venerdì, novembre 08, 2019
Mondiale di rugby 2019
A cura di Alberto Galletti
E così mi ritrovo qui, in un parcheggio di Piacenza un sabato mattina, seduto in macchina. Fuori pioviggina, fine, ma fitta, e insistente, e bagnata. Oltre la rete metallica del parcheggio ragazzi stanno giocando una partita di calcio di cui dovrebbe importarmi qualcosa.
Qui in macchina stò guardando una partita di rugby di cui dovrebbe importarmi poco o niente, ma la guardo. Ricordo di aver pensato, ad inizio torneo, questo mondiale di rugby, che non avrei guardato neppure una partita, e già sono in crisi con me stesso.
Stò guardando la finale. Non solo, ma voglio anche che l’Inghilterra vinca, speranza già spazzata via da quando ,mezz’ora fa, ho lasciato il bar in cui ero per venire qui, era la fine del primo tempo: Sud Africa 12-6 Inghilterra e niente, ma proprio niente di ciò che ho appena finito di vedere mi fa sperare in qualcosa che cambi l’andamento della gara. Nel campo giù di sotto i ragazzi continuano la loro partita di cui dovrebbe importarmi, ma io resto in macchina e mi guardo anche il secondo tempo.
Un torneo, questo mondiale 2019, composto da venti squadre: dieci non all’altezza e completamente inutili, due così così, e otto da mondiale.
Le prime tanto necessarie alla formazione di un format televisivo (invece di un torneo sportivo) quanto inadeguate a competere con le squadre propriamente dette (le ultime otto).
Naturalmente gli amministratori delegati di Sky e organizzatori vari avranno passato l’intera prima fase a fregarsi le mani soddisfatti ,mentre il pubblico riempiva gli stadi a decine di migliaia e accendeva tv e smartphones a centinaia di milioni per guardare un mese di partite inutili, scientificamente programmate al ritmo di una al giorno.
Un vomito penoso.
Nel disinteresse più o meno totale, aggravato dall’orario delle partite (le 8 o le 11 del mattino), ho provato, durante la prima fase, a guardare qualcosa: il secondo tempo di Australia-Galles.
Di una pallosità tale, che non ho neanche aspettato la fine e dopo mezz’ora ho spento e me ne sono andato in bicicletta.
Ancora oggi non so quanto sia finita, e neppure ho idea di come siano state le classifiche al termine dei gironi.
Poi però, il quarto di finale che ha messo di fronte Australia e Inghilterra mi ha risvegliato l’interesse, così ho cominciato a guardare dai quarti, che rimane in ogni caso il punto in cui il torneo inizia davvero.
L’Inghilterra ha demolito l’Australia con una prestazione impeccabile.
Dopo aver resistito alla sfuriata iniziale dei wallabies, non più di 15’. I bianchi sono andati a segno due volte nel giro di tre minuti grazie ad una splendida doppietta di May.
Il vantaggio accumulato si rivelava incolmabile per gli australiani che accorciavano, senza mai impensierire davvero gli inglesi, che puntualmente riallungavano.
Fino a circa mezz’ora dal termine quando l’allenatore inglese cambiava i due piloni: da quel momento più niente: la forza e la devastazione inglese si abbatte su ogni raggruppamento ordinato o a terra,demolendo la resistenza australiana: un gran bel vedere!
Il punteggio segue il livello delle devastazioni e cresce fino ad un pesantissimo 40-16, foto perfetta dell’andamento della partita.
Le facce attonite o forse addirittura sgomente degli australiani a fine gara una goduria impagabile, erano pure convinti che avrebbero vinto. Personalmente il punto più alto del torneo .
Nel secondo quarto (di finale) gli strafavoriti All Blacks fanno a pezzi un’Irlanda in ribasso e già umiliata nell’incontro d’apertura dai padroni di casa giapponesi.
22-0 alla fine del primo tempo e più o meno altrettanti nel secondo per un 46-14 finale che non lascia campo a discussioni di sorta: una passeggiata.
Il match più interessante a questo turno è stato senz’altro Francia-Galles.
I transalpini presentano un XV sorprendente: molto giovane, poco o niente testosterone, gente muscolosa solo nelle posizioni opportune e mediana-trequarti composta di ragazzi ‘normali’ (comunque con bei fisici da atleta per carità) e focus sul gioco aperto, il contrario del Galles, costruito ad immagine e somiglianza del suo allenatore, il neozelandese Gatland, che raccogliendo i cocci di una squadra in pezzi impostò dal primo giorno il suo credo, fisicità, fisicità, fisicità e ancora fisicità, non importa poi che si giochi con una palla ovale, potrebbe benissimo essere la ruota di un camion o un pezzo di cemento, per questi energumeni profeti dell’ anti-rugby.
La mischia transalpina è meno forte di quella avversaria ma Brunel ha cervello rugbistico, sembra, e quindi i raggruppamenti non vengono cercati ossessivamente e quando li si gioca durano il meno possibile in modo da poter far uscire quanti più palloni possibili al largo dove sicuramente gli energumeni fisicati in rosso, tutti presi a fiondarsi sul punto di incontro, vanno in affanno lasciando aperto qualche buco.
E infatti.
I francesi vanno in meta già dopo quattro minuti con un ottima azione degli avanti e raddoppiano tre minuti dopo con una splendida segnatura del terza linea Ollivon, 12-0 al 13’ Per me questa è la miglior segnatura del torneo e uno spettacolo vedere tutti i palestrati gallesi irrimediabilmente fuori posto, correre all’indietro a precipizio nel tentativo, vano, di acchiappare gente molto più veloce di loro.
Sembrava un tuffo nel passato, ai primi anni ’90, prima che la legalizzazione del professionismo desse il via all’imbruttimento (costante) del gioco.
I Gallesi accorciano con Wainwright e un piazzato di Biggar. Le squadre vanno al riposo con i transalpini meritatamente avanti per 19-10. Ma poi ecco che dopo neanche dieci minuti dall’inizio del secondo tempo, il seconda linea francese Vahaamahina, autore della prima meta, colpito da raptus di follia, sferra una gomitata tremenda ad un gallese in un raggruppamento, un colpo che a uno di noi ci avrebbe ammazzato. Inevitabile arriva il cartellino rosso.
La partita prosegue e fino a metà tempo, i francesi tengono bene e i gallesi vanno avanti a capirci poco. La pressione dei fisicati però continua ad aumentare e i francesi nell’ultimo quarto d’ora cominciano davvero a patire l’uomo in meno e ad arretrare progressivamente fino a subire la meta decisiva a 5’ dal termine. Forze non ne hanno più e il Galles mantiene il punto di vantaggio e vince 20-19.
In parità numerica non avrebbero mai vinto, una squadra pessima nell’attitudine e inguardabile va in semifinale.
Troverà il Sudafrica che nell’ultimo quarto disintegra senza pietà i sogni dei padroni di casa.
Giocando la loro classica partita segnano tre mete, concedono solo un calcio agli avversari e li gonfiano comunque di legnate, come loro costume. 23-6 il finale, una partita da primo turno.
Comunque onore a questo Giappone che è riuscito a qualificarsi al secondo turno battendo Irlanda (già detto sottotono) e Scozia che sembra ormai irrimediabilmente perduta a certi livelli.
La prima semifinale riserva la più grossa sorpresa ad un mondiale da un quindicennio a questa parte:
la Nuova Zelanda perde una partita (non succedeva dal 2007) e viene eliminata.
A compiere l’impresa è questa sempre più sorprendente Inghilterra che, in capo ad una prestazione stellare, impedisce agli All Blacks di segnare per 55’ (voglio vedere quando sarà la prossima volta che succederà), segna una meta al primo minuto e rimane in vantaggio dall’inizio alla fine.
Fondamentale per me la capacità degli inglesi di tenere il possesso di palla e giocare , costringendo i tutti neri a guardare invece che essere guardati, ribaltando così il copione della partita standard degli allblacks che vengono costretti a guardare invece di essere guardati. Il ruolo non gli si addice un granchè e infatti perdono malamente l’incontro.
Qualcuno, non ricordo chi, all’interno dell’entourage inglese lo aveva detto in settimana : riuscire a creare una situazione del genere sarebbe stato determinante per le sorti dell’incontro.
Molto bravi gli inglesi, comunque, per essere riusciti a giocare ‘al largo’ bene e con efficacia contro un avversario del genere. La prestazione degli albionici desta sensazione tra appassionati.
L’Inghilterra diventa ora, nel segno di questa epica impresa, la favorita n.1 alla corona mondiale.
Dall’altra parte del tabellone Galles e Sud Africa si fanno fuori, letteralmente, il secondo posto per la finale.
Ho guardato l’incontro, usandomi violenza, un minimo, e rimandato il domenicale appuntamento con la bici da corsa e le stupende colline oltrepadane di un paio d’ore. Tempo sprecato, una lotta di forzuti con il pretesto di una palla di forma strana, nulla più. Brutale esercizio di forza fisica sottesa al collocamento di ‘sta strana palla oltre una certa linea, esercizio che diventava talvolta tedioso .
Ma se dal Sud Africa posso dire che mi sarei aspettato proprio quello, ne più ne meno, conservavo una minima speranza che il Galles trovasse magari qualche brace ancora accesa del vecchio ardore anni 70 per cercare di metterer in crisi gli Springboks al largo. Niente, proprio niente.
Essendo stato forgiato ormai da una dozzina d’anni da Gatland, il Galles riesce ad essere, se possibile, da un punto di vista del gioco offerto, anche peggiore del più conservatore dei Sud Africa. Ne scaturisce una partita inguardabile, nessuna concessione, fino al momento in cui il Galles comincia a cedere ma mancavano dieci minuti,al gioco aperto da parte Springbok, più o meno altrettanto dall’altra parte.
Si può notare comunque come entrambe le contendenti siano concepite, a livello di squadra, in esclusiva funzione del risultato.
Tradotto per chi segue più o meno solo il calcio: peggio dell’Inter di Herrera.
Vince il Sudafrica, al termine di una battaglia fisica enorme ed estenuante. Solamente tre i punti di scarto ma per me ben più ampio il divario in campo. Specie nel primo tempo quando i primi tre davanti del Sud Africa hanno reso la vita impossibile agli avversari. Diretti e indiretti. La superiorità fisico-tempistica springbok in questa fase di gioco mi è apparsa spietata.
Il Galles, costruito negli ultimi dodici anni (tanti, tantissimi) esclusivamente su questa falsa-riga viene battuto dai maestri del gioco fisico, sparagnino e cattivo (per davvero)ai quali il loro allenatore si è sempre ispirato, rinnegando e distruggendo la tradizione di tre-quarti devastanti che aveva issato il XV delle tre-piume al vertice del mondo ovale tra il 1969 e il 1980, non raggiungendo, per giunta, l’obbiettivo prepostosi: la vittoria del mondiale.
Arrivo quindi a questa mattina, agli impegni di lavoro, completamente ignorati, a quelli famigliari, onorati con un occhio alla finale.
Dopo aver mollato il figliolo al campo sportivo, cerco, insieme alla gentile consorte, un bar accettabile per passarci un ora in attesa della partita del figlio. Io mi guardo il primo tempo in cuffia: niente di buono.
Avevo pensato, un paio di giorni fa, che la finale avrebbe potuto andare male, ma non è che ci credessi veramente.
Le ultime due partite del XV della rosa mi avevano lasciato ottimista. C’era una sola possibilità che la finale andasse male: il Sud Africa fa una partita da Sud Africa vecchia scuola, allora sono cazzi. E lo sono : amari.
La mischia sudafricana gioca un primo tempo fenomenale, devasta il corrispondente reparto inglese per di più intimorendo anche gli altri reparti. Ne scaturisce una parata di orrori inglesi fatta di continue infrazioni sul punto d’incontro, dimostrazioni varie di inferiorità fisico tecnica in mischia, sia ordinata che aperta e errori con le mani da parte di alcuni, l’estremo Daly in particolare a me è sembrato veramente disastroso. La conseguenza di ciò è una sfilza di calci di punizione a favore del Sud Africa che permette loro di andare al riposo sul 12-6. Speranze ne vorrei avere ancora, il tempo non mancherebbe, ma per quello che ho visto fino a qui, spazio per sperare non ce n’è.
E infatti il secondo tempo ricalca l’andamento del primo, l’Inghilterra accorcia di un calcio, il Sud Africa allunga (di due), fino alle battute finali quando protesi in avanti nel tentativo di rimediare ad una situazione ormai ampiamente compromessa, gli inglesi vengono trafitti due volte ai fianchi dalle ali sudafricane che segnano due mete all’angolo, una per lato.
Il finale è pesantissimo 32-12 ma direi giusto.
Il Sud Africa, zitto zitto, vince il suo terzo titolo mondiale. Sottolineo l’importanza, non solo simbolica, del primo capitano di colore nella storia della nazionale sudafricana di rugby. Impensabile ai tempi della prima vittoria mondiale del ’95 e realtà oggi.
Per di più vincente.
Esco dalla macchina, nel parcheggio l’asfalto è ininterrottamente battuto dalla pioggia.
Nel campetto a fianco, sta cominciando il secondo tempo.
Il figliolo continua il suo allenamento/riscaldamento, entrerà dopo dieci minuti.
Anche la partita di cui dovrebbe importarmi qualcosa, visto chi sono gli avversari, oltre al ragazzo ovviamente, si conclude con una sconfitta: Piacenza 2-4 Genoa, ma i nostri han ben giocato, più di quelli che ho appena finito di guardare in macchina.
Torniamo tutti e tre al bar di prima e mi concedo una meritata birra.
Per tutti quelli che mi hanno insultato o pensato che sia un deficiente leggendo la mia tirata anitgallese: è probabile che abbiate ragione, ma io non cambio.
Però guardatevi il video linkato di sotto. Guardate e poi pensate a Gatland e a quelli come lui che hanno fatto diventare il rugby quello che è oggi.
https://www.youtube.com/watch?v=6j3UYslPOP4
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Era un altro sport.....ahimè
RispondiEliminaCiao Albe - GMV
ahimè...
RispondiEliminaCiao Gian
solo per punalizzare. le partite erano su Rai, non su sky. tutto qui.
RispondiEliminabeppe
Sky nel mondo anglosassone, a quello mi riferivo, quello conta. Italia realtà televisiva ente trascurabile. E infatti qui le dava la RAI.
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