martedì, maggio 19, 2015

La non necessità del potere



Torna ancora, come sempre benvenuto, ANDREA FORNASARI e il suo spazio a sfondo filosofico.
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Può servire allo scopo, ad esempio, la ricostruzione delle prime ideologie del potere. Joseph Campbell fornisce tracce molto utili per vedere i passaggi dalle primissime immaginazioni umane di un Creatore increato alle figure mitologiche; dalle figure mitologiche fondatrici alle figure umane degli Eroi; da queste allo sfruttamento del mito in funzione di poteri arbitrari e violenti dei Grandi Sacerdoti e dei Re. Ma da tanti altri dati offerti dagli studi classici si possono dedurre le manipolazioni dei miti primari nei momenti della formazione dei primi poteri dominanti. Sembra, ad esempio, che il mito di Ercole fosse, all'origine, un mito di civiltà agricole antichissime dove l'eroe uccideva le belve che insidiavano i raccolti e inventava sistemi per ripulire le stalle. Furono con ogni probabilità i Micenei a fare di Ercole l'eroe delle dodici fatiche impostegli dal re Euristeo (simbolo del potere miceneo) a cui Ercole obbedì fedelmente, anziché sostenere una fatica sola e, cioé, quella di eliminare l'oppressore.

Ma più in generale si hanno vere e proprie circolazioni di élites sul Monte Ida (Creta) o sull'Olimpo (Grecia) in funzione del potere. Le antiche dee madri, come è noto, devono accettare la subordinazione a déi maschili o essere espulse. Addirittura alcune divinità importanti un tempo come Teti, Proteo, Pan eccetera, e lo stesso Dioniso diventano figure secondarie o negate. Gli déi autocratici, come Zeus, si erigono come sovrani assoluti ed arrivano a partorire, in stravolgimenti incestuosi, le loro stesse dee madri.
La mente astratta maschile ormai dominante si dimostra, così, capace di espropriare l'utero terrestre femminile, assumendo in sé tutti i poteri, anche quello di generare figli.
Intanto Dioniso, dio delle feste, della libertà e dell'uguaglianza fra i sessi, viene sistematicamente calunniato fino a renderlo responsabile, attraverso le Baccanti, dell'assassinio del figlio da parte della madre (in Euripide).

Il mito, da contenitore emblematico e aperto di civiltà umane, si fa rigido contenuto di sacralizzazione del potere, mass media antico, manipolato per creare l'accettazione del dominio dell'uomo sull'uomo. Ma a questa macro-operazione reazionaria c'è anche chi si oppone. Ad esempio Ulisse, che sfugge proprio all'ira degli déi, e ridiventa re-pastore su un'isola rocciosa, re che tratta come amici i suoi 2schiavi" che lo ricambiano con l'amicizia, uomo fra gli altri, ricco di sogni e povero di ricchezze, lui stesso giustiziere di poteri arroganti e parassitari come i Proci.
José Gil mostra come le società senza Stato avevano un loro ordine dove quello che noi impropriamente chiamiamo "capo" era, in effetti, senza altri poteri che quelli di pacificatore e di distributore di ricchezze, fino a non possederne alcuna. Si tratta delle società in cui il capo "è più se ha meno". L'antico capo o quello di molti gruppi tecnologicamente semplici (non primitivi) non accumula violenza, ma opera con giustizia e disinteressatamente. Non c'è ancora lo Stato come monopolio della violenza dove la giustizia è ingiusta per definizione.

Al deficit delle facoltà di scelta e di intervento dei cittadini corrisponde il "pluspotere" dello Stato e delle forze "professioniste" in potere che partecipano al dominio: quanto più si fa minuscola e desautorata la società, tanto più si fa maiuscolo e arrogante lo Stato.
Da Hobbes a Hegel, e oltre, molta filosofia del diritto ha postulato che senza lo Stato non sarebbero mai potute esistere società stabili ed evolutive.
L'antropologia moderna li ha completamente smentiti. Ugualmente le idee cartesiane "chiare e distinte" hanno dissolto le teorie di Bodin, noto e autorevole cacciatore di streghe. Bodin aveva scritto. "Per sovranità si intende quel potere assoluto e perpetuo che è lo stato". Ma oltre a Bodin, a partire dalla rivoluzione protestante, lo Stato moderno sorge: come forza terrestre, anche se sopra gli uomini; come luogo dei vari interessi che si riuniscono negli "stati generali"; come centro legittimato non più dal diritto divino, ma dalla "rappresentanza dal basso". Anche il re diventa un delegato. Tuttavia anche queste, sia pur parzialmente laiche, sono maschere di nuovi poteri, emersi con la rivoluzione inglese del '600 e con quella francese del '700.

Oggi sappiamo che la rappresentanza è una finzione, una cerimonia o addirittura un festival, come nelle elezioni presidenziali americane. Ho preferito effettuare questo feedback anziché azzardarmi in prospettive (che potrebbero troppo facilmente esser fatte passare per utopie), per ricordare che gli Stati in cui viviamo non sono per nulla né naturali, né necessari, né il male minore, e per chiarire, alla luce delle moderne ricerche, che questo tipo di Stato è nato solo recentemente - con radici che volendo possiamo far risalire a circa cinquemila anni fa, senza essere stato affatto condiviso o praticato da tutte le civiltà rispetto ad una vicenda umana di milioni di anni e di cinquantamila anni di homo sapiens sapiens.

Ormai, il possibile superamento della divisione in dominanti e dominati, dirigenti e diretti, governanti e governati sta nel passare oltre le due grandi stupidità moderne: in alto, per chi comanda sempre più fittiziamente ed illusoriamente, e in basso per chi tesse continuamente rapporti orizzontali che formano l'essenza dei nuovi modi di collaborazione organizzativa, anche produttiva, del mondo telematico, ma non ha ancora trovato l'intelligenza o la volontà per accorgersene.

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