lunedì, gennaio 18, 2021

Grup Yorum



Articolo pubblicato ieri per "Libertà" nella rubrica "Musica Ribelle" all'interno di "Portfolio" (diretto da Maurizio Pilotti).

Questa é una storia triste, drammatica, sanguinosa, terribile.
Per chi non ha tempo e voglia di addentrarsi nelle brutture di un mondo non così lontano da noi, é meglio soprassieda e passi a qualcosa di più leggero e divertente.
E poi le priorità ora sono ben altre. Per molti di noi, anche qui in Italia, é in gioco la sopravvivenza, economica, sociale, psichica.

In questa storia non c'é nulla di bello, niente di piacevole, positivo, ottimista o che possa indurre al sorriso.
Solo ipocrisia, violenza, sopraffazione, fisica e delle idee.
Questa vicenda arriva da una terra nobile, culla di storia e cultura, oppressa da un regime totalitario, tollerato e appoggiato dal mondo occidentale e democratico, per mere ragioni politiche ed economiche.

La Turchia é un importante tassello nel mosaico geopolitico, membro della Nato, baluardo contro l'espansionismo russo e le influenze iraniane in Medio Oriente, tampone (abbondantemente remunerato) contro l'”invasione” di centinaia di migliaia di potenziali profughi siriani, iraqeni, afgani, partner commerciale di primaria importanza, compratore assiduo di armi dalla pacifica Europa, fiancheggiato e supportato dall'America “terra della libertà”, qualunque sia il suo presidente in carica.

E così si chiudono gli occhi sulle migliaia di oppositori arrestati, uccisi, torturati, esiliati, condannati a lunghe pene, tra cui non si contano i giornalisti e gli intellettuali.
Si voltano, spesso e volentieri, le spalle alle violenze che si perpetuano da anni l'otto marzo e il primo maggio, quando donne e lavoratori che scendono in piazza vengono bastonati e brutalizzati.
Ci si dimentica facilmente del dramma dei Curdi, da sempre repressi con la violenza più estrema, dell'appoggio neanche troppo velato all'Isis in Siria o agli Azeri, nella recente guerra contro gli Armeni, all'occupazione (seguita a un'ingiustificata invasione) che dura da cinquanta anni nell'isola di Cipro.

Fare opposizione in Turchia é pericoloso, molto pericoloso.

Anche quando lo fai attraverso la musica, l'arte, lo spettacolo.

Questa é la storia del Grup Yorum.

Fondati nel 1985, consociuti in tutto il mondo, venticinque album all'attivo, due milioni di copie vendute.
Impegnati politicamente, aderenti a idee socialiste, oppositori al governo, nel corso della loro lunga carriera hanno avuto un estenuante avvicendamento di componenti, a causa degli arresti indiscriminati che hanno sempre subito.

Membri del gruppo sono stati imprigionati, torturati, condannati, accusati di terrorismo.

Il Grup Yorum ha sempre risposto sostituendo i membri in prigione con nuove leve. Fino al 2015, quando il governo ha imposto la proibizione a tenere concerti.

Ibrahim Gokcek, bassista, pochi giorni prima della morte, ha dichiarato:
"Sono sempre stato un musicista e ora mi ritrovo a essere un terrorista. Mi hanno preso che ero un chitarrista e hanno usato le mie dichiarazioni facendo di me uno strumento. Eravamo un gruppo che si esibiva davanti a un milione di persone, siamo diventati dei terroristi ricercati".
Eh già, perché in Turchia di musica si muore.
Di fronte all'atteggiamento reazionario e alle imposizioni del governo di Erdogan alcuni membri del gruppo hanno risposto con uno sciopero della fame ad oltranza.
E sono morti.
Di fame, sete, stenti.
Per ottenere un respiro di libertà.
Che non hanno avuto.
Perché la Turchia é potente, perché le sue linee aeree hanno sponsorizzato i campionati europei di calcio del 2016 e l'Eurolega di basket e non di rado compaiono all'ora di cena negli spot pubblicitari della televisione italiana.

Sono soldi, tanti soldi. Cosa vuoi che sia la morte di qualche invasato di ideologie superate che rivendica la libertà d'espressione?

Andiamo per ordine.
Il gruppo si forma suonando folk e rock, abbinandogli testi improntati alla protesta, spesso in chiave satirica (quella che fece ammazzare dalla mafia Peppino Impastato, ad esempio).
Cantano nelle lingue che si parlano in Anatolia, alcune proibite e osteggiate dal governo: curdo, arabo, circasso e ovviamente turco.
Il gruppo cresce in popolarità ma soprattutto in sincero affetto.
Da parte di quegli ambiti che vanno ad appoggiare, per cui suonano e cantano: operai, lavoratori, studenti, contadini.
Non abbracciano nessun partito ma la loro matrice é chiaramente orientata alla sinistra estrema.
Che in questo caso significa diritti, equità, giustizia.
“Grazie” alla loro coraggiosa presa di posizione collezionano quattrocento processi, a cui si uniscono detenzioni, botte, torture.

Nel 2002 due ragazze della band vengono arrestate durante una manifestazione, picchiate e torturate. Alla cantante Selma Altin viene intenzionalmente rotto un timpano a bastonate, alla violinista Ezgi Dilanm viene spezzato un braccio per impedirle di suonare per lungo tempo.

Nel 2005 arriva Erdogan e la repressione diventa ancora più violenta e pressante.
Le irruzioni nella sala prove sono frequenti e devastanti. Strumenti distrutti, partiture e testi strappati e sequestrati, membri del gruppo arrestati, condannati, alcuni addirittura all'ergastolo.
Nel 2015 arriva la proibizione ad esibirsi in terra turca.
Alcuni non ce la fanno più e fuggono dalla loro terra, altri rimangono in prigione, altri ancora decidono un' ultima disperata opposizione.
Sciopero della fame a oltranza.

Mustafa Kocak si prende l'ergastolo, entra in sciopero della fame e muore in carcere (ogni richiesta in suo favore, anche nell'ultimo periodo in cui lo stato di salute era oltre il drammatico, é stata semplicemente ignorata) il 25 aprile 2020 dopo 297 giorni di martirio.
Pesava 29 kili.
Pochi giorni prima se ne era andata, in ospedale (dove era stata trasportata contro la sua volontà, una volta scarcerata) con le stesse modalità, la cantante Helin Bolek, 28 anni.
Ai suoi funerali la polizia é intervenuta arrestando molti dei presenti.
Ibrahim Gogcek muore nei primi giorni di maggio 2020.
Resiste 323 giorni senza mangiare e alla fine vince. Le autorità avevano ceduto e acconsenito a ridare al Grup Yorum la possibilità di esibirsi in un concerto previsto per l'estate 2020.
Ma il corpo di Ibrahim é ormai troppo debole e debilitato e probabilmente lo spirito é ormai appagato.
La vittoria é arrivata.

Ozgurluk! (vittoria) deve aver pensato Ibrahim e a quel punto ha potuto finalmente riposare. Senza il saluto della moglie Sultan che rimane in carcere per “terrorismo”.

La comunità internazionale (politica, artistica, istituzionale) nel frattempo “si è gonfiata in un coro di vibrata protesta” (come cantò De André ne “La domenica delle salme”) ma, come é d'uso (vedi caso Regeni o Zaki per l'Egitto o le porcherie contro i migranti in Libia) alla fine quello che contano sono gli affari, i guadagni, l'equilibrio politico e i soldi.

Il paradosso, la beffa, l'oltraggio doveva ancora arrivare.
La concessione governativa, dopo il sacrificio estremo dei tre musicisti, al concerto del Grup Yorum è stata ritirata all'ultimo momento dal prefetto di Istanbul. Il 9 agosto 2020 nell'area di Yenikapi al posto dei musicisti e del pubblico c'era una folta rappresentanza di poliziotti in assetto di guerra. Che hanno sequestrato lo striscione esposto dalla band con la scritta “Grup Yorum è il popolo che non può essere messo a tacere” e arrestato alcuni dei musicisti che si erano presentati per suonare, malmenato brutalmente gli spettatori intervenuti, allontanati con la forza i giornalisti arrivati a documentare l'evento.
A cui sono stati sequestrati filmati e fotografie della situazione venutasi a creare.
Di quanto successo non rimane traccia, se non le testimonianze degli intervenuti, ovviamente delegittimate dalla stampa di regime.

Rimangono le ultime parole di Ibrahim Gokcek
“Nonostante la qualifica che mi é stata data non mi sento assolutamente un terrorista. Siamo stati identificati come tali perché le nostre canzoni parlavano di minatori costretti a lavorare sottoterra in condizioni disumane, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi con la tortura, di villaggi il cui ambiente naturale é stato distrutto, di intellettuali bruciati, di case abbattute nei quartieri popolari, dell'oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia é terrorismo.”


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