lunedì, gennaio 21, 2019
Musica e mafia
Riporto l'articolo pubblicato ieri sul quotidiano di Piacenza "Libertà" a proposito delle canzoni che parlano di MAFIA.
La mafia è merda.
Vogliate scusare l'uso su queste pagine di una parola così volgare come mafia.
Della stessa sostanza sono i mafiosi, non solo i tristi, beceri, tragici esecutori di ordini ma, allo stesso modo, anzi, soprattutto, coloro che certi ordini li danno, seduti su qualche importante scranno, in alto, molto in alto, vestiti in doppiopetto e ammantati di finta rispettabilità.
Alla faccia di un presunto, ridicolo, millantato, mai esistito, codice d'onore che in realtà non guarda, né lo ha mai fatto, in faccia a nessuno quando si tratta di soldi e potere.
Mi siano perdonate le suddette scontate e retoriche affermazioni ma che reputo sempre utile ricordare, in tempi in cui si tende a revisionare, cancellare, sopire certi fatti, pur oggettivi. Si tende ad appiattire tutto e azzerare valori inviolabili (dall'antifascismo all'antimafia, appunto).
Se si nota bene, in Italia, in ambito artistico e musicale, è difficile che il tema della mafia sia irriso o trattato con leggerezza. Con certe cose non si scherza.
Eppure anche nella scena musicale sono in tanti che non hanno avuto paura a parlarne, a schierarsi, a dire le cose come stanno, chiamandole con il loro nome, senza particolari timori. Come sempre c'è chi non ha usato mezzi termini e chi è stato più metaforico e circostanziato.
Un esempio, declinato in chiave ironica, ci viene da Antonio Virgilio Savona, membro del Quartetto Cetra, che, pur riferendosi ad altro argomento (un omaggio che il gruppo fece all'attivista per i diritti degli afro americani Angela Davis e per il quale ricevette una minaccia da sconosciuti) tratteggia al meglio nella sua “Sono cose delicate”, nel 1972, il più classico dei messaggi mafiosi:
“Ma che si faccia i fatti suoi, che si accontenti di campare, ma di che si va a impicciare? Questo si vuole rovinare. Se diventa irriguardoso e continua a sfrucugliare, lo mettiamo un po’ a riposo a pensare e a meditare sulle cose delicate che non devono essere… toccate!”.
Lo stesso Savona invece è più diretto e meno sarcastico in “Ogni anno a fine d'agosto” dove parla di come si muove la n'drangheta:
“Ogni anno a fine d'agosto lassù nei boschi dell'Aspromonte un ragno tesse una tela, un fiore appassisce, muore una fonte; ed è lassù che ogni anno c'è chi decide la tua sorte e compra la tua vita e la tua morte. Se provi a fare la spia non avrai il tempo di una preghiera e dormirai i tuoi sonni sotto una coltre di terra nera”.
Sempre molto attenti alle tematiche sociali i Modena City Ramblers hanno spesso affrontato l'argomento, soprattutto nella celebre “Cento passi” dedicata alla memoria di Peppino Impastato che pagò con la vita le sue invettive da Radio Aut Aut contro la mafia. I cento passi sono quelli che separavano casa sua da quella del boss Gaetano Badalamenti.
Sempre la band modenese ha dedicato un altro brano, “Beppe e Tore”, in cui si ricordano i piccoli gemelli, vittime con la madre, della strage di Pizzolungo del 1985, compiuta dalla mafia locale che voleva colpire il magistrato Carlo Palermo.
Anche un personaggio come Nino D'Angelo ha lasciato una testimonianza in merito con “Brava gente” in cui descrive l'impotenza dei cittadini che si trovavano in mezzo ad una delle tante guerre di camorra.
Allo stesso modo Jovanotti nel 1992 scrisse una canzone, “Cuore”, destinata solo alle radio e mai ufficialmente pubblicata, pochi giorni dopo la strage di Capaci.
“Migliaia di ragazzi in piazza a Palermo / un saluto alla bara del giudice Falcone / hanno bisogno di una risposta. Hanno bisogno di protezione. I ragazzi son stanchi dei boss al potere, i ragazzi non possono stare a vedere, la terra sulla quale crescerà il loro frutto bruciato ed ad ogni loro ideale distrutto.”
I Gang, mitica combat band dei fratelli Severini, nell'album “Storie d'Italia” ricordò in “Duecento giorni a Palermo” la figura del sindacalista Pio La Torre e del suo breve periodo di lotta a Palermo contro qualcosa di più forte di lui.
“Duecento giorni a Palermo, la strada era una preghiera, si colorò di rosso sangue quella mattina di primavera.” Sempre loro dedicarono “Il testimone” ad un'altra vittima molto nota, Don Puglisi (per cui ha scritto l'ottima “Se ognuno fa qualcosa” anche il cantautore Pippo Pollina).
“L'appello” di Daniele Silvestri è invece per Paolo Borsellino e il fratello Salvatore la cui lotta per la ricerca della verità sull'assassinio del congiunto si è spesso infranta contro il famoso “muro di gomma”, di frequente uso in ambito mafioso.
Rosa Balistreri è stata una delle cantautrici più interessanti della storia musicale italiana.
Una vita incredibile e impossibile, una manciata di canzoni di una potenza immane, tra cui “Mafia e Parrini” (con testo del grande poeta Ignazio Buttita, proposta anche da Otello Profazio), in cui non si utilizzavano mezzi termini.
“Mafia e preti: eterne sanguisughe, basto sopra le spalle e cappio che ci strangola. E mafia e preti si son data la mano. Uno alza la croce, l'altro prende la mira e spara. Uno minaccia l'inferno e l'altro la lupara”.
E' sempre lei la voce della “Ballata del prefetto Mori”, con musica di Ennio Morricone, colonna sonora del film “Il prefetto di ferro” di Pasquale Squitieri. Cesari Mori fu inviato in Sicilia da Mussolini con il compito di sgominare la mafia ma finì per colpire soprattutto esponenti dell'anti fascismo, lasciando la situazione più o meno come l'aveva trovata.
Nel 1991 Enzo Jannacci vinse il premio della critica al Festival di Sanremo con la struggente e drammatica “La fotografia” che parla, ispirato da un fatto di cronaca appena accaduto, di un bambino di tredici anni freddato con un colpo di pistola, in Sicilia, perché sospettato di aver assistito "a qualcosa che non doveva vedere".
Sempre a SanRemo, nel 2007, Fabrizio Moro portò la canzone “Pensa”, in cui si fa cenno a “Cosa nostra” in modo un po' defilato ma su tale palcoscenico non si può pretendere più di tanto.
Il cantautore Cesare Basile, siciliano doc, da sempre in prima linea sulle tematiche sociali della sua isola ma non solo, affronta la questione, traendo punto da una poesia di Danilo Dolci, in “Sotto i colpi di mezzi favori”.
Un album purtroppo dimenticato ma di primaria importanza nella storia della musica italiana è “Terra in bocca”, pubblicato da I Giganti nel 1971. Gruppo noto prevalentemente per canzoni abbastanza leggere si cimentò con un'opera rock in chiave prog sul tema della mafia che gestisce le provviste dell'acqua nella Sicilia siccitosa.
Il disco, a causa delle tematiche, fu censurato dalle radio e ignorato dalla critica “ufficiale”.
I Litfiba non hanno mai risparmiato canzoni, parole e impegno (organizzando anche concerti e iniziative) nella lotta artistica alla mafia a partire da “Dimmi il nome” a “Maria coraggio” dedicata a Lea Garofalo che si ribellò alla famiglia ndranghetista e che dagli stessi congiunti fu uccisa per vendetta.
Carmen Consoli nel 2015 canta ne “L'esercito silente” :
“Come si può credere che questa città baciata da sole e mare saprà dimenticare gli antichi rancori e le ferite aperte le faide storiche, il pianto di madri che mai più riabbracceranno un figlio lo stato assai spiacente che posa una ghirlanda tricolore con su scritto assente”.
Nel 2008 è stata pubblicata la raccolta “26 canzoni per Peppino Impastato (Amore non ne avremo)” in cui alcuni tra i migliori musicisti italiani musicavano le sue poesie. Da Carmen Consoli ai Marlene Kuntz, Modena City Ramblers, Marta Sui Tubi, Gang, Marina Rei, Perturbazione, Uzeda ne esce un omaggio intenso e sincero.
Nel 1992 il rapper Frankie Hi NRG ottene il primo successo con la poderosa “Fight the faida” in cui colpiva il segno con parole efficaci come : “E' la vigilia di una rivoluzione, alla voce del Padrino ma don Vito Corleone oggi è molto più vicino: sta seduto in Parlamento”.
E' di questi giorni l'uscita del libro “Change your step | 100 artisti. Le parole del cambiamento” a cura di “Musica contro le mafie”, associazione che agisce sotto l’egida di Libera, i cui proventi saranno reinvestiti per la realizzazione di laboratori musicali e sale prova per giovani a rischio e a cui contribuiscono cento nomi della scena musicale italiana, da Levante a Teresa De Sio, da Fiorella Mannoia a Zen Circus.
Inutile illuderci che una canzone (o canzonetta) possa cambiare o scalfire ciò che appare da sempre immutabile e indistruttibile. Ma ogni piccolo gesto in tal senso, ogni nota musicale, ogni parola, possono fare compiere un passo nella giusta direzione.
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