più interessanti in circolazione: SUBBACULTURE.
300 copie numerate, 80 pagine in cui si parla in maniera approfondita, colta, minuziosa, di aspetti di varie sottoculture (mod e skinhead e dintorni, in particolare). Bellissima e dettagliatissima l'intervista a David Storey, il grafico della 2Tone Records, interessantissima quella a Tim Wells sulla cultura skinhead.
Si parla anche del film "Babylon", della moda degli skaters negli 80, delle radici del Mod e Skinhead "revival" a fine anni 70 (con particolari e distinguo perfettamente azzeccati), dell'importanza dell'amico e poeta Dave Waller sulla scrittura di Paul Weller, delle fanzine inglesi tra il 1977 e il 1980 e tanto, tanto altro.
Ne scrivono David Storey, Mathew Worley, Paul 'Smiler' Anderson, Tim Wells, Mark Hinds Peter Jachimiak e Ian Trowell.
YOU HAD TO GET INVOLVED TO BE INVOLVED.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts with Thumbnails