giovedì, maggio 02, 2019
All’ inferno e ritorno: Portsmouth FC
Prosegue il viaggio nel MODELLO INGLESE a cura di ALBERTO GALLETTI.
Le precedenti puntate sul Modello Inglese sono qui:
http://tonyface.blogspot.com/2019/04/modello-inglese-bolton-wanderers.html
e qui:
http://tonyface.blogspot.com/2019/04/modello-inglese-tottenham-hotspur.html
e qui:
http://tonyface.blogspot.com/2019/04/modello-inglese-sheffield-wednesday.html
Presente nelle mie personali considerazioni sul calcio inglese da lunghissimo tempo per i trofei vinti, gli unici, a cavallo della seconda guerra mondiale, Fa Cup nel 1939 e due scudetti nel 1949 e 1950, il Portsmouth mi pone da sempre due interrogativi.
Il primo: è un caso che la squadra fosse forte proprio in quel periodo considerando che sia la Royal Navy che i Royal Marines avevano enormi e importanti basi in città? No, non fu un caso.
Il secondo: quanto avrebbero potuto vincere senza l’interruzione bellica di mezzo?
Non saprei dire, ma qualcosa in più di sicuro.
Ad ogni modo, a dieci anni di distanza dalla conquista del primo titolo nazionale la squadra retrocedeva dalla First Division per non farvi più ritorno fino all’isolata stagione 1987/88, che ricordo accolsi con una certa curiosità.
Nel mezzo trent’anni anonimi e una grave crisi finanziaria nel 1977 quando, per evitare un’ordine di bancarotta da 25.000 sterline, il club fu costretto a vendere tutti i giocatori, a giocare la seconda metà del campionato con una squadra di ragazzotti e retrocesse in terza serie dando il via al peggior periodo nella storia del club che si ritrovò addirittura in quarta serie due anni dopo.
Lo stadio, Fratton Park fin dal principio è stato, ed è, di proprietà della squadra.
Lo stadio di proprietà non evita quindi retrocessioni o crisi finanziarie perché è chiaro che quando tutti ce l’hanno, il loro campo, non è il modello a fare la differenza ma altro. Esattamente come qua, dove tutti sono sempre stati uguali nel non averlo, almeno dal secondo dopoguerra.
Tornando al 1988, la squadra retrocedette immediatamente dalla First Division, passò il decennio successivo in seconda serie e, nella stagione del centenario, 1998/99, sfiorò di nuovo la scomparsa per bancarotta ma venne salvata da Milan Mandaric, un miliardario serbo-americano messosi a trafficare in football clubs inglesi.
Mandaric spende forte e il Portsmouth risale la china fino ad approdare in PL del 2003, il che da inizio ad una seconda epoca d’oro del club, sebbene più modesta, tre salvezze in PL, diventate nel frattempo quasi l’equivalente di vincere un campionato, artefice della resurrezione il brillante e simpatico ‘mani bucate Arry’ Redknapp.
Nel 2006 Mandaric vende il club, ormai stabile in PL, a Alexandre Gaydamak, businessman franco-russo di origine ebrea. Come lo rileva vedremo poi.
Comincia il delirio, Redknapp chiede rinforzi e Gaydamak sposa la sua visione per una grande squadra.
Arrivano a Fratton Park Benjani, per l’allora cifra record per il club di 4.1 milioni di sterline e nel giro delle due successive stagioni gente come Sol Campbell, Jermaine Defoe e Peter Crouch.
In campionato la squadra non sfonda non riuscendo però ad andare oltre il centro classifica.
Gli riesce però un’exploit nel 2008, e vince la FA Cup.
Ma tutto ha un prezzo.
E si, perché in quell’anno il Portsmouth spese 55 milioni di sterline in soli stipendi ai giocatori, chiudendo l’esercizio finanziario con una perdita di 17 milioni.
A questo punto i debiti del club ammontano a 60 milioni di sterline di cui 40 dovuti a due banche, Standard Chartered e Barclays (sponsor del campionato, va un po'), interamente garantiti dal proprietario.
Gaydamak ha fatto i conti senza l’oste e di li a poco, all’indomani del financial crunch di quell’anno è costretto a ritirare, o forse gli vengono tolte, tutte le garanzie bancarie a favore del club.
Che adesso rimane senza un penny, con i creditori che ora, minacciati pure loro dalla crisi, vogliono rientrare dei loro crediti.
Per non far vedere di essere inferiore a nessuno, Gaydamak, aveva anche ordinato una ristrutturazione della vecchia tribuna, i cui costi vanno ora ad appesantire ulteriormente la situazione debitoria.
Trattandosi solamente di uno spregevole ricco, o finto ricco, comunque un approfittatore, non sa nulla della storia del club e manco se ne preoccupa , fa rimuovere la balconata con i famosi parapetti a croce di S.Andrea bianco-bl
u, simbolo e tratto distintivo dello stadio, per aggiungere alcune file di posti nel livello sottostante che poi, tra l’altro, peggioreranno la visuale di quelli che stavano sotto. Ordina inoltre, per riammodernare gli uffici, di buttare un grande tavolo in quercia e quattordici poltrone in rovere massiccio rivestite in velluto blu, che arredavano il boardroom e provenivano dalla sala ufficiali della nave da guerra HMS Warrior, costruita nel 1860.
Donate al club dalla Royal Navy a fine conflitto, furono usate da Churchill e Montgomery nei giorni decisivi per le sorti del secondo conflitto mondiale quando le poltrone finirono in un forte a guardia della rada di Portsmouth.
Fortunatamente il titolare dell’impresa edile, scandalizzato, andò a recuperarle alla discarica e le conservò, fino a quando – disse- ‘I proprietari non avranno cambiato gusti sull’arredamento’.
Montgomery si appassionò al calcio durante le sue frequenti visite a Portsmouth nel periodo bellico e divenne un frequentatore del club, che lo nominò presidente onorario nel 1944, carica che mantenne fino al 1961.
Fu lui a suggerire, nel 1947, di cambiare il colore dei calzettoni dal tradizionale nero al rosso per onorare la memoria dei caduti in guerra, rosso è inoltre il colore del esercito britannico, nonché quello del papavero, simbolo dei caduti nella grande guerra.
Il consiglio direttivo approvò unanime.
Ora invece siamo al 2010 con questo bandito che sta comprando giocatori, promette cose grandiose, ma in realtà stà alzando fumo per mascherare le sue manovre dietro le quinte: accumula debiti, poi compra tutti i beni del club, inclusa un’area fabbricabile, a prezzi di liquidazione, trasferendoli ad una società di famiglia, giustificandolo col fatto che la situazione finanziaria del club richiedeva interventi immediati.
In realtà non ha un soldo e sta facendo asset stripping: che figlio di troia.
Nel maggio 2009, dopo averlo depredato, Gaydamak vende il club al sultano Sulaiman Al Fahim il cui stato patrimoniale non risulta chiaro. a Infatti non riuscendo ad ottenere i prestiti necessari alla gestione del club, salta due mensilità nel pagamento degli stipendi. Dopo l’annncio dato da parte del club, la PL obbliga Al Fahim a cedere il club, sono passati solo 50 giorni.
Pagliacci.
Subentra un cartello controllato dall’immobiliarista saudita Ali al-Faraj. I debiti a questo punto ammontano a 64 milioni di sterline.
Il 3 febbraio del 2010 salta fuori Blram Chainrai, uomo d’affari (o affarista) di Hong Kong che in virtù di un ingente credito insoluto (pare con Gaydamak) rivendica il controllo del club. Probabilmente felice della pretesa, al-Faraj gli molla il 90% del pacchetto azionario.
Una settimana dopo il Portsmouth finisce in amministrazione controllata e l’intero pacchetto azionario passa nelle mani del curatore fallimentare. Segue una penalizzazione di nove punti e la retrocessione in seconda divisione già a metà aprile.
Caos.
A fine campionato il curatore presenta un rendiconto di 70 pagine in cui espone che i debiti del club ammontano ad uno stratosferico 119 milioni di sterline! Io dico che neanche Zamparini o Preziosi in preda al peggior delirio masochista riuscirebbero a perpetrare un disastro simile.
Beh su Preziosi non ci metterei la mano sul fuoco.
Ma lasciamo stare…
Un mese dopo i curatori presentano una proposta di concordato preventivo: liquidare 20 pence per ogni sterlina di debito, che viene accettato dopo parecchie liti e renitenze, ma a metà luglio HRMC , che ancora non si era fatta viva ma non poteva esser considerata fuori dalla questione, si oppone al concordato presentando anche una petizione per la messa in liquidazione del club per 2,3 milioni di tasse e IVA non pagate: è la mazzata finale.
Seguirono tre concitati mesi fatto di flebili speranze, subito smorzate e disperazione crescente finchè, il 22 ottobre 2010 il club dichiara testualmente: “ Sembra oggi probabile che il club verrà chiuso e messo in liquidazione dai curatori fallimentari.”
Fine.
No, perché l’indomani si scopre che l’ineffabile Gaydamak, che del Portsmouth è il killer, ne è anche il maggior creditore, un incaprettamento architettato ad arte, annuncia di avere un accordo per il salvataggio del club, e rimette al timone, guarda caso, Biram Chainrai, il quale iscrive la squadra al campionato di seconda divisione.
Lui, Gaydamak , presenta il conto dei suoi crediti al club che lui stesso ha prima spogliato di tutti i beni e poi ucciso: 32 milioni di sterline! Un incubo che non vuole finire. Ma chi cazzo sono tutta sta gente? Cosa fanno qui? Perché non se ne vanno da qualche altra parte a farsi loro loschi affari?
Campionato:
nonostante un avvio choc , 2 punti nelle prime sette partite, il Portsmouth riesce tra mille difficoltà a salvarsi tranquillamente chiudendo al sedicesimo posto. Altre buone notizie a seguire quando il (presunto) banchiere russo (in realtà un altro criminale della finanza) Vladimir Antonov acquista il club da Chainrai per 10 milioni di sterline e tutto sembra a posto, è il 1° giugno 2011.
Pia illusione: il 24 novembre dello stesso anno Antonov viene arrestato a Londra dietro mandato di cattura internazionale spiccato dalla procura generale lituana per la bancarotta (fraudolenta) di due grosse banche, la in Lituania.
Modello inglese.
Si, dov’erano le autorità di vigilanza della Foootball League? Qualche anno prima le autorità finanziarie della City avevano negato il permesso a una delle due banche di Antonov ad operare nel Regno Unito per gravi inadempienze in merito alla produzione di certificazioni varie a tutela della trasparenza bancaria etc. Quindi qualcuno sapeva chi fosse.
Ma quanto pare la fedina penale pulita nel Regno Unito è requisito sufficiente per superare il Proper & Fit Test della Lega Calcio, non importa se hai mandato in rovina una banca (e probabilmente un bel po di gente) altrove.
Modello inglese.
A me sembra uguale o peggio che qui.
Facciamo uguale.
Tornando a Portsmouth, England: stadio di proprietà dal 1899 e disastri a non finire.
Inghilterra si, e per fortuna salta dentro il modello inglese quello vero, non quello sbandierato dai venditori di pentole in tv, la gente, i tifosi.
Quelli che non vengono bene in tv, li bisogna parlare dei divi, perché questo sono ormai i calciatori, questo è l’interesse che c’è oggi intorno al calcio, auto da milioni, wags, soldi VAR e le solite tre squadre. Mentre interi pezzi di calcio inglese se ne vanno a fare in rovina questi qua sono in tv a sbandierare il modello inglese.
Fanculo, ignoranti a pagamento, complici della gente come Gaydamak e Antonov.
I tifosi, quelli che non fanno notizia, quelli che non mandano selfie da Dubai circondati da culi e tette e Lamborghini , ma vivono a Portsmouth (o altrove) e tifano Portsmouth (o altro) e nel week-end vanno allo stadio perché gli piace o non riescono ad andare a Dubai, si organizzano.
Già dal 2009 si sono dati forma e forza giuridica costituendo il Pompey Supporters Trust (PST) , associazione dei sostenitori che si propone di salvaguardare il Football Club come patrimonio della comunità locale, adesso però sono chiamati ad agire sul serio, e lo fanno.
L’arresto di Antonov fa ripiombare il Portsmouth in amministrazione controllata, in aggiunta HRMC, che aspettava al varco, emette un’ordinanza di messa in liquidazione per 1,6 milioni di sterline di tasse e iva non pagate. Mentre i curatori assumono le redini societarie e ingaggiano un aspra battaglia con i creditori, il PST lancia una raccolta fondi. Inizialmente chiede una donazione di 100 sterline, poi elabora una seconda proposta: 1.000 sterline per ricomprare titolo sportivo e quant’altro si riesca in cambio di azioni del club.
La risposta c’è, in 2.300 sottoscrivono l’offerta e si arriva a raccogliere 2,5 milioni di sterline, è il primo passo. Incoraggiato, il PST intravede ora, per la prima volta davvero, la possibilità di acquistare il club.
Il loro lavoro è encomiabile, in contrasto con la banda di criminali avvicendatasi alla proprietà negli
ultimi diciotto mesi, qui troviamo esponenti della città: liberi professionisti, imprenditori, giornalisti, comuni lavoratori, tutti donano al PST la loro professionalità e il loro tempo al fine di raggiungere il sospirato obiettivo: comprare il club dalla società che lo possiede in amministrazione controllata.
Sarà una dura lotta.
Parallelamente PST ha avviato una campagna di sensibilizzazione che, partendo dai media locali, ha via via raggiunto quelli nazionali, le associazioni di tifosi di tutto il paese, approdando infine sui banchi dei Comuni a Westminster grazie all’interessamento del deputato locale che sostiene con passione la causa della città, della sua gente e del suo football club, trovandovi sostegno trasversale.
In aggiunta al capitale raccolto con la vendita di azioni, il Comune, che ha aiutato nell’opera di sensibilizzazione, approva un prestito da 1,4 milioni di sterline a favore di PST per l’acquisto del club.
Il primo passo fu, per PST, quello di convincere HMRC tramite i curatori dell’assoluta bontà ed onestà delle proprie intenzioni. Non fu facile, soprattutto la Corona volle assicurazione del pagamento delle tasse arretrate, a loro del football club non importava molto.
Poi ci fu la partita decisiva: convincere i curatori a vendere il club al PST, mentre, dall’altro lato l’ex proprietario, Balraim Chanrai, tornava alla carica rivendicando la proprietà del club in virtù di un prestito elargito l’anno prima. Il braccio di ferro si protrasse per mesi , ora in favore del PST, ora in favore di Chanrai.
Quando però Chanrai presentò la richiesta di rimborso del suddetto prestito (17 milioni di sterline!), tutto da dimostrare, i curatori non ebbero più dubbi e l’ago della bilancia si spostò tutto in favore del PST.
E si arriva finalmente al giorno decisivo, il giorno che a Portsmouth attendevano da tempo, dopo un percorso fatto di disastri per milioni e milioni di sterline, umiliazioni e un impegno monumentale da parte di chi si era dato da fare attivamente per la salvezza del club sacrificando tempo al proprio lavoro, ai propri affetti, al proprio tempo libero per difendere la propria e la altrui voglia di divertimento, lo stare insieme e uno dei simboli identitari della comunità.
Il 10 aprile 2013 presso l’ Alta Corte di Londra, il giudice Peter Smith, tifoso dell’ Hull City e ben consapevole delle implicazioni del caso in questione, sancisce l’acquisizione del Portsmouth Football Club da parte del Pompey Supporters Trust dietro il pagamento di 3 milioni di sterline e respinge, perentoriamente, le rivendicazioni di Chanrai. Mi piace pensare che , oltre alle carte in ordine, Vostro Onore abbia , in qualità di tifoso di calcio, avuto ribrezzo di Chanrai e deliberato in favore del PST. Non lo so, ma sono sicuro che è andata così.
Three cheers Your Honour!
Il club è salvo, ma la squadra è appena retrocessa e da rifondare.
Adesso però è nelle mani dei tifosi che lo gestiscono nell’interesse di tutti, e comincia la risalita.
La città e il tifo rispondono, 15.461 spettatori di media a partita per la stagione 2013/14 (IV serie) e un 13° posto in quarta serie.
Il 29 settembre 2014, il PST annuncia che il Portsmouth FC ha estinto tutti i debiti pregressi, inclusi ex-calciatori e prestito del Comune ed è ora debt-free. L’anno dopo 16mi sempre sorretti da un grande e fiero pubblico, 15.242 a partita. Poi sesti, sconfitti nella semifinale spareggi promozione, il pubblico non molla, 16.391.
Nel 16/17 vincono il campionato, gli spettatori aumentano ancora, 16.823.
La prima stagione nella ritrovata terza serie si chiude con un onorevole ottavo posto, la media presenza si alza ancora: 17.917.
Non proprio una cavalcata trionfale ma senz’altro un club in ripresa costante. Grazie all’impegno dei suoi sostenitori.
Dopo aver conseguito la promozione, il PST vende, nell’agosto 2017, il club a The Tornante Company, una compagnia americana con a capo l’ex direttore generale della Walt Disney e che si occupa di intrattenimento, l’operazione di salvataggio può dirsi conclusa.
Credo che il Maresciallo Montgomery ne sarebbe fiero e forse un po del suo spirito ha vissuto negli interpreti di questa dura battaglia per il salvataggio del club.
Il PST rimane nel consiglio di amministrazione con una piccola percentuale e la grande considerazione del nuovo proprietario.
Lo stadio è sempre pieno, tutto sembra tornato a girare per il verso giusto.
La squadra si trova attualmente al quarto posto in classifica in terza divisione con 83 punti a pari merito con il Sunderland, lanciatissima verso la promozione alla seconda serie.
Il secondo posto, che garantisce la promozione diretta, è occupato dal Barnsley, due punti sopra, che ha giocato una gara in più.
Mancano tre giornate, si profila un finale al calor bianco.
Nel frattempo Antonov dopo aver sfuggito la cattura a furia di appelli è stato estradato da Londra a Mosca, processato e condannato a tre anni (pochi) e stà in galera.
Chanrai è sparito, probabilmente ad Hong Kong portando con se un bello stecchetto da almeno 17 milioni di sterline infilato nel didietro.
Infine, Alexandre Gaydamak è stato condannato da un tribunale a Dubai per aver sottratto 5,6 milioni di sterline da un affido aperto dalla moglie su un fondo d’investimento in quella località degli Emirati.
La condanna riguarda direttamente l’ acquisto del Portsmouth nel 2009 in quanto quell’anno Gaydamak convinse prima la moglie a depositare la cifra di 5,6 milioni di sterline presso un fondo d’investimento con sede a Dubai, quindi insieme ad un complice falsificò ogni genere di documento necessario a poter prelevare dal fondo stesso la cifra depositata. Cosa che gli riuscì e con quei 5,6 milioni acquistò il Portsmouth. La moglie però , avvisata da un amministratore del fondo d’investimento , lo denuncia per furto, ne segue un aspra battaglia legale e l’ovvia separazione richiesta (e accordata) alla moglie.
Veramente squallidi.
I giudici del sultano infine riconoscono colpevole Gaydamak di truffa, falso e furto e lo condannano a cinque anni di reclusione.
Spero sia in carcere.
Sul muro della tribuna a Fratton Park è stata apposta, ad imperitura memoria, una targa che reca i nomi dei 2.300 tifosi che sottoscrissero le mille sterline di azioni del PST e salvarono il club.
Tra di essi c’è sicuramente quello del mio amico John Hallam, grande e simpatico inglesone, presidente e anima del Winterthur Cricket Club, che mi raccontò tutto quel casino e di aver sottoscritto le mille sterline di azioni mentre, davanti ad un tramonto di pianura, ci perdemmo in chiacchiere e birre nel dopopartita di un Lodi v. Winterthur di parecchi anni fa.
Perché questo è lo sport: conoscenze, amicizie, condivisone, fatica, lealtà, dannarsi l’anima per vincere ma poi non fa niente chi vince, perché quello che conta è il gioco, sono poi quelle birre e quelle chiacchiere a fine partita a rendere epico il tutto.
Non gli squallidi barboni protagonisti di questa vicenda.
Play up Pompey!
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Grande storia e come sempre grandissimo Alberto.
RispondiEliminaGallo in grande spolvero galvanizzato dalle vacanze post-pasquali..
RispondiEliminaC
Se non erro questa stagione i Pompeys hanno pure alzato un trofeo battendo a Wembley, davanti a 75 mila persone, il Sunderland
RispondiEliminaCharlie
Dici bene caro Charlie, l' EFL Trophy, 85mila e rotti, 4mila in più che per la finale di Coppa di Lega.
RispondiEliminaMartedì però hanno perso il recupero in casa 2-3 contro il Peterborough e perso la promozione diretta. Andranno agli spareggi, come il Sunderland, che pure ha perso il recupero. Magari si ribeccano a Wembley per un altra finale.
18.396 paganti, su una capienza complessiva di 19.669, al martedì sera.
Stadio esaurito al martedì sera, imparare!