lunedì, novembre 04, 2019

Fenomenologia di Un Posto Al Sole



Riporto l'articolo scritto ieri per "Libertà" .

Mi diverto sempre molto quando “confesso” di essere un fan accanito, praticamente dalle prime puntate, della soap opera “Un posto al sole”, suscitando, come minimo, stupore e perplessità, dovendo spesso convincere gli astanti che non sto scherzando ma che, al contrario, sono tremendamente serio..
Peraltro, nel tempo, ho scoperto essere sodale, in questa attività carbonara, di moltissimi altri rappresentanti della scena “alternativa” più estrema, musicisti o esponenti del giro hardcore, garage punk, financo occupanti di centro sociali duri e puri.

La serie è iniziata nel lontano ottobre 1996, inanellando oltre 5.000 puntate, tutti giorni una mezzora, dal lunedì al venerdì, con brevi pause nel periodo a cavallo di Ferragosto, diventando la più longeva della televisione italiana.
Partita con una media di un milione di spettatori si è attestata da anni, grazie alla favorevole collocazione, tra le 20.30 e le 21, intorno a uno zoccolo duro di ben tre milioni.
E' prodotta da Rai Fiction e dalla sede Rai di Napoli, luogo in cui si svolgono le vicende.

Che ruotano intorno ad una serie di famiglie, le cui storie si intrecciano, tra parentele, matrimoni, relazioni, abbandoni, colpi di scena, talvolta cruenti e drammatici.
Una dozzina i protagonisti fissi ma decine di altri quelli che si sono alternati in tutto questo tempo (inclusi quelli deceduti nella fiction. Storica la morte della moglie di uno dei protagonisti nel primissimo periodo, dopo che era diventata una beniamina del pubblico e che periodicamente torna in qualche flashback e ricordo del marito).

Una particolarità che caratterizza il cast fisso e inamovibile di cui sopra, sono i cambiamenti dei protagonisti che nel corso di questi 23 anni sono invecchiati, si sono trasformati fisicamente, i bambini sono diventati adolescenti, gli adolescenti adulti, con tutte le conseguenti problematiche che sono state adattate al loro ruolo.


E gli sceneggiatori hanno adeguato le modifiche estetiche inserendole come particolarità della vicenda.
Allo stesso modo gli episodi vanno di pari passo al calendario reale, festeggiando il Natale, la Pasqua, il Capodanno, facendo riferimenti ad eventuali eventi straordinari (i Mondiali di calcio o le Olimpiadi) in svolgimento, rendendo il pubblico ancora più partecipe, vicino e in simultaneità.

Una storia che non ha mai fine, che ovviamente cambia ma non si evolve, restando ancorata alla location principale, Palazzo Palladini (ovvero Villa Volpicelli, situata a Posillipo), dove tutte le famiglie vivono.

La particolarità principale che contraddistingue “Un posto al sole” dalle solite soap opera è l'attenzione che viene costantemente data a tematiche sensibili e spesso evitate in spettacoli “leggeri”.
L'omosessualità (maschile e femminile), transessualità, la camorra, l'adozione di minori, l'abbandono scolastico, l'alcolismo, il gioco d'azzardo, la delinquenza giovanile, bullismo, tossicodipendenza, stupro, prostituzione, usura, Aids, stalking, rifugiati e immigrati, sono da sempre presenti, trattati con molta cura, aderenza alla realtà, senza eccessi di moralismo o aspetti pruriginosi.
Svolgendo un ruolo di educazione civica e pedagogica non indifferente, rivolgendosi quotidianamente ad un pubblico così ampio. Altrettanto interessante constatare come la collocazione partenopea porti, ovviamente, ad una parlata dalle forti inflessioni dialettali ma mai troppo invasive o poco comprensibili (come è invece d'uso in varie fiction “territoriali”, da “Gomorra” a “Suburra”).

Tra gli aspetti apparentemente secondari ma spesso evidenziati da piccoli e significativi particolari, c'è la sottolineatura classista delle varie tipologie di personaggi.

I “ricchi” e “padroni” sempre in giacca e cravatta, si dissetano costantemente e unicamente con bicchieroni di whisky e liquori vari, i “poveri” e proletari ripiegano su vino (gli anziani) e birra (i giovani), quest'ultima spesso sorseggiata direttamente dalla bottiglia.
I “cattivi” sono veramente cattivi, capaci di ogni scorrettezza e solo occasionalmente redenti da qualche evento eccezionale (dove dimostrano di essere in fondo potenzialmente bravi).
I “buoni” sono invece costantemente disponibili e altruisti e finiscono per subire i soprusi, uscendone comunque a testa alta in nome della loro specchiata onestà. Le loro eventuali devianze sono frutto di motivi contingenti, di ingenuità o raggiri.

Uno spaccato di vita reale, fatto con pochi mezzi, a volte elementare, minimale e basico (ad esempio da qualche mese l'evidente disponibilità di un drone ne comporta il costante utilizzo almeno una volta in ogni punta, con spettacolari quanto ormai risapute riprese di Napoli dall'alto).

Per gli adepti un irrinunciabile appuntamento quotidiano, una sicurezza che non delude mai.

1 commento:

  1. post molto interessante, anche se non sono un fan della serie, avendone visto solo qualche puntata 20 anni fa.
    alberto

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