lunedì, dicembre 14, 2020

Paolo Rossi



Un ricordo di Pablito a cura di ALBERTO GALLETTI.

E’ morto anche Paolo Rossi.

In un anno in cui, oltre al flagello che ci affligge, il calcio ha pagato un duro prezzo in termini di scomparse, si aggiunge da ultima, inaspettata, anche questa.
Ed è una scomparsa che addolora.

Paolo Rossi era afflitto da un male incurabile, non lo sapevo.
Non gli è riuscito l’ultimo guizzo.
Ne sarebbe servito uno ai livelli del Sarrià.

E’ stato un eroe, il mio, il nostro eroe.

Inaspettato, sbucato dal nulla, come spesso faceva in partita quando piombava fulmineo su qualsiasi tipo di palla arrivasse in area e infilava le porte avversarie.
Una carriera bella e tormentata la sua, culminata in quell’indimenticabile 5 luglio ’82 nella canicola ribollente passione del decrepito e gremitissimo Sarrià, tristemente demolito ormai da anni.
Promettente attaccante, va alla Juve 16 anni.
Segna, ma ha le ginocchia fragili.
Subisce tre operazioni al menisco in meno di due anni, in tempi in cui anche uno solo avrebbe potuto farti chiudere la carriera.
A dispetto di un'apparenza fragile è forte dentro, supera gli infortuni e riesce ad esordire in prima squadra, Coppa Italia nel ’74.
Boniperti, scaltro come nessuno, ne apprezza il valore ma allo stesso tempo non è convinto dell'integrità fisica e lo gira in prestito al Como, neopromosso in Seria A, nel ’75. Passa quasi inosservato, sei presenze e nessun gol, torna a Torino.

Nell’estate ’76 Boniperti lo convince ad accettare il trasferimento a Vicenza, in comproprietà.
Sarà la sua fortuna e proprio la formula del trasferimento farà scoppiare il primo caso di enorme clamore attorno al suo nome.
Qui trova GB Fabbri, maestro di calcio, che lo dirotta da ala a centravanti.
Esplode: capocannoniere della Serie B con 21 gol e vittoria in campionato che vale la promozione in Serie A.

L’anno dopo in A il Lanerossi è la rivelazione del campionato.
Finisce secondo a pari merito con il Torino a cinque lunghezze dalla Juventus campione, il miglior risultato nella storia della società biancorossa.
Rossi vince la classifica cannonieri della Serie A con 24 gol, un’enormità per i tempi.

Bearzot, subentrato a Valcareggi, lo convoca a sorpresa per i mondiali del 78 dopo avergli fatto fare un paio di presenze in inverno.
Parecchi storcono il naso: un' esordiente nel periodo di massimo fulgore dei 'gemelli del gol'.
Va in rete all'esordio contro i francesi, è uno dei protagonisti del brillante torneo disputato dagli azzurri e si consacra a livello mondiale.
La adesso Juve lo rivuole ma il presidente vicentino Giussy Farina non vuole privarsi del suo asso.
I due non trovano un’accordo sulla risoluzione della comproprietà e il caso, come si usava allora, finisce alle buste.
Si trattava di scrivere in una busta il valore attribuito alla metà del cartellino ad insaputa dell’altra parte; chi metteva la cifra più alta si assicurava il calciatore e doveva corrispondere all’altra parte quanto scritto.
Farina ci mise l’esorbitante cifra di 2 miliardi e 612 milioni.
Il giocatore più pagato fino ad allora era stato Savoldi che tre anni prima era andato al Napoli per due miliardi non senza destar scandalo.
E uno scandalo enorme, insieme alla prevedibile indignazione di massa, scoppiò anche stavolta.
Carraro si dimise da presidente della FIGC.

Il clamore non giovó alla società berica che, complice un’infortunio del nostro, incappò in una stagione disastrosa che culminò con una clamorosa e inaspettata retrocessione in Serie B.
Rossi finì al Perugia.

Qui poco da ricordare sul campo, tanto fuori; per i motivi sbagliati.
Resta coinvolto nello scandalo totonero del marzo ’80.
Accusato di aver aggiustato il pareggio di Avellino-Perugia, sulla base di un incontro durato non più di due minuti tra lui, il compagno Della Martira e uno scommettitore del totonero (Cruciani?, Trinca?).
Segnò due gol in quella partita, non ho mai creduto neppure per un minuto che c’entrasse qualcosa.
La CAF ritenne la doppietta prova dell’illecito e gli piantò due anni di squalifica.

Boniperti, sicuramente caldeggiato da Bearzot, lo riporta alla Juve quando ancora deve scontare un anno di squalifica.
Ritorna in campo ad Udine il 2 maggio 82, la Juve vince 5-1, Pablito segna un gol e gioca anche le ultime due.

Bearzot , distaccato, osserva, si compiace, e ancora una volta lo convoca a sorpresa per i mondiali.
L’Italia si divide.
La metà indignata, capeggiata dalla stampa romana che voleva Pruzzo, goleador principe del campionato da anni, titolare in nazionale, seguita a ruota da certa stampa milanese che voleva imporgli Beccalossi inasprisce i toni.
Bearzot, testardo, ma convinto come solo lui sapeva essere, tira dritto.
Stampa e tv da Roma e Milano lanciano anatemi.

Ovviamente la Juventus è accusata di tramare e manovrare tutto da dietro le quinte.
C'entrava eccome, ma nella misura in cui il blocco Juve era alla base delle certezze del Vecio, vecchio cuore Toro non dimentichiamolo, sulle quali si basava l’utilizzo di Rossi.
Ed era proprio per aver vissuto l'ambiente torinese, sapendo come è da chi veniva gestito, che si fidava ad occhi chiusi sui suoi prescelti.
Il pareggio anonimo con la Danimarca nell’ultima amichevole di Ginevra è accolto da un mucchio di sberleffi che diventano insulti e altro ancora all’indomani della striminzita vittoria (1-0) al Braga, serie B portoghse, nell’ultima sgambata del ritiro prima dell’esordio mondiale contro la Polonia.

Passiamo il turno con tre pareggi, piuttosto scialbi a dire il vero, e grazie a N’Kono che scivola mentre cerca di intervenire su un colpo di testa non irresistibile di Ciccio Graziani.
Rossi un’ombra.

Gli attacchi della solita stampa continuarono e qualcuno arrivò a scrivere che lui è Cabrini, compagni di stanza, fossero gay.
Fino a che punto la partigianeria può arrivare.
Mi sarebbe piaciuto vederlo in faccia nel momento in cui Zoff alzò la Coppa del mondo al cielo.
Nel gironcino del secondo turno ci danno tutti per morti, e sepolti.
Argentina e Brasile! In semifinale ci va la prima classificata.

Quel che segue è Storia. Storia del calcio mondiale, Storia del calcio italiano, Storia d’Italia. Si porco cane, Storia d’Italia!

Fin qui lui.
Poi ci siamo noi.

Noi che, guardavamo e giocavamo cercando di emulare i campioni.
E che ci esaltammo per le sue prodezze.
Paolo Rossi ha unito.
Ha unito generazioni di sportivi e appassionati di calcio.
Quelli che si ricordavano l’anteguerra e quelli, come noi ragazzi di allora, che guardavano da poco.

Ha unito un movimento le cui glorie erano legate agli anni trenta e che nel dopoguerra fin lì con l’eccezione di Mexico 70 ci aveva riservato solo delusioni che sfociavano sempre in divisioni, lotte interne alla Federazione per il controllo da parte di questo o quel club che volevano i propri giocatori in nazionale.
E unì anche la stampa che seguiva le logiche perseguite dai club delle cui città rappresentavano la voce, o almeno i più intelligenti lo fecero.
La spedizione in Argentina segnò un punto di svolta, quattro anni dopo il percorso giunse a compimento.
La percezione della nazionale cambiò, poteva essere una squadra che giocava bene e vinceva, non solo qualcosa contro cui sfogare le proprie frustrazioni per risultati che non venivano mai.

E unì il Paese dopo anni difficili.
Dissero che bisognava vergognarsi perché ci si ritrovava uniti per il calcio, forse il problema è che fu solo il calcio.
Certo l’indole nostra è volatile, si sa; ma certo fu meglio che ritrovarsi uniti e in una guerra in una carestia o in qualche altra tragedia. La vittoria dell’ 82 aiutò nel cominciare a superare certe cose, un piccolo aiuto forse, ma sempre un’inizio.
Oggi in una tragedia ci siamo dentro e non so se il calcio basterebbe.
Forse sono solo i ricordi di un quindicenne di allora.

Unì anche sfere della vita civile che difficilmente si sarebbe pensato potessero andare a braccetto, specie in occasioni, come quel mondiale, di grande visibilità.
La presenza, e che presenza, di Pertini in tribuna al Bernabeu segnò anche questo inizio.

Oggi è di prammatica, addirittura i politici cercano visibilità da stadio già da parecchio e neanche per le partite della nazionale.
Ma uno come Pertini che andò a Madrid, certo l’occasione era ufficiale, e che poi si lasciò andare a giusta gioia per la vittoria azzurra come uno qualunque, beh quella non fu una cosa qualunque.
Certo lui era un’uomo speciale.
Ma in tribuna, come sull’aereo, impegnato nella partita a scopa più famosa di ogni tempo, la nostra umanità di italiani che sanno stare anche bene al mondo, tra di loro, semplicemente, venne fuori.
Nessuno era in cerca di pubblicità, erano insieme, uniti e felici per una vittoria clamorosa.
Paolo Rossi ebbe un ruolo decisivo in tutto questo.

A giocare era bravo, ma gli ho visto sbagliare più di un dribbling, più di un gol, più di un passaggio; partite sue ne ho viste.

Non è stato il più grande, probabilmente non è stato neppure il miglior centravanti mai esistito.

La sua grandezza la misuro nella quantità di ricordi, emozioni e sentimenti che il suo nome e le sue gesta hanno lasciato nel cuore di ognuno, di un’intera nazione.
Il fiume di ricordi che oggi si riversa ovunque lo prova.
Chiunque abbia abbastanza anni per ricordare, in qualsiasi momento glielo si chieda, sa perfettamente dove si trovava il 5 luglio '82 alle cinque del pomeriggio.
E per questo motivo Paolo Rossi è stato un grandissimo.

Paolo Rossi,brava persona, semplice,educata, sorridente, disponibile, bravo calciatore.

Addio Pablito l’hombre del partido, l’hombre del mundial!
Indimenticabile.

11 commenti:

  1. Pablito. Bearzot. Pertini. Il mundial 82. Noi ragazzini 13/14enni di Parma, dopo la vittoria con l'Argentina, facemmo una colletta di qualche migliaio di lire a testa per comprare metri di raso tricolore e lo facemmo cucire alla zia sarta di uno di noi. Partita contro il Brasile vista al circolo 'Parma Lirica' gremito come non mai anche per l'inaugurazione del primo 'maxischermo'. Un marchingegno assurdo che proiettava dal basso su di una superficie bianca di un materiale sconosciuto e mai più visto. Mille ghiaccioli e un fumo di sigarette 'dei grandi' che sembrava la nebbia della bassa....Forse è solo la nostalgia di un vecchiaccio che ne ha viste tante ma mi pare fosse un mondo più autentico, ancora nazionalpopolare, sanamente provinciale e, in qualche modo, meno perbenista. Sembra assurdo, lo so, ma nel mio quartiere 'rosso', popolare e popolano, il perbenismo falso di oggi non esisteva. Altre voci, altre stanze direbbe qualcuno.... Adios, Pablito. Muchas gracias.

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  2. Io ero nel pieno del periodo "punk/politica/il calcio non si deve guardare". Ma proprio in ottemperanza allo spirito punk feci il contrario, mi guardai (come dal 1970 ad oggi) tutte le partite possibili, vidi la finale a casa e poi scesi in piazza con una camicia azzurra!

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  3. Noi "meno giovani" (perlomeno io) spesso non realizziamo in pieno il passare del tempo. Da quel mondiale sono passati quasi 40 anni. Un tempo enorme. Ed é cambiato veramente tutto. Tutto.

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  4. La Gloria E' Nei Momenti. Lampi Di Eternità

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  5. Studiavo per l'esame di maturità, l'ho vista a casa di un compagno di scuola.
    Ad un certo punto inquadrano l'allenatore brasiliano Tele Santana e ovviamente a piede schermo compare la didascalia con il suo nome, e
    la nonna del mio amico sbotta : "Tutt i dè una television nova!"
    Erano i momenti della proliferazione delle televisioni private .... momento esilarante ed indimenticabile al pari di quella partita!

    GMV

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  6. anonimo delle 12:42

    sono cresciuto a vicenza e a vicenza paolo rossi e' da per tutto...ha giocato solo 3 anni ma il ricordo che ha lasciato e' totale, poi pare che a vicenza ci fosse il paolo rossi migliore

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  7. Bellissimo post.Tutto vero.All'epoca quindici anni anch'io e un estate indimenticabile grazie a Pablito e alla Nazionale
    Poi dopo la finale sul Corso,in Piazza Cavalli.C'era tutta Piacenza.Mai rivista una cosa simile...ma forse erano i quindici anni che facevano la differenza.

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  8. La scodella di gelato, ormai sciolto, che mi rovesciai addosso al gol del 3-2 me la ricordo finché campo

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