lunedì, dicembre 14, 2020

Caro amico ti scrivo



Riporto alcune scherzose considerazioni sullo scrivere di musica e le sue nefaste conseguenze, dall'articolo che ho pubblicato ieri per LIBERTA'.

“Scrivere è meglio di lavorare” dice, con ovvia auto ironia, l'amico giornalista Eddy Cilia nell'incipit del suo libro “Venerato maestro oppure”.

Ovviamente non dissento.
Certi amici che passano ore in fonderia, a tagliare legna sotto la pioggia, in fabbrica, a pulire case da cima a fondo o che vedo e sento arare i campi fino a tarda notte, se paragonassi il privilegio di vivere scrivendo di musica alle loro attività, mi prenderebbero a calci in quel posto fino all'Alta Valnure per buttarmi in provincia di Genova e impedirmi il ritorno all'amata terra natìa.

Eppure non sono tutte rose e fiori, vi posso assicurare.

Ho sempre desiderato scrivere, fin da giovanissimo (ovvero nel profondo dell'ormai remoto secolo scorso).
E l'ho fatto partendo dalle fanzine, stampate in poche copie, arrivando a qualche rivista più “seria” e piano piano, quando ormai i capelli erano già abbondantemente imbiancati, approdando a una dimensione praticamente quasi professionale.
E qui incominciano le note dolenti.
Ovviamente stiamo scherzando e divertendoci.

Ma, ad esempio, partiamo dalla categoria dei postulanti.
Ovvero, quando intervisti qualche personaggio più o meno famoso (e magari condividi una foto con lui su un social) parte immediata la richiesta (non sempre corredata da gentilezza e discrezione) di un contatto diretto con l'artista per potergli sottoporre un brano di, ovviamente, irrinunciabile interesse, una collaborazione o, con grande originalità, un'intervista per una rivista o giornale concorrente.
Il diniego é ovvio, pur formulato sempre con la massima affabilità.
Passare contatti, in genere piuttosto riservati, non è mai gradito al diretto interessato.
A questo punto diventi immediatamente un egoista, uno che non vuole collaborare, uno che si vuole tenere tutto per sé, a cui non costerebbe niente mollare quel benedetto numero di cellulare.

In questo ambito vanno derubricati anche coloro che richiedono una recensione del loro disco (o, peggio ancora, libro) con modalità non sempre congrue.
L'album arriva il lunedì e il mercoledì la prima mail: “Lo hai ascoltato? Che ne pensi?”.
Abitualmente spiego con garbo che in media ricevo un paio di migliaia (migliaia!) di album ogni anno e che, di conseguenza, é necessaria un po' di pazienza.
Dopo una comprensiva risposta, il venerdì, di nuovo: “Hai avuto tempo di dare un ascolto?”.
A cui segue il lunedì successivo, supponendo che con un intero weekend di riposo mi sarei buttato a capofitto ad ascoltare l'imperdibile disco, un'ulteriore richiamo, magari anche un po' scocciato. La conseguenza è che viene stimolato il mio lato più infantile e, per dispetto, l'ascolto procrastinato ad almeno un mese dopo.
Figuriamoci se si tratta di un libro, la cui lettura richiede parecchio tempo in più.

Non possiamo nemmeno dimenticarci di coloro che scrivono accorate richieste di recensione, indicandoti come giornalista di grande valore e spessore, adattissimo a capire e apprezzare la loro proposta. Nel momento in cui ti mostri interessato e disponibile ad immergerti in queste nuove e originali frontiere musicali, ti vengono inviate le modalità per acquistarlo a soli 10 euro (solo per te!).

Sempre tra i postulanti vanno annoverati quelli che, dopo aver verificato la lista di concerti che hai fatto, quella delle presentazioni di libri in altrettante librerie, ti chiedono di inviargli i contatti diretti di ognuno dei referenti, in modo da potere ripetere i tuoi giri con i loro progetti.
Non sarebbe un problema, non fosse che spesso la tipologia di musica o di pubblicazione é decisamente lontana dalla loro e, anche in questo caso, passare a chicchessia numeri di telefono e contatti privati non é granché carino.
Si chiama gavetta, costruire con fatica e da sé il proprio mondo, cercando di capire dove e a chi sia più opportuno proporre la propria arte.
Poi, quando serve una mano concreta, non manca mai la disponibilità.

Sono ovviamente scontate le richieste di raccomandazione per questa etichetta, per quella casa editrice, all'insegna del “mandalo tu che li conosci già bene, così evitiamo di dover passare attraverso filtri e possibili dinieghi”.
E non sono rari coloro che ti invitano alla presentazione ufficiale del loro disco che hai da poco recensito.
Il problema é che il luogo dista a qualche centinaio di kilometri da casa e quando glielo fai presente, “capiscono” ma, sotto sotto, trapela che li hai profondamente delusi per la tua palese mancanza di interesse e per non avere voluto cogliere cotanta opportunità.

La categoria dei postulanti combacia spesso con quella degli esigenti.
Coloro a cui fai la recensione, anche positiva, concedi spazio e attenzione ma da cui ricevi un freddo ringraziamento e una serie di appunti sulla brevità concessa al loro insuperabile capolavoro, all'esserti dimenticato di citare lo studio di registrazione, l'amico ospite dello sconosciutissimo gruppo del loro paesello, il precedente loro album, le morose, il cane, il gatto.
Ovviamente il nome del gruppo ti rimarrà bene impresso per il futuro.
A buon rendere (e qui scatta l'innato spirito vendicativo).

Tra le sopracitate migliaia di spedizioni sono in molti ad essere professionali, adeguati, rispettosi.
Insieme al loro disco o libro inseriscono una breve presentazione e un'altrettanto succinta biografia, in modo da inquadrare al meglio il contesto artistico in cui si muovono e la loro storia.
Il recensore ringrazia e capisce molto meglio in che ambito l'artista agisce, al di là del semplice ascolto della musica.
Qualcuno però esagera e la presentazione arriva lunga qualche pagina, in cui abbondano dettagli significativi e determinanti, come quando il batterista Luigi, fermato da un'influenza, fu costretto a lasciare il posto a Marco per ben due concerti.

Molto interessanti quando si millantano centinaia di concerti in tutta Italia (un veloce sguardo su internet ed è facile constatare che il gruppo non si è mai mosso dalla provincia d'appartenenza) o addirittura all'estero, in luoghi remoti e lontani (anche in questo caso non é difficile scoprire le montature).

Al contrario altri inviano un Cd con un paio di nomi (non si capisce quale sia il titolo e quale il nome del gruppo), nessuno scritto, nessun riferimento. Grazie lo stesso per la collaborazione.

Ci sono poi coloro che non sono assolutamente d'accordo con il tuo giudizio sul gruppo o sul disco e non si danno pace del fatto che qualcuno possa avere un'opinione diversa dalla loro.
Provano a convincerti del contrario, provi ad argomentare con gentilezza, sfoderando qualche dose di empatia, discutendo nel merito. Cerchi di concludere il discorso con un pilatesco “ognuno ha i propri gusti” e vieni falciato da un “te la tiri troppo”, “sei un arrogante”, “solo gli stupidi non cambiano idea”.

Scrivere di musica é anche utile a partecipare a incontri, presentazioni, dibattiti, in cui si parla di discografia, generi musicali, la condizione della musica ai giorni nostri.
Molto bello e stimolante.
Ma non di sola arte di vive e pertanto se si tratta, da Piacenza, di andare a Milano o Bologna in cambio di una birra e una pizza, magari ci può anche stare. Ti diverti, incontri colleghi, amici, persone e quindi, perché no?
Però accade che la richiesta arrivi da località più o meno amene per raggiungere le quali ci vogliono ore di treno, kilometri di autostrada e una spesa ingente che non sempre hai voglia di affrontare solo per trascorrere una bella serata.
Quando provi a farlo presente che, almeno, un piccolo rimborso spese e magari un'ospitalità notturna sarebbero necessari per evitare di tornare alle sei di mattina, scattano talvolta reazioni un po' scocciate sottointendendo la mancanza di interesse verso argomenti così coinvolgenti (e che sostanzialmente tu pensi solo ai soldi...).

Molto simpatiche le sempre numerose richieste di aderire a questa o a quella iniziativa, alla fine della quale potresti partecipare a un disco o avere un tuo racconto in un libro.
Ovviamente dietro modesto esborso di una cifra che copra le LORO spese.
La cosa buffa é che spesso le suddette richieste vengono introdotte da sviolinate in cui si attestano le tue qualità di scrittore e/o musicista.
Che evidentemente non ha tutto questo bisogno di pagare per suonare o scrivere.

E' ovvio che quanto scritto é stato fatto con il sorriso sulle labbra e nessun astio o volontà di rimprovero.
Solo una ilare constatazione di come talvolta va il mondo, di fronte al quale non cesserò mai di stupirmi.

Ma nella consapevolezza che scrivere è sempre meglio di lavorare.

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