mercoledì, gennaio 27, 2021
Casimir Oberfeld
Riprendo un articolo che ho scritto, come ogni anno in occasione dell'evento, sul quotidiano "Libertà" domenica scorsa.
E' consuetudine per questo blog celbrare la Giornata della Memoria, che ricorre ogni anno il 27 gennaio, giorno in cui le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di sterminio nazista di Auschwitz.
Un luogo in cui ognuno di noi dovrebbe andare una volta nella vita. Portai mio figlio adolescente qualche anno fa, appositamente per “vaccinarlo” contro il totalitarismo e contro il “sonno della ragione”.
Fu un'esperienza traumatica per me che di quelle storie avevo letto e sentito parlare da sempre, approfondendone lo studio per capire, invano, come era potuto succedere.
Anche di fronte alle immense teche di capelli tagliati ai prigionieri, alle migliaia di scarpe di uomini, donne, bambini ammucchiate prima di essere mandati a morire, di fronte ai graffi sulle pareti di camere a gas, lasciati da persone a cui mancavano pochi minuti di vita, una risposta non c'è stata e mai ci sarà.
Perlomeno la “vaccinazione” a mio figlio é riuscita.
Spesso mi chiedo quanto avrebbero potuto dare all'umanità, alla scienza, alla tecnica, all'arte quei milioni di persone, annientate da una pseudo ideologia, da una follìa di massa, sostenuta e appoggiata da altri milioni di persone consapevoli e consenzienti.
La storia che andiamo a raccontare é esemplificativa in tal senso. Ed é ovviamente terribile e, alla fine, paradossale, beffarda, ancora più crudele.
Casimir Oberfeld, padre ebreo, nasce in Polonia nel 1903. In famiglia stanno economicamente più che bene (papà é banchiere) e il giovane Casimir può tranquillamente dare sfogo alle sue passioni. In particolare al cinema, che sta vivendo i suoi primi passi ma già incomincia ad essere seguito e praticato. Diventa ancora più affascinante quando entra in scena il sonoro, sia attraverso i dialoghi che la musica.
All'età di vent'anni Casimir si può permettere un pianoforte e gli studi a Parigi. Dove entra in un ambiente frizzante, vivace, pieno di stimoli e creatività.
Le notizie sono frammentarie ma é sicuro che il talento non gli manca.
Suona bene e soprattutto compone. In particolare canzoni ”leggere” per gli spettacoli di cabaret, molto in voga nella capitale francese.
Ma Casimir continua a essere affascinato dal cinema con il quale entra in stretto rapporto. Finisce per comporre oltre sessanta colonne sonore, talvolta anche per film piuttosto importanti all'epoca come “Il giro del mondo” o “Fuori servizio”, entrando in stretto contatto e stringendo una duratura amicizia anche con l'attore Fernandel (il famoso Don Camillo).
La sua carriera si arricchisce progressivamente di nuovi successi, tra cui operette, canzoni e altri tipi di composizione. Nel suo repertorio anche un brano diventato celebre come “Paris sera toujours Paris” per Maurice Chevalier e un'ecletticità che lo porta a scrivere tango, rumba, foxtrot, blues e a sperimentare anche nuovi ritmi e melodie.
Ma nel maggio 1940 la Germania nazista invade e in breve tempo conquista la Francia e poco più di un mese dopo si instaura il famigerato governo di Vichy guidato dal filo nazista Petain.
E ovviamente si istituzionalizzano le tragiche modalità che ben conosciamo.
Persecuzione, arresto e deportazione per gli ebrei e avversari politici.
75.000 ebrei vennero portati e uccisi nei campi di sterminio nazisti, soprattutto “grazie” alla spietata Milice Francaise.
Tra questi anche Casimir Oberfeld.
Resiste per qualche anno in Francia, trasferendosi a Marsiglia, meno repressiva e poi a Nizza, occupata dagli italiani, dove continua a comporre e lavorare in relativa tranquillità, con l'accortezza di scrivere solo per interpreti “ariani” e di provata fede nazista.
Ma con l'armistizio del settembre 1943, l'esercito italiano, allo sbando, lascia Nizza, che viene occupata dai tedeschi. In dicembre Oberfeld é arrestato e spedito ad Auschwitz, dove riceve un trattamento meno brutale in quanto (famoso) musicista.
Ma nel gennaio del 1945, davanti all'avanzata degli alleati, parte del campo viene sgombrato e i prigionieri costretti alle famose “marce della morte” nel gelo e nella neve. Oberfeld muore di freddo al'età di 41 anni.
Verrà trovato in una fossa comune solo nel 2011 dal figlio, per avere una degna sepoltura nella sua amata Parigi.
L'oltraggio finale alla sua memoria é l'inno dei nazisti francesi di Vichy “Marechal, nous voilà”, palesemente copiato da uno dei suoi successi.
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